Frankenstein in California

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il Prof. Stanley Miller

 

Il professor Gerald F. Joyce, dello Scripps Research Institute, con sedi in Florida e California, cercherà di riprodurre le vita in laboratorio, un esperimento che nelle intenzioni ricorda molto quello che compì Stanley Miller negli anni ’50 e che ogni studente può trovare nei manuali scolastici. Come è noto l’esperimento riuscì a riprodurre in laboratorio degli aminoacidi, gli elementi costitutivi delle proteine, la scoperta suscitò molte speranze di poter ottenere in tempi relativamente brevi altri risultati che chiarissero come si fosse sviluppata la vita sulla terra. Le speranze però andarono deluse, nulla, dopo gli aminoacidi, è stato più ottenuto e l’origine della vita sulla terra non è stata ancora capita, al riguardo è significativo il fatto che scienziati di sicuro valore come l’astronomo Fred Hoyle e il Nobel per la scoperta del DNA, Francis Crick, abbiano  proposto entrambi l’idea della panspermia, cioè della provenienza della vita dallo spazio.

Il fatto che il prof Gerald F. Joyce stia adesso cercando di ottenere la vita in laboratorio non è che una conferma del fatto che negli ultimi 60 anni si è rimasti fermi al punto di partenza.

Sarà certamente interessante vedere cosa si riuscirà effettivamente ad ottenere, il pericolo è però che ci si accontenti di definire “vita” qualcosa dalla dubbia connotazione, il pericolo è tutt’altro che remoto, infatti è proprio sulla difficile definizione del concetto di “essere vivente” che si potrebbe giocare la diffusione frettolosa di una sua scoperta:

«I biologi non sono d’accordo su ciò che la definizione di vita dovrebbe essere, o se sia anche utile averne una. Ma la maggior parte sono d’accordo che la capacità di evolversi e adattarsi è fondamentale per la vita. E sono anche d’accordo che avere un secondo esempio di vita potrebbe fornire la comprensione di come è cominciato e di quanto sia speciale la vita sia o no nell’universo…»

Fonte: New York Times

 

Sarà dunque importante che non venga dichiarata “vita” qualcosa di poco chiaro.

In attesa dei primi risultati degli esperimenti, non si capisce perché si sia scelto il paragone col dott. Frankenstein:

«chimici e biologi che stanno usando gli strumenti della genetica moderna per cercare di generare la scintilla frankensteiniana che supererà il divario che separa l’inanimato e l’animato.»

Fonte: New York Times

 

Il dott. Frankenstein cercava di ridare la vita ad un organismo morto, ad un insieme di cellule con nucleo ed organi cellulari che aveva “smesso di funzionare”.

L’impresa del prof. Gerald F. Joyce dovrà partire da zero, sarà quindi più impegnativa.

 

 

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Laureato in Biologia e in Farmacia, docente di scienze naturali Nel 2011 ha pubblicato "Inchiesta sul darwinismo", nel 2016 "L'ultimo uomo" e nel 2020 "Il Quarto Dominio".

