“La buona scuola”

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Tutti ne parlano ma cosa sia veramente “La buona scuola” pochi l’hanno capito.

Tanto che per spiegare le diverse posizioni servono i tutorial.

 

La confusione su cosa fosse il disegno di legge denominato “La buona scuola” è giunta ad un punto tale che si è sentito il bisogno di un video di spiegazione, ”tutorial” per i più informati sulle terminologie del web.

Il Presidente del Consiglio ha già dimostrato in passato grandi capacità di comunicatore e anche stavolta non ha mancato di confermarle. Un video pensato molto bene dove lui appare all’interno di quella che si intuisce essere una bella biblioteca in legno, in camicia bianca e davanti ad una classica lavagna di quelle tradizionali in ardesia, una figura che per i più grandi non poteva che evocare il mitico maestro Alberto Manzi che tra il 1960 e il 1968 ha insegnato agli italiani che ne avevano ancora bisogno a leggere e scrivere giungendo nelle case di tutti tramite le antenne RAI.

Albertomanzi

Il maestro Alberto Manzi

Un lavagna vecchio tipo dicevamo, una scelta che mi è piaciuta, sarebbe stato banale inseguire un’immagine vincente con una lavagna tecnologica, invece è passato il messaggio di una scuola non all’inseguimento delle mode e che bada alla sostanza. Qualcuno dalle colonne del Fatto Quotidiano ha invece sostenuto che sia stata una scelta sbagliata in quanto Renzi si sarebbe messo in cattedra nei confronti degli insegnanti, io non l’ho percepito così.

Massimo dei voti in comunicazione dunque, andiamo adesso ad analizzare i contenuti. L’inizio del discorso è condivisibile nell’affermazione che in Italia la buona scuola “c’è già” ed è rappresentata da tutti quei docenti, e sono tanti, che trasmettono passione e contenuti a prescindere dalle risorse, in questo la lavagna tradizionale rafforza il messaggio, vengono quindi analizzati i punti della proposta:

1- Alternanza scuola lavoro. Di tutti i punti è quello che mi convince di meno, si tratta di una possibilità che andrebbe bene solo per gli istituti tecnici, con quale lavoro si dovrebbe infatti alternare uno studente di liceo? Un tale meccanismo inoltre non aiuterebbe a diminuire la disoccupazione giovanile, al contrario la aumenterebbe immettendo sul mercato una massa di giovani non qualificati a costo zero per le imprese.

2- Cultura umanistica. Peccato per quel sostantivo “umanista” al posto dell’aggettivo “umanistica”, una svista che ha distolto l’attenzione dei commenti sviandola rispetto al contenuto. In questo passaggio si è affermato il primato della cultura umanistica sugli “skills” professionali, i “curricula” e la formazione di un lavoratore… non credevo alle mie orecchie, su queste parole personalmente ho esultato come ad un goal di Pablo Rossi ai Mondiali dell’82! Poi Matteo è andato oltre osando l’impensabile con l’affermazione che ci vorrebbero più ore di latino e che questo non è in contrapposizione con la scienza e la tecnologia. A questo punto ho comprato una vuvuzela e mi sono messo a suonarla fuori dalla finestra agitando un tricolore… Dopo aver sentito nel 2008 le “Tre i” della proposta Berlusconi (inglese, impresa, informatica) che gridavano vendetta al cospetto del Cielo, giustizia è stata fatta.

3- Più soldi agli insegnanti. I soldi intesi anche come espressione di un prestigio sociale perso rispetto al passato, si fa riferimento nel discorso di Renzi alle figure classiche del farmacista, del maresciallo e del parroco, immagini di un’Italia che molti hanno nel cuore, e anche qui la lavagna in ardesia ha aiutato a visualizzare quelle realtà. Qui Renzi fa notare che mentre in passato se un insegnante convocava i genitori per un problema scolastico questi davano la colpa al figlio mentre adesso la colpa viene data ai professori. Su questa frase nuova strombazzata di vuvuzela fuori dalla finestra…

4- Autonomia. Su questo punto sono tutti d’accordo, limitare l’influenza della burocrazia e avere una certa libertà va bene, meno chiaro è come potrebbero entrare gli “sponsor” e quale influenza potrebbero avere sulle decisioni scolastiche. Al momento non ho sufficienti elementi per valutare, ma sicuramente è un punto delicato e sul quale va fatta maggior chiarezza. Così come non riesco a valutare quale dovrebbe essere il potere effettivo dei presidi e dei collegi docenti nella programmazione e chi insieme ai Presidi (non è pensabile che accentrino sulla loro persona questo potere) debba procedere alla valutazione degli insegnanti. Per quel che riguarda l’assunzione diretta degli insegnanti non sono pessimista come molti che temono forme di nepotismo, anche perché nella mia ultra decennale esperienza in una scuola paritaria non ho mai visto assumere parenti o amici nel corpo docente. Chi deve scegliere una persona con cui dovrà lavorare farà molta attenzione ad avere collaboratori validi e non amici o parenti che creino problemi.

