The Red Pill: il film che le femministe non vogliono farti vedere

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Al di là del frame femminista ecco la discriminazione sessuale che nessuno vuole vedere, quella a danno dei maschi.

Una realtà raccontata con i crudi argomenti delle cifre.

Cassie Jaye è una giovane regista americana, femminista da circa dieci anni. I suoi primi due documentari hanno trattato tematiche molto mainstream. Daddy I Do (2010)     parla dell’educazione sessuale delle donne (la tesi del film è che l’educazione sessuale delle donne ridurrebbe le gravidanze indesiderate), mentre The Right to Love (2012) parla del “diritto al matrimonio omosessuale”. Questi primi due film, com’era prevedibile, hanno riscosso un certo successo, non hanno avuto problemi di finanziamenti e è riuscita a terminarli e a distribuirli in tempi brevi.

Un bel giorno Cassie decide di girare un documentario su un’altra tematica molto mainstream, cioè la cosiddetta “cultura dello stupro” (sia negli USA che nel resto del mondo), cultura  che, a detta delle femministe, fa parte del bagaglio di ogni maschio. Inizia quindi a fare ricerche su internet e i primi link in cui s’imbatte rimandano al sito A Voice for Men (di cui esiste anche la versione in italiano ).  Questo sito è un po’ la bestia nera delle femministe, in quanto viene considerato uno dei maggiori propagatori di misoginia. Cassie, quindi, inizia a spulciarlo, decisa a mostrare, nel suo documentario, che gli attivisti dei diritti degli uomini (men’s rights activists: MRA) sono solo un gruppo d’odio, ed è con questo proposito che intervista Paul Elam, il creatore del sito, e altri collaboratori.

A mano a mano che le interviste procedono (come la stessa regista spiega in questo talk), Cassie decide di trascriverle, e così facendo si trova obbligata ad ascoltare con attenzione quello che gli intervistati le avevano riferito. Ed è proprio in questo momento che succede qualcosa. Per la prima volta, Cassie ascolta davvero quelle parole. Prima, quando gli attivisti le parlavano, lei non sentiva quello che dicevano, ma nella sua mente pensava già a cosa rispondere per dimostrare loro che avevano torto e che in realtà le loro presunte sofferenze non erano nulla in confronto alle sofferenze e alle discriminazioni contro le donne. Adesso, invece, ascoltando le loro parole, capisce che quegli uomini non sono dei misogini con la bava alla bocca, e che i disagi che le stavano illustrando erano reali. Per tutta la durata delle riprese tiene un videodiario, al quale racconta le impressioni, i dubbi e i sentimenti che quel suo viaggio in un mondo sconosciuto le provoca. Alcuni spezzoni del videodiario sono inseriti nel documentario, per cui lo spettatore può capire ciò a cui Cassie è andata incontro.

Ad un certo punto, quindi, si ritrova a mettere in dubbio tutte le sue convinzioni e alla fine decide di cambiare il tema del documentario: non parlerà più della cultura dello stupro ma dell’attivismo per i diritti degli uomini. Il titolo sarà The Red Pill, dalla celebre scena del film Matrix in cui Morfeo chiede a Neo di scegliere tra la pillola rossa, che gli mostrerà la verità, e la pillola azzurra, che gli consentirà di continuare a dormire.  Durante le interviste, infatti, gli attivisti per i diritti degli uomini le avevano spesso detto che l’ideologia femminista era la “pillola azzurra”, mentre loro avevano preso quella rossa e quindi riuscivano a vedere cosa c’era in realtà dietro questa ideologia.

A questo punto, però, iniziano i primi problemi. I finanziatori del film, infatti, spariscono e Cassie non sa come andare avanti, poiché tutti gli altri produttori esecutivi che le si erano presentati volevano modificare il documentario e renderlo più “femminista”. Cerca perciò di ottenere altri tipi di contributi, ma si accorge che non esiste una categoria in cui presentare il film. Ce ne sono parecchie per le donne e altre minoranze, ma nessuna per gli uomini. Lo inserisce quindi nella categoria “diritti umani”, ma viene rifiutato e la richiesta di contributi respinta. La regista decide quindi di aprire una campagna di finanziamenti su Kickstarter, sperando di arrivare perlomeno alla cifra di 97.000$. Nel frattempo sorgono anche altri problemi. Una femminista che doveva essere intervistata nel film cancella l’intervista la sera prima, dicendo che non si sentiva “sicura”. Un disegnatore si licenzia, dicendo che non voleva avere nulla a che fare col progetto e una stagista viene colta da crisi isteriche a causa di tutto quello che Cassie le stava facendo vedere.

Comunque sia, alla fine, grazie anche ad articoli  che hanno dato visibilità alla vicenda, la campagna di raccolta fondi raggiunge la cifra stabilita  e addirittura la supera, arrivando quasi a 204.000$.  Cassie riesce quindi a terminare il documentario (qui  ne potete vedere un trailer esteso), ma ovviamente i problemi non sono finiti, perché ora c’è da distribuirlo, ed è in questo momento che le organizzazioni femministe si scatenano.

Senza neanche averlo visto, sostengono che il film incita alla violenza contro le donne, avalla una cultura sessista e misogina e “abusa” della libertà di espressione. Grazie a campagne molto aggressive, riescono a bloccare la sua proiezione in diversi cinema e festival, non solo negli USA ma anche in altri paesi.  In Australia, ad esempio l’università di Sidney ne ha cancellato la proiezione   così come hanno fatto diversi cinema di Melbourne Persino Netflix si rifiuta di proiettarlo    In Canada spettatori e sponsor hanno minacciato di smettere di fare affari coi cinema che lo proietteranno     Il film è per fortuna reperibile su mole piattaforme digitali (le trovate elencate qui  ), dove sta riscontrando un grosso successo, ma la regista dice che la messa in onda su Netflix avrebbe permesso alle persone di vederlo senza doverlo necessariamente acquistare.