1 commento

  1. Vorrei dire un paio di cose circa il conclamato esperimento Miller che si trova “a sproposito” in vari testi didattici,mostrando per l’ennesima volta la necessità di rivedere questi nella loro totalità.
    Idem pefr quanto si legge sui testi circa l’esperimento di Fox.
    Nulla togliendo a Miller,riprodusse l’ambiente primordiale(oceano –atmosfera) in laboratorio e simulò uno dei possibili fenomeni naturali apportatori di energia al sistema(le scariche elettriche dei temporali).Una beuta contenente acqua(che riproduceva l’idrosfera) comunicava attraverso un tubo di vetro con un’ampolla contenente una miscela gassosa (che riproduceva l’atmosfera), contenente CH4, NH3e H2O (Non vi poteva essere ossigeno per evitare oil rischio dell’ossidazione letale per le “cose” appena formatesi)allo stato gassoso dovuto all’evaporazione dell’acqua che veniva fatta bollire,
    (tale cosa doveva rappresentare l’effetto atmosferico di gas vulcanici)che veniva fatta attraversare da una scarica elettrica che simulava le scaricheelettriche dei temporali.Un refrigeratore dopo l’ampolla permetteva la condensazione di eventuali composti sintetizzati nell’ampolla e la loro raccolta in una trappola,infatti Miller qualora avesse lasciato tale materiale là in quell’atmosfera per un altro ciclo, allora tutto quello che si sarebbe formato sarebbe stato distrutto dal processo sucessivo.Quindi lo “isolò” proteggendolo in una trappola fredda.Inoltre il primordiale ambiente atmosferico che Miller tentò di simulare nel suo esperimento non era realistico. Nel 1980, gli scienziati furono concordi nell’affermare che l’azoto e il biossido di carbonio, in realtà, erano presenti
    in questo ambiente artificiale in luogo del metano e dell’ammoniaca. I geologi credono ora che l’atmosfera primordiale consista soprattutto di biossido di carbonio e di azoto, gas meno reattivi di quelli utilizzati nell’esperimento del 1953. Anche se l’atmosfera di Miller fosse esistita, come sarebbe stato possibile che molecole semplici come gli amminoacidi subissero le trasformazioni chimiche necessarie a convertirle in composti assai più complicati, o polimeri, come le proteine? Miller stesso a questo punto si è arreso.
    Dopo un lungo periodo di silenzio, lo stesso Miller confessò che l’ambiente atmosferico da lui ricostruito non era realistico. Gli scienziati americani J. P. Ferris e C. T. Chen ripeterono l’esperimento di Stanley Miller in un ambiente atmosferico che conteneva biossido di carbonio, idrogeno, azoto e vapore acqueo, e non riuscirono ad ottenere neppure un singolo amminoacido!
    Un altro aspetto importante da considerare è che l’esperimento di Miller è che vi era abbastanza ossigeno da distruggere tutti gli amminoacidi presenti nell’atmosfera nel periodo in cui si suppone si siano formati. Questo fatto, non rilevato da Miller, è rivelato dalle tracce di ossido di ferro e uranio scoperte in rocce che si stima risalgano a 3,5 milioni di anni fa.Altre scoperte mostrano che la quantità di ossigeno a quello stadio era molto più elevato di quanto
    originariamente sostenuto dagli ‘evoluzionisti’. Gli studi rivelano che in quel periodo il livello di radiazioni ultraviolette a cui la terra era esposta era diecimila volte superiore alle stime degli evoluzionisti. Queste intense radiazioni ultraviolette avrebbero inevitabilmente liberato l’ossigeno decomponendo il vapore acqueo e il biossido di carbonio nell’atmosfera. Questa situazione invalida radicalmente l’esperimento di Miller, nel quale l’ossigeno era del
    tutto negletto. Se l’ossigeno fosse stato utilizzato nell’esperimento, il metano si sarebbe decomposto in biossido di carbonio e acqua, mentre l’ammoniaca in azoto e acqua. D’altra parte, in un ambiente dove l’ossigeno non esisteva non vi sarebbe stato neppure uno strato di ozono, quindi gli amminoacidi sarebbero stati
    immediatamente distrutti non appena esposti a raggi ultravioletti molto intensi senza la protezione di uno strato di ozono. In altre parole, con o senza l’ossigeno nel mondo primordiale, il risultato sarebbe stato un ambiente distruttivo per gli amminoacidi.Al termine dell’esperimento di Miller, si formarono molti acidi organici con caratteristiche nocive alle strutture e alle funzioni degli esseri viventi. Se gli amminoacidi non fossero stati isolati e fossero stati
    lasciati nello stesso ambiente con queste sostanze, la loro distruzione o trasformazione in composti differenti, attraverso reazioni chimiche, sarebbe stata inevitabile. Per di più, alla fine dell’esperimento si formarono innumerevoli amminoacidi destrogiri!! La loro esistenza confutò la teoria in quanto gli amminoacidi destrogiri erano parte di quelli che non si adattavano alla funzione nella composizione degli organismi viventi.
    Insomma l’esperimento fu in parte un BLUFF in altra parte un insuccesso,un fallimento..
    E’ giusto quindi trovare queste cose come le “sciocchezze” di Haeckel sull’ontogenesi che ricapitola la filgenesi nei vari libri che fin dalle elementari,devo dire addirittura in diversi casi fin in sede universitaria devono leggere studiare ed imparare gli studenti?
    E’ una domanda retorica^_^

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