5- Continuità. Che l’insegnamento nel corso dell’anno scolastico non debba essere “spezzettato” tra incarichi provvisori e supplenze non c’è dubbio, se le assunzioni riusciranno a risolvere questo problema sarà un bene per tutti. Staremo a vedere.

Questi i punti principali della proposta, non so se la legge potrà veramente consentire di conseguirli, ma come obiettivi in sé non ci trovo personalmente niente di sbagliato, so che questo mi isolerà rispetto alla maggioranza dei colleghi, ma sono abituato ad essere contro corrente.

Al video del Premier è stato contrapposto uno di un comitato di studenti denominato UDS (Unione degli studenti), un video che è corretto confrontare con il primo:

Nel video si contestano i punti proposti dal Premier.

1- Si obietta ad esempio che il diritto allo studio è di fatto negato ad esempio dall’abitudine ormai diffusa di far pagare un contributo “volontario” d’iscrizione ad inizio anno, un’osservazione pertinente che richiederebbe un intervento specifico che vietasse tale pratica compensando al tempo stesso gli istituti della perdita economica con un contributo statale (dai Matteo, magari compriamo un F-35 in meno, scontentiamo l’alleato e qualche lobbista ma noi siamo tutti contenti).

2- “Scuola di precarietà”. Su questo punto, come detto prima, sono molto dubbioso anch’io, l’alternanza scuola lavoro la vedrei come una scelta di nicchia per alcuni istituti, per il resto non risolve la disoccupazione giovanile ma al contrario la peggiorerebbe.

3- Autonomia. Gli studenti dell’UDS vedono il potere decisionale come un pericolo e rivendicano maggiore “democrazia” nella scuola, ma per sua natura il processo di insegnamento non può essere democratico più di tanto, sarebbe come chiedere democrazia in una squadra sportiva. Chi deve imparare compie un atto di fiducia verso chi insegna e non può dire cosa e come vada insegnato, questa è la natura della scuola, poi certamente su altri aspetti parlarsi e decidere insieme può essere utile. Come detto prima, siamo comunque d’accordo che non è pensabile che un Preside abbia accentrato si di sé potere totale di premiare o meno i docenti.

4- Pubblico Vs Privato: Punto decisamente da capire, quali realtà private finanzierebbero una scuola, e in cambio di cosa? Inoltre giustamente gli studenti fanno notare che in una prospettiva di investimenti pubblici calanti, con il 5 x mille le scuole dei quartieri ricchi sarebbero avvantaggiate. Personalmente credo che si tratti di un punto che andrebbe migliorato. Un errore invece mettere scuole paritarie contro scuole statali, siamo tutti la stessa scuola e proprio per dare democraticamente a chiunque la possibilità di scegliere, a prescindere dal reddito, si dovrebbe andare verso l’istituzione di un “buono scuola”. Sull’edilizia scolastica poi gli studenti dicono che i soldi non ci sono, il Premier che ci saranno. Non c’è molto da dire se non “staremo a vedere”.

5- Democrazia. Per una riforma ci vuole un largo consenso che viene affermato non esserci come testimoniato dalle manifestazioni di questi giorni. Problema quasi filosofico, in un sistema parlamentare è democrazia quello che decide la maggioranza dei deputati, la protesta è legittima ma le leggi (quelle che l’Europa ancora ci consente di fare) si votano in Parlamento.

Il confronto tra i due video mostra una risposta che va ad interessare dei punti della riforma che avrebbero bisogno di un approfondimento, ma a parte questi aspetti l’idea di scuola che emerge dal filmato di Palazzo Chigi è positiva e andrebbe discussa per migliorarla non per respingerla in blocco.

Dal punto di vista della tecnica di comunicazione i giovani sono invece nettamente indietro rispetto a Renzi, da ragazzi nativi digitali ci si sarebbe aspettati di più dal punto di vista dell’efficacia e del “marketing”: brutto lo sfondo giallino, brutto il giallo su giallo, brutto l’effetto “sto leggendo il gobbo” e l’aria a volte impacciata.

Che dire… sembra proprio che le “Tre i” del Governo Berlusconi non abbiano funzionato.

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Laureato in Biologia e in Farmacia, docente di scienze naturali Nel 2011 ha pubblicato "Inchiesta sul darwinismo", nel 2016 "L'ultimo uomo" e nel 2020 "Il Quarto Dominio".

