Speculazioni sul cervello – Il Timone (Giugno)

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cervello timone

 Quella delle neuroscienze è oggi una delle frontiere più interessanti della ricerca, ma è anche un terreno scivoloso in cui si riaffaccia una tentazione riduzionista che risale all’illuminismo. 

 

 

 

Cos’è il pensiero? Solo una secrezione del cervello che lo produce allo stesso modo in cui lo stomaco secerne i succhi gastrici, avrebbe detto Pierre-Jean-Georges Cabanis, un pensatore francese morto all’inizio dell’800, un illuminista amico di personaggi del calibro di D’Alembert, Diderot, Condillac, Voltaire, Condorcet e Franklin, un pensatore passato alla storia per tale affermazione ma di cui non si ricorda molto altro. Una teoria che riduce l’Uomo ad un animale e oggi, a poco più di duecento anni dalla sua morte, si potrebbe definire Cabanis il fondatore delle neuroscienze, un termine che si sta ponendo sempre più all’attenzione non solo in ambito scientifico ma anche nei media per via della visione che ne scaturisce della natura umana.

Per sapere qualcosa sulle “neuroscienze” e le loro ricadute antropologiche possiamo andare a vedere direttamente cosa dice chi se ne fa promotore, in Italia il sito dedicato è http://www.neuroscienze.net/ segnalato dall’Università di Trento. In un articolo intitolato “La Coscienza come Fenomeno Biologico“, viene ad esempio chiarito il rapporto con la concezione metafisica e la morale, un rapporto che da quanto si legge mira senza mezze misure ad eliminare la religione relegandola ad un fenomeno artificiale costruito dal nostro cervello, la coscienza invece diventerebbe un nuovo “organo”, quale sia l’epilogo di questa teoria lo leggiamo direttamente nelle parole dell’articolo:

“In realtà, l’enfasi sul primato della ragione prima e le neuroscienze ora stanno irrevocabilmente dissolvendo l’immagine giudaico-cristiana delle società occidentali che da sempre è stata una delle componenti di coesione sociale e morale. L’immagine cioè di un essere umano che conterrebbe il segno immortale del divino.”

Ci troviamo di fronte alla realizzazione di un’idea anch’essa di radici ottocentesche, quella positivista partorita dalla mente di August Comte che relegava la religione ad un’infantile spiegazione della realtà dovuta ad una fase immatura dell’umanità ma che con la nascita della filosofia, e in seguito della scienza, avrebbe lasciato il posto a quest’ultima che l’avrebbe sostituita definitivamente quando l’umanità stessa fosse diventata ‘adulta’…

(L’articolo intero è disponibile sul mensile Il Timone di Giugno)

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36 commenti

  1. Wikipedia recita però:

    “Malgrado i suoi importanti contributi al pensiero occidentale, Cabanis ha sofferto a volte di un’immagine mediocre dipinta dai suoi detrattori, costruita con citazioni piuttosto curiose di Cabanis stesso. È lui che ha detto che «il cervello digerisce i pensieri come lo stomaco digerisce gli alimenti, e opera anche la secrezione del pensiero», e che «il morale non è che il fisico considerato sotto certi punti di vista particolari».”

    • Il fatto che Cabanis sia una figura mediocre è nel confronto con i suoi contemporanei citati nell’articolo “D’Alembert, Diderot, Condillac, Voltaire, Condorcet e Franklin”, e anche loro hanno una buona quantità di detrattori.
      Per il resto mi sembra che le citazioni confermino quanto esposto.

      • Però non è detto che avere tanti detrattori sia sinonimo di mediocrità…

        • Concordo comunque sul fatto che le suddette citazioni, prese singolarmente, risultano abbastanza rozze. Come vede so essere un ateo abbastanza ragionevole.

        • “Però non è detto che avere tanti detrattori sia sinonimo di mediocrità…”
          No, infatti, del resto qualcuno ce l’ho anch’io… 🙂

  2. Giorgio Masiero on

    Ci sono 2 piccole differenze tra i filosofi illuministi e i moderni neuro-riduzionisti (quella minoranza chiassosa che riduce la mente al cervello, a differenza di scienziati del cervello come gli Sherrington o gli Eccles…):
    1) i primi sapevano di parlare da filosofi (naturalisti), i secondi credono di parlare da scienziati. E questo anche perché
    2) i primi conoscevano la filosofia e la scienza empirica, mentre i secondi ignorano l’una e l’altra e così le confondono nel loro cervello/mente. Se conoscessero la storia della filosofia, per es., i neuro-riduzionisti contemporanei saprebbero che l’uomo come immagine del divino appartiene alla cultura giudaica quanto a quella greca, e che il cristianesimo ne ha fatto quella sintesi su cui è sorta la civiltà occidentale.
    Naturalmente, come i greci antichi avevano i loro sofisti noi ci dobbiamo tenere i nostri…

