Extraterrestri: la bufala più grande è quella del tg 3? (parte prima)

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Maria Cuffaro


Come tutti sapranno, il 6 agosto 2011 tutti i quotidiani hanno riferito la notizia del finto telegiornale del tg 3 in cui la giornalista Maria Cuffaro dava l’annuncio dell’arrivo degli alieni. Oltre ad essere una perfetta notizia estiva che ha divertito un po’ chi si trovava in vacanza e chi sopportava l’afa delle città, è stata un involontario test di psicologia di massa rivelando quanta gente sarebbe pronta ad accettare l’avvenuto contatto con civiltà extraterrestri. Ma questo tipo di comunicazioni in fondo sono abbastanza innocue perché ben presto rivelano la loro natura di racconto fantastico e, anzi, possono avere anche una funzione positiva rivelando alle persone quanto sia facile cadere negli inganni se veicolati da media ritenuti attendibili.

Come difendersi invece dai sempre più numerosi articoli che indicano come scientificamente probabile l’esistenza di vita extratrrestre?

Proprio il giorno in cui nel web impazzava il video col finto annuncio dello sbarco alieno dato dal tg3, sulla pagina scientifica dell’Unità appariva un articolo dal titolo “Alieni, forse qualcuno c’è”.

Ma quali sarebbero secondo l’autorevole quotidiano i motivi per ritenere che “forse qualcuno c’è”?

All’origine di tanto ottimismo è la scoperta di un pianeta intorno ad una stella a 20 anni luce dalla terra, il pianeta Gliese 581 d:

«Tuttavia la scoperta di Gliese 581 d avrebbe commosso fino alle lacrime Giordano Bruno per il semplice motivo che è il primo pianeta extrasolare «della stessa specie della Terra» di cui conosciamo con certezza l’esistenza. Ha una massa paragonabile al nostro pianeta. Orbita nella «zona abitabile» della sua stella: ovvero in una zona né troppo calda né troppo fredda in cui, proprio come sulla Terra, sarebbe possibile trovare acqua allo stato liquido. E infatti, secondo le ricostruzioni al computer di alcuni astronomi francesi rese pubbliche sempre lo scorso maggio, avrebbe un’atmosfera stabile e sulla sua superficie scorre acqua liquida.»

 

Il fatto di aver trovato un pianeta potenzialmente simile al nostro riempie di ottimismo l’autore che si spinge fino ad immaginare la commozione di Giordano Bruno ad una simile notizia.

Eppure l’articolista all’inizio del pezzo aveva citato Frank Drake come iniziatore della moderna ricerca di vita extraterrestre, ma se si studia quello che afferma la formula di Drake l’ottimismo dovrebbe essere veramente fuori luogo. La formula di Drake infatti toglie ogni speranza alla possibilità di vita extraterrestre, a meno che non si vogliano rimettere in discussione le attuali teorie sull’origine e l’evoluzione della vita nell’universo.

L’argomento è stato esposto nel libro:

Extraterrestri, le radici occulte di un mito moderno –E. Pennetta, G. Marletta- ed. Rubbettino 2011:

« La possibilità che esistano altre forme di vita intelligente nell’universo viene in genere calcolata con un’equazione proposta nel 1961 dall’astronomo statunitense Frank Drake, cofondatore del programma SETI (Search for Extra-Terrestrial Intelligence), equazione che comprende i seguenti termini:

N = R* ∙ fp ∙ ne ∙fl ∙ fi fc ∙ fm ∙ L

In questa equazione il numero N di civiltà extraterrestri evolute oggi esistenti, è dato dal prodotto del numero R* del tasso medio di formazione delle stelle, moltiplicato fp che è la frazione di stelle con pianeti, per ne che indica il numero di pianeti per stella, per fl che indica la frazione di pianeti su cui si è sviluppata la vita, per fi che è la frazione di pianeti con vita intelligente, per fc che indica la frazione di civiltà intelligenti in grado di comunicare, per fm che si riferisce alla frazione di civiltà in grado di raggiungere altri pianeti, per L che è la stima della durata di tali civiltà.

