Creazione ed evoluzione

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Ho il piacere di annoverare a Tavola Alta un nuovo collaboratore. Trattasi di un personaggio di alto profilo professionale, con Master in Fisica Matematica conseguito presso l’università di Ginevra e Dottorato in Fisica Nucleare e Corpuscolare nello stesso ateneo. Esperto in gestione risorse umane e in management aziendale, ha lavorato per società multinazionali nei diversi continenti. Insegna Business Ethics, Leadership e Management presso alcune università americane in Europa. Sta preparando un dottorato in Business Administration (DBA) sul tema dell’applicazione della teoria delle virtù nel campo della Corporate Social Responsibility (CSR). Per motivi privati, l’autore ha deciso di tenere per il momento riservata la sua identità e si firmerà con lo pseudonimo di Simon de Cyrène.

Enzo pennetta

 

 Simon de Cyrène (pseudonimo). Mail: harthorn@bluewin.ch Master in Fisica Matematica presso l’università di Ginevra e Dottorato in Fisica Nucleare e Corpuscolare. Esperto in gestione risorse umane e in management aziendale, ha lavorato in società multinazionali nei diversi continenti. Insegna Business Ethics, Leadership e Management presso alcune università americane in Europa. Sta preparando un dottorato in Business Administration (DBA) sul tema dell’applicazione della teoria delle virtù nel campo della Corporate Social Responsibility (CSR). Interviene anche nel blog Croce-Via 

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Tohu-bohu[i] di Cythara-Martine Gercault



[i] Tōhū Wābhōhū: nome dato nei libri ebraici al  Caos primitivo precedente alla Creazione.

 

Creazione ed evoluzione

di Simon de Cyrène

 

 

Introduzione

La controversia iniziata più di un secolo fa tra chi, di fronte al fenomeno della vita, difende  la necessità di un atto creatore da parte di Dio e chi sostiene l’ipotesi di un continuum evolutivo dalla materia inanimata fino al fenomeno umano, è fondata su un’incomprensione ed una visione riduttiva ed incompleta della realtà, come interpretata dai rappresentanti estremisti delle due posizioni. Da una parte abbiamo persone che, basandosi su una lettura pedissequa e fondamentalista della Bibbia, considerano l’ipotesi evoluzionistica come incompatibile con la comprensione della verità che propone loro la fede; dall’altra parte abbiano altri che, in un atteggiamento eccessivamente riduzionistico adottano uno sguardo altrettanto fideistico, anch’esso tendente ad un fondamentalismo, questa volta scientista, negatorio della possibilità di un atto creatore in quanto non necessario per la comparsa dei fenomeni vitali e psichici.

Alcune soluzioni proposte per risolvere la controversia cercano di stabilire una forma di appeasement, distinguendo i diversi livelli di conoscenza implicati, e gli oggetti ontologici considerati, a loro equivalenti. L’idea dell’ID (“intelligent design”) che ci viene d’Oltre-Atlantico è l’ultima formulazione di intuizioni più antiche espresse, ad esempio, nell’opera di Teilhard de Chardin e di  Henri Bergson.

La distinzione della nozione di “inizio” da quella di “origine” è, a nostro parere, al cuore della questione epistemologica alla base di questa diatriba ed il tipo di risposta dato implica direttamente la posizione che ciascuno assume rispetto alle nozioni di creazione ed evoluzione. La tesi che intendiamo qui sostenere è che la distinzione tra inizio e origine è perfettamente adatta a contemperare le due visioni, non secondo le modalità usualmente invocate da chi ricerca soluzioni confusamente pacificatrici, ma con uno sguardo rinnovato all’evoluzione e alla sua relazione con l’atto creatore di Dio anche rispetto all’ID.

La differenza tra le nozioni di inizio e di origine

La comparsa di un essere o l’emergenza di una situazione differente da quel che la precede ci fa prendere coscienza della nozione di novità, dove il dopo si distingue dal prima rivelando la sua differenza e la sua propria identità. È qui che la nozione di inizio prende il suo senso nel mondo fisico che osserviamo e che è alla fonte stessa dell’esperienza prima che noi facciamo sia del tempo che dello spazio. Benché questa nozione di inizio provenga dall’esperienza fisica e sensibile, essa è, ciò nonostante,  un’interpolazione intellettuale tra un prima ed un dopo, i quali sono davvero sperimentati in proprio.  In quanto oggetto della conoscenza , l’inizio indica la constatazione da parte del soggetto conoscente dell’apparizione di una novità. Novità che si inserisce nel continuum spazio-temporale e che, al tempo stesso, lo discrimina cambiandone alcune proprietà. Nel contesto del confronto tra evoluzionismo e creazionismo che qui ci interessa, la nozione di inizio è eminentemente legata all’apparizione di nuove proprietà della materia lungo il tempo in uno spazio dato e ci conduce a due tipologie di domande: quali erano le condizioni della materia prima di questa apparizione? come questa transizione verso una novità si è fatta?

Le diverse tipologie di causa sono, dalla natura fisica stessa delle domande, ridotte a quelle di condizionalità e di causa efficiente. Se la presenza di stesse condizioni in altri luoghi e tempi non producesse gli stessi effetti allora potremmo dire che l’emergenza di una novità è dovuta al caso e che persino queste sole condizioni non sono sufficienti per  stabilire una causa efficiente della novità.