37 commenti

  1. A proposito di scuola… mi pare sia di moda non ricordarsi che la Costituzione Italiana delega alle famiglie la “scelta”. E’ stucchevole che nel 2015 si stia ancora parlando, in Italia, di “prevalenza” della pubblica sulle paritarie. Sono stato “costretto” ad iscrivere i miei due figli alle paritarie (elementari, medie e superiori) in quanto il nostro caro Stato non ci ha garantito il tempo pieno nell’angolo italiano dove abitiamo…. Nel frattempo ho pagato fior di tasse per contribuire alla copertura delle spese della scuola pubblica; nel contempo ho pagato fior di quattrini per far studiare i miei figli nelle scuole paritarie (scelta, ripeto, obbligata in quanto “uniche” a garantire il tempo pieno); non si può non constatare che in quasi tutti gli Stati occidentali lo Stato “paga” la scuola fino alle superiori e lascia a strutture private la gestione della stessa e qui, in Italia, stiamo ancora discutendo che la scuola deve essere appannaggio solo delle strutture pubbliche! Cari “superpagati” e “grossolani” deputati… almeno cambiate la Costituzione prima di parlare di scuola (che la sinistra ed i centri sociali ne facciano una guerra ideologica sta anche bene… ma almeno non prendiamoci in giro sull’importanza del rispetto del “dettato costituzionale”).

    • Concordo con te beppino, ricordo che le scuole paritarie sono scuole pubbliche a gestione privata e devono rispettare gli standard di tutte le scuole pubbliche.
      Poi esistono buone e cattive scuole sia statali che private, ma questo è un altro discorso.
      Il fatto che non venga data la possibilità di scegliere dove mandare i propri figli con un buono scuola da spendere a scelta crea la discriminazione, chi volesse davvero il diritto allo studio dovrebbe chiedere che chiunque possa andare ad una paritaria se lo vuole. Ma su questo punto c’è una chiara presa di posizione ideologica.

  2. Francesco Fabiano on

    Caro Enzo,
    complimenti davvero per l’articolo. Un esempio di vera informazione indipendente. Critica di ciò che non si reputa valido e apprezzamento per quello che invece c’è di buono. Senza pre-giudizi ideologici o, all’opposto, tifo da curva da stadio.
    Ecco perché questo blog e’ davvero unico nel panorama dell’informazione italiana. Ecco perché e’ così seguito e rappresenta una vera e propria “comunità di amici” nella quale, anche con idee differenti e’ bello ri-conoscersi.

    • Giuseppe Cipriani on

      E sulla “comunità di amici” sono persin d’accordo, al di là di qualche screzio e confronto duro ai limiti. Questo è il bello, direi. E la cosa va coltivata, facendo ciascuno piccoli passi verso la comprensione delle idee dell’altro e rivedendo, se necessario, i propri pre-giudizi.

    • Ciao Francesco e, a proposito di amici, grazie, sai quanto io reputi importanti i tuoi giudizi.
      Le notizie da analizzare e commentare sono scelte senza pregiudizi tra quelle considerate di rilievo, senza guardare alle parti politiche coinvolte, e così si rischia di essere etichettati in tutti i modi in base a quali piedi si siano pistati di volta in volta.

  3. Strano da dire l’ho trovata una riforma molto liberale e meritocratica, forse non sarà in grado di eradicare completamente il marcio che c’è nella scuola pubblica ma sicuramente è un passo nella buona direzione. Mi preme altresì mettere in luce un meccanismo diciamo “di mercato”. Credo per altro sia un meccanismo già noto per chi lavora nelle paritarie, che l’assunzione avviene per colloquio col preside quindi segue un periodo di prova; al preside è inoltre riservata la possibilità di licenziare in caso di scarsa performance.
    Accentrare il potere in una figura, quella del preside, prelude al clientelismo?
    Certo che sì ma a ben vedere c’è anche il risvolto positivo, a far entrare “gli amici degli amici” nel corpo insegnante, o in generale nello staff, il preside sceglie una strategia che non paga nel medio lungo periodo, portandolo a uscire dal mercato; ciò poichè saranno quegli stessi alunni a rappresentare il mal operato della scuola in questione, uscendone di fatto ignoranti. Una figura che sia effettivamente responsabile della qualità dell’insegnamento, giacchè egli sceglie chi assumere, chi tenere e chi defenestrare, rappresenta anche una garanzia per la famiglia, per quei padri e madri che vogliono effettivamente fare i padri e le madri dei loro figli, ossia combattere l’asineria del proprio figlio e non assecondarla.
    Infine una nota tutta politica, la buona scuola di Renzi, vagheggia molto la scuola anni ’60, è un pò un leitmotiv che anima tutta la politica Renziana, il ritorno alla Balena Bianca (e se non proprio bianca d’un rosa sempre più stemperato), non senza qualche elemento di novità, questa riforma reca qualche segno di liberalismo ad esempio; sicchè come nel tardo-impero si celebravano i fasti che furono, mentre Roma implodeva e si vantavano i pochi successi a fronte di un mare di insuccessi, similmente vedo un quadro di generale declino punteggiato da buone iniziative che sanno molto del canto del cigno perchè tardive.