    • Non capisco la conclusione. Innanzitutto, questa del riduzionismo, o neo riduzionismo, sembra tanto la classica confutazione per denigrazione, volta a creare una categoria arbitraria dove ci si mette dentro più o meno chi si vuole a seconda che sia, oppure no, d’accordo con noi. Chi sono i riduzionisti? Damasio è riduzionista? Sperry lo era? Hofstadter lo è? E Minsky? Lo stesso discorso vale per l’etichetta di “scientista”. Poi, francamente, cosa voglia dire che siamo a immagine e somiglianza del divino, mi sfugge, visto che la stessa parola “dio”, se enucleata dal suo contesto mitologico, rimane priva di significato comprensibile, e qualsiasi tentativo di definirla compiutamente risulta vano. Vedasi ad esempio il magistrale lavoro di Carnap sull’analisi linguistica applicata alla metafisica, le cui conclusioni possono essere spostate automaticamente sulla teologia. Non è che possiamo tenerci solo la filosofia che ci piace e buttare tutto il resto. Io penso che il cosiddetto dualismo mente-corpo o mente-cervello sia solo un dualismo linguistico che nasce dalla confusione di due termini originati da contesti semantici diversi. E qui si arriva a Wittgenstein. Quindi starei attento a dare patenti di bravi o cattivi filosofi…

      • Giorgio Masiero on

        In questo contesto, Giuseppe, per riduzionismo intendo una spiegazione della mente con la fisica del cervello. L’impossibilità di tale spiegazione è stata da me mostrata in diversi articoli e, più autorevolmente di me, da Thomas Nagel nel suo ultimo, famoso saggio.
        Lo scientismo è la convinzione che 1) soltanto la scienza sperimentale ci dia conoscenza e che 2) ogni questione possa essere risolta col metodo scientifico. Invece l’assunzione 1. è auto-contraddittoria e la 2. è un pio desiderio smentito dai limiti inerenti al metodo scientifico, che per es. “non insegna che cosa è bene e che cosa è male” (R. Feynman) e, all’interno di quei limiti, dal teorema di Gödel, che afferma l’esistenza di proposizioni vere indimostrabili già nell’aritmetica e quindi possibilmente anche in scienza naturale.
        L’assunzione 1., in sostanza il neo-positivismo, è stato smentito nella seconda metà del Novecento in modi diversi da Popper e Quine (e poi Kuhn, Feyerabend, ecc.) i quali, sotto l’influenza anche delle distinzioni intervenute all’interno del circolo di Vienna (v. il Wittgenstein delle Ricerche filosofiche o il Neurath vs Schlick sulla non nudità degli enunciati protocollari) hanno falsificato la neutralità dell’osservazione e la pretesa di ricostruire tramite l’osservazione e la razionalità, l’immagine vera del mondo. Oggi il “solido strato di roccia”, su cui speravano di fondare una conoscenza forte i neopositivisti, è venuto a mancare, perché è venuta meno proprio la neutralità della base empirica, essendo ogni osservazione pre-condizionata dalle convinzioni e dall’orientamento dell’osservatore.
        Un “cattivo filosofo” è per me un filosofo che non rispetta il principio di non contraddizione, ovvero che afferma contemporaneamente A e non A. E’ giusto che ciascuno si scelga i propri filosofi di riferimento: per me sono Aristotele e Tommaso d’Aquino, per Lei, Giuseppe, possono essere altri. Però si dovrebbe evitare, secondo me, di scegliere tra quelli che non rispettano il principio di non contraddizione. Così, si può legittimamente non credere in Dio, e quindi ritenere inutile la teologia. Ma non si può, pena contraddirsi, negare la metafisica, perché l’epistemologia moderna ha mostrato che ognuno di noi fa riferimento (a priori, in modo inverificabile per definizione, e quindi metafisicamente) a modelli preferiti per organizzare ordinatamente la sua esperienza e… perfino la fisica, come ho mostrato in http://www.enzopennetta.it/2014/02/i-sottintesi-teologici-della-scienza-moderna/ , si basa su assunzioni metafisiche.
        PS. Riguardo all’immagine del divino, che è l’espressione usata nell’articolo di neuroscienze per criticare la visione “giudaico-cristiana delle società occidentali”, io ho evidentemente la mia chiara definizione di Dio. Dovrebbe chiedere, Giuseppe, all’estensore riduzionista e scientista dell’articolo che cosa egli contraddittoriamente intenda con quell’espressione.

        • Voglio fare una piccola precisazione: io non penso assolutamente che il positivismo logico metta la parola fine alla speculazione filosofica, ma credo che abbia il merito di aver smascherato, diciamo, talune pretese della metafisica.