Ma cos’ha questo documentario di così terribile da scatenare l’ira funesta delle femministe?

Nella prima parte, vengono messi in evidenza alcuni dati che sono più o meno gli stessi sia negli USA che in Italia (riporterò quindi quelli italiani  ).

Gli uomini sono:

il 93% dei morti sul lavoro (1200 ogni anno).

il 79% delle vittime di suicidio (2400 ogni anno).

il 79% delle vittime di omicidio (350 ogni anno).

il 99.99% dei morti in servizio militare (1.3 milioni dalla fondazione dell’Italia).

il 55% delle vittime di violenza domestica  (50 mila ogni anno).

Nessuna di queste problematiche, però, pare degna di diventare un’”emergenza” e nessuno cerca soluzioni.

Anche nel campo scolastico e universitario i maschi conseguono risultati peggiori delle donne: hanno voti più bassi, ricevono meno borse di studio e hanno un tasso maggiore di abbandono scolastico.    Tuttavia, come già denunciato da Christina Hoff Sommers nel libro The War Against Boys, nessuno se ne cura, e anzi tutta l’istruzione è modellata intorno alle ragazze. I bambini, inoltre, hanno molte più probabilità di ricevere una diagnosi per ADHD o altri disturbi correlati, con conseguente prescrizione di farmaci.

Nel campo della salute le cose non vanno meglio. Gli uomini vivono in media 5 anni meno delle donne,   ma invece di colmare questa disparità, pare che ci si preoccupi solo della salute delle donne. Nel documentario, infatti, vengono mostrati dei dati secondo i quali, a parità di mortalità, viene finanziata maggiormente la ricerca sul cancro al seno rispetto a quella sul cancro alla prostata. Qui in Italia,  nella settimana dal 18 al 24 aprile, nell’ambito dell’iniziativa Open Week, le donne hanno avuto la possibilità di fare esami medici gratuiti.   Poiché si trattava di esami non specificatamente femminili, ci si chiede perché la settimana Open Week non sia stata aperta anche agli uomini.

Nel documentario viene intervisto anche Warren Farrell, che nel suo libro The Myth of the Male Power (Il mito del potere maschile, purtroppo l’edizione italiana è fuori stampa) sostiene, tra le altre cose, che la società riesce a sopravvivere solo perché da sempre insegna ai suoi uomini che essi sono il sesso sacrificabile: in guerra, sul lavoro, in caso di calamità… Il famoso “prima le donne e i bambini” non è nato perché gli uomini sono magicamente in grado di salvarsi in ogni situazione di emergenza, ma proprio perché si ritiene che essi, a differenza delle donne, possano essere sacrificati, senza grosse conseguenze per la società. Farrell nota anche che nessuna femminista chiede l’uguaglia per lavori faticosi e pericolosi, o percepiti come “di poco valore” (minatore, spazzino, escavatorista, operario in genere, tornitore…). Vogliono la parità solo per ruoli importanti, come ministro, presidente, amministratore delegato, ecc. e sono proprio questi gli ambiti in cui sono state imposte le quote rosa. Cassie ci mostra anche come un gruppo di femministe furiose abbia tentato di impedire l’ingresso a una conferenza di Farrell, gridando a chi entrava a vederla “feccia del cazzo” (fucking scum).

Un altro tema delicato è quello della paternità. Con le leggi attuali, quando una donna single resta incinta, è lei l’unica responsabile del bambino. Non solo può decidere di abortire il bambino senza interpellare il padre (cosa che ovviamente avviene anche per le coppie sposate), ma il documentario ci mostra anche due casi in cui una madre single ha dato in adozione il figlio senza dire niente al padre. Un altro caso assurdo presentato nel documentario è quello di un uomo che si è visto costretto a pagare il mantenimento per un figlio non suo. Al momento della nascita, la madre aveva registrato l’uomo come il padre (a sua insaputa, ovviamente), e quando le analisi del DNA hanno dimostrato che non era il padre, il giudice ha deciso che doveva pagare lo stesso il mantenimento.

Secondo i dati italiani, in caso di separazione solo il 4% dei bambini viene affidato al padre  e nel documentario viene detto che molti uomini si uniscono agli attivisti dopo che, col divorzio, perdono l’affido del figlio. Da qualche anno anche qui in Italia si parla della cosiddetta sindrome da alienazione parentale (PAS) (la cui esistenza in realtà viene da molti negata, ovvero quando la madre, dopo il divorzio, fa in modo che il figlio non abbia più rapporti col padre, in genere parlandogli madre di lui o accusandolo falsamente di violenza. Riguardo le accuse di maltrattamento in sede divorzile, però, risulta che ben l’80% sia falso così come il 92% delle accuse di pedofilia (qui)_E la cosa viene confermata anche dalla polizia). Dopo il divorzio, l’84% degli uomini perde la casa coniugale e, dovendo pagare l’assegno di mantenimento, spesso si ritrovano a vivere in macchina. Molti di questi uomini finiscono col suicidarsi.

L’assenza del padre produce conseguenze molto gravi sui figli. Qui   potete trovare un articolo in italiano. Questo invece è un articolo in inglese  e questo è uno studio del 2002.