    • @Andreax, premettendo che non esistono due scuole pubbliche o provate come categorie omogenee, uno dei punti deboli delle scuole di ogni tipo è la possibilità che un insegnante non sia idoneo per quella determinata realtà scolastica o che non sia motivato danneggiando gli studenti.
      In linea di massima la penso come te, la possibilità di fare un colloquio di assunzione, come accade per qualsiasi altro lavoro, non la vedo male, i candidati comunque sarebbero docenti abilitati.
      Non vedo poi un pericolo di nepotismi o clientelismi, se io fossi un preside non mi metterei dentro la scuola una persona che potrebbe creare lamentele e problemi solo per fare un favore a qualcuno.
      Riguardo alla parte finale del tuo intervento, sembra anche a me di vivere nel tardo impero, ma non solo per quel che riguarda l’Italia, è tutto l’Occidente a rischio di implosione.
      Forse servirà un nuovo monachesimo a salvare la cultura dalle invasioni barbariche.

      • Prof. lo sa qual è il problema? E’ che ci mancano i monaci! Se arrivano le invasioni, come arriveranno, la fiumana ci porta via tutti.

  4. Chi lavora nella scuola paritaria non ha idea del livello medio dei Dirigenti di una scuola statale e dei loro reali impegni e condizioni di lavoro. Di questo ho discusso anche con un caro amico che insegna dai Salesiani. Diversamente non penserebbe che questa di Renzi possa essere una buona idea.
    Il Dirigente di una scuola pubblica, oggi, spesso ha due o tre istituti (una titolarità e un paio di reggenze), di alcuni dei quali non sa nulla dal punto di vista didattico (un ex insegnante della primaria che si trova a dirigere un professionale, o un ex insegnante di Liceo classico che si trova a dirigere un istituto comprensivo con primaria o secondaria, senza avere mai in precedenza avere avuto nulla a che fare con questi tipi di scuola), con centocinquanta o duecento insegnanti e magari tremila alunni che spesso non lo hanno mai neanche visto in faccia. Inoltre deve occuparsi anche (e soprattutto) degli aspetti amministrativi, ma attraverso un direttore amministrativo che (almeno nelle superiori) risponde a un’altra amministrazione (provincia, ora passeranno alla Regione, suppongo) e spesso segue linee tutte sue, senza dipendere gerarchicamente dal Dirigente stesso.
    Infine, nella scuola statale non esiste alcun consiglio di amministrazione al quale il Dirigente debba rispondere e quindi nessun motivo per il quale debba temere di uscire dal mercato, perché anche se perde la titolarità della sua scuola glie ne assegneranno un’altra.
    La valutazione della scuola da parte ministeriale viene eseguita solo in base a criteri precostituiti e orientati politicamente. Ad esempio, si può innalzare il livello di una scuola perché si è dotata tempestivamente di laboratori e registro elettronico, senza che nessuno pensi in alcun modo a controllare se quei laboratori e quel registro elettronico sono in reali condizioni di efficienza (e infatti spesso non lo sono).
    O magari, si può premiare una scuola perché aderisce a molti progetti, compresi quelli sull’educazione al gender, e altrettanto potrà fare il dirigente con gli insegnanti.
    Non c’è né meritocrazia (parola che comunque andrebbe eliminata dal vocabolario) né merito nella Buona Scuola di Renzi ma solo arroganza, prepotenza e simulazione di efficienza.

    • Non credo che la riforma sia perfetta, aggiunga che sono uno che pensa che meno stato c’è meglio è; questo perchè gli errori commessi verrebbero a galla e che piaccia o non piaccia il riconoscimento dell’errore, anche se pesa è il primo passo per rimediare, quindi con una finalità costruttiva e non distruttiva. Certo io sarei per l’istruzione privata, però quel poco di buono che c’è non è corretto misconoscerlo.

    • Klaus, i problemi che esponi dimostrano una conoscenza diretta delle situazioni che riguardano molte scuole statali di grandi dimensioni, allora mi verrebbe da pensare che forse in un progetto per la “buona scuola” dovrebbero essere inseriti interventi per correggere questi difetti. Non è pensabile che un preside non possa essere nelle condizioni di conoscere almeno indirettamente tutti gli studenti della scuola che dirige.
      I meccanismi automatici di assunzione e valutazione sono molto difettosi, ma i chi vive in una determinata zona conosce invece bene il livello delle varie scuole e sceglie di conseguenza. In questo senso allora sarebbe utile il buono scuola, le famiglie premierebbero quelle realtà che lavorano bene e gli altri dovrebbero adeguarsi per non perdere iscrizioni e posti di lavoro.