          • Giorgio Masiero on

            Può darsi. Però il positivismo ha fallito il suo scopo principale, quello di distruggere la metafisica. Al contrario, dal suo stesso interno, dall’evoluzione logica della sua elaborazione analitica è partita la presa di coscienza che non esistono osservazioni nude ed oggettive perché la ragione le interpreta sempre alla luce di proprie categorie, che non sono kantianamente “trascendentali” (e quindi intersoggettive), ma piuttosto personali secondo i pre-giudizi ineliminabili di ciascuno di noi.

            La metafisica è quindi inevitabile. Lei non è privo di metafisica, Giuseppe, ma ne possiede una diversa dalla mia. Un’altra differenza tra noi è che io sono cosciente dei miei pre-giudizi metafisici; Lei invece, forse, non se ne rende conto.

  3. Riguardo all’ argomento di questo articolo ho scovato su un blog delle riflessioni che mi sembrano interessanti, e che riporto qui sotto:

    “Un meccanismo complesso, composto di più parti, che processasse tutta l’informazione compreso se stesso cioè come un tutto più se stesso dovrebbe essere infinito (ecco il punto che a me sembrava logico, ma forse non riuscivo a spiegarlo, perché un conto è capirlo, un altro è spiegarlo e un altro ancora è spiegarlo e approfondirlo ndr), perché ad ogni iterazione deve contenere il tutto “precedente” più di nuovo il tutto se stesso ad ogni volta: cioè bisognerebbe costruire un meccanismo di taglia infinita, ma sappiamo da qualche anno che il numero massimo di particelle contenuto in tutto l’universo è “solo” di 10 alla potenza 80: cioè non è concepibile realizzare un tale meccanismo materiale.

    Esempio: supponiamo che esista un tale meccanismo in due parti, capace di riflettere “in atto” (punto fondamentale questo: l’essere in atto; e va inteso in senso metafisico: nelle cose materiali l’atto non si identifi ca mai con l’essere stesso della cosa, ma soltanto con la forma! ndr): allora (1) può pensare la parte 1 e la parte 2 e anche (2) il tutto pensante la parte 1 e 2 e anche (3) pensante il tutto pensante la parte 1 e la parte 2 e anche (3) pensante il tutto pensante il tutto pensante la parte 1 e la parte2 ….. e anche (N) pensante il tutto…. pensante il tutto… pensante la parte 1 e la parte 2

    Esempio 2 : supponiamo che esiste un meccanismo in tre parti: allora questo si deve pensare simultaneamente come (a) parte 1, (b) parte 2, (c) parte 3 e ancora come (d) parte (1 e 2) , come (e) parte (2 e 3) , come (f) parte (1 e 3), e come (g) tutto 1 e 2 e 3) e come (h) il tutto di (a), ( b), (c), (d), (e), (f), (g) e come (i) il tutto di (a), ( b), (c), (d), (e), (f), (g), (h) e come …… etc

    Se invece ammettiamo che l’atto che si pensa è di un “solo” pezzo (per usare un’immagine) allora l’atto di pensarsi corrisponde con quello che è e non v’è bisogno di ricorrere ad un meccanismo infinito. D’altro canto visto che il nostro cervello è chiaramente composto di un numero finito di atomi, neuroni o particelle e di flussi energetici, chiaramente esso non può essere il meccanismo ricercato.

    Questo mostra, con un semplice ragionamento, che un’attività riflessiva “in atto” (sottolineo in atto cioè nel reale, non nell’analisi intellettuale che possiamo farne) non può che essere compiuto dalla stessa entità che la realizza.

    Mi è venuta in mente un’altra immagine: un meccanismo che si pensasse nel suo stesso atto di pensare è analogo ad un serpente che si ingoiasse per la coda, quando ha ingoiato la metà della sua lunghezza incomincia ad ingoiare la sua seconda metà ma anche di nuovo la coda e cosi via di seguito fino a quando ingoia la propria… bocca: ciò, come ovvio, non è possibile materialmente, e idealmente ciò può avvenire solo se il serpente è ridotto ad un punto, cioè infinitamente piccolo, o se è dotato di una bocca infinitamente larga….

    Quindi questo “atto” del corpo, che è la sua forma (appunto! ndr), non si realizza nella materialità , la quale anche se necessaria (è necessario avere circuiti neuronali funzionanti) non è sufficiente. Il tuo amico può dire quel che vuole, ma la sola figura geometrica (parliamo di estensione) che si “tocca” è il punto, il quale, guarda caso non ha dimensioni, cioè non esiste fisicamente ma è estrapolazione intellettuale.”

    Che ne pensate? A me sembrano argomenti corretti…

    • Giorgio Masiero on

      Che cosa intende, Lucio, per “materialità”, e la intende così chiaramente da escludere che in essa si realizzi l’atto dell’autocoscienza?