Interrogata da Cassie sulla questione,  Katherine Spillar del Feminist Majority Foundation dice che le donne hanno tutti i diritti sui figli perché sono loro che portano avanti la gravidanza, con tutti i rischi e i disagi che essa comporta. E sì, può essere che ci sia qualche padre a cui il sistema abbia fatto dei torti, ma non dimentichiamoci che in famiglia sono le donne che fanno la maggior parte dei lavori domestici, accudiscono i figli, ecc. E sul movimento dell’MRA dice che esso è nato solo perché gli uomini ora si ritrovano a dover competere con le donne e quindi non vogliono perdere il loro potere e che i dati citati sopra sono distorti.

Un tema molto controverso è quello della violenza domestica. Si tende a credere che le uniche vittime di violenza domestica siano le donne, mentre invece dai dati risulta che uomini e donne sono violenti in egual misura.     (qui uno studio del 2012  che potete trovare riassunto in questo articolo). In Italia, della questione se ne è occupata Glenda Mancini, nei suoi libri Uomini vittime di donne e Io, donna carnefice. Nel documentario viene anche mostrato un rapporto del Center for Disease Control (tavole 4,7 e 4.8 ) che mostra come nel 2013 5.066.000 di uomini e 4.033.000 milioni di donne sono stati picchiati o maltrattati dal partner. Nel caso di violenza di maggiore entità, le cifre sono 2.266.000 di uomini e 3.163.000 di donne.

Cassie discute l’argomento con Erin Pizzey, Erin_Pizzey che è un po’ la grande madre del movimento MRA. La Pizzey è colei che, nel 1971, a Chiswick (Gran Bretagna), fondò il primo rifugio antiviolenza, che ospitava sia uomini che donne. Per lei, infatti, era chiaro già da allora che uomini e donne sono violenti allo steso modo. Tuttavia (come si può leggere anche in questo articolo ) ben presto le femministe radicali s’impossessarono dei rifugi da lei creati e iniziarono a utilizzarli per diffondere odio contro uomini e bambini. Contemporaneamente, il budget delle femministe cominciò ad aumentare, grazie soprattutto a finanziamenti statali. La Pizzey espresse il suo criticismo attraverso i suoi libri, ma venne diffamata e minacciata di morte e le venne ucciso persino il cane. Alla fine dovette lasciare l’Inghilterra e oggi sul sito ufficiale dell’ ‘organizzazione “Refuge”, nata dal “Chiswick Women’s Aid” da lei fondato, il suo nome non compare da nessuna parte.

Negli USA, il 43% degli uomini è vittima di violenza, ma esiste un solo rifugio per uomini, in Arkansas.  Per le donne, invece, ne esistono più di 2000, ma non accolgono gli uomini. Interrogati sulla questione, Michael Kimmel e Katherine Spillar dicono che la violenza contro gli uomini non è un problema grave e che “violenza domestica” è solo un modo edulcorato per riferirsi al “wife beating” (picchiare la moglie). Occorrono quindi più fondi per costruire più rifugi.

Il problema della violenza contro gli uomini è che (come spiga anche la Mancini) essi in genere non si riconoscono come vittime e quindi spesso non denunciano. Essi non denunciano anche perché sanno che o non verranno creduti o verranno derisi. Proprio per questo motivo, quando vengono aggrediti da una donna non reagiscono, perché sanno che, se la donna si fa anche un graffio, saranno loro (gli uomini) che andranno in prigione, non la donna.

Ecco alcuni dati USA, riportati anche nel documentario:

  • A parità di reato gli uomini ricevono pene 63% più severe
  • Per violenza domestica vanno in prigione l’83% degli uomini ed il 58% delle donne
  • Per possesso di droga vanno in prigione il 34% degli uomini ed il 17% delle donne
  • La discriminazione di genere è 6 volte maggiore della discriminazione razziale. Ad esempio, la probabilità che una persona condannata finisca in carcere è: 18% per le donne bianche, 32% per le donne nere, 48% per gli uomini bianchi, 55% per gli uomini neri (dati di Chicago).

Qui in Italia c’è stato il caso di William Pezzullo  sfregiato con l’acido dalla sua ex, che non si è fatta neanche un giorno di carcere perché incinta. Pezzullo è stato dimenticato dalla Stato e è finito sul lastrico per portare avanti la sua battaglia di giustizia, e come lui sono stati dimenticati tanti altri uomini vittime di violenza, rei di essere nati nel sesso sbagliato.

Addirittura qui in Italia un uomo può essere condannato per violenza sessuale in base alla sola testimonianza della donna.  Per l’uomo, l’unico modo per dimostrare la sua innocenza è avere un alibi.

Più della metà degli attivisti per i diritti degli uomini sono in realtà delle attiviste. Una delle più note di loro è Karen Straughan (i cui video potete trovare su YouTube). Karen parla con Cassie del caso del rapimento,    nel 2014, di 276 ragazze da parte di Boko Haram. Il caso divenne ben presto internazionale con l’hashtag “bring back our girls”. Quello che non si sa è che negli ultimi anni Boko Haram ha rapito circa 10.000 ragazzi (maschi)   con l’intento di farne dei “martiri”. Tra il febbraio e il marzo del 2014 Boko Haram uccise un altro migliaio di ragazzi, ma anche questo caso gli omicidi non ebbero rilevanza internazionale, sebbene molti siti ne parlassero. Secondo Karen, poiché Boko Haram era alla ricerca di visibilità, per ottenerla si è visto “costretto” a rapire delle ragazze, visto che dei ragazzi non gliene importava niente a nessuno.