È da notare che la maggioranza degli approcci filosofici evoluzionistico-scientisti concordano nel presentare i fenomeni legati alla comparsa della vita o del pensiero come dovuti al caso: come conseguenza,  se sono coerenti con le loro premesse, essi devono ammettere che l’esistenza di condizioni simili a quelle che esistevano sulla Terra su un altro pianeta non vi condurranno per forza all’emergenza della vita o del pensiero.  La scoperta dell’apparizione di fenomeni vitali su altri pianeti sarebbe quindi una sconfessione dell’ipotesi scientista del puro caso, perché,  in realtà, dimostrerebbe l’esistenza di una distorsione alle leggi della pura casualità, in quanto aumenterebbe la frequenza dell’apparire del fenomeno vitale in modo tale da rendere l’uso della nozione di puro caso contraddittorio con i calcoli probabilistici delle ricorrenze.

Per inciso, contrariamente a quel che si potrebbe ingenuamente pensare, l’idea di una causa efficiente non materiale concepita dall’ID, di una “mano invisibile” cugina di quella di Adam Smith in economia, potrebbe trovare in un contesto di pura casualità una giustificazione teorica ancora più pertinente che in un contesto di causalità materiale efficiente più esplicita: diventerebbe un salvagente capace di correggere l’eccesso scientista che non spiega più niente visto che esso abdica davanti all’impossibilità di cercare cause efficienti e leggi di causalità razionali.

È proprio all’incrocio tra evento fortuito dovuto al caso e quello della nozione di causalità che si rivela in questo contesto la pertinenza di una nozione di origine differenziata rispetto a quella di inizio, in quanto concepita come un atto che si situa fuori dalla trama spazio-temporale ma che, ad immagine di un sigillo che imprime nella cera il proprio carattere senza essere se stesso cera, particolarizza o individualizza l’oggetto impresso in un modo unico.  L’origine così concepita non ha lo stesso senso dell’inizio, che è invece un’interpolazione tra un prima e un dopo, ma è direttamente inteso dalla nostra intuizione, anche se non direttamente leggibile, come rottura del continuum spazio-temporale in quanto proprietà specifica del fenomeno considerato: un’origine può così precedere un inizio, ma anche esserne posposta. Chi ha ricevuto il titolo di dottore in medicina ha avuto un prima dove non era medico e un dopo dove è medico, ma l’origine del suo carattere di dottore è nell’istituto accademico che lo ha formato e riconosciuto atto a praticare, che lo precede nel tempo e al quale, probabilmente, sopravvivrà.

La volgata del pensiero scientifico, da Descartes in poi, e le visioni meccanicistiche dell’universo di Newton, Lagrange, Hamilton ed altri, sono di credere che un sistema fisico è perfettamente determinato se e solo se i risultati di un’esperienza sul sistema sono già certi preventivamente, anche prima che si sia deciso di fare l’esperienza o prima di aver scelto quali strumenti utilizzare per realizzarla. Orbene, se questa condizione di certezza preventiva del risultato sperimentale è una condizione sufficiente per determinare perfettamente un sistema fisico, essa non è necessaria per garantirne la causalità. Per un sistema perfettamente determinato sono necessari e sufficienti i due seguenti assiomi aristotelici: 1) quando un sistema cambia, perde alcune proprietà attuali e ne guadagna altre e 2) per ogni proprietà fisica ne esiste un’altra opposta.

Proprio per il fatto di conoscere questi principi di fisica aristotelica Einstein, con l’esclamazione “Dio non gioca ai dadi” intendeva solo affermare l’incompletezza della meccanica quantistica, davanti ai suoi comportamenti stocastici, e denunciare l’errore (comune tuttora tra molti fisici e non) di confondere la causalità con la prevedibilità. Persino in meccanica classica ci sono sistemi fisici perfettamente causali, ma assolutamente imprevedibili, come mostrato ad esempio fin dagli anni 70 del secolo scorso dalle cosiddette teorie del caos. Possiamo perciò affermare che ogni sistema fisico, anche aleatorio ed imprevedibile, è completamente determinato e causale se soddisfa i due assiomi aristotelici sopra menzionati. E così vale anche per la meccanica quantistica.

Di conseguenza, non è necessario ricorrere ad una ”mano invisibile” per determinare completamente un sistema fisico imprevedibile: in altri termini, non è necessario trovare una spiegazione metafisica per spiegare l’emergenza di un evento apparentemente fortuito come l’apparizione della vita e di strutture materiali complesse. Non dispiaccia ai supporters dell’ID…

La relazione tra evoluzione, caos e disordine

Il premio Nobel Ilya Prigogine ha messo in evidenza l’esistenza di strutture dissipative e di sistemi auto-strutturanti nei quali operano flussi di consumo di energia e di conseguente creazione di entropia lontano da situazioni di stabilità termodinamica. D’altro canto, si consta che l’universo stesso non ha mai cessato di strutturarsi, dal “Big Bang” in poi, in ammassi di galassie, galassie, sistemi stellari e planetari, e con la comparsa di fenomeni fisici di auto-poiesi come la produzione di strutture cristalline e cellulari, le quali possono tutte essere descritte come rotture di simmetrie, esse stesse produttrici di entropia: l’ipotesi di una legge universale di complessificazione sembra ragionevolmente poter essere connessa a queste teorie e non manca, a mio parere, di seduzione.