      • Non sono del tutto sicuro di avere colto il senso della sua domanda Prof. Masiero: ultimamente Lei mi mette un po’ in crisi, ma le sono grato per questo poiche’ le sue osservazioni mi aiutano ad ampliare le mie conoscenze ed a correggere i miei errori.
        La mia limitata capacita’ di analisi non mi ha consentito di cogliere nelle riflessioni che ho postato nel mio precedente intervento delle significative contraddizioni. Mi pare di poter sostenere che quanto in esse sostiene il loro autore sia sostanzialmente in linea con la Teologia Cattolica: l’anima razionale umana e’ una forma sussistente, non ha quindi bisogno del corpo per sopravvivere e’ per essere consapevole di esistere. E’ comunque vero’ che il corpo (e quindi la materialita’) e’ per il bene dell’ anima e che, pertanto, l’autocoscienza umana e’ senz’altro arricchita e completata dalla nostra natura corporea.

        Saluto cordialmente sia lei che il Prof. Pennetta per la vostra cortese attenzione.

        • Giorgio Masiero on

          Non sono sicuro, Lucio, che per la teologia cattolica l’anima umana non abbia bisogno del corpo per sopravvivere. Certo a Dio tutto è possibile, anche di far vivere un’anima senza un corpo (come accade per gli angeli)…, ma un uomo ed una donna che cosa sarebbero senza un corpo?! Come può esistere forma senza materia?
          Questa storia dell’anima che dopo la morte si libererebbe del corpo (considerato come un fardello) per tornare libera nel cielo con le altre anime giuste, non appartiene alla tradizione giudaica né al dogma cattolico, ma alla filosofia greca di Socrate e Platone, e di qui è transitata in certe visioni cristiane, quella platonica di Agostino per es.
          Io però, come tutti i cristiani, quando recito il Credo affermo di credere nella resurrezione della carne e, come Gesù, spero di risuscitare in anima “e” corpo.

          Il ragionamento della ricorsività comunque non è a mio parere corretto 1) perché sono possibili processi ricorsivi indefiniti anche con un numero finito di particelle e 2) perché, se per materialità s’intende fisicità, cioè tutto ciò che ricade sotto l’osservazione della fisica, noi al momento conosciamo solo il 5% della fisicità dell’Universo (3 dozzine di particelle elementari e 4 campi), mentre ci sfugge completamente l’altro 95% che pure sappiamo esistere e prima o poi troveremo; ed anche di quel 5% non sappiamo tutte le potenzialità.

          In conclusione, a differenza del Suo autore platonico dualista, io sono un monista come l’Aquinate, e penso che la carne – la nostra materialità umana – sia ciò che ci caratterizza in completezza e che noi siamo troppo ignoranti per sapere ciò che la carne vivente può fare o non può fare.

          PS. Mettere “in crisi”, come Lei Si è espresso, i miei studenti, per scalzarli dalle sabbie mobili delle loro certezze, è stato per me sempre un obiettivo tattico da insegnante. La ringrazio.

          • Ma scusi Masiero, che l’uomo sia completo solamente assieme al suo corpo, è chiaro. E infatti come giustamente ha ricordato, attendiamo la resurrezione della carne, alla *fine*.

            Invece, è nel dogma cattolico credere che il giudizio particolare avvenga subito dopo la morte. L’anima dunque attenderebbe dove è stata giudicata di andare, la riunione finale col corpo glorificato alla fine. E’ chiaro che se l’essere umano attende di essere completo alla fine, l’anima comunque esiste anche senza di esso in Paradiso, Inferno o Purgatorio nel periodo precedente.
            Ovviamente il tutto non ha nulla a che vedere con la concezione dualistica gnostico-catara della materia malvagia e dello spirito buono che deve liberarsi del corpo.

          • Giorgio Masiero on

            Lei estende, frank10, in maniera impropria secondo me, le categorie mondane del tempo allo stato di eternità dell’altro mondo. Che cosa vuol dire, per Lei, “subito dopo” la morte nello stato di eternità?

          • Che ad esempio non è dato meritarsi la salvezza anche dopo il momento della morte terrena, fino alla fine del mondo, come molti vorrebbero sostenere.

          • stò cò frati e zappo l'orto on

            Prof.questo è un terreno minato.
            Infatti si discute da milleni attorno al tema anima.
            Ideologie politiche(fondamentalmente)hanno creato le loro immense fortune elettorali(e di potere)sull’esistenza o meno di quel quid che permetterebbe la sopravvivensa della mente,in eterno.
            Pure l’attuale Papa evita(a differenza del precedente Pontefice,dotato di una cultura notevolissima)l’argomento,preferendo il molto più fruttuoso settore sociale(immigrazione,carceri ecc,ecc,)ed infatti basta consultare qualche sondaggio su la popolarità dell’attuale papa!