Una cosa simile avvenne nel 1995 a Srebrenica, dove 8000 uomini e ragazzi fra i 15 e i 60 vennero lasciati in città, destinati a morte certa, mentre a donne, bambini e anziani venne permesso di fuggire sui convogli ONU.

Quando gli attivisti (e le attiviste) per i diritti degli uomini hanno cominciato a tenere conferenze e a mettere in discussione tutto il teorema femminista, le femministe hanno spesso impedito lo svolgersi di queste conferenze. È accaduto in Michigan, a Ottawa e a Toronto, dove, per impedire la conferenza, un gruppo di femministe guidate da Big Red ha fatto suonare l’allarme antincendio (cosa peraltro illegale) e quindi tutto l’edificio è stato sgomberato.

Interrogata da Cassie sul movimento MRA, Big Red (così chiamata per i suoi capelli tinti di un rosso acceso), prima tenta di sminuire le loro problematiche, poi dice che i loro obiettivi non sono legittimi. I problemi che loro hanno circa l’affidamento dei figli solo alle madri e il mantenimento a carico dei padri derivano dal patriarcato, il quale presuppone che, siccome la donna ha la vagina, debba occuparsi lei dei figli. Gli uomini, quindi, dovrebbero collaborare con le donne allo smantellamento del patriarcato.

Il documentario si chiude con una nota sulla circoncisione. Tutti siamo d’accordo sul fatto che l’infibulazione sia una pratica orrenda, ma sulla circoncisione nessuno ha da ridire. Ma a Cassie è bastato guardare un breve filmato su una circoncisione su un bambino (mostrato nel documentario) per capire quanto barbara sia questa pratica, di cui oggi peraltro non se ne vede l’utilità (e inoltre, espiantare organi sani non dovrebbe essere vietato?).

Alla fine del suo viaggio nella “tana del Bianconiglio”, Cassie dice di non considerarsi più una femminista.

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Laureata in Lingue presso l'Università per gli studi di Perugia, lavora come traduttrice dall'inglese e da alcuni anni studia pedagogia.

36 commenti

  1. LUIGI MOJOLI on

    Studierò i riferimenti. Probabilmente mi si aprirà un orizzonte nuovo. Per conoscenza diretta posso solo dire che conosco alcuni maschi quarantenni con figli unici che in casa fanno tutto loro e una donna che fu molto gravemente vessata dal marito. Quattro gatti non fanno una statistica. Perciò grazie per l’implicito invito a studiare. Al momento, che io sappia, le donne che combattono davvero per un futuro migliore sono le yazide e le curde.

  2. GIUSEPPE CACIOPPO on

    Eccellente articolo che fa riflettere, complimenti ad Emanuela che naviga contro corrente, rischia l’ emarginazione sociale, ma cammina a schiena dritta! Brava !!!

      • MenteLibera65 on

        Una volta tanto faccio i complimenti Anche Io . contesto la lettura alcuni dati locali (italiani per intenderci ) , relativi alle violenze, ma sono assolutamente colpito dai dati più sociologici e psicologici e cioè come in alcuni ambienti ( scolastico per esempio ) vi sia una discriminazione contraria , e poche sono contro ogni tipo di discriminazione ringrazio per averla evidenziata , e mi chiedo come si possa uscire dal mondo delle quote rosa (per esempio)

        • Enzo Pennetta on

          Sono davvero in contemplazione della coazione di ML a dare addosso al sito, inventando di sana pianta accuse anche quando è d’accordo con l’articolo:
          “rilevo come Cassie Jaye , che su blog orientato come questo sarà stata certamente massacrata in passato….
          .
          Se ne rende conto?

          • MenteLibera65 on

            Mi scuso ma non ho trovato una forma italiana efficace. Intendevo dire su altri blog (non su questo) , anche essi orientati (perchè questo è orientato, almeno questo si può dire no ?) . Ma non mi riferivo affatto a questo. Mi scuso per la forma italiana…mi sembrava si capisse ma ora rileggendolo mi rendo conto che si capisce l’esatto cotrario

          • GIUSEPPE CACIOPPO on

            Avere un orientamento è indispensabile, lo sapevano i naviganti quando usavano la bussola o guardavano le stelle. Altra cosa è essere ideologizzati, che tradotto significa “se i fatti non si accordano con le mie idee tanto peggio per i fatti”. Ritengo che questo sito sia molto ben orientato e di contro piuttosto indigesto per coloro che non hanno familiarità con il metodo di confrontare le opinioni con i fatti.