Se questi processi, in principio,  possono essere descritti in termini di teorie del caos, dove il comportamento deterministico di ogni componente non implica che il sistema sia esso stesso prevedibile (data la sua lontananza da situazioni di equilibrio termodinamico), allora la novità sembrerà sempre apparire all’osservatore come fortuita, mentre è invece perfettamente determinata e causata. Il che vuol dire che è, di principio, possibile supporre l’esistenza di una legge universale di complessificazione che abbia la sua origine nella natura materiale stessa dell’universo, senza bisogno di ricorrere a causalità efficienti non fisiche e non osservabili.

Ci sembra ragionevole ammettere che il secondo principio della termodinamica possa comprendere questo ruolo di descrizione della causa efficiente della complessificazione della materia: la complessificazione è un processo pesantemente generatore di entropia, poiché la creazione di una struttura, che di per sé si comporta in modo neghentropico[i], produce di fatto grandi quantità di entropia nelle sue vicinanze, tale che il bilancio totale sarà sempre positivo e il principio di produzione massima di entropia soddisfatto. E anche se le teorie più moderne descrivono gli inizi dell’universo come una zuppa indifferenziata di particelle perfettamente simmetriche, possedendo dunque una densità di entropia straordinaria, giusto dopo la sua comparsa a causa del suo volume infimo a quegli istanti la sua entropia totale era estremamente inferiore all’attuale, dato che la sua energia era non degradata, il suo disordine minimo e l’informazione ivi contenuta praticamente integra.

Ne risulta che la storia dell’universo e dunque tutta l’evoluzione cosmica è lontana  dall’essere un processo positivamente creatore ma è, in realtà, un processo degenerativo produttore di disaggregazione, di rotture di simmetrie e di perdita di informazione, i cui fenomeni localmente auto-poietici accelerano la fine del cosmo piuttosto che il suo rallentamento.

La specificità dell’umano

La comparsa del fenomeno  umano si oppone a questa dinamica di disaggregazione per crescita di entropia, in quanto l’essere umano è produttore di nuova informazione e non solamente un distruttore di questa (come ogni altra specie vivente). Ciò che ci appare chiaro quando ci si china sull’attività umana fin dai suoi inizi osservabili è che essa introduce una nozione di ordine e di senso nel suo agire, in quanto l’uomo è capace di proiettarsi nel futuro e di ottimizzare il suo agire in modo da produrre ordine e da strutturare il suo ambiente, minimizzando coscientemente il disordine prodotto. Già la prima tomba umana indica una capacità a distinguere il passato dal presente, ciò che è stato da quel che sarà, il senso del tempo, dell’universo e della vita: tutte attività eminentemente produttrici d’informazione e di senso e perciò distruttrici di entropia; ovvero opposte alla progressione di degradazione dell’informazione nell’universo. Il fenomeno stesso di internet è l’ultima manifestazione storica di questa produzione planetaria d’informazione.

La comparsa dell’uomo ci indica un punto d’inizio nel tempo che i paleontologi cercano di definire e trovare appoggiandosi anche ad altre scienze come la genetica. Ciò nonostante la natura dell’uomo è radicalmente differente dal fenomeno dell’apparire del resto della biosfera o della strutturazione cosmologica dell’universo: essa combatte la crescita di entropia mentre tutti gli altri fenomeni fisici e biologici ne favoriscono la crescita. Utilizzando la differenza concettuale tra inizio ed origine, questa differenza in natura implica che l’origine dell’uomo non è la stessa di quella dell’universo, poiché se l’origine di tutto quello che è fisico è l’agonia stessa dell’universo che si manifesta con l’aumento di entropia, l’origine dell’uomo deve avere un principio indipendente, non riducibile alla materia intesa in quanto realtà sottostante il secondo principio della termodinamica: evidentemente il principio dell’uomo è strutturante e vita nel senso proprio del termine; esso non partecipa alla crescita di entropia, ma addirittura vi si oppone, anche se la subisce nella sua componente  biologica e fisica.

La posizione creazionista nel senso fondamentalista non è sostenibile in quanto appare poco ragionevole: essa intende far corrispondere l’inizio del mondo e dell’umanità con la sua origine. Per il credente, il fatto che l’universo abbia avuto un inizio o no nello spazio-tempo non è di per sé rilevante per la sua fede nell’esistenza di Dio,  come già fu spiegato dall’Aquinate. Per analogia, anche il fatto di ammettere la generazione spontanea di esseri vivi da materia inanimata o via processi fisico-chimici e biologici intermediari non è un vero problema religioso. Il fondamentalismo creazionista impone una limitazione particolare di cui sia la riflessione filosofica che quella teologica non sentono il bisogno per stabilire l’azione di Dio nel mondo: la necessità di far combaciare un inizio spazio-temporale con un’origine direttamente attuata da Dio. Tra l’altro, questo andrebbe anche contro un altro principio che lo stesso San Tommaso ha ben dimostrato: Dio agisce sempre tramite intermediari naturali.