  5. Michele Forastiere on

    Intervento come sempre equilibrato e che non si ferma alla superficie delle questioni, caro Enzo.
    Ci sarebbero molte considerazioni da fare, perché la problematica è veramente complessa.
    Provo a buttarne giù solo un paio, le prime che mi vengono in mente.
    1) Nella riforma si vede in trasparenza del gran darwinismo sociale a danno delle scuole e, di conseguenza, degli studenti.
    2) Il Dirigente che assume i docenti, se integerrimo, proverà a chiamare per la sua scuola i “migliori”: ma in base a quali criteri?… E se non fosse integerrimo?
    3) Più latino e materie umanistiche? Ben vengano, diamine! Ma questo è inconciliabile con il sistema di valutazione dell’ istruzione che si va profilando, di stampo del tutto tecnocratico…
    4) A proposito di continuità: mi sembra un concetto molto miope, se si ferma ad un anno scolastico… i 36 mesi di contratto (“negoziabile” solo unilateralmente) non garantiscono alcuna continuità. Si dirà: se l’insegnante è bravo, chi lo smuove? E se invece fosse bravo, e stesse antipatico al Dirigente (magari per diverse idee politiche o etiche)?
    5) Poi, chi stabilisce la bravura di un insegnante o la bontà di una scuola? Quanti iscritti ha? La percentuale di promossi, di bocciati, di rimandati?
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    Insomma, i dubbi sono tanti e poi tanti…
    Un caro saluto

    • Carissimo Michele, conosco bene la tua professionalità e la tua passione per l’insegnamento, se fosse per me darei a te il Ministero dell’istruzione e non è una battuta.
      Le questioni che sollevi mettono in evidenza la distanza tra i propositi e la realizzabilità degli stessi, ma a pensarci bene mi sembra che il problema di fondo sia uno: la questione antropologica.
      Il rispetto del valore e delle opinioni dell’altro, l’onestà nel proprio lavoro, l’integrità morale e così via non c’è legge che possa garantirli.
      Una volta lessi una frase che diceva più o meno “non ci sono leggi buone in una società corrotta”, ecco, credo che sia questo il problema vero.
      Se il riferimento è l’egoismo, se le persone dentro sé non sentono il desiderio di essere oneste e virtuose non ci saranno leggi e riforme che possano funzionare.

    • Maria, immagino che la sua esperienza personale non debba essere stata molto positiva!
      Un responsabile ci vuole in ogni attività, il punto è che i responsabili, come dicevo a Forastiere, devono essere persone che amano il loro lavoro, la giustizia e il bene del prossimo.
      Si tratta di un problema semplice ma al tempo stesso, oggi, enorme.

      • Io credo che i genitori che se la prendevano col figlio per la nota, abbiano iniziato a scomparire proprio negli anni ’80. Questo anche perché la scuola è diventata un “postificio pubblico” e molti sono gli insegnanti che non sono davvero all’altezza. Lo dico perché da genitore ho visto situazioni assurde, diciamo di autoritarismo senza alcuna autorevolezza. Ho due figlie timidissime, davanti a certe ingiustizie da parte di alcuni insegnanti una si chiude nel guscio e le supera, l’altra ha sviluppato fobia sociale (con ricorso allo Xanax…), eppure molti professori non si rendono conto con che materiale fragile hanno a che fare, una sensibilità pari a zero.
        La scuola pubblica (la mia e delle mie figlie e di tutta la mia famiglia attuale e di provenienza) è uno dei settori dello stato occupati secondo il programma gramsciano dalla sinistra e dal sindacato, logico che non si debba muovere foglia che loro non vogliano (e di solito non vogliono perché sono tutt’altro che progressisti, sono per la conservazione del loro potere, quantomeno quello di bloccare tutto). Renzi prova a sbloccare la situazione favorito dall’emergenza, può essere che faccia saltare queste incrostazioni e poi si possa migliorare la scuola veramente, al di là del progetto attuale del governo che è criticabile.
        Comunque l’impressione è quella che la scuola pubblica segua poco gli interessi degli studenti e molto quelli di chi ci lavora, il capolavoro è sempre stato far protestare gli studenti contro i loro stessi interessi.
        Tutto il mio sostegno invece alla scuola privata e a chi paga due volte l’istruzione per avere libertà di scelta e ancor più a chi non può fare diversamente (come Beppino).

