Convergenze scientifiche. Atto I

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Tori alati all’ingresso dei palazzi assiri (British Museum, Londra)

Convergenze scientifiche. Atto I

di Giorgio Masiero

Storia d’una tavoletta assira del British Museum, che collega due eventi separati da 5.000 anni

Sorto nel 1824 a Pall Mall, nel cuore del centro di Londra, il circolo più esclusivo del Regno Unito si chiama Athenaeum Club. Qui, secondo uno dei soci fondatori, “i camerieri rispondono con eloquio socratico e dispongono le posate in ordine matematico”. Più interessanti dei camerieri sono i soci: letterati, storici, politici, artisti e scienziati, da Faraday ad Alma-Tadema, da Bayes a Browning, da Carlyle a Darwin a Dickens a Conan Doyle a Forster, fino a Turner, Watts, Wellington, Hardy, Kipling, Maxwell, Owen, Peel, Ruskin, Stevenson, Thackeray, Russell, Guiness, ecc., ecc. A guardare attentamente la lista si troveranno 52 premi Nobel. Insomma, l’intellighenzia dell’impero britannico finché è durato; ai nostri giorni, l’élite d’una nazione ancora universalmente imperante nella musica e moda giovanili, nella finanza e nella lingua.

Che cosa condividono gli augusti soci? Lo statuto del circolo, ovviamente; il quale, come per ogni ente rispettabile, dichiara fini nobilissimi, nel suo caso “lo sviluppo delle scienze e la conservazione delle arti fini”. L’interesse verso l’arte fine si mostra subito all’ospite dall’architettura della sede, in particolare dal bassorilievo che adorna il corridoio quadrangolare al primo piano di accesso alle sale: una copia perfetta dei marmi del Partenone di Atene, i cui originali sono custoditi al British Museum, dove furono portati da un socio zelante, Thomas Bruce, VII conte di Elgin col metodo che sappiamo. In effetti, la seconda parte della mission del club fu declinata ai bei tempi vittoriani secondo l’idea che la conservazione dei capolavori dell’arte – egizia, assira o babilonese, greca o romana, indiana o cinese, in una parola: mondiale – dovesse essere garantita nei musei e nelle case patrizie di Londra, piuttosto che nei paesi di origine. Come Darwin ed altri esploratori stavano ricreando a Kew Gardens, a Regent’s Park ed in altri siti londinesi il giardino dell’Eden con le specie viventi importate dalle circumnavigazioni della flotta imperiale, così gli archeologi e i mercanti britannici avrebbero raccolto l’arte mondiale nei musei di Londra o nei palazzi sulla riva nord del Tamigi. In questo programma grandioso, tutte le piante e gli animali nonché gli artefatti più meritevoli del mondo sarebbero convenuti a Londra, la nuova Atene.

Qualcuno dei miei lettori, tra i più ingenui, potrebbe non essere d’accordo con l’idea del club. Ma rifletta: in un altro paese, non democratico e magari selvaggio, sempre soggetto a guerre e rivoluzioni, le specie biologiche rischierebbero l’estinzione e le opere d’arte la distruzione…, gli spiegherebbe pazientemente lord Elgin, piccato. E all’eventuale controreplica che queste guerre sono state spesso provocate proprio dal colonialismo, con conseguenze irrisolte ancora ai nostri giorni, ogni socio dell’Athenaeum ribatterebbe da Tory che l’interventismo anglosassone ha lo scopo di esportare i valori superiori dell’Occidente e con essi la democrazia. Fine della discussione.

Uno dei più grandi esportatori (falliti) di valori occidentali ed importatore (con successo) in Gran Bretagna di opere d’arte mediorientali fu Austen Henry Layard (1817-1894), di cui le istituzioni britanniche vengono da celebrare nel bicentenario della nascita le imprese, il coraggio ed anche l’assenza di scrupoli, ove necessario. Solo un altro archeologo dell’800 può essere considerato pari a Layard per mole di capolavori dell’arte antica trasferiti dal Medio Oriente in Europa, nel suo caso al Louvre e nei palazzi della nuova alta borghesia francese: Paul Émile Botta, console francese a Mosul in Iraq, allora sotto l’impero ottomano.

Mosul è il nome arabo moderno di Ninive, la capitale degli antichi Assiri. Per avere – dal sultano, dal visir, dai governatori regionali, dagli imam e giù per li rami fino all’ultimo capobanda locale – le licenze a scavare (e, sottinteso, a trafugarne i reperti verso l’Europa), Layard e Botta duellarono per anni con pressioni diplomatiche, col denaro, con l’astuzia ed anche ognuno aizzando le tribù beduine della Mesopotamia contro il rivale. Prima delle loro scoperte, gli europei conoscevano gli Assiri solo dalla Bibbia, dove risultano i feroci conquistatori che a più riprese, nel VII e VIII secolo a.C., deportarono in cattività gli Ebrei. Furono gli scavi di Layard e Botta a portare nuove informazioni a Londra e a Parigi sulla civiltà assira, rivelatrici dell’esistenza di palazzi lussuosi, nonché di vari altri tipi di “tesori” sepolti. Poiché i due tenevano diari meticolosi e, con la tecnica fotografica di là a venire, erano accompagnati da pittori che fissavano ogni singola operazione, disponiamo di resoconti affidabili, scritti e figurati, di tutto quanto accadde, sotto ogni aspetto: politico, storico, filologico, tecnico, artistico, commerciale, ecc. Una miniera d’interdisciplinarità.