Ciò nonostante, concepire, come Bergson o Teilhard o Kauffman, l’evoluzione in quanto processo positivo che conduce infallibilmente dalla materia inanimata ai fenomeni biologici fino alla comparsa dell’uomo (e alla sua finale convergenza con il Cristo, per Teilhard) è una posizione, anche se di senso opposto, ingenua tanto quanto quella dei creazionisti: questi evoluzionisti (religiosi e no) assomigliano al Rousseau dell’innocente e buon selvaggio, dove stavolta l’innocente bontà è applicata all’intero cosmo. Se c’è uno slancio vitale nell’universo esso è completamente frustrato e contrastato da un processo involutivo, di decadenza irresistibile che permette la comparsa della vita solo nella morte, insieme al dolore e ad un’impietosa (progressivamente solo distruttrice) selezione delle specie.

Conclusione

Nei fatti, l’evoluzione appare una brutta copia, disordinata e piena di cancellature, della creazione descritta nella Genesi: ciò che avviene di positivo nell’universo lo è a dispetto dei processi evolutivi che ne regolano il divenire e non grazie a loro. Donde l’impressione di pura casualità dei fenomeni evolutivi, anche se questi sono in realtà sempre causati e determinati.

La comparsa dell’uomo è un’apparizione che mostra la sua origine essenzialmente neghentropica, nulla avente in comune con i fenomeni evolutivi in quanto opponentesi alle loro leggi nella sua attività propria: con una chiave di lettura teologica, possiamo così osservare che l’origine dell’universo è necessariamente mediata rispetto all’atto creatore di Dio in quanto implicante processi evolutivi la cui natura è diretta alla distruzione dell’universo, mentre, al contrario, l’origine dell’uomo nella sua singolarità custodisce l’atto creatore di Dio destinato all’ordine e alla vita.

Possiamo così concludere che il libro della Genesi ci mostra il piano di Dio all’origine del Creato, mentre la teoria dell’evoluzione ci illustra quel che ne è stato fatto dall’inizio. Senza dubbio alcuno, fin dal suo avviamento, il fenomeno umano si radica nelle profondità della lunga storia dell’universo e risale addirittura ad un verosimile inizio di quest’ultimo, ma l’origine propria dell’uomo si stabilisce in quell’atto creatore di Dio che è il Paradiso terrestre.


[i] Cioè, distruttore di entropia.

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25 commenti

  1. Giorgio Masiero on

    Sono felice del nuovo “acquisto” di CS: da questo primo articolo, emerge la personalità di un autore di grande cultura, tecnica e umanistica, e di temperamento pacato. Ciò che più mi è piaciuto del suo articolo è la sua interdisciplinarità che, senza sovrapporre ambiti e metodi di studio, pur tuttavia non disdegna di affrontare le implicazioni che l’evoluzione biologica ha nelle diverse discipline (in questo caso: in epistemologia, scienza e teologia).
    Io mi limiterò a due riflessioni. La prima, epistemologica, è che l’autore denuncia con chiarezza gli errori degli estremismi opposti , quello del cosiddetto “creazionismo scientifico” (che, come ci ricorda l’autore e siamo portati a dimenticare, ha antichi ispiratori in Teilhard de Chardin e perfino in Bergson) e quello dello scientismo naturalistico. Se il creazionismo ha il merito di denunciare l’incompletezza ed anche le contraddizioni del darwinismo, non può però pretendere di assurgere a spiegazione scientifica dell’evoluzione, perché le cause finali che esso richiama sono fuori per definizione dal metodo scientifico. Dalla parte opposta, l’autore ci ricorda che il “caso” non è l’assenza di determinismo e di causalità, nemmeno in MQ tra i cui assiomi la parola non esiste, ma solo espressione della nostra ignoranza e della nostra impossibilità a controllare con perfezione la successioni delle cause materiali all’origine delle trasformazioni naturali. Nessuno alla roulette pensa che sia il “caso” a muovere ed infine arrestare la pallina, ma tutti sanno che si tratta di leggi ben note della meccanica, le cui equazioni differenziali però non sappiamo, né sapremo mai, integrare. E quindi la pretesa filosofica dello scientismo naturalistico che la scienza dimostrerebbe “il non-senso dell’evoluzione” (come per es. si è espresso Pievani nella sua famosa lettera a Pennetta) è un’illegittima invasione di ambiti.
    La seconda riflessione è di tipo scientifico, e riguarda il “fatto” del salto antropologico, ovvero di quella differenza che separa la specie umana da tutte le altre specie viventi, animali e vegetali: “il sistema logico di comunicazione simbolica” (Monod). Da esso discendono l’arte, la letteratura, la matematica, la scienza, l’etica, la filosofia, ecc., ecc., in pratica “la storia umana”, che è un’altra evoluzione di cui qualche evoluzionista si dimentica. In Cyrène ho trovato un chiaro ragionamento scientifico (la neghentropia locale nella produzione artificiale d’informazione) che dimostra matematicamente l’unicità della nostra specie.

    • Gentile Prof. Masiero,
      La ringrazio per lo sguardo indulgente e positivo anche se immeritato su questa modesta contribuzione a CS.
      Le Sue riflessioni mi hanno fatto piacere in quanto esplicitano con precisione la sostanza dell’articolo.
      La Sua citazione di Monod e alla sua descrizione della differenza fondamentale tra la specie umana e quelle animali e vegetali e cioè “il sistema logico di comunicazione simbolica” è particolarmente benvenuta, in quanto sono convinto che la riflessione sulla nozione stessa di informazione e la sua connessione con i fenomeni vitali e societali sulla base delle ultime ricerche possa offrire una chiave interpretativa particolarmente potente per capire ulteriormente la specificità del fenomeno umano e il suo specifico inserimento nei processi evolutivi.
      Cordiali saluti

  2. Uno dei dieci on

    Date le conclusioni dell’articolo, direi che la sintonia con CS è piena.

