Epoch Times#2: Le falle del ‘vangelo secondo Darwin’ – intervista a F. Fratus

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La Teoria dell’Evoluzione spiegata nei libri per bambini della serie “C’era una volta l’uomo” (Vincenzo Cassano / Epoch Times

Continuano le interviste di Epoch Times sul tema dell’evoluzione, dopo quella della settimana scorsa a E. Pennetta proponiamo quella a F. Fratus che, con da una posizione che presenta delle differenze rispetto al primo, si pone sul versante della critica al darwinismo.


Oggigiorno la teoria dell’evoluzione di Darwin viene generalmente considerata indiscutibile. A scuola tutti gli studenti apprendono la nozione secondo cui l’uomo deriva dalle scimmie e che tutte le specie viventi abbiano subito, nel corso dei tempi geologici, una radicale trasformazione.

Eppure, molti accademici non concordano affatto con questa teoria e propongono modelli alternativi che spesso prevedono l’esistenza di una mente intelligente, di un Creatore.

Epoch Times ha intervistato Fabrizio Fratus, sociologo che si occupa di analisi e comunicazione per una Ong. Fratus è anche membro di diversi comitati scientifici tra cui Evoluzione scientifica, il Comitato Antievoluzionista e l’Associazione Studi sulle origini (Aiso), un movimento che si prefigge di dialogare con tutti sul rapporto tra scienza e fede e che in particolare intende mostrare come le teorie evoluzioniste non possano essere considerate un fatto scientifico indiscusso e senza alternativa.

Dottor Fratus, il concetto di evoluzione delle specie viene generalmente associato alla teoria di Darwin. Ma questa teoria fa un distinguo, parlando di microevoluzione e macroevoluzione. In che cosa consistono e quali sono le differenze?

Lei pone un quesito sostanziale, infatti molti evoluzionisti non fanno distinzione appositamente poiché il presupposto, più in passato che oggi, è quello secondo cui l’accumulo delle cosiddette variazioni denominate microevoluzioni portino alla macroevoluzione. La microevoluzione è un adattamento ed è una perdita di informazione e noi antievoluzionisti la chiamiamo semplicemente selezione naturale. La selezione naturale/microevoluzione è un processo che garantisce la vita a molte specie ed è sempre osservabile in natura, la macroevoluzione è qualcosa di supposto e mai verificato ed è l’idea per cui un animale si possa trasformare in un altro.

In natura la microevoluzione è stata osservata in modo inequivocabile?

Quando si parla di microevoluzione si parla di cambiamenti di tipo quantitativo e non qualitativo. In genere è la ricombinazione degli stessi caratteri o di una perdita di informazione genetica; non è mai stato riscontrato un aumento di informazione genetica e si possono facilmente verificare con le varie modifiche apportate alle specie coltivate o come la variazione del colore prevalente delle ali di certe farfalle. Per esempio, la variazione del becco dei famosi fringuelli di Darwin (che sempre fringuelli restano) e altre simili.

E per quanto riguarda la macroevoluzione?

Nessuna verifica è a oggi possibile. Potrebbe essere verificabile nel momento in cui a una specie comparissero organi e funzioni nuove, prodotte da una nuova e più complessa informazione genetica. La macroevoluzione è il principio su cui si basa l’evoluzionismo ma non è stata mai constatata né in laboratorio, né in natura.

La selezione naturale di cui parla Darwin determina secondo lei l’evoluzione?

Sì, tanto che sino a pochi anni fa gli evoluzionisti credevano che la selezione naturale fosse il motore dell’evoluzione; gli antievoluzionisti spiegavano che il concetto da loro rappresentato non aveva senso, la selezione naturale agisce su caratteri già presenti. Ho scritto un articolo in cui si può evidenziare come due eminenti evoluzionisti, sulla questione selezione naturale, siano in totale disaccordo e confusi.

Ci sono delle evidenze scientifiche indiscutibili che provano la validità della teoria di Darwin?

A mio avviso nessuna, tanto che il presupposto iniziale di Darwin era errato. La cellula è talmente complessa e specifica che non è possibile immaginarla semplice come voleva il naturalista inglese. Dato il presupposto iniziale errato è evidente che tutto quello che ne è nato in seguito è errato.

Al giorno d’oggi, la teoria dell’evoluzione di Darwin come viene considerata dai vari studiosi, accademici e scienziati?

Come l’unica possibile risposta alla nostra esistenza, ma questo non per prove di tipo scientifico ma solo per un’appartenenza ideologica allo scientismo. Una frase di un celebre scienziato di Harvard, il genetista Richard Lewontin, testimonia quanto ho appena esposto: “Noi difendiamo la scienza nonostante l’evidente assurdità di alcune delle sue affermazioni, nonostante non riesca a realizzare molte delle sue stravaganti promesse sulla salute e sulla vita, nonostante la tolleranza della comunità scientifica per delle favole immaginarie prive di verifica, perché abbiamo un impegno aprioristico, un impegno materialista. Non è che i metodi e le istituzioni della scienza ci obblighino ad accettare una spiegazione materialista dei fenomeni, ma al contrario, siamo costretti dalla nostra adesione aprioristica alle cause materiali a creare un apparato d’investigazione e una serie di concetti che generano spiegazioni materialistiche; non importa quanto controintuitive, non importa quanto mistificanti per i non addetti ai lavori. Non solo, ma tale materialismo è assoluto, perché non possiamo aprire la porta al piede divino”.

La teoria dell’evoluzione postula l’esistenza di un brodo primordiale. Esistono delle lacune in questa teoria?

Non direi lacune, esistono vere e proprie falsità. Nei libri di testo viene raccontato l’esperimento di Miller dove si vuole fare credere che la vita si possa generare dalla non vita. Lo stesso scienziato ha ammesso il fallimento del suo esperimento e chi ha conoscenza della storia della scienza sa benissimo che un certo Lazzaro Spallanzani ha dimostrato inequivocabilmente che la vita nasce solo da altra vita. Però Spallanzani spesso non è nemmeno citato nei libri di testo e la maggior parte delle persone non ne ha conoscenza.

Darwin ha detto che la sua teoria per reggere deve prevedere l’esistenza di forme fossili intermedie. Sono state scoperte questi particolari reperti?

Verissimo quanto lei mi chiede, basterebbe trovare un anello di congiunzione. La verità, però, è che di fossili che rappresentano forme di transizione non ne esistono anche se, ripeto, sui libri di testo e Wikipedia come su diversi periodici divulgativi spesso vengono citati diversi esempi. Nessuno scienziato sarebbe disposto in pubblico a sostenere che esistono anelli di congiunzione perché semplicemente non esistono.

Cosa ne pensa dell’Archeopterix che da alcuni viene considerato come esempio migliore di forma di congiunzione tra rettili e uccelli?

Stupidate. Anche il Corriere della Sera il 29 maggio del 2013 ha pubblicato un articolo in cui spiegava che l’Archeopterix è solo un uccello. Il problema è che la propaganda della nomenclatura evoluzionista è talmente forte e molti credono a vere e proprie fandonie.

È lecito pensare che non siano state trovate forme intermedie a causa della scarsità di fossili ritrovati?

No, assolutamente no. Era pensabile al tempo di Darwin, ecco il motivo di questa affermazione. Oggi no, i fossili sono tantissimi e la verità è una: anelli di congiunzione zero. Infatti guai a parlarne tra gli evoluzionisti.