  4. Rispondo al professor Masiero: certo che ho una metafisica personale. Lo stesso Einstein, in una lettera a Bohr, scrisse che la Fisica stessa è una forma di metafisica. Diciamo che la mia metafisica è più terra terra…

  5. Giorgio Masiero on

    @ frank10, stò
    La mia domanda a frank10 – che cosa significa la locuzione “subito dopo” nello stato di eternità in cui avviene il giudizio divino – non è di tipo teologico, né catechistico, ma meramente logico, in particolare topologico. Quindi, stò, stia tranquillo: non ci sono terreni minati in matematica!

    Mi spiego meglio, frank10: già in questo mondo, la struttura dello spazio-tempo è pseudo-riemanniana. Ciò significa, tra l’altro, che se un evento A è accaduto “subito dopo” un evento B per un osservatore X, potrebbe essere accaduto “molto tempo dopo” per un altro osservatore Y, e perfino i due eventi potrebbero essere contemporanei se osservati da uno specialissimo punto di osservazione Z.

    Dio è trascendente, non vive nello spazio-tempo di Minkowski, ma in quello stato che in teologia si chiama aeternitas. In questo stato extra-temporale avviene il Suo giudizio dopo la morte di ogni uomo. Dunque, frank10, la mia domanda è: che cosa significa “subito dopo la morte” applicato ad un giudizio fuori del tempo?

    • stò cò frati e zappo l'orto on

      Bene Professore le avevo scritto un commento ma presumo si sia smarrito nei meandri di internet.Nessun problema.

      • Anch’io ho inviato un commento, ma si è perso nei filtri del sito, immagino.
        Enzo, vedi tu, grazie.

      • Il commento di frank l’ho recuperato, per quello di stò temo che non ci sia più nulla da fare. 🙁

        PS Akismet è diventato estremamente sospettoso, dev’essere che anche lui risente di questo clima post Snowden…

        • stò cò frati e zappo l'orto on

          Il mio era un commentino insignificante,magari con una leggera patina di mia consueta polemica(ma entro certi canoni).
          Mi affascina e da decenniil tema Anima.
          Se poi si aggiunge il molto più complesso Resurrezione della Carne allora la mia “curiosità”raggiunge il Top.
          Nessun problema,come ho scritto in precedenza,sono cosciente di visitare un sito scientifico!

          • stò cò frati e zappo l'orto on

            Si.In effetti….
            Ma che sensazione fare la conoscenza di Akismet!

            Mi sento come un birichino che cerca di mangiare la marmellata della nonna!

            Dubito però che citare le parole Anima e Resurrezione della Carne,su un sito principalmente scientifico,sia trasgressivo.

            Le altre parole-chiave da non nominare le ho memorizzate,tranquillo Aki.

          • stò cò frati e zappo l'orto on

            Certainement.
            Carissimo Enzo.
            Anche le intelligenze artificiali hanno diritto ad uno spazio in questo blog,attendiamo(quando possibile)un tuo articolo.
            A proposito hai paura di Hai 9000?
            Merci beaucoup.

    • Io penso che ragionare su questi temi è molto difficile per il semplice fatto che non ne sappiamo un granché: infatti si possono solo formulare ipotesi che nessuno può confermare/smentire.
      Gli unici punti fermi, dal punto di vista religioso, sono quelli ricevuti appunto per rivelazione, non per speculazione intellettuale.
      A questo proposito non c’è dubbio che sia rivelata l’esistenza di un giudizio particolare subito dopo la morte e uno pubblico-finale alla fine del mondo.

      Per quanto riguarda l’eternità, alcuni la pensano come assenza di tempo, altri come tempo infinito. La stessa eternità è diversa per Dio che vi è da sempre e per noi che invece l’avremo solo da un certo inizio in poi. Idem per la partecipazione a questo stato del quale non credo potremo conoscerne la totalità, soprattutto prima della realtà ultima definitiva.
      Per complicare le cose, dipende anche dai punti di vista: quello divino, quello dell’anima appena inserita nell’eternità e quello di chi ancora vive sulla Terra nel tenmpo.
      Infine pur trovandosi nell’eternità, si ha comunque la possibilità di interagire con la dimensione-tempo.
      Lei dice che Dio è in uno stato atemporale. Ma Lui è appunto puro spirito. Noi avremo invece un corpo, seppur glorificato: passerà attraverso i muri e si sposterà istantaneamente, ma sarà anche materia solida da “toccare”. Potrà avere la stessa identica partecipazione all’atemporalità divina? Mah, conoscendo la materia e lo spazio-tempo attuali cos’altro possiamo dire? Del resto non è forse lei che insegna che dove c’è materia, c’è spazio-tempo? Mettiamo pure che sia una materia “diversa”, in ogni caso non sarà solo “spirito”.

      Sul giudizio particolare/finale vi sono anche qui varie ipotesi:
      1) un periodo di attesa fra i due, anche se non di successione temporale, sebbene abbia un inizio, definito aeviternitas
      2) giudizi coincidenti al momento della morte
      3) distinzione fra i due giudizi anche se con attesa di tipo ignoto, non temporale. In sostanza i 2 giudizi sono un unico in 2 fasi.