In questo calcolo il punto più critico è costituito dal fattore fl, quello che indica la frazione di pianeti su cui si è sviluppata la vita. Secondo il calcolo di Drake il numero di civiltà come la nostra presenti nella sola Via Lattea sarebbe uguale a 10, ma quello che colpisce nei parametri da lui ipotizzati è che la frazione di pianeti abitabili su cui si sarebbe sviluppata la vita è stata assunta col fattore “1”.

Ma assumere un fattore frazionale uguale a “1” significa ipotizzare che su ogni pianeta con le condizioni per ospitare la vita essa si sia effettivamente sviluppata. Questa ipotesi però contrasta fortemente con altri calcoli, come quello dell’astronomo Chandra Wickramasinghe, collaboratore del grande astrofisico Fred Hoyle, il quale stimò che la probabilità che la vita si sviluppi su un pianeta con le condizioni adatte, corrisponde ad fattore frazionale pari a 1/ 1040.000, un valore immensamente lontano dalla stima di Drake di 1/1.

Se le cose stessero come calcolato da Wickramasinghe, la probabilità che esistano altre civiltà nell’intero universo tenderebbe asintoticamente a zero.  Per cercare di dirimere la questione sulla effettiva probabilità che la vita si sviluppi su un pianeta dalle caratteristiche adatte, è necessario confrontarsi con quanto affermano i biologi. Al riguardo si può dire che risulta ancora valido ciò che disse negli anni ’60 il premio Nobel per la medicina Jacques Monod: «La vita è comparsa sulla Terra: ma quale era, prima di questo avvenimento, la probabilità che esso si verificasse? La struttura attuale della biosfera non esclude l’ipotesi che l’avvenimento decisivo si sia verificato una sola volta, al contrario. Ciò significherebbe che la sua probabilità era quasi nulla»[1].

Anche moltiplicando le probabilità dell’esistenza di una forma di vita aliena per i 100 miliardi di galassie e per le centinaia di milioni di stelle, come affermato nell’aprile 2010 dal fisico Stephen Hawking per motivare la sua recente adesione all’ipotesi di vita extraterrestre, si otterrebbe un numero seguito da 19 o 20 zeri, il quale moltiplicato per 1/ 1040.000 lo ridurrebbe “solo” a 1/ 1039.980, una frazione che comunque darebbe come risultato, ancora, irrimediabilmente, zero[2].

Il fattore fl dell’equazione di Drake sembra proprio che debba essere uno zero e come è noto, qualunque prodotto abbia tra i suoi fattori lo zero ha come risultato zero.

Per salvare la possibilità dell’incontro con altre forme di vita nell’universo bisognerebbe quindi aumentare di molto la possibilità della formazione spontanea della vita, ma questo porterebbe a conseguenze clamorose nella moderna biologia, significherebbe infatti dover ammettere che la vita stessa non si sia formata secondo le modalità teorizzate dai biologi evoluzionisti. L’affermazione che possono esistere civiltà extraterrestri avrebbe quindi come prezzo la rinuncia alla teoria evoluzionistica darwiniana, forse è per questo motivo che le affermazioni possibiliste su tale punto vengono in maggior parte dagli astrofisici e non dai biologi

 

Se si considerasse cose veramente dice la formula di Drake, combinata con il calcolo di Chandra Wickramasinghe, si arriverebbe alla conclusione che c’è ben poco da essere ottimisti sulla vita extraterrestre solo perché si è scoperto uno o anche milioni di pianeti simili alla terra (sempre ammesso che il pianeta individuato sia veramente simile alla terra, infatti nell’articolo viene detto che la presenza di acqua liquida non è stata osservata ma ricavata da simulazioni al computer).

Purtroppo, però, su questa notizia di una possibilità concreta di vita extraterrestre, al contrario di quanto avvenuto per il falso tg3, non ci saranno smentite.

 


[1] Jacques Monod – Il caso e la necessità, Oscar Mondadori pag. 132

[2] Il risultato esatto sarebbe uno zero seguito da una virgola e 39.979 zeri e un uno.

 

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Laureato in Biologia e in Farmacia, docente di scienze naturali Nel 2011 ha pubblicato "Inchiesta sul darwinismo", nel 2016 "L'ultimo uomo" e nel 2020 "Il Quarto Dominio".

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