    Il plauso poi di Masiero, carico di quel genuino consenso che nasce in piena sintonia di idee, rende bene come la scienza, qui su CS, sia solo il corollario di tutto quello che sta prima del big bang: il piano di Dio (di cui il big bang, a questo punto, metaforizzando, rappresenta lo schioccare di dita prima di un fatidico “ciak si gira”).

    • Non ci sarebbe nulla di sorprendente se due cristiani condividessero la stessa teologia, Uno. Anche se, a dire la verità, Masiero non ha fatto nessun commento sulla teologia dell’articolo.
      Anch’io piuttosto voglio restare in ambito scientifico e ringraziare Simon de Cyrène per la nuovissima, almeno per me, dimostrazione via entropia/neghentropia della specificità umana.

    • Le conclusioni dell’articolo mostrano come tra evoluzione e visione religiosa non ci sia contrasto.

      Sono altri che in modo pretestuoso ce lo vogliono vedere per far passare le giuste critiche alla teoria neodarwiniana come mosse da motivazioni preconcette.

      Come ho già risposto, se fosse per me su CS non si parlerebbe di religione ma solo di scienza sperimentale, però dato che da altri viene questa invasione di campo, allora è necessario fare chiarezza, come avviene in quest’articolo.

  3. L’evoluzione come involuzione, scomparsa delle specie, sotto la pressione della selezione naturale che e’ la quotidiana lotta per la sopravvivenza del piu’ forte. Questo ci dice la fisica, attraverso la legge dell’entropia. Ed e’ quello che ai nostri giorni osserviamo a ritmi accelerati, le specie si riducono, scompaiono le vecchie, nessuna nuova appare.
    Eppure nel remoto passato, in particolare nel Cambriano, sono nate nuove specie, una dopo l’altra, che si devono per forza essere “evolute” da specie precedenti. Chiedo all’articolista: come e’ potuto accadere cio’? non valeva allora il secondo principio della termodinamica?
    PS. Mi e’ molto piaciuto il discorso che non si puo’ credere allo stesso tempo nell’evento fortuito della vita, come caso assolutamente improbabile e unico, e anche che l’universo pullula di vita, perche’ questo significherebbe invece che e’ all’opera un meccanismo ignoto. Chissa’ come risponderebbe la Hack, che era darwinista e credeva negli alieni, o come risponderebbero al Seti…

    • Lei porta, gentile Nadia, molta carne al fuoco nel suo commento.
      Molto interessanti sono le simulazione numeriche compiute Arto Annila negli scorsi 5 anni, che ha operazionalizzato il Secondo Principio di termodinamica sotto forma di equazioni di moto capaci di descrivere sistemi vitali ( ed economici): egli mostra che nel caso di un sistema aperto l’entropia si massimizza con la massima dispersione possibile di energia e che questo avviene, in sistemi “caldi”, con più efficacia coll’apparire di strutture complesse, a volte simbiotiche e anche “altruistiche” che sono molto più efficaci a questo fine che semplici leggi darwiniane.
      Non sono uno specialista del Cambriano, ma se ammettessimo che l’ambiente poteva essere considerato “aperto” allora l’apparire di strutture complesse e collettive può fare senso. Mentre all’epoca attuale, possiamo considerare il nostro pianeta come un sistema chiuso e da un punto di vista energetico la miglior soluzione per creare entropia potrebbe essere darwiniana.
      D’altro canto dobbiamo anche essere coscienti che da due tre anni alcune teorie avanzate da Erik Verlinde permettono addirittura di considerare la forza di gravità, non come una forza fondamentale, ma come un’effetto statistico dell’entropia, il che. se fosse un giorno plausibilmente dimostrato, darebbe ancora più forza al nostro ragionamento.
      Per commentare sulla vita extra-terrestre direi solo che la contraddizione di chi sia convinto che solo il caso sia all’origine dell’apparizione della vita ma al tempo stesso spera in un’alta frequenza di apparizione di fenomeni vitali, mostra che, in fondo, sono loro stessi convinti dell’esistenza di una legge e quindi della razionalità dell’universo. Ma questo è un discorso meta-scientifico.

      • Uno dei dieci on

        Almeno lei, Simon, che stimo onesto intellettualmente, quando parla del caso (con riferimento a coloro che “credono”, al contrario di lei, in una creazione senza Dio) perché non fa uno sforzo e, dimostrando buona volontà, non prova a immaginare che non sia un caso-caso, ma un caso che chiamiamo così perché non ne conosciamo i meccanismi? Mi pare, almeno per me è così, che sia il modo più sensato di considerare che se una cosa non la sappiamo e non la capiamo ancora, dal punto di vista scientifico, non vuol però dire che sia insensata, una sorta di lancio di dadi che non hanno memoria, con tutto il bagaglio di presa in giro che aleggia qui su CS, come se i darwinisti, e per di più atei, fossero una sorta di cretinetti che non sanno fare i conti (forse per echeggiare Odifreddi che non ci è andato giù tenero?).