Fabrizio Fratus, sociologo e membro di diversi comitati scientifici tra cui Evoluzione scientifica, il Comitato Antievoluzionista e l’Associazione Studi sulle origini (Per concessione dell’autore)

Ritiene che gli organi vestigiali possano essere considerati come prova dell’evoluzione?

Gli organi vestigiali non esistono, sono un’ulteriore sconfitta e dimostrazione degli errori di Darwin e dei suoi discepoli. Alla fine dell’800 si contavano 180 organi residuali mentre oggi siamo a zero, lo stesso vale per il dna spazzatura [una parte considerevole di dna, pari a circa il 95 per cento del genoma, che non è coinvolto nel processo di trascrizione, ndr]. Si è scoperto che non solo non è spazzatura ma è la parte più importante. Per gli evoluzionisti era dna residuale.

Come possono allora essere interpretati questi organi?

Faccio un esempio: le tonsille venivano considerate un organo residuale, ma oggi sappiamo che sono importanti per il sistema immunitario. Tutti gli organi hanno funzioni ben specifiche e sono parte utile del nostro corpo.

Gli embrioni di Haeckael mostrano tra loro una straordinaria somiglianza. È possibile che questa possa essere interpretata come un’evoluzione delle specie?

Lei mi cita quella che è la più grande frode degli scienziati evoluzionisti. Haeckael, genetista tedesco, falsificò i disegni di embrioni facendoli risultare simili. Il suo scopo era di far credere che gli embrioni ripercorressero la storia evolutiva: prima pesce, poi anfibio, eccetera. Con il microscopio si è scoperto che i disegni erano manipolati. Si tenga presente che ancora oggi, sui libri di testo, Haeckael viene riportato con i suoi disegni come prova dell’evoluzione della specie. Inoltre si tenga presente che l’aborto venne fatto ‘accettare’ in campo medico perché si pensava di intervenire su embrioni di altre specie e non su un embrione umano. Ecco spiegato il motivo per cui si deve intervenire prima dei tre mesi: semplicemente credevano che non fosse un embrione umano.

Per quanto riguarda l’uomo, si è sempre detto che il famoso scheletro di Lucy potrebbe essere considerato un anello di congiunzione. Cosa ne pensa?

Assolutamente incredibile pensare questo. Lucy è conosciuta come l’anello mancante tra uomo e scimmia, peccato che già dal 1989 si sapeva che il fossile denominato Lucy era solamente una scimmia. Però, sia nelle trasmissioni televisive che nei libri delle nostre scuole, Lucy è ancora ‘raccontata’ come anello di congiunzione tra gli animali e l’uomo.

Esistono al giorno d’oggi secondo lei, indiscutibili esempi di anelli di congiunzione tra l’uomo e la scimmia?

No, non esiste nulla che unisca l’uomo alle scimmie e quando parlano del dna simile per il 94 per cento dovrebbero specificare che non vuol dire assolutamente nulla. Sono i geni e la loro combinazione a decretare le specie, il dna contiene le informazioni delle diverse specie ma non ha nulla a che vedere con la combinazione dei geni. Se non ricordo male, il corallo marino, ha il 96 per cento di dna simile al nostro, quindi?

Diversi scienziati ritengono che gli anelli di congiunzione siano rari e controversi. Qual è il suo pensiero?

Nessuno scienziato può presentare un anello di congiunzione tra diverse specie, semplicemente non esiste. Oggi sono stati confutati tutti gli esempi che venivano riportati e una dichiarazione di Niels Eldredge, famosissimo paleontologo evoluzionista nel suo testo Ripensare Darwin spiega benissimo la questione: “…l’ho scoperto nel lontano 1960, quando tentai invano di documentare esempi di quel genere di cambiamento lento e costante che tutti noi pensavamo dovesse esistere, sin da quando Darwin disse che la selezione naturale dovrebbe lasciare proprio tale segnale rivelatore nei fossili. Scoprii invece, …, che le specie non tengono affatto a cambiare granché, rimangono, ma rimangono imperturbabilmente e implacabilmente resistenti al cambiamento…”.

È stato inoltre osservato che nella stratigrafia fossile le specie spariscono e poi ricompaiono. Come si può spiegare questo fatto?

Il sopra citato paleontologo ha elaborato una teoria miracolosa denominata ‘teoria degli equilibri punteggiati’ assieme al prof. S.J. Gould e spiegata nel libro L’equilibrio punteggiato per spiegare la mancanza di fossili di transizione e la comparsa improvvisa di nuove specie. Ma è un’altra fantastica trovata da parte degli evoluzionisti per raccontare qualcosa di cui non si sa nulla.
A oggi non sappiamo assolutamente perché esistiamo, da dove arriva la vita e come mai ci sono le diverse specie. La scienza non sa spiegare realmente queste cose, ha una ipotesi che fa acqua da tutte le parti e anzi, alla prova empirica e sperimentale, dà sempre risultati opposti a quanto supposto.

È vero che vi sono specie che compaiono improvvisamente e altre spariscono, ma in nessun caso abbiamo riscontro di quello che veramente è importante per quanto riguarda quello in cui credono i sostenitori dell’ipotesi neodarwinista. Non abbiamo specie meno evolute che scompaiono per lasciare posto a più evolute. Nessun incremento di informazioni genetiche è stato riscontrato in relazione alla logica secondo cui in passato le diverse specie erano più semplici e meno complesse. Questo è il punto.

Nel 2005 un team di scienziati ha affermato che nelle ere geologiche passate la disintegrazione radioattiva fosse più veloce, il che comporterebbe una sensibile diminuzione dell’età della Terra. Esiste quindi anche un problema di datazione dei fossili?

Altroché se esiste, la questione dell’età della terra è un paradigma obbligato per gli evoluzionisti. I tempi lunghi servono per giustificare tutto, ma in realtà è come sempre una trovata più che un fatto scientifico. Basta una piccola ricerca per capire il circolo vizioso con cui vengono datati i fossili e il terreno in cui vengono trovati.
Se poi si parla dell’uomo, allora, diviene tutto più divertente. I risultati di una ricerca molto complessa sul dna mitocondriale hanno fornito un risultato sconcertante: la prima donna avrebbe meno di diecimila anni. La ricerca è stata portata avanti da scienziati evoluzionisti – direi interessante come risultato.

Se poi si considera che un genetista di fama mondiale come J. Sanford ha iniziato a studiare il genoma umano dopo avere appreso che il suo amico F. Collins, uno dei mappatori del genoma, era divenuto teista e aveva scoperto che il dna è in degradazione da sempre; Collins aveva anche calcolato che la degenerazione del dna tra 300 generazioni porterà la specie umana a non esistere più ma soprattutto aveva calcolato, in base alle mutazioni a ritroso, che la specie umana non ha più di 7.000 anni. J. Sanford è rimasto talmente colpito che da ateo ed evoluzionista è oggi un creazionista puro. Lo è diventato tramite lo studio del genoma umano, del dna e della verifica empirica e sperimentale.

Quale può essere secondo lei la probabilità che un essere vivente si sia formato grazie a dei processi casuali?

Nulla. Non credo assolutamente che esista una possibilità, la scienza nega questa ipotesi!

Esistono secondo lei delle prove secondo cui gli esseri viventi si possono essere formati solo grazie alla mente di un Creatore?

Sia evoluzionisti che creazionisti interpretano dati oggettivi in relazione al loro credo personale; un libro fantastico di M. Georgiev – Charles darwin, oltre le colonne d’ercole
protagonisti, fatti, idee e strategie del dibattito sulle origini e sull’evoluzione
– ha un capitolo specifico sul creazionismo possibile; è avvincente ma conclude che nulla può provare un Dio creatore, come nulla lo può negare. Certo è che se prendo la teoria di Darwin e il creazionismo e li analizzo oggettivamente direi che c’è una maggiore probabilità che esista un Dio creatore.