  6. E per quale motivo ci dovrebbe essere il primato della cultura umanistica? vogliamo essere un paese fatto di “Diego Fusaro”(cioè inutili chiacchieroni da Talk Show televisivo)? oppure vogliamo rimanere al passo col resto del mondo? oggi quelli che “forgiano” il mondo, fanno innovazioni, e mandano avanti le economie, non sono filosofi e non parlano latino!

    • Andrea-C, la cultura umanistica è quella che fa i veri scienziati e non dei tecnici, quella che permette ampie vedute e correlazioni per altri impensabili, i casi di Mendeleev, De Broglie, Oppenheimer e la recente testimonianza di Fabiola Gianotti ci dicono che la scienza ha bisogno della cultura umanistica.
      Affermare poi che “quelli che forgiano il mondo non sono filosofi”, denota una notevole mancanza di preparazione… umanistica.
      E così secondo lei il mondo non sarebbe “forgiato” da gente come ad esempio Marx, Comte, Nietzsche, Freud, Keynes, Huntington e Peter Singer, per lei chi forgia il mondo sono quelli che progettano l’iPhone, i frigoriferi e le automobili.
      Se la pensiamo così allora ce lo meritiamo un mondo in cui le persone vivono come bestie.

      • “per lei chi forgia il mondo sono quelli che progettano l’iPhone, i frigoriferi e le automobili”

        Non solo, anche quelli che fanno ricerca scientifica di base, ricerca sulle malattie e sulle possibili cure, quelli che progettano mezzi di trasporto innovativi, edifici, e tecnologie varie per migliorare concretamente la vita delle persone(come può essere un arto robotico per un uomo che ha subito un’amputazione, o come potrebbero essere automobili in grado di guidarsi da sole ed evitare incidenti dovuti all’errore umano) …insomma chiunque faccia cose realmente utili.

        E per fare cose utili l’apprendimento di una lingua morta non è indispensabile, sarebbe molto più sensato utilizzare le stesse ore “sprecate” nello studio del latino, per imparare lingue vive, come il cinese o lo spagnolo(oltre all’inglese)

        Uno come Federico Faggin(inventore del primo microchip. e non ha frequentato il liceo) è molto più importante di Peter Singer.

        Le materie umanistiche hanno una loro importanza, non vanno certo abolite, ma non possono nemmeno essere una priorità, visto che nei talk show televisivi e nelle cattedre universitarie non c’è posto per tutti, non tutti possono guadagnarsi da vivere come Fusaro!
        La maggior parte dei laureati in materie umanistiche(eccetto i laureati in alcune facoltà di lingue straniere) hanno più difficoltà a trovare lavoro, e spesso si devono accontentare di stipendi al di sotto della media nazionale

        • viaNegativa on

          L’utile come vero, ecco l’essenza della “filosofia del dollaro”. Talmente evidente che nemmeno ci si fa caso a quanto pare.
          E poi non avremmo bisogno dei Fusaro…

          • Fusaro lavora in una università PRIVATA(San Raffaele), in cui si pagano rette salatissime, e per insegnare stronzate e sproloquiare in tv viene PAGATO.
            Però per ogni “Fusaro” pagato profumatamente per saper far niente(a parte dire cazzate su cazzate), ci sono almeno 1000 laureati in filosofia che guadagnano (giustamente, perché poveretti sono stati riempiti di nozioni inutili e talvolta dannose, sono stati illusi dai “fusaro” di turno) meno di un cameriere senza esperienza!

          • viaNegativa on

            Sì ma quindi? Al S.Raffaele non mi pare ci si debba iscrivere per forza e in TV qualunque cialtrone viene pagato profumatamente, il più delle volte per non saper far nulla ed espriendosi pure in un italiano stentoreo.

            Lei “i Fusaro” li giudica alla luce della sua personale “misura”, che -dovrebbe notare- non è il frutto della scienza o della tecnica, ma di una posizione filosofica (inconsapevole?). Veda lei.

            Anche ingegneri, chimici, informatici e tecnici vari, spesso e volentieri, sono impegnati a “forgiare”, ad esempio, le corsie dei supermercati (con tutto il rispetto per chi fa questo lavoro): la sottoccupazione non è prerogativa di chi ha fatto studi umanistici, suvvia.

          • Quindi anche Fusaro segue la “filosofia del dollaro”, oltre che dell’inutile e del vano, è un fenomeno del marketing televisivo/editoriale come ce ne stanno tanti, uno Sgarbi della filosofia.