        • “Non e’ vero che … il caso sia soltanto … ignoranza delle cause… non e’ possibile ridurre la casualita’ quantistica a causalita’ nascosta… oggi sappiamo anche che le mutazioni biologiche sono di tipo quantistico… dunque, qualunque cosa ne potesse pensare darwin… le cose oggi stanno diversamente [cioe’ le mutazioni genetiche sono ontologicamente casuali per il neodarwinismo]” (Odifreddi, CS, 29 settembre 2013, ore 23:59).
          Siccome pero’, come ha spiegato anche Simon de Cyrene in questo articolo, non e’ vero cio’ che Odifreddi ha detto sulla meccanica quantistica, sbaglia il neodarwinismo di oggi a parlare di caso “caso” nelle mutazioni genetiche, invece che di temporanea ignoranza delle vere cause materiali. Se, Uno dei Dieci, intendi che le mutazioni genetiche sono provocate da cause che noi non sappiamo, questa e’ esattamente la linea di CS e non e’ quello che dice il neodarwinismo.

          • Uno dei dieci on

            Ti rispondo mutuando una frase di Pievani: “L’assenza di una direzione e di una necessità intrinseca non consegna l’evoluzione al “cieco caso” e alla fredda democraticità del puro calcolo delle probabilità, bensì a un’interrelazione fra elementi casuali e storici, funzionali e strutturali, che produce una molteplicità di storie possibili.”
            Insomma, quando accusate noi di credere al caso-caso, non considerateci infantili creduloni nel caso tipo il tiro dei dadi che non hanno memoria.

          • Gentile Nadia, Lei cita che un signore Odifreddi (CS, 29 settembre 2013, ore 23:59) abbia scritto che le mutazioni genetiche sono ontologicamente casuali perché di tipo quantistico.
            (A) Che siano di tipo quantistico, visto che non sono uno specialista di genetica, non lo posso discutere, ma mi sembra, a priori un’affermazione strana che vada da essere provata.
            (B) In seguito questo utente Odifreddi fa lo stesso errore “denunciato” nel mio articolo: non è perché la prevedibilità non è mantenuta in un sistema quantistico che esso sia casuale. Anzi, lo spazio di fase quantistico è perfettamente aristotelico e causale: quando un vettore dello spazio di Hilbert evolve secondo le equazioni di Schrödinger lascia alcune proprietà per trovarne di nuove, e ad ogni sotto-spazio che è rappresentato da tale vettore esiste un’altro complementare colle proprietà opposte.
            (C) Infine, l’estrema complessità di informazione implica una nozione di imprevedibilità ontologicamente di altra natura che quella quantistica: è tutta la differenza tra meccanica statistica e meccanica quantistica.
            Grazie!

        • quindi il tuo darwinismo e’ un caso = caso “caso” + cause ignote, adesso? o solo cause ignote, come nella domanda di prima a Simon? o solo caso “caso” come per Odifreddi?

          • Beh Nadia,di fatto come ben avrai visto è una cosa che stata affrontata più e più volte,la contingenza di cui parla Pievani è quell’insieme di fattori che meglio esplicita Boncinelli in “Perché non possiamo non dirci darwinisti”: Ovvero,fattori non-biologici (cambiamenti atmosferici, impatti di meteoriti, inondazioni, glaciazioni, siccità, eruzioni vulcaniche, deriva dei continenti, catastrofismi vari etc etc.. ), tutti i fattori biologici esterni (invasioni di specie in ecosistemi,estinzioni etc..), tutti i fattori genetici e/o biologici interni (ossia quanto concerne tutta la “micro-evoluzione, quindi ibridazioni, speciazioni, incroci, chimere, mutazioni intra-specie (robertsonian fusion, tandem fusion etc..), trasposizioni,adattamenti all’ambiente propri di certe specie (metaprogrammazione, borrowed information), endogenizzazione, simbiosi etc…)

            Un gigantesco insieme di caos deterministico in cui si viene ad instaurare una sorta di ciclicità in cui la casualità diviene causalità per poi tornare casualità.
            L’imponenza del caso c’è eccome.
            La “memoria” ai dadi dovrebbe venir data da una causalità instaurata da fattori casuali.
            È un costrutto ideologico,filosofico ma non è scienza se non si mostra che particolari e fortuiti configurazioni di elementi aleatori possano portare alla comparsa di nuove caratteristiche.
            Ma nessuno ha mai detto che con caso vi fosse da intendere solo una realtà accidentale dovuta al singolo evento soggetto a forze casuali.
            Cosa vorrebbe dire Pievani?Semplicemente che Contingenza significa, con parole semplici, che un essere esiste non per necessità, ma per possibilità(non casualità stretta attenzione),la contingenza diviene dunque una categoria che implica possibilità e autonomia.
            Ovvero in quel caos deterministico di cui sopra esisterebbero tanti processi,tante variabili ridotte “autonome” de “è possibile” che possano interagire fra loro causando un qualcosa.
            Infinite possibilità.
            Dov’è che non è un sistema fondato sul caso?È caso purissimo.

            Fra l’altro caos deterministico con variabili aleatorie ignote non vuole assolutamente dire e non ha a che spartire con leggi deterministiche ignote.

            Nadia più che altro,più che dire cosa ci sia cosa non ci sia cosa ci si aspetti di trovare etc..priam di tutto va precisato e riconosciuto che la spiegazione offerta è una non-spiegazione.Che non funziona e non che funziona male e sempre meno male verso futuri miglioramenti..