Infine, la teoria dell’evoluzione e quella della creazione hanno dei punti in comune?

A mio giudizio sì, sono entrambe ipotesi basate sulla fede, con una sostanziale differenza: gli evoluzionisti utilizzano la scienza per imporre la loro fede mentre i creazionisti, più onestamente, sanno che la loro posizione è un atto di fede. Credo siano più onesti.

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48 commenti

  1. Giorgio Masiero on

    Sul fatto che il darwinismo sia una fede come il “creazionismo” sono d’accordo con Fratus, tuttavia osservo che come ci sono tanti atei che dicono, perfino da cattedre di filosofia, che l’inesistenza di Dio è provata dal darwinismo, così ci sono tanti creazionisti che dicono che l’esistenza di Dio è dimostrata dall’esistenza altrimenti inspiegabile di tante specie diverse.
    Ci sono però a questo mondo anche altri generi di persone, che ragionano in maniera diversa e non mischiano il campo della fede, e neanche della filosofia, con quello della scienza empirica. Io per esempio sono METODOLOGICAMENTE materialista quando si tratta di scienza empirica, nel senso che plaudo al metodo degli scienziati di occuparsi esclusivamente di cause materiali, ma a differenza di Lewontin, non estrapolo questo limite del metodo scientifico (foriero di tante pregevoli applicazioni) al campo filosofico. Cosicché, se facciamo scienza empirica, che siamo credenti o atei non fa differenza nel lavoro: dobbiamo escludere fine, intelligenza, volontà,… e occuparci solo di cercare di capire come possa essere sorta la vita in questa Terra per processi esclusivamente fisico-chimici, assumendo che essi esistano e tentando di replicarli.
    È vero che non li sappiamo ancora riprodurre e che finché non lo sapremo fare tutto ciò che ci raccontano a scuola e nei giornali sono solo speculazioni, congetture, addirittura miracoli in serie, però se vogliamo crescere nel controllo della natura non abbiamo altra strada.

    • Noti però, Masiero, che Fratus non dice che darwinismo e creazionismo sono entrambi atti di fede, dice invece che atti di fede sono la teoria dell’evoluzione (che non è il darwinismo) e la teoria di creazione (che non è il creazionismo). Non so Lei, ma io su questo punto non mi sento di concordare con Fratus.

      Invece, per quanto riguarda la confusione che Lei giustamente denuncia, io vorrei aggiungere a quanto detto che questa è dovuta ad un’altra confusione che è ben più sottile e che si radica in un problema più fondamentale, ossia il problema cagionato dal ruolo vicario assunto dalla filosofia della scienza verso quella che è la grande assente tra le discipline filosofiche del nostro tempo: l’ontologia del corporeo, ossia la filosofia della natura.

      Ora, la filosofia della scienza, essendo una disciplina essenzialmente epistemologica/metalogica che ha per oggetto di studio non gli enti naturali bensì le scienze stesse, non è attrezzata per condurre anche una riflessione adeguata e sistematica sull’ontologia che soggiace alle odierne scienze matematiche e naturali. A questo si aggiunga poi, come già sottolineava Nagel (Ernest) negli anni 60 del secolo scorso, che tale disciplina (in quanto branca di studio speciale della filosofia), essendo piuttosto recente non risponde a definizioni univoche e manca di una netta definizione dei suoi limiti e metodi. È proprio per tali ragioni che spesso e volentieri sconfina in campi che non sarebbero di sua pertinenza (ma della filosofia della natura, appunto) con tutti i rischi – tanto più grandi quanto più delicate sono le questioni toccate – che ciò può comportare.

      Ecco, io direi che è a questo livello che possiamo individuare la radice della querelle tra evoluzionisti/creazionisti/antievoluzionisti/IDers che non avrà mai fine finché non si farà anzitutto chiarezza su questo punto, ma soprattutto finché anche in campo filosofico non si procederà alla formulazione di un metodo espositivo e dimostrativo rigoroso dei risultati dell’indagine ontologica che sia universalmente accettato come quello scientifico. Diversamente corriamo il rischio di continuare a veder spacciate per conclusioni derivanti dalla ricerca scientifica stessa quelle che invece sono solo opinioni filosofiche personali…

      • Giorgio Masiero on

        Forse bisognerebbe chiedere a Fratus che cosa intende per atto di fede, viaNegativa, prima di dichiararsi d’accordo o in disaccordo con lui. Per quanto mi riguarda, la teoria dell’evoluzione (non del darwinismo) è certamente un’ipotesi scientifica, ma ciò non toglie che “crederci” resti un atto di fede, come per me sono atti di fede quelli che eventualmente si danno a tutte le teorie scientifiche anche più corroborate, che sia la relatività generale o la meccanica quantistica.
        Quanto alla creazione (non al “creazionismo”) sono d’accordo con Lei: il teismo è l’unica scelta di ragione e non è un atto di fede.
        Il secondo punto da Lei trattato è nuovo per me e mi appare molto interessante. Mi piacerebbe poterlo approfondire.

        • Io mi dico in disaccordo perché non credo ci sia bisogno di una esegesi particolare di quello che Fratus intende significare con quelle parole. Del resto anche Lei s’è detto in accordo con lui su quel punto, quindi ho dato per scontato che lo avesse inteso senza problemi. Comunque se vorrà intervenire potrà egli stesso far chiarezza.

          Sul fatto di “credere” a una teoria scientifica preciserei quanto segue: se uno pensa che la scienza offra spiegazioni assolute, totalmente esausitive, complete e corenti di un dato campo di indagine (o, peggio ancora, del Mondo intero, come avrebbe voluto il mito illuminista), dove teorie e modelli coincidono con la “Verità”, allora sì, crederci rersta un atto di fede, come Lei dice. Tuttavia, sapendo cosa la scienza è e cosa fa, possiamo affermare tranquillamente – e lo possiamo dire ancor meglio dopo la cd “crisi dei fondamenti” del XIX secolo – che l’impresa scientifica non può né mai potrà avere simili pretese. E allora, per chi ha dato una limata, per dir così, alle proprie aspettative, giacché ha capito che la “verità scientifica” ha da esser declassata alla mera universalità e necessità della spiegazione, non ha più alcun senso parlare di fede in una ipotesi/teoria, perché si crede solo, in mancanza d’una certezza, in ciò che ha pretesa d’esser vero.

          • Giorgio Masiero on

            Io temo, ViaNegativa, di avere sulle teorie scientifiche – parlo anche di quelle più corroborate, come la RG o la MQ, per es. – un’opinione, epistemicamente parlando, molto più bassa della Sua. Per me sono solo strumenti costruiti dall’immaginazione umana per fare predizioni che entro certi limiti funzionano in alcuni fenomeni. Just-so-stories. Che si dividono tra corroborate e non corroborate.

          • È esattamente quello che penso anche io. E non potrebbe essere altrimenti dato il quadro epistemico entro cui si trova a operare la scienza contemporanea.