          • MenteLibera65 on

            Ognuno ha le sue opinioni, ed ognuno ha le sue fonti per i fatti su cui poi formarsi l’opinione. Partire da una realtà condivisa è fondamentale.
            Qui , come da altre parti, molto spesso ci si affida a dati prodotti è inevitabile che ci si fondi su dati prodotti da altre persone o associazioni.
            Forse qualcuno è in grado di verificare effettivamente la veridicità di questi dati, sopratutto quando sono statistiche, etc etc ? (parlo in modo generico ovviamente).
            Assolutamente No. In base alla credibilità della fonte, si assegna credibilità anche ai dati o ai fatti descritti. Poichè spesso le fonti rimbalzano esse stesse dati o notizie prodotte da altri, in realtà il concetto di “fatto” è in se molto complicato da dimostrare veramente.
            Spesso infatti , sopratutto su alcuni argomenti, c’è un conflitto di interessi tra chi effettua uno studio e le sue convinzioni personali, che non di rado ne alterano consapevolmente o inconsapevolmente l’aderenza ad un metodo (e non è facile capirlo, perchè si può contestare ciò che c’è, ma spesso non si riesce a capire ciò che non c’è).
            Quindi la sua locuzione “se i fatti non si accordano con le mie idee tanto peggio per i fatti”, è molto affascinante dal punto di vista semantico , ma va applicata fatto per fatto, caso per caso.
            L’orientamento. Per come lo intente lei sarebbe il come orientarsi, da qui la bussola. Ma qui non si tratta di orientarsi, ma di orientare il lettore verso certe conclusioni, sulla base delle proprie convinzioni personali. Nulla a che vedere con bussola.
            L’orientamento quindi già nasce nella scelta delle fonti.
            Ulteriore orientamento poi nasce dalla selezione delle notizie. Se ogni giorno a Roma viene ucciso un uomo, e una volta l’anno viene uccisa una donna, si può omettere di riportare la notizia quotidiana sull’uccisione degli uomini e parlare solo della donna dicendo “Femminicidio”. La selezione delle notizie fa parte dell’orientamento.
            Poi, anche quando i fatti sono condivisi, altra parte di orientamento consiste nel leggerli con un certo taglio, e leggerci dietrologicamente certe intenzioni, normalmente eccedenti il fatto stesso.
            Infine quando tutte e tre le componenti messe insieme tendono non tanto a informare su un fatto specifico (magari commentandolo), ma ad orientare la visione complessiva del lettore , allargandone l’orizzonte dal fatto specifico ad una regola generale che si vuol far passare come sempre valida (hanno ucciso una donna , spesso uccidono le donne, uccidono sempre le donne, tutte le donne sono in pericolo) ecco che si passa il limite della credibilità , e ci si espone ad essere considerati parziali e non obiettivi.
            Mi sono spiegato? 🙂
            Ho quanto meno ho dato la sensazione di non essere cosi sprovveduto come qualcuno mi pensa? 🙂
            Buongiorno.

          • GIUSEPPE CACIOPPO on

            Risposta a Mente Libera .
            Lei esordisce dicendo “Ognuno ha le sue opinioni ognuno ha le sue fonti per i fatti su cui poi formarsi l’opinione. Partire da una realtà condivisa è fondamentale.” La prima parte della frase virgolettata e tutto il discorso che fa seguire, peraltro piuttosto ovvio, ricalca quello del relativismo oggi circolante come moneta comune. Poi però dice che “partire da una realtà condivisa è fondamentale”, che sembra in contraddizione con tutto il resto.
            Si decida e ci spieghi come e con quale metodo si può partire da una realtà condivisa, dato che lei stesso ammette che è fondamentale.

        • Ma a parte il fatto che noi non sappiamo da quale cultura provenga la Jaye, comunque non capisco cosa si intenda per “cultura libera”. La capacità di cambiare idea è perlopiù innata, non si acquisice per forza con l’educazione.

        • muggeridge on

          Elogio della cultura “libera” che permette di cambiare opinione se si è bene informati. Ma non mi risulta che i cambiamenti di opinione siano sempre e solo in una stessa direzione, piuttosto se per cultura “libera” si intende quella legata a qualche ideologia è del tutto ovvio che quando questa si rivela insostenibile ci sia il cosiddetto disincanto e il passaggio a un’opinione più equilibrata e meno di parte. Avviene con tutti gli “-ismi ” che di solito sono “estrem-ismi”.

        • viaNegativa on

          Scusa ML, fammi capire una cosa: dici che è bene che tutti (“soprattutto quelli che spargono giudizi definitivi a destra e manca”) seguano l’esempio della Jaye per i motivi che hai esposto. Ma, questo tuo, sarà mica un giudizio definitivo? Perché se lo è, allora la cosa dello “spargere a destra e manca” ti riguarda in prima persona, riguarda soprattutto te. Ergo, al tuo posto, mi fermerei un attimo a riflettere sulla convenienza del venir qua a pontificare su chi debba fare cosa.

          Se invece non è un giudizio definitivo, allora è solo una tua opinione da cui non segue in nessun modo che “tutti dovrebbero”. Anche perché, tanto per iniziare, non si capisce perché si dovrebbero seguire le tue opinioni.

          «Ho quanto meno ho dato la sensazione di non essere cosi sprovveduto come qualcuno mi pensa?»

          Secondo te?

          • Giuseppe1960 on

            A me risulta chiaro che quello di ML è un auspicio (usa il condizionale dovremmo) rivolto anche a se stesso… E a tutti quelli che hanno troppe certezze che non mettono mai in dubbio. Davvero non capisco perché non hai voluto cogliere il positivo di tale conclusione.

          • MenteLibera65 on

            Grazie Giuseppe, ovviamente era un auspicio e comprendeva anche me stesso , che sono cmq rimasto colpito da alcuni dati dell articolo. Ma ovviamente c’è sempre qualcuno che legge solo quello che gli fa comodo .

          • viaNegativa on

            Immagino che ti fossi compreso anche in quelli che spargono giudizi definitivi a destra e a manca, vero? Ma falla finita, tu di certezze ne hai le tasche piene (non fosse altro che la certezza che chi non la pensa come te sbaglia) tanto che ogni giorno vieni qua a dispensarne a piene mani. Il problema è che dispensi lenzuolate su lenzuolate di inutili contraddittorietà, checché ne dicano gli sgherri pasticcioni che ti soccorrono e che sperano di potersene uscire ogni volta col gioco delle interpretazioni.