            La pars destruens è sicuramente una linea comune a CS che accomuna la visione di tutti ma al contempo quella di tutti gli antidarwinisti.
            Questo e quanto vi ruota attorno è sia il punto di partenza sia ciò che deve essere fatto notare e venire compreso.

          • Sono d’accordo, Leonetto. Mi premeva solo mostrare a Uno dei dieci che Pievani è un filosofo che parla come tale, mentre Odifreddi da matematico capisce meglio il problema di che cosa è una “mutazione genetica”, che vuol dire sostituire una guanina con una timina, mettere una citosina in più al posto giusto, ecc. ed io che sono una programmatrice capisco benissimo che bisogna in scienza spiegare la “causa” capace di fare queste sostituzioni in maniera efficace (come è nel nostro mestiere) e… che alla fine il programmatore diventa per tutti i darwinisti il caso caso!

          • Beh in “La scienza non ha bisogno di Dio” Boncinelli ha fatto una sorta di ‘elogio all’errore’.
            Ora non ricordo se sei anche ingegnere Nadia,ma ad ogni modo,un programmatore sa bene che una delle principali problematiche e cose da cui curarsi fin da subit è la gestione degli errori e la valutazione stima di errori commessi.
            Non bisogna pensare solo a quel gran caos deterministico in cui tanti processi aleatori autonomi possono interagire,perché come se non bastasse in questo marasma hanno(avrebbero) un ruolo primario l’errore ed il bricolage,si arriva ad un connubio fra due aspetti di norma agli atipodi:il colpo di fortuna(i colpi di fortuna) e il continuo rimaneggiamento,connubio raggiunto con il “moderno” concetto di evolvibilità oltre appunto ai fattori contingenti che accompagnano le specie e gli ecosistemi.
            Ossia si salta a piè pari il passaggio logico fondamentale dalla micro alla macro evoluzione.
            Tappandosi gli occhi per non vedere ,come giustamente Nadia dici,che da una specie ad un’altra (ma difficilissimamente anche da una sottospecie ad un’altra se vogliamo), con lo scambio di una adenina con una citosina, o di una Guanina con una Timina; ma soltanto con una permutazione simultanea di alcune centinaia di migliaia di ben posizionati nucleotidi ad altri altrettanto ben posizionati e tutto ciò, in una miriade di disposizioni con ripetizioni abortive o deleteree in tempi brevi.E comunque va ricordato che c’è l’ovvia tendenza naurale alla degenerazione,proprio a causa delle mutazioni neutre che si accumulano.
            Quindi se un neodarwinista vuole che l’evoluzione sia il risultato di una sommatoria di un numero considerevolmente alto di fattori contingenti casuali ed autonomi che divengono interagenti e che intervengono sia a livello di genotipo che di fenotipo deve fonirne corroborazioni.
            E si tratta comunque di fattori che intervengono sulle mutazioni.
            Per esempio Boncinelli(beh non solo lui,lo riprende ovviamente..) vede nello sviluppo della corteccia e quindi del cervello umano una controfattuialità dell’avere assunto una stazione eretta e della minzione in piedi.Cioè si va a porre una certa importanza sui geni “master”,nello specifico ,dal momento che, il gene master Otx1 controlla lo sviluppo della laringe,orecchio interno,reni,genitali esterni e spessore corteccia cerebrale,si può ipotizzare che pressioni selettive sensibili a cambiamenti nelle funzioni dei reni,conseguenti al bipedismo,come anche alla variazione dell’assunzione ed escrezione di liquidi per innondazioni o periodi di siccità,come anche fissazione di schemi sessuali diversi possono avere avuto significativi effetti secondari sull’espansione della corteccia cerebrale e della laringe.Quindi cognizione e linguaggio potrebbero essere qualcosa di secondario,terziario e il considerarli fattore primario per la selezione potrebbe essere sbagliato.Ed ecco quindi la “contingenza” spiegata un po’ meglio da un genetista anziché da un filosofo.Quindi certo che per i neodarwinisti esistono delle causalità,dei meccanismi fisico-chimici che vanno a correlare due o più caratteri,ma come ho ricordato nel commento precedente queste causalità non sono altro che uno stato in particolari momenti di processi casuali,causalità che poi riporta casualità.
            Quindi chi nega il primari oapporto del caso nel neodarwinismo non ha forse ben chiaro cosa sia il nucleo del neodarwinismo o è in malafede.Tertium non datur.

          • Mi permetto di intromettermi un’ultima volta.
            Quel che gli studi statistici di Annila hanno dimostrato è che il comportamento di tipo darwnistico va da applicarsi soprattutto in ambienti “chiusi” mentre in ambienti “aperti” è più efficace per la massimizzare la creazione di entropia avere strutture più complesse, cooperanti, etc.

            Traducendo questo in immagini, verrebbe a dire che in una “zuppa” primordiale vastissima che può essere consdiderata sistema aperto, le strutture che più spenderanno energia saranno le strutture complesse: si assisterà quindi ad una proliferazione di tali strutture. Mentre in un ambiente dove di sono risorse più limitate e un sistema chiuso, come una savana con molti animali complessi, allora il miglior modo per distruggere informazione e sprecare energia è quella di avere un processo darwinistico dove il più “atto” finisce per occupare tutto lo spazio….per poi sparire.
            Grazie per la pazienza.