  2. Fabio Vomiero on

    Ora, al di là delle possibili e doverose critiche scientifiche che le posizioni del simpatico dott.Fratus inevitabilmente sollevano, ma che in fondo sono circolari e sempre le stesse, così come è sempre lo stesso il pensiero di Fratus, basato su una conoscenza a mio avviso evidentemente parziale e soggettiva sia dello stato dell’arte della ricerca scientifica in biologia evoluzionistica sia dello statuto epistemologico che sorregge tali discipline scientifiche (e non potrebbe essere altrimenti), mi chiedo piuttosto e chiedo in tutta onestà intellettuale al prof.Pennetta o al prof.Masiero per esempio: secondo voi, quanto conta, se conta, nella formulazione di un pensiero come quello del dott. Fratus un backgroud evidentemente viziato da un pregiudizio di stampo teologico? In fondo sarebbe un po’ la stessa cosa che traspariva ieri in un commento di Masiero che parlava di biologi e fisici. Sì sono d’accordo, lo posso confermare, da biologo, spesso mi sono trovato in difficoltà con certi fisici o ingegneri, la spiegazione che mi sono dato è principalmente che la fisica e la biologia poggiano su statuti epistemologici diversi e che pertanto certi aspetti della biologia sono spesso mal digeriti da chi possiede, come il fisico, una formazione più propriamente di stampo riduzionista e determinista.

    • Caro joniublu a volte con certe persone è impossibile avere un dialogo civile e costruttivo, soprattutto con quelli che credono di avere la ragione assoluta.

    • Enzo Pennetta on

      Ho fatto qualche intervento ma il tizio non meritava più che delle battute.
      Tu piuttosto joinioblu hai fatto un gran lavoro, davvero complimenti.

    • Giorgio Masiero on

      Provo a rimmetterla, dott. Vomiero!
      A mio parere, l’errore di Fratus non deriva da un pregiudizio teologico (quale sarebbe?), ma da un errore epistemologico uguale e contrario a quello di Lewontin: confondere il materialismo metodologico della biologia evolutiva (e di tutte le scienze empiriche, se no che empiriche sarebbero?!) con il materialismo metafisico. E Fratus fa molto male, secondo me, perché così indebolisce i suoi stessi argomenti anti-darwiniani, che altrimenti sarebbero inattaccabili, ed anche i suoi argomenti anti-evoluzionistici, alcuni dei quali sono presenti a tutti i ricercatori.
      Non ho capito poi bene, Vomiero, la seconda parte del Suo commento, quella sugli statuti epistemologici diversi che ci sarebbero in fisica e in biologia. Certo tutte le scienze empiriche hanno propri strumenti, protocolli, campi e procedure, ma condividono tutte un super-criterio: la riproducibilità. Senza riproducibilità non c’è controllabilità della comunità scientifica, né possibilità obiettiva di scelta tra congetture diverse, né applicabilità. Con “la maggior parte degli articoli scientifici che sono falsi”, questo criterio è tanto importante, anche in medicina e in biologia, da essere divenuto il vessillo discriminante di Francis Collins, come direttore di NIH, per l’accettazione di nuovi articoli e l’approvazione di nuovi progetti di ricerca nell’Istituto…, con tutto ciò che ne sta seguendo in America in termini di meta-ricerca sulla riproducibilità nelle università.
      Mi rendo conto dell’estrema complessità della cellula rispetto alla composizione di un atomo, ma chi ha scelto di studiare le cose complesse non deve nascondere lo statuto speculativo delle sue ipotesi A o B o C, fino a che in riproduzioni controllabili non sia dato alla comunità scientifica di scegliere tra A o B o C.

    • Giorgio Masiero on

      Sì, Muggeridge, del revival della metafisica da 50 anni a questa parte, di Aristotele, ma ancor più di Tommaso, e proprio paradossalmente nella filosofia analitica anglosassone, ho accennato in qualche passato articolo. E prima o poi ci ritornerò…, anche perché, come dice il Corriere, qui in Italia sulla metafisica siamo fermi a Kant e a Comte. D’altra parte gli studenti del liceo che nei programmi di filosofia arrivano a Kant e a Comte sono già fortunati, mi dicono!

      • Ma a parte il successo nel mondo anglosassone di metafisica e aristotelismo, qui si è parlato della critica al neodarvinismo del biologo Denis Noble descritta in questo articolo di Ventimiglia ?

        • Giorgio Masiero on

          Sì, di Noble e della sua critica al darwinismo abbiamo parlato in un vecchio articolo.

      • In poche pagine di Kant c’è quanto sufficiente a devastare le pretese conoscitive tanto della Metafisica Scolastica quanto del suo simpatico revival, in tal senso ci si può senza problemi anche fermare a Kant..
        Sarebbe interessante piuttosto ci si SOffermasse ad analizzare nei programmi di filosofia tanti pensatori (intenzionalmente) ignorati, penso ad esempio, restando in tema antimetafisico, allo splendido Pierre Gassendi, sacerdote, teologo rigorosamente antimetafisico e antiaristotelico (perchè ne esistono). Purtroppo le traduzioni italiane delle sue opere sono sostanzialmente nulle, peccato perchè le sue Exercitationes paradoxicae adversus Aristoteleos sono eccezionali, chi volesse farsene anche solo un’idea si legga il saggio di Tullio Gregory “Scetticismo ed empirismo, Studio su Gassendi”. Qui potete trovare un piccolo assaggio di questo fantastico sacerdote, sempre sia lodata la sua onestà intellettuale: http://www.homolaicus.com/teorici/gassendi/gassendi2.htm

        Passando ad altro, ma neanche troppo, mi tocca rilevare che la questione della differenza tra sistemi fisici (nucleo atomico) e sistemi biologici (batterio) non le va proprio giù, ne avevamo già discusso ma di sicuro non sono stato capace di spiegarmi, taglierei allora la testa al toro e, onde evitare di dover ripetere sempre le medesime cose, la indirizzerei a “Le Radici della Biologia” di Mario Ageno. Io credo che molti suoi dubbi potranno essere dissipati (tra l’altro troverà all’interno una chiarissima confutazione della sua posizione secondo la quale il darwinismo è una pseudoscienza perchè tautologica). La invito poi, ma solo poi, a contestare proprio qui le affermazioni di Ageno.

        In chiusura vorrei tornare alla Metafisica (questa coerente però, perchè c’è Metafisica e Metafisica), più precisamente a un grande Metafisico Ateo (perchè ne esistono), lo vorrei fare per poter contestare FILOSOFICAMENTE le speculazioni FILOSOFICHE che qui ritengono razionale credere nell’esistenza di un fine nella natura:

