Quando avevamo la coda e altre storie darwiniane…

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Anche nella tradizionale iconografia dell’evoluzione umana, i nostri antenati non vengono mai rappresentati con la coda. Ma anche su strumenti di informazione  come Wikipedia si  racconta che il coccige sarebbe proprio il residuo dell’inesistente coda.

 

Le “Storie proprio così” di Kipling furono citate da S.J. Gould per indicare quanto fossero fantasiose le ricostruzione evolutive darwiniane.Quella sul coccige come residuo della coda è una delle più famose, adesso ce ne è anche una molto bella sull’occhio.

 

Nella breve pagina di Wikipedia dedicata al coccige leggiamo proprio questo, che esso sarebbe il residuo dell’antica coda:

È l’ultima testimonianza della coda che caratterizzava i nostri antenati in epoca remota. A prova di ciò si riscontra, anche se molto raramente, in alcuni nascituri la presenza di ulteriori vertebre (generalmente 2-3 ma anche 5) al di sotto di esso che formano una “piccola coda”.

Eppure nella stessa pagina leggiamo qualcosa che dovrebbe sollevare qualche dubbio sul fatto che si tratti solo di un residuo:

Sulla superficie dorsale del coccige si inserisce il grande gluteo, verso l’apice del coccige si inserisce invece lo sfintere esterno dell’ano.


Quelle ultime vertebre non sono senza una funzione, non sono solo un’inutile appendice, servono per l’inserimento del grande gluteo e dello sfintere anale. Forse il fatto che le vertebre che costituiscono il coccige possano variare da 4 a 6, ha indotto trarre la conclusione che sia il residuo di una ben più lunga coda. E allora che dire dei casi di esadattilia? Sono il residuo di quando avevamo tutti 6 dita? O sono l’inizio di una nuova specie con 6 dita?

E allora, in un’ottica darwiniana, perché anziché essere il residuo della coda non potrebbe essere l’inizio di una evoluzione di coda poi non sviluppatasi per la sopraggiunta invenzione della sedia?

Probabilmente non lo sapremo mai.

Ma ultimamente alle “Storie proprio così” se ne è aggiunta una nuova, riguarda l’occhio, come viene spiegato, in un tra l’altro bellissimo articolo, su La Stampa del 31 ottobre:

Recente è la scoperta di un terzo tipo di recettori sensibili alla luce: le cellule gangliari, reliquia di un sistema visivo primitivo, sviluppato prima dei coni e del bastoncelli.

E perché le cellule gangliari sarebbero la reliquia di un sistema primitivo?

Le cellule gangliari non sono in grado di formare immagini, ricordano piuttosto l’esposimetro della camera fotografica, che distingue solo diverse gradazioni di luminosità: attivate da un fotopigmento di nome melanopsina, le cellule gangliari modificano l’apertura della pupilla nei passaggi tra luce e buio e il ritmo sonno/veglia.

Le cellule gangliari hanno una funzione ben precisa: modificano l’apertura della pupilla nei passaggi tra luce e buio e il ritmo sonno/veglia. Perché dovrebbero essere un organo residuo? Ecco la risposta:

Esperimenti sui topi hanno dimostrato che, in mancanza di coni e bastoncelli, consentono quanto meno di orientarsi e di evitare grossi ostacoli.

Il fatto che consentano una percezione molto bassa della variazione luminosa, caratteristica che consente di dedurre la presenza di ostacoli, basterebbe a dimostrare che erano un occhio primitivo.

Per capire l’arbitrarietà di conclusioni come questa facciamo un paragone.

Premessa 1– La mia automobile ha dei fanali con due tipi di lampadine: una grande per abbaglianti e anabbaglianti, e una piccola per le luci da città.

Premessa 2 -Se si fulminano le luci abbaglianti/anabbaglianti, con quelle da città riesco comunque a vedere grossi ostacoli a distanza ravvicinata.

Conclusione: le luci da città servivano per viaggiare fuori dei centri abitati quando non erano ancora stati inventati gli abbaglianti e gli anabbaglianti.