          • Dott.De Cyrène non ho capito come questo si inserisca nel discorso…
            Il neodarwinismo, in buona sostanza, riconosce che i principi fondamentali sono essenzialmente due nel’universo soggetto ad evoluzione: la selezione e la cooperazione. Non c’è organizzazione senza cooperazione e non c’è evoluzione senza la selezione. Quindi in quest’ottica , come un po’ illustrato anche nei commenti precedenti, si dovrebbe a loro dire instaurare un “ciclo” in cui si alternano fasi di organizzazione e selezione,di degenerazione e di evoluzione(a ta lpro si può vedere il “recente” concetto di evolvibilità)
            Dove ovviamente,sempre come detto,il sistema casuale è in realtà un sistema di caos deterministico,quindi causale ma aleatorio,risultante da processi autonomi che aleatoriamente possono interagire fra loro.Per esempio a livello teorico si ricorre anche ad ipotizzare dietro quella sorta di indeterminazione (per esempio anche sul perché e percome dei valori delle costanti universali) l’esistenza di variabili, parametri che caratterizzano dimensioni complementari alle tre che percepiamo,una quarta o anche ulteriori fino alle 10 della teoria delle stringhe.
            Questo è un po’ il background,ma è ovvio cosa sia concettualmente il caso in fisica.Nessun antidarwinista o chi comunque parla senza bsi può cadervi in errore,ma sta ilfatto che spesso neodarwinisti che hanno comunque un piccolo o grande peso mediatico divulgano un’idea di un Caso metafisico.E questo è sbagliato.

        • Gentile Uno dei dieci,
          che un sistema sia tanto complesso da diventare imprevedibile può accadere: rimane però sempre casuale.

          Fatto sta, ovviamente, che in caso di imprevedibilità un buon strumento è lo stesso il calcolo delle probabilità: se qualcuno afferma che la complessità è tale che, per semplificazione, la si possa assimilare a “puro” caso nel calcolo delle probabilità allora bisogna anche ammettere che i calcoli probabilistici offerti finora mostrano una probabilità di apparizione della vita così bassa da essere zero, eppure esistiamo.

          Ma volere che ci siano miriadi di mondi alieni abitati e pensanti è un controsenso coll’ipotesi di partenza che l’apparizione del fenomeno vitale sia puramente probabilistico. Cioè qualcuno che ci tiene per davvero all’ipotesi “caso” o “simil-caso” non dovrebbe mettere neanche un penny nelle ricerche del SETI, ad esempio.

          D’altro canto, se l’estrema improbabilità dell’apparire del fenomeno vitale a causa dell’estrema fortuità degli eventi intermediari è sconfessata e diventa, invece, cosa frequente nell’universo, allora vuol davvero dire che vi è una “forza” o una “legge” capace di andare contro il “caso” in tante variegate circostanze alfin di permettere queste emergenze.

          Fossi ateo o ateista, avrei come corollario alla mia ideologia, di essere contro la scoperta di altri mondi abitati…
          Grazie.

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    • Giorgio Masiero on

      Perché non mi siano assegnati meriti impropri, devo precisare che le parole “… pubblicazione curata dal prof. Giorgio Masiero…” intendono solo significare che ho perorato la possibilità che l’articolo di Simon de Cyrène, già apparso sul blog Croce-Via, potesse apparire anche su CS, con qualche adattamento alla mission di CS che è scientifica. Ringrazio Simon e Croce-Via per la disponibilità prontamente offerta, oltre naturalmente a Pennetta, che in qualità di amministratore di CS ha entusiasticamente aderito alla nuova sinergia.
      Non ho fatto null’altro.

      • Sono io a ringraziare te Giorgio, e Simon de Cyréne (che spero voglia portare il suo importante contributo anche in altre discussioni), per il vostro lavoro che ha permesso di mettere a disposizione dei lettori un articolo di così alto livello.

        • Desidero ringraziare l’eccellente Prof Pennetta per l’avermi accolto in questo spazio telematico colle braccia aperta: CS è un luogo di alto livello dove si possono scambiare punti di vista scientifici e le loro interpretazioni con atteggiamento razionale e spirito di dialogo. Questi spazi di vero e costruttivo incontro sono troppo rari sul web. Sono onorato di farne parte e farò di tutto per mostrarmi all’altezza nel futuro. Grazie ancora!

  5. Michele Forastiere on

    Ringrazio anch’io Simon de Cyrene per questo articolo, di livello davvero alto. Mi auguro che possa suscitare ulteriori interessanti discussioni con i lettori di CS, qualunque sia la loro posizione filosofica.
    Tra parentesi, mi sento di ringraziare Simon anche per avermi fatto conoscere le teorie di Verlinde sulla gravità entropica, che non conoscevo… aprono veramente una prospettiva del tutto nuova sulla fisica fondamentale.

    • Concordo: il fatto di stabilire un modello dove lo spazio di fase diventa più grande quando due particelle sono vicine che quando siano lontane permette di applicare il principio di entropia e favorirne la vicinanza, per giunta l’accelerazione dell’espansione dell’universo vi trova quindi una ragione “naturale”. Tante le prospettive, anche se il modello ha da essere raffinato e capace di prevedere qualcosa di nuovo, popperianamente falsificabile se non vuole finire come un discorso sul discorso, non popperiano, come lo sono tuttora i modelli basati sulle strings. Grazie, Sig. Forastiere.

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