        E poiché tutti i pregiudizi che m’accingo a sottoporre ad esame dipendono da quest’unico, che gli umani immaginano comunemente che le cose della natura òperino, come essi stessi fanno, mirando a uno scopo (addirittura essi danno per certo che Dio stesso diriga le cose a un fine determinato: avendo egli fatto ogni cosa a pro dell’Uomo, e avendo fatto l’Uomo per essere a lui adorato), io prenderò dapprima in considerazione questo solo pregiudizio; e cercherò
        di scoprire, per cominciare, la causa per cui la maggioranza degli umani se ne sta tranquilla in questo pregiudizio, e la totalità è per natura così propensa ad accettarlo; mostrerò poi la falsità del pregiudizio in parola; e infine mostrerò come dal pregiudizio stesso siano sorti gli altri pregiudizi che concernono il bene e il male, il merito e il peccato, la lode e il biasimo, l’ordine e il disordine, la bellezza e la bruttezza, e via dicendo. Non è questo il luogo per mostrare come tali pregiudizi derivino dalla natura della mente umana: qui basterà riconoscere – ed io lo prenderò come fondamento – ciò che tutti debbono ammettere: cioè
        che tutti gli umani nascono ignorando le cause delle cose, e tutti sono portati istintivamente a cercare il loro utile, e di questo hanno coscienza. Di qui derivano alcune conseguenze.
        1°, Gli umani sono convinti di essere liberi perché sono consapevoli delle loro volizioni e dei loro desideri istintivi e perché non pensano neanche in sogno dato che ne sono ignari alle cause che li orientano a desiderare e a volere.
        2°, Gli umani agiscono in ogni caso in vista di un fine, cioè in vista dell’utile che appetiscono: e ne deriva che essi si preoccupino sempre di conoscere soltanto le cause finali di ciò hanno compiuto, e , quando le abbiano apprese, smettano di preoccuparsi: e questo è ragionevole, poiché a questo punto non hanno
        motivo di porsi altri dubbi. (Non avendo nessuno che gli dia spiegazioni corrette, perché tutti si trovano nelle stesse condizioni, gli umani sono costretti a prendere se stessi come esemplare e a riflettere sui fini che di solito spingono ciascuno a compiere le azioni più comuni: e in questo modo col metro del loro sentimento misurano tutto il resto della natura).
        D’altronde gli umani trovano in se stessi, e all’esterno di sé, troppi mezzi assai efficaci per conseguire il loro utile – quali gli occhi per vedere, i denti per masticare, i vegetali e gli animali per nutrirsi, il sole che li illumina, il mare che alimenta per loro i pesci – perché essi non considerino da sempre, spontaneamente, tutte le cose della natura come mezzi per raggiungere
        il loro utile; e poiché sanno di non aver essi stessi apprestato quei mezzi, ma di
        averli trovati, ne hanno tratto il motivo per credere che ci sia qualcuno, estraneo alla specie umana, che abbia apprestato quei mezzi per loro uso. Dopo avere scoperto nelle cose la qualità di mezzi, gli umani non hanno, evidentemente, potuto credere che quelle cose si siano fatte da sé; e, tenendo conto di come essi si apprestano i mezzi di cui hanno bisogno, hanno dovuto concludere che esistano uno, o più, reggitori della natura, forniti di libertà come gli umani, che hanno disposto a favore degli umani tutte le cose e le hanno tutte destinate
        al loro uso. E anche il sentimento di quei reggitori – del quale essi non hanno mai avuto notizia diretta – gli umani hanno dovuto immaginare in base al proprio: ed hanno così stabilito che gli Dei dirigono tutte le cose per uso degli umani, così da legarseli e da esser tenuti da loro nel massimo onore; e di qui poi ognuno ha escogitato, secondo il suo modo di vedere, i diversi modi di render culto a Dio, così da essere amato da Dio più gli altri e da meritare che Dio rivolga l’intera natura a pro della sua cieca cupidigia e della sua insaziabile
        avidità. E questo pregiudizio, diventato superstizione, s’è profondamente radicato nelle menti: ed è stato la causa per cui tutti si sono dedicati con ogni impegno a capire e a spiegare le cause finali di tutte le cose. Ma si direbbe che questo cercar di mostrare che la natura non fa nulla invano (cioè nulla non che sia utile agli umani) è riuscito a mostrare soltanto che la stessa follia che è negli umani è anche nella natura e negli Dei. Vediamo un po’ a qual punto la cosa è arrivata. Fra i tanti vantaggi offerti dalla natura i ricercatori hanno dovuto
        trovare non poche cose svantaggiose, quali tempeste, terremoti, malattie eccetera: e hanno stabilito che questo si verifica perché gli Dei sono irati a causa di offese recate loro dagli umani o di scorrettezze commesse nel culto; e sebbene l’esperienza quotidiana affermi a gran voce e mostri con infiniti esempi che fortune e sfortune toccano nella stessa maniera e indistintamente ai pii e agli empi, quei ricercatori non hanno dimesso il pregiudizio ormai inveterato, giudicando che porre quella incomprensibile uniformità fra le altre cose
        ignote, delle quali non si conosce il perché, e conservare così la loro presente e innata condizione di ignoranza, sia più facile che demolire tutte quelle loro costruzioni e concepirne un’altra, nuova: e su una tale base hanno decretato, come cosa certa, che le risoluzioni degli Dei superano di gran lunga il comprendonio umano.