          • Giuseppe1960 on

            A te non sta bene né che uno abbia certezze e né che interpreti… Non mi sento sgherro pasticcione e mi chiedo, per il tuo bene, quando svanirá il tuo narcisismo giovanile che ti fa andare in brodo di giuggiole ogni volta che apri bocca e spari sentenze… Solo per il tuo bene.

          • viaNegativa on

            Se le certezze e le interpretazioni sono boiate, non mi stanno bene no.

            Questo narcisismo giovanile (magari!) svanirà quando la smetterete di scrivere paccottiglie. Cioè mai.

          • Palafreniere on

            Ma quindi : loro scrivono paccottiglie, sei in grado di discernere il falso dal vero ( in un altro post in un altro articolo esordisci con un altisonante “Data la mia grave intolleranza alle falsità..”), capisci al volo che gli sgherri pasticcioni lo soccorrono per potersene ogni volta uscire col gioco delle interpretazioni, sei sicuro che ML è certo che chi non la pensa come lui sbaglia, che viene qui a pontificare ( fosse l’unico..) e che le sue certezze e interpetazioni sono boiate. Saranno mica giudizi definitivi i tuoi? Non verrai mica qui a dispensare certezze a piene mani tu, che coltivi il dubbio così bene? “Data la mia grave intolleranza alle falsità..”

          • viaNegativa on

            Capisco che lei è arrivato ieri, non conosce certe dinamiche che sono andate incancrenendosi nel tempo e mi viene a dare di arrogante. E senza manco entrare nel merito di ciò di cui si stava trattando, ma limitandosi a inutili metacommenti sulla mia persona. Ma davvero non ha di meglio da fare oltre che perdere e farmi perdere tempo e banda?

            PS. Casomai non le risultasse chiaro, e non le risulta, non sono io quello che ha problemi con chi dichiara di avere certezze.

          • Giuseppe1960 on

            Mi rendo conto di essere sceso al più basso livello possibile… Ma non ce l’ho fatta a esimermi, sono gravemente intollerante ai cagoni.

          • Palafreniere on

            Ma qui si perde tutti tempo allegramente e insieme, lei se non le va bene poteva anche non rispondere.. Tra l’altro non sono interessato ad entrare nel merito di nulla, mi è venuta solo voglia di rispondere, chissà perché. Cavoli però è un uomo sicuro, raziocinante e soprattutto molto intelligente, non può essere altrimenti, guardi che parolone che mi ha tirato fuori , per me è molto difficile distinguere il vero, ma per lei evidentemente è una bazzecola, data la sua disarmante superiorità culturale. E lo so che è questo che vuole sentirsi dire: un altro enunciato apofantico che mi sento di pronunciare, lei mi dà certezze

          • viaNegativa on

            Che lei (e non solo lei) sia qui a perder tempo è più che evidente. Per quanto mi riguarda è libero di far come meglio crede, fintanto che la cosa non disturba il padrone di casa, ovvio. Però dico, ora che ha esternato le sue antipatie nei mie confronti e che ha dichiarato di non aver intenzione di entrar nel merito di alcunché (e qui “chissà perché” lo dico io) che ha intenzione di fare? Continuare con queste scemenze che per di più sono totalmente OT? Se sì, faccia pure, i suoi commenti loffi appassioneranno di certo quel maleducato di Cipriani qua sopra. Io invece non la seguo: ho un sacco colmo di paroloni e certezze da dispensare altrove.

            PS. «E lo so che è questo che vuole sentirsi dire». Guardi, tutto ciò sta accadendo solo e soltanto nella sua testa. Rinsavisca, se può.

        • In realtà avevo già scritto al vostro sito segnalandovi l’articolo e dicendo che potevate ripubblicarlo, per cui fate pure. 🙂

  3. Claude Liszt on

    Ancora una volta, gent. Emanuela, i miei complimenti, anche solo per aver messo in fila tutti gli elementi.

  4. Enzo Pennetta on

    Ancora una volta l’articolo di Emanuela ha riscosso molto interesse, io che leggo il contatore delle visite e che ricevo anche telefonate da persone impegnate pubblicamente su certi temi voglio testimoniarlo.
    Grazie Emanuela.

  5. MenteLibera65 on

    Buongiorno Emanuela.
    Volevo tornare sul tuo articolo per chiederti qualche spiegazione sui numeri e sulle fonti .
    Mi riferisco a questo e mano a mano commentero:
    “il 93% dei morti sul lavoro (1200 ogni anno).” (Mi sembra normale, visto che la maggior parte dei lavori pericolosi e pesanti sono svolti da maschi ? sopratutto mi sembra abbastanza in continuazione con quel che è sempre avvenuto nei secoli.)

    il 79% delle vittime di suicidio (2400 ogni anno). (mi sembra un dato che può avere mille spiegazioni concomitanti, non necessariamente collegate all’argomento che tratti)

    il 79% delle vittime di omicidio (350 ogni anno). ( visto che in genere l’attività di malvivente mafioso killer etc etc è svolta da maschi mi sembra anche normale che siano le prime vittime no ? forse una statistica più utile sarebbe sapere quanti maschi vengono uccisi da donne e viceversa )

    il 99.99% dei morti in servizio militare (1.3 milioni dalla fondazione dell’Italia). ( fino a 15 anni fa le donne non facevano il militare, normale che siano morti gli uomini. ora lo fanno. Nel frattempo non ci sono state molte guerre ed il numero delle soldatesse è molto minore ai soldati. direi che e’ un dato che va ‘ponderato’ matematicamente , non credo che qui ci sia reale disparità)

    il 55% delle vittime di violenza domestica  (50 mila ogni anno). (sapresti dirmi la fonte di questo sorprendente dato??? è italiano ? è mondiale) ?