      Ora, anche se ammettiamo l’assenza di successione temporale, non dovremmo invece credere che l’anima sia perfettamente consapevole dello stato di eternità in cui si troverebbe.

      Anche per S. Tommaso, l’anima si separerebbe dal corpo. Seguendo l’insegnamento di Tommaso d’Aquino (Summa Theologiae, I pars, q.89):
      1) dopo la morte l’anima conosce qualcosa (a.1.): il che non è scontato dato che per l’anima umana la condizione normale è di essere unita a un corpo;
      2) tuttava non conosce distintamente tutto: non solo non vede distintamente Dio, ma nemmeno tutto il mondo naturale (a.3), appunto per il motivo spiegato all’art. 1; la sua conoscenza è “confusa”, sfocata.
      3) può conoscere realtà singolari, fatti concreti del mondo, quindi, ma non tutti, nemmeno quelli presenti (a.4).
      4) un’anima dopo la separazione dal corpo conserva le conoscenze che aveva in vita, sia quelle “abituali” (a.5) sia quelle fattuali (a.6);
      5) l’anima ancora in Purgatorio non conosce (tutto) quanto accade “hic”, qui sulla Terra, nella vita presente, salvo quanto eventualmente Dio stesso vuole farle conoscere, per il bene che Lui sa; le anime invece che sono già in Paradiso, vedendo in qualche modo già Dio, in Lui conoscono tutto (a.8).
      In ogni caso la riunione col corpo sarà lo stato definitivo anche per le anime già presenti in Paradiso.

      Del resto, parlando dell’unico esempio che ci è dato di conoscere, Gesù è morto venerdì, è disceso agli inferi, sabato il suo corpo era nel sepolcro, domenica è risorto. Non è disceso agli inferi col corpo, tant’è vero che alla Maddalena ha risposto la frase sibillina: non sono ancora asceso al Padre mio (col corpo).
      Parlando di “corpi” vi è un legame inestricabile anche col “tempo”.

      In sostanza il giudizio “subito dopo la morte” significa che la persona viene inserita nell’eternità da un determinato istante, la morte appunto, a differenza di Dio che non ha questo inizio.
      Ma credo, appunto come San Tommaso, che questo sia solo un inizio di partecipazione al mondo non temporale, non la sua completezza. Come avviene in tutte le fasi della nostra esistenza che procede gradualmente, a tappe. Fin quando esisterà il tempo, probabilmente vi saremo in qualche modo legati.
      Accettiamo pure che noi vediamo il giudizio dal punto X, mentre l’anima giudicata lo veda da un diverso punto Y più svincolato dal tempo, non credo però che lo possa vedere allo stesso modo del punto divino Z.

  6. La ringrazio per la sua replica Prof. Masiero.
    Lei afferma “Non sono sicuro, Lucio, che per la teologia cattolica l’anima umana non abbia bisogno del corpo per sopravvivere”. Non le nascondo che questa sua convinzione mi lascia perplesso. Inoltre, non concordo con lei in 2 altri punti:
    1) nell’ affermare che S Tommaso d’Aquino sia Monista: a me pare che il monismo non possa accordarsi ne’ con l’ ilemorfismo ne’ con il concetto di analogia.
    2) nel sostenere che la nostra materialità umana sia ciò che ci caratterizza in completezza: concordo con lei nel sostenere che ignoriamo ancora molte delle proprieta’ sorprendenti del mondo fisico, ma ritengo che tra le proprieta’ della materia e quelle della mente non possa esistere un rapporto univoco.
    A questo riguardo riporto di seguito alcuni testi che possono aiutare a chiarire il mio punto di vista:

    Catechismo della Chiesa cattolica

    366 La Chiesa insegna che ogni anima spirituale è creata direttamente da Dio 476 – non è « prodotta » dai genitori – ed è immortale: 477 essa non perisce al momento della sua separazione dal corpo nella morte, e di nuovo si unirà al corpo al momento della risurrezione finale.

    997 Che cosa significa « risuscitare »? Con la morte, separazione dell’anima e del corpo, il corpo dell’uomo cade nella corruzione, mentre la sua anima va incontro a Dio, pur restando in attesa di essere riunita al suo corpo glorificato. Dio nella sua onnipotenza restituirà definitivamente la vita incorruttibile ai nostri corpi riunendoli alle nostre anime, in forza della risurrezione di Gesù.