            ” Al S.Raffaele non mi pare ci si debba iscrivere per forza”
            Certo che no, ma suppongo che molti ragazzi appassionati di filosofia saranno invogliati a iscriversi nell’illusione di poter riscuotere un successo economico simile a quello di Fusaro. Bisogna dire onestamente ai giovani che la facoltà di Filosofia è una delle tante strade che portano alla miseria, Fusaro è l’eccezione, il super-raccomandato che s’è fatto strada coltivando le amicizie più convenienti, ma per la maggioranza non ci sono sbocchi lavorativi(perlomeno non ci sono sbocchi migliori dei non laureati, senza qualifiche ed esperienze lavorative)

            E’ vero che anche alcuni laureati in materie tecniche e scientifiche possono rimanere disoccupati, o doversi accontentare di lavori umili, ma c’è una differenza di probabilità!
            Per le materie umanistiche il tasso di disoccupazione è molto più alto, e lo stipendio medio di quelli che riescono a trovare occupazione generalmente più basso

            Quindi un paese che ha già un problema di disoccupazione enorme, come l’Italia, non dovrebbe dare priorità alle materie umanistiche, ma casomai rivalutare le materie scientifiche, che spesso sono snobbate e svalutate dal nostro sistema scolastico

          • viaNegativa on

            Con “filosofia del dollaro” intendevo tutt’altro rispetto a quello a cui allude lei, ossia mi riferivo a quel sistema filosofico, che si inserisce nella corrente di pensiero agnostico-positivista, detto pragmatismo e che il Gutherlet chiamava appunto “filosofia del dollaro”. E Fusaro, con ciò, non c’azzecca proprio.

            Per il resto, noto che continua a voler sostenere in maniera apodittica la validità del suo criterio di valutazione basato sull’utiltà tecnico scientifica,ma siccome l’affermazione è appunto apodittica e indifendibile (=si contraddirebbe nel momento stesso in cui cercasse di sostanziarla), la rispedisco al mittente.

            PS. C’è una sola motivazione per cui si dovrebbe studiare filosofia (e non ha nulla a che fare con sbocchi professionali e conti in banca), ed è la sete di verità razionale.

          • “C’è una sola motivazione per cui si dovrebbe studiare filosofia (e non ha nulla a che fare con sbocchi professionali e conti in banca), ed è la sete di verità razionale.”

            Anche questa è un’affermazione dogmatica, la razionalità si può esercitare ed applicare nella vita quotidiana anche senza aver mai studiato filosofia. Il suo è un errore di partigianeria, siccome le piace lo studio della storia della filosofia, allora è convinto che sia indispensabile per colmare la “sete di verità razionale”, ma un appassionato di scienze naturali potrebbe ribattere che è più importante lo studio della chimica,della biologia o dell’etologia, così come un appassionato del gioco degli scacchi potrebbe convincersi che è più importante imparare a giocare a scacchi. Chi ha ragione?

            Bisogna fare distinzione tra la passione e la necessità, tra l’utile e il dilettevole, altrimenti un domani un ministro appassionato di Poker potrebbe uscirsene dicendo che “lo studio del poker è la priorità”, oppure un appassionato di musica classica “lo studio del pianoforte è la priorità” !

          • Andrea, quello che si è capito benissimo è che Fusaro ti sta proprio antipatico…
            Ma può essere questo il problema?
            Ad essere sinceri non è che a me stia simpaticissimo, ma prima di tutto lui non è “la filosofia”, per quanto da hegeliano potrebbe anche pensarlo.
            .
            Poi vedo che hai spostato l’attenzione dalla scuola all’università, continuo a pensarla diversamente da te anche al riguardo, ma non è di quello che stavamo parlando.
            .
            Comunque, sinteticamente, direi che i filosofi governano, mentre i tecnoscienziati sono al loro servizio.
            Per capire quello che succede nel mondo bisogna essere molto più filosofi che scienziati.

          • viaNegativa on

            Una cosa è utile (o inutile) in base al fine che ci si pone.E mentre lei, Andrea, si pone come fine principale quello di vivere in una società tecnologicamente avanzata, io ambisco a quello di vivere in un mondo in cui il mio prossimo non si faccia fregare da ideologie del tipo “solo il progresso tecnologico è utile, il resto ai maiali”… Fini diversi, mezzi diversi.
            Saluti.

        • La pensavo anch’io esattamente così, ho dovuto ricredermi e sono ora sulla sponda opposta.
          Il mio cambiamento è dovuto ad un incontro diretto con un personaggio Americano del settore IT che mi ha detto “I migliori project manager sono gli italiani perchè la loro cultura è a tutto spettro. Loro riescono a immaginare cose che per i nostri ingegneri sono inarrivabili”.
          Ci ho meditato molto e poi ho collegato la cosa ad una conoscenza indiretta (un amico di mio padre che non ho mai incontrato personalmente, solo sentito per telefono) : il “padre” del programma nucleare francese; francese al 100% ma parlava l’italiano con uno stupendo accento toscano e a detta di mio padre possedeva una cultura classica ponderosa.