        Per mostrare ora che la natura non ha alcun fine che le sia stato prefissato, e che tutte le cause finali non sono che invenzioni umane, non ci vuol molto. Credo infatti che questo risulti chiaro tanto tenendo conto dei fondamenti e delle cause dai quali ho mostrato che il pregiudizio in parola ha tratto origine, quanto rammentando la Proposizione 16 e le Conseguenze della Prop. 32, e inoltre tutte le altre proposizioni, con le quali ho mostrato che nella natura tutto è prodotto ed accade per una certa necessità eterna e con una perfezione suprema. Aggiungerò tuttavia ancora un’osservazione: che questa dottrina dei fini sconvolge completamente la natura. Essa infatti considera come effetto ciò che invero è causa, e viceversa; poi mette dopo ciò che per natura è prima; e infine riduce imperfettissimo ciò che per natura è supremo e perfettissimo. Lasciamo da parte i primi due punti, che sono evidenti di per sé. Quanto al terzo, come risulta dalle Proposizioni 21, 22, 23, è perfettissimo quell’effetto che è prodotto da Dio immediatamente, ed una cosa è tanto più imperfetta
        quante più sono le cause intermedie di cui essa ha bisogno per essere prodotta: ma se le cose che sono state prodotte immediatamente da Dio fossero state fatte perché Dio conseguisse un suo fine, allora le ultime – a causa delle quali sono state fatte le prime – sarebbero necessariamente le più eccellenti. Inoltre, questa dottrina annienta la perfezione di Dio: dato
        che necessariamente, se agisce in vista di un fine, Dio manca di qualcosa, che desidera e cerca. E quantunque i teologi e i metafisici distinguano tra fine di indigenza (Dio creerebbe le cose perché ne ha bisogno) e fine di assimilazione (Dio vuole le cose siano per attribuire ad esse la sua beatitudine), essi tuttavia confessano che Dio ha fatto tutte le cose per se stesso, non per le creature: essi infatti non possono trovare che prima della creazione ci fosse un qualche Ente, oltre a Dio, a causa del quale Dio operasse; e pertanto debbono necessariamente ammettere che Dio mancava delle cose di cui ha predisposto l’esistenza, e le desiderava: come è evidente da sé. Non si deve poi passar sotto silenzio che i seguaci di questa dottrina, i quali coll’individuare i fini delle cose hanno voluto mettere in mostra il loro ingegno, hanno – per rendere plausibili le loro affermazionì – escogitato una nuova maniera di argomentare: la riduzione non all’impossibile, ma all’ignoranza: e questo mostra che per sostenere la loro dottrina non c’era alcun argomento vero. Per fare un esempio, se una tegola è caduta da un tetto sulla testa di qualcuno e l’ha ucciso, essi dimostrano nel modo seguente che la tegola è caduta per uccidere quell’uomo. Se la tegola non è caduta per volontà di Dio al fine predetto, chiederanno, come mai tante circostanze (perché spesso sono molte a concorrere) hanno potuto concorrere casualmente? Qualcuno risponderà che
        il caso avvenne perché tirava vento e perché l’uomo aveva bisogno di passare di là. Ed essi diranno: e perché il vento soffiò proprio allora? e perché quell’uomo doveva passare di là proprio nello stesso tempo? Qualcuno replicherà che il vento s’era levato proprio allora perché il giorno precedente, mentre il tempo era ancora calmo, il mare aveva cominciato ad agitarsi; e l’uomo era stato invitato da un amico. Ed essi di nuovo – perché si può domandare all’infinito: perché il mare era mosso? perché l’uomo era stato invitato in quel momento? E non smetteranno di chiedere le cause delle cause fin che l’interlocutore non si rifugerà nella volontà di Dio, cioè nel ricovero dell’ignoranza. Per fare un altro esempio, i seguaci della dottrina dei fini stupiscono quando si pongono a considerare la struttura del
        corpo umano: e, siccome ignorano le cause di un così mirabile meccanismo, concludono che esso non s’è costruito da sé per certe sue leggi intrinseche, ma è il prodotto di un’arte divina o soprannaturale, dalla quale esso è stato congegnato in maniera che un pezzo non danneggi l’altro, o, piuttosto, che ogni pezzo cooperi con ogni altro. Vigendo tali criteri accade che chi vuol conoscere le vere cause degli eventi miracolosi, come chi cerca di capire da scienziato le cose della natura e non di meravigliarsene da sciocco, sia in generale giudicato
        eretico ed empio e proclamato tale da coloro che il volgo venera come interpreti della natura e degli Dei. Costoro sanno infatti che eliminando l’ignoranza si distrugge anche lo stupore, cioè l’unico mezzo che essi hanno di conservare credibile e di salvaguardare la loro autorità. Ma ora lascio questo argomento per passare a quello che ho stabilito di trattare in terzo luogo.
        Essendosi persuasi che tutto ciò che accade è finalizzato a loro, gli umani hanno dovuto arrivar a giudicare che in ogni cosa il più importante è ciò che è più utile a loro, e che le cose più eccellenti sono quelle che danno a loro maggior piacere. Su questa base essi hanno, logicamente, dovuto formare le nozioni con le quali potere spiegare la natura delle cose: cioè le nozioni di Bene, di Male, di Ordine, di Confusione, di Caldo, di Freddo, di Bellezza, di Bruttezza; e dalla convinzione di esser liberi, che essi hanno, sono poi sorte le nozioni di Lode e di Biasimo, di Peccato e di Merito. Di queste ultime nozioni mi occuperò più avanti, dopo avere trattato della natura umana; qui invece spiegherò brevemente le prime. Gli umani dunque hanno chiamato Bene tutto ciò che favorisce la salute e inclina al culto di Dio, e Male ciò che è contrario a queste cose. Essi, poiché non penetrano intellettualmente la natura delle cose, ma si limitano all’apparenza di esse, che colpisce la loro immaginazione,
        non possono – prendendo l’immaginazione per l’intelletto – esprimere sulle cose giudizi corrispondenti al vero; e così, ignari della natura delle cose, e anche della natura propria, credono fermamente che nelle cose ci sia un ordine. Infatti, quando determinate cose sono disposte in maniera tale che noi, dopo averle considerate, possiamo facilmente figurarcele nella mente e quindi facilmente ricordarle, noi le diciamo bene ordinate; quando invece accade
        il contrario noi diciamo quelle cose male ordinate o confuse. E poiché le cose che noi immaginiamo facilmente ci piacciono più delle altre, gli umani preferiscono l’ordine alla confusione – come se l’ordine della natura fosse non qualcosa che vi scopre la nostra immaginazione, ma una realtà: e dicono che Dio ha creato le cose con ordine, attribuendo con ciò a Dio, senza saperlo, un’immaginazione, o magari convincendosi che Dio, a favore dell’immaginazione umana, abbia disposto le cose in modo da poter essere immaginate con la maggior agevolezza; e forse, avviati gli umani su questa strada, non li tratterrà il riflettere che ci sono infinite cose che superano di parecchio la nostra immaginazione, e molte che la confondono, debole com’è. Ma di questo ho detto abbastanza. Per quanto concerne le altre
        nozioni, anch’esse non sono altro che modi dell’immaginare, dai quali l’immaginazione è variamente interessata: ma gl’ignoranti le considerano attributi principali delle cose, dato che, come abbiamo già detto, essi credono che tutte le cose siano state prodotte in vista di loro stessi, e chiamano le cose buone o cattive, sane o guaste o marce, a seconda del modo in cui ne sono toccati.

        È dunque evidente che tutte le nozioni con le quali la gente è usa a “spiegare” la natura non sono altro che modi dell’immaginazione, e non chiariscono la struttura interna di alcunché ma soltanto ci informano sulla costituzione dell’immaginazione; e poiché questi enti hanno dei nomi, come se si trattasse di realtà esistenti fuori dell’immaginazione, io li chiamo enti non di ragione, ma d’immaginazione; e così è facile confutare tutti gli argomenti che vengono tratti da quelle nozioni contro il nostro modo di vedere.

        • Giorgio Masiero on

          Lei è libero di “fermarsi” a Kant, o anche ancor prima a Gassendi, ma qui si parlava d’altro: cioè che la filosofia analitica ha oggi riscoperto la metafisica di Aristotele e di Tommaso

          • Ed io le ho risposto che è una riscoperta simpatica (sempre la si intenda semplicemente come un’occasione per fare esercizi di logica). .
            Dia un’occhiata ad Ageno mi raccomando.
            E a Gassendi.
            E a Spinoza.
            Cordialità.

    • Grazie, ho letto adesso l’articolo.

      Concordo con il thrust generale di quanto scritto da Ventimiglia, che è uno dei maggiori esponenti del tomismo analitico contemporaneo, non con quanto scrive all’inizio però (il discorso sul DNA).

      • Sì anch’io ho trovato il parallelo tra DNA e anima piuttosto riduzionista, ma penso che possa trattarsi di un'”esca” per coinvolgere il lettore medio attuale che dovrebbe avere tendenze scientiste.

        • Onestamente, muggeridge, preferisco pensare a una sincera svista del Ventimiglia piuttosto che a una deliberata mistificazione, ché in questo campo già si fa una fatica bestiale a farsi intendere quando si cerca d’esser chiari, figuriamoci se ci si mettono pure i fraintendimenti voluti!

          • Bisogna tenere conto che l’articolo è stato richiesto a Ventimiglia per “lanciare” il fascicolo su Aristotele della collana di filosofia promossa dal Corriere, quindi è un tipico articolo “promozionale” di questo tipo di iniziative, anche se al suo interno si possono riscontrare cose interessanti e da approfondire, per esempio appunto Noble e il successo anglofono della metafisica che io non conoscevo e non immaginavo (dal momento che anche qui si è sempre detto che la cultura anglosassone non è umanistica).

          • Ho capito, ma penso si possa scrivere un buon articolo di lancio anche evitando affermazioni volutamente equivoche (ma appunto, spero non lo siano), tantopiù che dal punto di vista aristotelico sul DNA si possono dire cose interessantissime, anche per un pubblico d’orientamento scientista, senza dover ricorrere a delle “esche”. Almeno spero.

            L’affermazione che la cultura anglosassone non sia umanistica full-stop andrebbe forse mitigata, ma in ogni caso rimane il fatto che la tradizione filosofica angloamericana (brutto termine questo, ma passiamolo ugualmente), prevalentemente analitica, trae la sua origine dalla logica e dalla filosofia del linguaggio. Ora, se uniamo questo alla predilezione degli analitici per l’uso della ragione in campo eminentemente scientifico (dati i presupposti empiristici) non dovrebbe stupire poi molto l’interesse (rinnovato) degli anglosassoni, filosofi e/o scienziati che siano, per un Aristotele considerati quelli che sono stati i suoi principali campi di ricerca.