    Grazie

    • Enzo Pennetta on

      Il fatto che i lavori pericolosi siano svolti dai maschi è contrario alla politica delle quote rosa, la applichiamo a tutto o solo a quello che fa comodo?
      Che i malavitosi siano maschi vuol dire che in ogni caso la società li penalizza, obiezione andata a vuoto.
      Lo stesso dicasi per i morti militari: la società penalizza i maschi.
      Obiezioni inconsistenti di chi dice di apprezzare l’articolo ma cerca il modo di sminuirlo.

    • 1) Però le femministe non chiedono le quote rosa per fare il minatore o il tornitore. Come mai, se tanto gli interessa la “parità”?
      2) Né io né la regista abbiamo detto che l’alto tasso di suicidi è legato all’argomento trattato. dove lo hai letto? Quello che mi chiedo è come mai i governi non mettano su delle task-force per capire le ragioni di questi suicidi e prevenirli.
      3) Però nessuno parla di “maschicidio”.
      4) Ma nel frattempo continuano a morire soprattutto uomini https://it.wikipedia.org/wiki/Militari_italiani_caduti_in_missioni_all'estero
      5) Ma perché non clicchi i link che ho messo nell’articolo? Ti pesano le dita? Questo è uno studio italiano del 2012 http://www.vittimologia.it/rivista/articolo_macri_et_al_2012-03.pdf, questo è un articolo che cita dati del Ministero https://violenzafamiliare.wordpress.com/2013/08/19/la-calunnia-del-femminicidio/ e questi sono i dati americani https://www.cdc.gov/violenceprevention/pdf/nisvs_report2010-a.pdf
      Inoltre (sempre se non ti pesano troppo le dita) ti rimando alla lettura dei due libri di Glenda Mancini che ho citato nell’articolo, così se trovi dati sbagliati te la prendi con lei.

      Infine, non capisco davvero perché, se si riportano dati sul “disagio” maschile, subito si debba pensare che sono scorretti o interpretati male, mentre invece quando si riportano dati sui disagi femminili vengono accettati con un atto di fede.

      • MenteLibera65 on

        1) se avessi letto il mio primo intervento (e rispondo pure ad ad Enzo con una botta sola), si sarebbe capito che io aborro totalmente le quote rosa che ritengo una ingiustizia al contrario. Chi se ne frega delle femministe, ho forse detto di essere femminista ?
        2) elencato nel punto dove lo hai messo, sembra che l’alto tasso di suicidi maschili sia legato alla discriminazione delle donne nei confronti degli uomini. Direi che è un argomento che meriterebbe di essere affrontato a parte.
        3) Perdonami ma non hai risposto affatto alla mia osservazione. Il femminicidio è l’omicidio di una donna da parte di un uomo per ragioni sentimentali o di aggressione sessuale. Quindi il maschicidio è l’esatto opposto (una donna che uccide un uomo per ragioni sentimentali o di aggressione sessuale. I 350 omiidi di uomini all’anno in italia sono avvenuti per mano femminile e per queste ragioni ? No. Sono nella maggior parte omicidi tra uomini , spesso tra criminali, o a scopo di rapina. Quindi citarli senza dettagli , in analogia al punto sui suicidi, serve per confondere il lettore superficiale , facendogli credere che ogni anno 350 uomini vengono uccisi da donne in ambito domestico/sentimentale.
        4) Ti vedo ansiosa di far morire sotto al militare anche tante donne. Perchè questo accada dovresti prima convincere tante donne ad arruolarsi, in misura percentualmente pari agli uomini. Solo dopo questo, se ancora ci saranno più uomini uccisi, si potrà contare. Fino ad allora se i soldati sono in prevalenza uomini è difficile che muoiano donne.
        5) Mi sono letto tutto il leggibile , ma la % di 55% di violenze domestiche (sul totale) a carico degli uomini non l’ho trovata, Quindi ti chiedo per favore di indicarmi esplicitamente da dove l’hai ricavata o letta, se possibile .
        In compenso ho riletto con attenzione il pamplet sulla violenza familiare da te linkato, ed è uno straordinario esempio di manipolazione di dati veri a scopo propaganda :
        “In Italia il tasso di omicidi maschili è di 16 per milione all’anno, cioè vengono uccisi più di 3 uomini per ogni donna uccisa. Sia uomini che donne uccidono in prevalenza uomini: circa 400 ogni anno. Le donne assassine uccidono nel 39% dei casi donne, e nel 61% dei casi uomini. Gli uomini assassini uccidono nel 31% dei casi donne, e nel 69% dei casi uomini.”
        Da nessuna parte si tiene conto DELLA MOTIVAZIONE degli omicidi, omettendo quindi tutti quelli che avvengono per motivi diversi dalla violenza sessuale o dallo stalking o dalla molestie in genere.
        Gli unici numeri che servivano ovviamente sono poi omessi :
        Quanti uomini del 2012 sono stati uccisi da donne per ragioni di violenza sessuale/stalking/molestia domestica ? Quante donne sono state uccise da uomini nello stesso periodo e per le stesse ragioni ? Questi sono gli unici parametri confrontabili. Il resto è manipolazione di numeri per ottenere un risultato adeguato alla propria idea.