          Il metodo della specializzazione è molto utilitarista ma anche limitato, produce dei buoni tecnici (difficilmente ottimi proprio per mancanza di multidisciplinarietà e capacità di guardare al problema “da fuori”), ottimi per la produzione a capo chino, polli da batteria e yes men.

          Che alla produzione faccia comodo non lo nego, che questo sia un bene assoluto non mi sembra.
          Ne ho conosciuti tanti di “Ingegneri” stranieri, sopratutto americani e canadesi e devo dire che il giudizio alla fine è sempre lo stesso: sono poveri, piatti e monodimensionali.

          E stiamo parlando di tecnica, figurarsi se parliamo di scienza.

          Tutto sta nel decidere se la conoscenza deve essere patrimonio dell’umanità o deve essere patrimonio aziendale, ognuna delle due scelte applica il modello di scuola che preferisce per produrre uomini o automi evoluti.

          • Valentino, un intervento fantastico, come sempre.
            Confermo che un professore dell’Università LUISS di Roma, venuto nella mia scuola a fare orientamento universitario, ha confermato che quando va negli USA gli chiedono di favorire iscrizioni di studenti italiani perché sono molto ricercati dalle loro università.

    • (Bellone è intervenuto qui ? Non è Greylines ? Non lo vedo…). Ho fatto il liceo classico e poi economia e commercio per fare una cosa “pratica” e mirata al lavoro (e al guadagno). Quando frequentavo il liceo credevo che tutta questa presunta superiorità degli studi classici fosse solo retorica e “campanilismo”, ma poi nella vita ho visto che in effetti l’orizzonte che ti aprono gli studi classici è più ampio e ricco. Alle mie figlie li ho sconsigliati, perché le vedevo poco portate, però adesso mi accorgo di avergli tolto lo spessore culturale per potersi distinguere dalla massa dei “pratici” e quindi, senza volerlo, le ho impoverite e questo mi dispiace.
      Penso che se qui da noi e in qualche altro paese con forti radici umanistiche tipo la Francia, si trovano ancora delle eccellenze che distinguono il nostro prodotto (inteso anche come tipo di PIL) da quello di altre nazioni, questo sia dovuto a ciò che rimane della nostra cultura umanistica e classica (latino compreso). In economia per le nazioni già sviluppate c’è speranza solo nel differenziarsi dagli altri. Lo abbiamo fatto in molti campi, in particolare nello stile e nella moda e non credo che sia pensabile un design e una moda italiani che prescindano dalla nostra cultura classica. L’alternativa è fare come gli altri, produrre cose anche utili, ma con il rischio di ridursi all’ennesimo “Paese-capannone” dove conta solo sfornare più pezzi possibili al minor costo possibile, per un consumo mondiale assurdo e forse anche sempre meno possibile e plausibile.

  7. “Comunque, sinteticamente, direi che i filosofi governano, mentre i tecnoscienziati sono al loro servizio.”
    Non mi sembra che sia proprio così, quanti leader politici, “opinion leader”, trascinatori di folle ecc..insomma personalità con un’influenza determinante nella politica, hanno una laurea in filosofia? Pochi, di certo non tutti, e neanche la maggioranza…se invece per “filosofi” intendi chiunque da un contributo importante in qualche ambito del pensiero umano, allora è un altro discorso. Ma in questo senso filosofo può diventarlo anche chi ha una cultura prevalentemente scientifica, ad esempio Umberto Veronesi ha dato più contributi alla politica e all’etica di molti uomini che invece sono imbevuti di cultura umanistica, ma ignoranti dal punto di vista scientifico.

    Per concludere io non sono contro la cultura umanistica, ma penso che debba essere un completamento della formazione scientifico-matematica-tecnica e non rivestire un’importanza prioritaria; la formazione puramente filosofica-umanistica senza le basi della matematica, della statistica, della chimica, della fisica ecc.. (..insomma della scienza) si riduce a una sterile dissertazione sul sesso degli angeli!

    • Andrea, qui c’è un equivoco grande come una casa: tu continui a parlare di laurea in filosofia mentre il discorso è l’importanza dello studio di tutte le discipline umanistiche al liceo.
      Rispondo alla fine del tuo intervento: Hegel, Marx, Nietzsche, de Tocqueville, Ghandi, Mao, gli ideologi del nazismo e Hitler, Julius Evola e Mussolini, Stalin, Churchill, Roosevelt, Gorbachew, Tatcher ecc… hanno influenzato e fatto la storia senza sapere nulla di matematica e chimica.
      Ancora dell’idea che il mondo lo forgiano gli scienziati?

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