    LE “XXIV TESI TOMISTICHE” APPROVATE DA SAN PIO X

    XIV. I principi vitali (anime) della sfera vegetale e sensibile non hanno una propria sussistenza né una propria origine, ma sono soltanto il principio che fa essere e vivere il corpo dal quale dipendono completamente e perciò cessano di essere con la corruzione del corpo.
    XV. Al contrario l’anima umana è per sé sussistente, la quale è creata da Dio e viene infusa nel corpo che si trova nelle disposizioni richieste e per sua natura è incorruttibile e immortale.
    XVI. La stessa anima razionale si unisce al corpo in modo da esserne l’unica forma sostanziale dei medesimo, sì da conferire all’uomo di essere uomo a un tempo, e animale e vivente e corpo e sostanza ed ente. Pertanto è dall’anima che l’uomo riceve tutti i gradi essenziali di perfezione; inoltre, l’anima comunica al corpo l’atto di essere che essa ha in sé.

    DISF, Anima

    “In un documento ecclesiale di pochi anni or sono leggiamo questo riassunto della dottrina cristiana riguardante l’anima umana in un contesto escatologico: «La Chiesa afferma la sopravvivenza e la sussistenza, dopo la morte, di un elemento spirituale, il quale è dotato di coscienza e di volontà, in modo tale che l’io umano sussista, pur mancando nel frattempo del complemento del proprio corpo. Per designare un tale elemento, la Chiesa adopera la parola “anima”, consacrata dall’uso della Sacra Scrittura e della Tradizione. Senza ignorare che questo termine assume nella Bibbia diversi significati, essa ritiene tuttavia che non esista alcuna ragione per respingerlo, e considera, inoltre, che è assolutamente indispensabile uno strumento verbale per sostenere la fede dei cristiani» (CDF, Alcune questioni di escatologia, 17.5.1979, EV 6, 1539). Sia lo studio delle scienze, sia la riflessione della religione e della filosofia, hanno condotto lungo i secoli a tematizzare, sebbene con linguaggi e prospettive diverse, proprio la necessità di una simile nozione, quella di un principio unificante ed informante dell’essere umano, di un centro spirituale della sua vita (cfr. Schönborn, 1984). Se le prime hanno storicamente insistito di più sulla unità psico-somatica della persona umana, e dunque sulla inseparabilità fra corpo e anima, le seconde hanno favorito invece la distinzione dell’anima dal corpo, con una deriva verso il dualismo. La dottrina cristiana, sulla base dell’unicità dell’atto creativo di Dio, insegna che l’anima umana è l’unica forma del corpo umano; eppure, alla luce della dottrina circa la resurrezione finale, si sostiene anche la possibilità di una sopravvivenza temporanea dell’anima separata dal corpo. Oltre a situare la dignità della persona umana nel fatto che la sua anima è creata direttamente da Dio senza alcuna mediazione, il cristianesimo afferma infine, su tale base, anche una priorità metafisica di questo co-principio specificamente spirituale dell’essere umano.”

    La saluto cordialmente

    • Giorgio Masiero on

      @ Lucio
      Mi sono note, Lucio, le frasi con cui il Catechismo trasmette la verità teologica ai fedeli, nella misura comprensibile anche a coloro (la grande maggioranza) che non conoscono la relatività del tempo e conservano invece di esso la concezione assoluta di tutta la filosofia e fisica classiche. Per giunta, con l’estrapolazione di questa concezione alla trascendenza atemporale dell’altro mondo.
      Lei ammetterà, però, che nel documento ecclesiale riportato da Disf il discorso si fa più “tecnico” ed insinua la complessità dell’argomento che – in assenza di una chiara distinzione tra spazio-tempo (di Minkowski, di questo Universo) e aeternitas (della trascendenza dell’Aldilà) – sfocerebbe inevitabilmente nel dualismo e, peggio ancora, nell’estensione della categoria classica del tempo alla trascendenza, quando questa non vale nemmeno nel nostro Universo dopo le scoperte di Einstein.

      “La dottrina cristiana, sulla base dell’unicità dell’atto creativo di Dio, insegna che l’anima umana è l’unica forma del corpo umano; eppure, alla luce della dottrina circa la resurrezione finale, si sostiene anche la possibilità di una sopravvivenza temporanea dell’anima separata dal corpo”, recita il documento ecclesiale. Il problema logico sta tutto in quell’ “eppure” (ma non ci possono essere contraddizioni tra fede e ragione!) e in quell’aggettivo “temporanea” (ma dopo la morte del corpo, l’anima che affronta il giudizio divino non vive nel “tempo”!).

      Già a questo mondo, non esiste un “subito dopo” assoluto: un avvenimento A che accade “subito dopo” un avvenimento B per un osservatore terrestre, è accaduto invece “molto tempo dopo” per un osservatore su un altro pianeta; e i due avvenimenti possono essere contemporanei per un altro osservatore che viaggi a velocità luminale. Evito la tentazione d’inventarmi una topologia per il mondo trascendente, ma la mia ragione, coniugata alla mia speranza, mi dice che non ci saranno “tempi di attesa” per la ricongiunzione dell’anima col corpo, proprio perché non ci sono più “tempi”.