A sinistra, “Layard supervisiona l’abbassamento dei tori alati”, a destra “I tori sono traghettati lungo il Tigri fino a Kelek” (disegno e acquerello d’uno dei pittori che accompagnavano Layard)

La nostra storia riguarda una specialissima tavoletta di argilla dissotterrata da Layard nel 1849: su di lui pertanto, in particolare sul suo trionfo archeologico ottenuto con la scoperta di decine di migliaia di tavolette cuneiformi appartenenti alla libreria dei Palazzi reali assiri di Ninive ai tempi di Sennacherib e di Assurbanipal, concentreremo l’attenzione. Inutile dire che le tavolette sono ora custodite tutte al British Museum, eccezion fatta per quelle che Layard decise di trattenere per sé, a risarcimento dell’onorario “taccagno” riconosciutogli dal governo inglese, e che negli anni seguenti alla sua morte furono disperse dagli eredi in rivoli privati.

Nel 1849 Layard era già celebre per le sue scoperte archeologiche in Mesopotamia, da lui anche divulgate in un libro divenuto un best seller. Il governo britannico decise in quell’anno d’incaricarlo per una nuova campagna di scavi in Iraq, dove stavano forsennatamente scavando i francesi, e gli assegnò allo scopo la somma di 3.000 sterline. Con questo denaro avrebbe dovuto coprire tutte le spese: sue, d’un pittore, d’un dottore, d’un assistente, del viaggio di andata, dei salari degli scavatori locali e dei trasporti fino a Londra dei reperti che venissero trovati.

In una località nei pressi di Mosul, chiamata Küyünjik, Layard trovò la gloria: un intero palazzo reale assiro sepolto, con statue colossali, bellissimi bassorilievi riproducenti eventi storici, miriadi di stanze arredate con oggetti in oro, argento, avorio, ecc. ed una biblioteca di tavolette d’argilla. Tra i bassorilievi, uno con il re Sennacherib all’attacco del regno di Giuda (701 a.C.) esibisce scene terrificanti, così simili a quelle descritte nella Bibbia che sembra scolpito apposta per accompagnare figurativamente il racconto sacro. In una singola parete, l’intera sequenza degli eventi bellici, dall’arrivo dell’esercito assiro alla deportazione degli Ebrei sopravvissuti. Nel centro della composizione, piazzato sul lato opposto alla porta d’ingresso in sala, l’assedio a Gerusalemme: sotto il fuoco di copertura di arcieri e lancieri, la fanteria assira pesante avanza su una rampa d’assedio, spingendo gli arieti fino alle mura della città. I difensori scagliano pietre sulle teste degli attaccanti e cercano di distruggerne le macchine d’assedio con proiettili incendiari. Dobbiamo a Layard se questa scena è oggi fruibile (gratuitamente, per grazia della regina) da ogni turista che visiti la collezione assira al British.

Palazzo reale di Ninive: a sinistra, tavoletta n. 11 dell’Epopea di Gilgamesh, col racconto del Diluvio universale; a destra, bassorilievo con gli assiri che attaccano la città fortificata ebrea di Lachis

Ma veniamo alla Biblioteca di terracotta e alla tavoletta che interessa a noi. La biblioteca di Ninive di 30.000 tavolette fu la prima libreria antica del Medio Oriente organizzata con sistematicità, ad uso della famiglia reale, dei sacerdoti e dei sapienti. 350 anni dopo il regno di Sennacherib, durante la campagna contro i Persiani, la biblioteca fu visitata da Alessandro Magno, che si propose di crearne una simile, in rotoli di papiro e pergamena stavolta, secondo un progetto che sarà realizzato solo da Tolomeo II nella famosa biblioteca di Alessandria. Le tavolette recuperate da Layard sono scritte in lingua accadica o sumera e riguardano i temi più disparati: medicina, astronomia, letteratura, legislazione, corrispondenza estera, materie economiche, nonché divinazioni, incantesimi e inni ai vari dei del pantheon assiro. Tra le opere letterarie, risalta il capolavoro dell’Epopea di Gilgamesh.

In alto a destra una foto del Frammento K 8538. In basso a destra un’immagine del giovane Layard. A sinistra la trascrizione fedele del frammento.

La tavoletta più importante ai fini della nostra storia è il Frammento K 8538, secondo la classificazione del British Museum, ed è rappresentata nella figura sopra. Si tratta d’una tavoletta circolare, per un buon terzo illeggibile, con disegni di costellazioni e nel verso priva d’incisioni. Il recto è una mappa stilizzata del cielo, come osservato a Ninive nella notte tra il 3 e il 4 gennaio 650 a.C., diviso in 8 sezioni. La figura geometrica rettangolare presente nel quadrante in basso a sinistra è stata identificata con la costellazione dei Gemelli e le stelle interne di forma ovale sarebbero le Pleiadi. I due triangoli del quadrante in alto a destra sarebbero invece le stelle luminose di Pegaso. Ma il contenuto informativo della tavoletta è molto maggiore, perché secondo una recente ricerca scientifica collegherebbe due eventi storici separati da 5.114 anni.

(continua)

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GIORGIO MASIERO: giorgio_masiero@alice.it Laureato in fisica, dopo un’attività di ricercatore e docente, ha lavorato in aziende industriali, della logistica, della finanza ed editoriali, pubbliche e private. Consigliere economico del governo negli anni ‘80, ha curato la privatizzazione dei settori delle telecomunicazioni, agro-alimentare, chimico e siderurgico, e il riassetto del settore bancario. Dal 2005 interviene presso università italiane ed estere in corsi e seminari dedicati alle nuove tecnologie ICT e Biotech.

2 commenti

  1. Ahhh, terribile quel (continua) come nei vecchi serial della RAI, come Tex! L’argomento mi ha tanto preso che il non poter andare oltre mi ha in qualche modo provocato un piccolo trauma. Attendo con trepidante ansia la prossima puntata

  2. francesco m on

    Non vale, Prof. Masiero, non si tradisce la fiducia del lettore, lasciando appeso a un tale cliffhanger!

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