  3. Fabio Vomiero on

    Rispondo comunque al commento “fantasma” del prof. Masiero. A me sembra chiaro invece il pregiudizio del dott. Fratus, in questa ultima intervista per esempio potrei estrapolare la frase: “Certo è che se prendo la teoria di Darwin e il creazionismo e li analizzo oggettivamente direi che c’è una maggiore probabilità che esista un Dio creatore”. Mi piacerebbe allora che il simpatico ripeto e anche intelligente dott.Fratus, invece di attaccare (della serie ti piace vincere facile) e in modo non sempre corretto, le evidenti difficoltà della ricerca scientifica in biologia evoluzionistica, che nessuno nasconde, esponesse chiaramente le sue idee. Perché tolto allora lo scenario evolutivo, che in realtà invece è supportato da una miriade di dati sperimentali e teorici, cosa propone in alternativa? Creazionismo? Disegno intelligente? Fissismo? E se sì, in che termini e per quali motivi? Allora il punto è, quanto un chiaro bias di questo tipo può influire nella produzione di conoscenza in ambito evoluzionistico diversamente da come per esempio la potrebbe produrre un ateo o un agnostico? O semplicemente uno scienziato generalmente molto più “addestrato” (come anche lei ha giustamente argomentato nel suo commento) a gestire tali bias?

    • Giorgio Masiero on

      Sì, Vomiero, sono d’accordo con Lei: ma l’errore di Fratus non è “teologico” – dov’è il ragionamento teologico? – ma epistemologico, quello di confondere il metodo della biologia con il metodo della metafisica! E qui, sapesse, in quale grandissima compagnia il dott. Fratus è, di darwinisti alla Dawkins, Lewontin, Hawking, Krauss, ecc., e naturalmente di creazionisti e ID.

    • Mi sembra che Fratus non fa un pregiudizio teologico ma una definizione epistemologica. Se si definisce scienza quello che si esperimenta controllatamente sia il darwinismo (inteso come la teoria che dice che la vita a evoluto dalla batteria all´uomo) sia il creazionismo sono fuori della scienza. Perche cercano di spiegare eventi unici del passato.

      • Quindi anche la teoria della deriva dei continenti o gli studi sull’origine dell’universo, che spiegano eventi unici del passato, sono fuori dalla scienza?

        • Secondo la definizione di scienza che richiede la sperimentazione controllata si. Non esiste nessuna prova scientifica che dica che come accadono le cosa oggi siano accadute sempre e sempre accadranno.
          Che il sole sorgerá domani é per lo meno una questione di fede nella legge della gravitá.

          • Giorgio Masiero on

            Se ragionasse sulla base del Suo scetticismo humeano, Blas, la scienza empirica non esisterebbe…, e Lei non avrebbe la possibilità oggi di scrivere le Sue opinioni su internet.

          • Appunto, la scienza empirica nasce dalla fede in un Dio razionale che non gioca ai dadi con noi.
            Non é questione di scienza ma di metafisica.

  4. Come già segnalato da Vomiero, l’articolo di Fratus contiene svariate inesattezze scientifiche, alcune delle quali piuttosto gravi per una persona che porta avanti una critica così forte alla ricerca in biologia evolutiva. Posso sapere come mai CS condivide simili contenuti, nonostante la loro estrema debolezza scientifica? Non vorrei che questa scelta fosse dovuta all’idea che pur di criticare il “nemico comune” tutto faccia brodo.
    Sarei inoltre curioso di sapere da quale testo proviene la citazione di Richard Lewontin, perché ho il sospetto che possa essere stata un po’ troppo estrapolata dal contesto, tenendo conto che lui è sempre stato molto critico nei confronti dell’uso ideologico della scienza.
    Anch’io infine, come Vomiero, sarei curioso di conoscere le ipotesi alternative che Fratus suggerisce per spiegare la varietà della vita sulla Terra.

    • Enzo Pennetta on

      A- se si para di inesattezze sarebbe il caso di dire quali.
      B- CS, come è chiaramente spiegato in apertura, riporta le interviste pubblicate su Epoch Times (se ce ne fosse una sua Bellone riporterei anche quella). Inoltre si premette che nelle nostre posizioni ci sono delle differenze.
      C- il testo citato da Lewontin è letteralmente quello riportato:
      “Our willingness to accept scientific claims that are against common sense is the key to an understanding of the real struggle between science and the supernatural. We take the side of science in spite of the patent absurdity of some of its constructs, in spite of its failure to fulfill many of its extravagant promises of health and life, in spite of the tolerance of the scientific community for unsubstantiated just-so stories, because we have a prior commitment, a commitment to materialism. “
      .
      La fonte originale è un interessantissimo articolo di Lewontin:
      http://www.nybooks.com/articles/1997/01/09/billions-and-billions-of-demons/

      • “A- se si para di inesattezze sarebbe il caso di dire quali.”
        Ha ragione e mi scuso, certi errori mi sembravano così evidenti da non doverli citare. Per esempio, Fratus definisce la microevoluzione “un adattamento ed è una perdita di informazione”, che davvero non capisco cosa voglia dire. Ancora peggiore è la sua definizione di macroevoluzione, cioè “l’idea per cui un animale si possa trasformare in un altro”. Non so da dove abbia preso questa idea Fratus, visto che nessun biologo sia convinto che un animale si trasformi in un altro. Subito dopo, di male in peggio, dice che la macroevoluzione sarebbe verificabile “nel momento in cui a una specie comparissero organi e funzioni nuove”.
        Non mi risulta, inoltre, che il presupposto di partenza di Darwin fosse la semplicità della cellula. Fratus fa anche una certa confusione fra anelli di congiunzione e forme fossili intermedie.
        E poi c’è quella frase già evidenziata da Vomiero: “nulla può provare un Dio creatore, come nulla lo può negare. Certo è che se prendo la teoria di Darwin e il creazionismo e li analizzo oggettivamente direi che c’è una maggiore probabilità che esista un Dio creatore”. Non so voi, ma a me dire che l’esistenza di un Creatore è oggettivamente più probabile della spiegazione darwiniana mi sembra un fraintendimento scientifico, epistemologico e teologico piuttosto grosso, che rivela il pregiudizio ideologico alla base della contestazione molto poco scientifica di Fratus.

        Per quanto riguarda Lewontin, rispondo sia a lei sia a Masiero. Non mettevo tanto in dubbio la paternità della citazione quanto il contesto da cui era stata estrapolata. La ringrazio per aver linkato l’articolo originale, che in effetti è molto interessante. In esso, Lewontin critica un certo approccio alla divulgazione scientifica — quello di Sagan ma anche di Richard Dawkins — e una certa rigida mentalità di diversi scienziati che vedono la scienza come l’unica via per la Verità. Cosa che, peraltro, ho sempre criticato anch’io nei miei tanti interventi su CS (e non solo). La frase citata quindi non esprime il parere di Lewontin, come tutti voi sembrate dare per scontato, ma quello esattamente opposto, visto che lui critica quell’approccio.
        Quella frase non incarna neanche quello che Lewontin pensa della biologia evolutiva, come erroneamente sostiene Masiero.
        Infine, per rispondere a Masiero che chiede in quale categoria di scienziati vada messo Lewontin, be’, la risposta è facile. Insieme a Gould ha scritto il celebre articolo dei pennacchi di San Marco dove criticava la visione iper-adattazionista del programma di ricerca darwiniano (l’articolo è del 1977 o 1979, non ricordo di preciso), proponendo una visione più pluralista e strutturalista. Lewontin è un darwinista che critica, come molti altri, l’approccio eccessivamente genecentrico. Nessuna fantomatica “quarta via”, Masiero, stia tranquillo.
        Di certo, Lewontin non prenderebbe minimamente sul serio un testo dove si parla di microevoluzione come adattamento e perdita di informazione, o di macroevoluzione come trasformazione da un animale a un altro.