  7. Trovo che la sua risposta sia, al solito, molto interessante prof. Masiero, ma a mio modesto parere contiente anche alcune affermazioni che non trovo condivisibili. Lei afferma: “ma dopo la morte del corpo, l’anima che affronta il giudizio divino non vive nel “tempo”!” ed anche: “la mia ragione, coniugata alla mia speranza, mi dice che non ci saranno “tempi di attesa” per la ricongiunzione dell’anima col corpo, proprio perché non ci sono più “tempi”.”
    Ora, nel testo “Escatologia” J. Ratzinger scrive invece: “Nelle nostre precedenti considerazioni e’ emerso in modo sufficientemente chiaro che, ne’ dal punto di vista della logica ne’ da quello della Bibbia e della tradizione, e’ possibile affermare che la resurrezione avviene al momento della morte individuale. Ne rammentiamo nuovamente il motivo principale: un eternita’ che ha un inizio non e’ eternita’; di conseguenza, chi e’ vissuto e chi muore in un determinato tempo non puo’ semplicemente passare dalla costituzione “tempo” alla costituzione “eternita’”, all’ atemporalita’”.

    A queste affermazioni ne seguono altre, sottili e molto interessanti (ma troppo lunghe per essere qui riportate integralmente) le quali evidenziano, tra l’altro, come la temporalita’ sia presente nell’ uomo “in diversi strati e quindi pure in diversi modi” e che quindi “sebbene la sua partecipazione al tempo fisico impronti il tempo del suo spirito, nelle sue funzioni spirituali egli e’ tuttavia temporale in maniera diversa e piu’ profonda di quanto lo sono i corpi fisici”.
    Parlando poi del processo di purificazione che avviene nel purgatorio egli afferma: “il momento trasformante di questo incontro si sottrae alle misure del tempo terrene: esso non e’ eterno, ma un passaggio; tuttavia volerlo qualificare come molto breve o molto lungo, secondo le misure di tempo derivate dalla fisica, sarebbe molto ingenuo e non farebbe alcuna differenza. La sua misura di tempo sta nella profondita’ degli abissi di questa esistenza, i quali vengono misurati a passi e trasformati nel fuoco. Voler misurare un simile tempo di esistenza col metro del tempo terreno significherebbe travisare la particolarita’ dello spirito umano nel suo rapporto col mondo e nel suo distacco da esso”.
    Significativo mi sembra anche questo breve brano tratto dalla voce Tempo del DISF:
    “Nella vita eterna dello stato glorioso, dal momento che i corpi risusciteranno e ci sarà un nuovo stato dell’universo, il tempo fisico non sarà cancellato ma piuttosto trasfigurato e liberato da quanto oggi contiene di corruttivo. Il tempo è sempre una partecipazione all’essere, e così il tempo che apparterrà allo stato definitivo di gloria dell’universo sarà anch’esso una peculiare partecipazione all’eternità”.
    La saluto con stima.

    • Giorgio Masiero on

      La ringrazio, Lucio. Non conoscevo questo testo di Ratzinger. In particolare, i passi riportati mi hanno colpito per il loro linguaggio poetico, ma non li ho compresi. Sul tempo, io sono fermo alle 3 classificazioni di Tommaso – tempus, aevum, aeternitas -, che sono le uniche comprensibili topologicamente, cioe’ sul piano logico-matematico. Se classificare significa suddividere un insieme in sottoinsiemi disgiunti, dire che alla fine “il tempo apparterra’ ad uno stato… che partecipera’ dell’eternita’ ” e’, a mio modestissimo parere, senza significato.

  8. Indubbiamente il testo di Ratzinger presenta passaggi complessi e sottili di difficile comprensione (e, a maggior ragione, anche difficilmente sintetizzabili senza uno studio accurato). Ho invece trovato piu’ agevole, ma ugualmente interessante, questo documento sull’ escatologia elaborato dalla Commissione teologica internazionale nel 1990

    http://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/cti_documents/rc_cti_1990_problemi-attuali-escatologia_it.html

    Ma a mio parere, comunque, a prescindere dalla maggiore o minore semplicita’ della loro esposizione, i temi che qui si trattano sono difficilmente analizzabili da un punto di vista puramente razionale. Ritengo che su temi del genere la rivelazione ecceda grandemente la nostra capacita’ di comprenzione.
    Ringrazio il Prof. Masiero per l’interessante scambio di idee che mi ha permesso di realizzare e mi scuso con il Prof. pennetta per essere andato almeno in parte fuori tema con i miei interventi.

    • Giorgio Masiero on

      Sono io a ringraziarLa, Lucio. Anche per il prezioso e chiarissimo documento di escatologia che mi ha proposto in questo Suo ultimo commento. Esso è molto chiaro nella distinzione tra dualismo platonico e dualità (o doppia fase) della rivelazione cristiana. Convengo che il tema è difficile e che su questi temi debba essere la rivelazione ad avere la parola ultima. Grazie, ancora.

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