        Più in genere io non contesto affatto che vi sia anche un fenomeno sottovalutato di discriminazione e molestia delle donne verso l’uomo, tutti noi uomini (io per primo) almeno una volta abbiamo subito pressioni almeno psicologiche da una donna, derivanti dallo sfruttamento della sua posizione femminile e quindi apparentemente più debole.
        Ma quello che contesto è come vengono mostrati questi dati , con lo scopo di far apparire un rovesciamento completo della realtà, con una maggioranza di uomini povere vittime ed una maggioranza di donne carnefici.
        E’ una realtà che non esiste.
        Benchè alcune pressioni psicologiche siano insopportabili e possano sicuramente costituire una attenuante in un delitto “d’impeto” (cioè fatto su momento , e leggetevi Billy Bud di Melville, bellissimo libro dove il protagonista uccide d’impeto il suo accusatore perchè calunniato ed incapace di rispondere alla calunnie per colpa della sua balbuzie) , esistono invece una quantità impressionante di violenze premeditate e reiterate, fino ad arrivare a problemi seri e qualche volta all’omicidio
        Lo studio di vittimologia (molto più articolato e circostanziato dell’articolo sulle violenze domestiche) è molto completo nelle domande, ma non era fatto per fari risaltare che la violenza femminile fosse PEGGIORE di quella maschile (come invece traspare un po dalle tue conclusioni, che trovo un po ideologiche
        Non a caso in ogni domanda dello studio c’è la locuzione : “E’ MAI CAPITATO..?”.
        Ora io penso che se a tutti noi viene posta la domanda se “è mai capitato di aver detto una bestemmia”, forse molti diranno SI. Ma quanti di noi bestemmiano regolarmente ? Spero pochi!
        L’espressione “E’ MAI CAPITATO” serve per far emergere un fenomeno, ma non per misurarlo e si presta a qualsiasi considerazione! Penso che in tutte le famiglie almeno una volta sia capitato un episodio di rabbia momentanea. Si può elevare tutto questo un sistema?
        Se a te, in tutta la tua vita, fosse capitato che una sola volta tuo padre ti avesse schiaffeggiato, magari perchè avevi fatto una cosa pericolosa, potresti dire in tutta sincerità che tuo padre è un violento ?
        Perchè nello studio vengono assimilati episodi estemporanei che fanno parte della vita di ognuno di noi ad episodi continuativi e reiterati, che dovrebbero invece essere invece l’oggetto di considerazioni reali.
        Se il tuo scopo quindi era far emergere che esiste anche un fenomeno di violenze/discriminazioni delle donne verso gli uomini, allora ok, SONO TOTALMENTE D’ACCORDO CON TE .
        Ma se il tuo scopo è invece quello di dimostrare che questo fenomeno sia più importante di quello contrario , e cioè delle violenze/discriminazioni degli uomini verso le donne, allora penso che tu stia partendo da un assunto ideologico di fondo, e cercando ovunque dati che possano confermare una tua sensazione, ignorando o sottostimando tutti gli altri.
        Salve.

        • Pasquale Camuso on

          Salve, mi permetto di aggiungere un “dettaglio” non da poco alla questione dei dati credibili e non rispetto a chi li propone e perché. In Italia il principale responsabile delle attività pro-femministe antiviolenza è una statistica del 2006 di ISTAT, redatta per avere una lettura nel dettaglio dei casi di VIOLENZA nei confronti delle donne.
          Già in quell’anno, alcune persone come me (al tempo facevo parte di una associazione nota come Uomini3000, che sopravvive nei suoi membri sparsi in giro per l’etere) mostrarono chiaramente come quella statistica fosse incredibilmente falsata e manipolata per ottenere il risultato voluto.
          Sia sufficiente dire che, una volta contestati i metodi di raccolta dati, ISTAT rese noto il processo di raccolta, in cui alcune domande che portavano all’ascrizione di atti di VIOLENZA erano domande del tipo “lui critica la tua pettinatura/il tuo modo di vestire quando esci?” oppure “durante una discussione ha mai alzato la voce, offeso o urlato contro di te”? o anche “critica il modo in cui spendi il denaro?”

  6. Grazie Emanuela per l’articolo.
    Credo fosse il 2012 quando, dati alla mano, contestavo con toni pacati su alcuni forum l’esistenza stessa del cosiddetto “femminicidio”, venendo da tutti insultato e infine bannato. Fa piacere scoprire che forse qualcun altro sul pianeta terra tiene acceso il cervello anche mentre guarda la tv.

    Sul discorso circoncisione, anche se io non ho subìto tale operazione, sono abbastanza ferrato in quanto mi era stata consigliata in tenera età. È un procedimento teso a evitare complicazioni di salute, sostanzialmente derivate da potenziali infezioni, in casi di ridotta igiene personale (motivo ipotizzato per quella ebraica) oppure nel caso di lievi malformazioni del glande (mio caso). Per questo motivo, è un’operazione che si svolge quasi esclusivamente in ambito ospedaliero. Teoricamente, ma anche dalle testimonianze dei diretti interessati, non c’è differenza di percezione del piacere sessuale. Cosa che invece caratterizza negativamente l’infibulazione, e infatti ne è l’unico motivo nelle culture islamiche. Inoltre, non avendo nessuna finalità di prevenzione salutista, non è considerata pratica medica ma semplicemente una mutilazione inutile e pericolosa e per questo non può essere richiesta a strutture ospedaliere.
    Quindi dal mio punto di vista le due cose non possono essere accostate in un discorso di pratiche “barbare”.

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