        • Giorgio Masiero on

          Che Lewontin critichi lo scientismo esasperato, che “vede la scienza [nel senso di quella sperimentale] come l’unica via per la Verità” sono d’accordo, Greylines. Lo fa in tanti scritti.
          Però Lewontin, con suo stile scherzoso e paradossale, esagera, dico io, quasi fa della scienza sperimentale un gioco di lorsignori scienziati, quando v’infila dentro storielle, assurdità e altre amenità. No, io ho un concetto molto più elevato di Lewontin, anche se più basso di Dawkins, della biologia.

          • Intanto abbiamo chiarito che la frase di Lewontin non testimonia, come erroneamente sostiene Fratus, che la teoria dell’evoluzione è sostenuta dagli scienziati solo per appartenenza ideologica allo scientismo. La citazione è dunque fuori luogo e sa molto di cherry-picking, quindi credo che sarebbe il caso di segnalarlo, per evitare di trarre in inganno i lettori che non dovessero soffermarsi a leggere tutti i commenti.
            Poi abbiamo anche chiarito che l’articolo del New Yorker da cui la frase di Lewontin è tratta non rappresenta, come ha affermato lei, “ciò che pensa Lewontin della biologia evolutiva, ovvero che può legittimamente contenere patenti assurdità, just-so stories, ecc., ecc., basta che tenga fuori Dio dalla porta”. Se mai rappresenta ciò che Lewontin pensa di un certo approccio alla divulgazione proprio di gente come Dawkins, il che è ben diverso.
            Mi sembrano due precisazioni molto importanti, per evitare di travisare il pensiero di un importante scienziato come Richard Lewontin.

          • Giorgio Masiero on

            Non per difendere Fratus, ma non mi pare che sostenesse che l’evoluzione è sostenuta “solo” come ideologia, ma “anche” come ideologia. Basta guardarsi intorno anche in Italia!
            Se Fratus intendeva ciò che Lei gli attribuisce, Greylines, convengo con Lei e affermo che ci sono tanti evoluzionisti – scienziati e no, credenti e no – che credono all’evoluzionismo come ad una teoria scientifica. Tra i comuni cittadini mi annovero modestamente anch’io.

          • “Al giorno d’oggi, la teoria dell’evoluzione di Darwin come viene considerata dai vari studiosi, accademici e scienziati?
            Come l’unica possibile risposta alla nostra esistenza, ma questo non per prove di tipo scientifico ma SOLO per un’appartenenza ideologica allo scientismo.”
            L’enfasi è mia, Fratus sostiene chiaramente che la teoria dell’evoluzione è sostenuta solo per motivi ideologici.
            Mi fa piacere constatare che lei si discosta da questa interpretazione, mi chiedo quale sia la linea di CS a questo proposito.

          • Giorgio Masiero on

            Fratus confonde evoluzionismo con darwinismo. Questo l’abbiamo più volte denunciato, Greylines. La frase sopra virgolettata io non la condivido.

        • Enzo Pennetta on

          Le frasi ‘incriminate’ sono generiche ma credo che se si leggono intendendo cosa significano non dicono assurdità come Greylines vorrebbe dare a intendere.
          Nel casi più studiato di microevoluzione abbiamo una perdita di informazione, vedi Lenski, è poi evidente ce nessun individuo si srasforma in un altro ma che in realtà si intende la specie.
          Sulla macroevoluzione dica lei quando si verifica se non quando compaiono organi e funzioni nuove (se no cosa è la microevoluzione?).
          La differenza tra anelli di congiunzione e forme intermedie è solo dovuta al desiderio di eliminare ogni riferimento a possibili lacune fossili, l’anello di congiunzione evoca troppo l’anello mancante e sa di finalismo…
          Riguardo Lewontin credo che se leggesse “La biologia come ideologia” certe affermazioni non le vedrebbe tanto di buon occhio.
          E’ un testo dirompente che conferma molte delle cose qui spesso affermate di una scienza usata come instrumentum regni.

          • Quali sarebbero le assurdità che io vorrei dare a intendere? Io ho solo riportato le frasi usate da Fratus che, generiche o meno, sono sbagliate.
            Qui, in teoria, si sta parlando di scienza, quindi un minimo di rigore è necessario. Dire “un animale si trasforma in un altro” è molto diverso dal dire “una specie si trasforma in un’altra”.
            Funzioni nuove possono comparire anche nella microevoluzione.
            Come mai ho l’impressione che lei sia molto tollerante quando errori e imprecisioni vengono commessi da altri antidarwinisti/antievoluzionisti?
            Per quanto riguarda Lewontin, Biologia come ideologia l’ho letto e apprezzato molto. Di certo non sostiene, come insinua Fratus, che la teoria dell’evoluzione è sostenuta dagli scienziati SOLO per motivi ideologici. Nè considera il darwinismo una pseudoscienza. Siamo d’accordo su questo?

          • Enzo Pennetta on

            Certo concordo con queste due affermazioni e al tempo stesso aggiungo che non si può riassumere il pur breve libro di Lewontin in poche righe, è un testo di estremo interesse che meriterebbe una riflessione di più ampio respiro.

    • Giorgio Masiero on

      Appurate che quelle sono le parole di Lewontin, Greylines, sono d’accordo con Lei – come ho detto fin dal primo commento – che quello di Lewontin è un giudizio sulla scienza empirica del tutto da respingere, prima di tutto per preservare l’onore della stessa scienza e del suo metodo. Inoltre…, se questo è ciò che pensa Lewontin della biologia evolutiva, ovvero che può legittimamente contenere patenti assurdità, just-so stories, ecc., ecc., basta che tenga fuori Dio dalla porta, in che categoria di scienziati mettiamo Lewontin? In una “quarta” via di evoluzionismo pazzo?

  5. Come definite “informazione”, quando dite che l’informazione e` calata? Di preciso, cosa misurate? L’entropia di Shannon-Weaver? E secondo quale modello probabilistico? Oppure la complessita` di Kolmogorov? Extropy? Informazione di Fisher? Seguite Gaitlin o Schneider? E che senso biologico hanno, se ne hanno, quelle misure?

    A me sembra che quando si parla di informazione ci sia un gran turbinio di mani nell’aria, ma poco, pochissimo, rigore. Perche’ l’informazione, le sequenze casuali, l’entropia, son cose meno in linea con la nostra intuizione di quanto si possa credere. Una sequenza di mille 0, e` complessa? Beh, difficilmente potrebbe sembrare casuale, per cui potremmo dire che ha una bassa entropia. Ma veicola anche poca informazione. Per contro, una sequenza di 0 e 1 lunga milla e che esprime un numero primo, potrebbe benissimo sembrare completamente casuale, dotata quindi di alta entropia. E, a meno di non sapere che rappresenta un numero primo, sarebbe non facilmente comprimibile, con buona pace per Kolmogorov. Ma ve la sentireste di dire, senza alcun dubbio, che ha meno informazione di una sequenza di zeri? Mah. Son domande difficili. A cui pero` bisogna aver risposto, se si vuole sostenere seriamente che l’informazione e` solo diminuita dal processo “micro-evolutivo”.

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