Fa sorridere vero? Certo, è una “Storia proprio così”.

Ma perché allora vengono prese sul serio e in modo acritico le altre due “Storie proprio così” che sono state raccontate prima?

 

 

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Laureato in Biologia e in Farmacia, docente di scienze naturali Nel 2011 ha pubblicato "Inchiesta sul darwinismo", nel 2016 "L'ultimo uomo" e nel 2020 "Il Quarto Dominio".

14 commenti

    • Caro Riccardo,
      sono anch’io convinto che non esista nessuna incompatibilità tra evoluzione e fede.

      Semmai la cosa farebbe comodo alle posizioni del tipo sostenuto dall’UAAR.

  1. Gentile dott. Pennetta,
    premesso che non sono certo un biochimico, o biologo, o peleontologom quindi mi scusi se dico sciocchezze…
    una domanda, forse ingenua: ma come si potrebbe “falsificare” il Darwinismo?
    La fanno tanto lunga sull’impossibilita’ di falsificare la Teologia (come se fosse diverso falsificare la teoria del Multiverso, un’infinita’di Universi inaccessibili dal nostro), ma quale “esperimento” occorrerebbe per far crollare il Darwinismo?
    Un fossile di un animale che e’ “regredito”?
    E chi l’ha detto che sia una “regressione”?
    Anche gli antenati delle balene prima avevano degli arti con le dita, ma dopo quando sono ritornati in acqua, hanno modificato gli arti in pinne…

  2. Caro Piero,
    non solo lei ha arricchito più di una volta i miei articoli, ma adesso mi precede pure!

    Anticipo solo che se il darwinismo non fosse “falsificabile”, e questo lo porrebbe fuori della scienza (vedi K.Popper).

    Ma non diciamo troppo… come ho detto, ci si tornerà sopra.

  3. Non sono un grande esperto di anatomia, ma vorrei fare una considerazione.

    Il motivo per cui la “coda” dell’uomo non si considera “l’inizio di una evoluzione di coda poi non sviluppatasi per la sopraggiunta invenzione della sedia” ma piuttosto un residuo, è in ciò che non viene detto in quella pagina di wikipedia.

    Un lettore anche profano come me che volesse approfondire può leggere wikipedia, nelle pagine sulla coda (anatomia):

    “Gli embrioni umani hanno una coda che misura circa un sesto della dimensione dell’embrione stesso. Con il successivo sviluppo dell’embrione in feto, la coda viene assorbita dal corpo.”

    Ovvero nasciamo con la coda e in seguito questa si riassorbe. Per cui, la differenza essenziale tra la questione della coda e delle dita delle mani sta nel fatto che non nasciamo con 6 dita nell’embrione, mentre nasciamo con la coda!

    Tale evidenza, insieme con il fatto che in alcuni uomini la coda non si riassorbe del tutto, rende molto più plausibile pensare che tale “codina” sia un residuo.

    Ora faccio un’altra considerazione.
    Io sono ignorante in materia, ma mi sono andato ad informare meglio. Sono sicuro che se studiassi la questione ancora di più, troverei centinaia di altre informazioni utili a farmi una idea. Forse potrei trovare ragioni per convincermi che la coda sia davvero un residuo o invece per rigettarla.
    Ma di certo, con le poche informazioni date da questo post, la conclusione che lei propone pare la più sensata.

    Ora mi chiedo, lei riporta informazioni parziali volutamente o per ignoranza?

  4. La “coda” e’ un residuo dell’embrione. Punto.

    Se il fatto di essere presente nell’embrione significa automaticamente che si tratta di un residuo evolutivo, allora il forame ovale (di cui si parla per via della vicenda del calciatore Cassano), che residuo è? Di quando il cuore aveva 4 cavità ma ne usava solo 3?

    Che il coccige sia il residuo di una coda ancestrale è solo una indimostrabile “Just so story”.

    Ma a parte questo, constato che il tono provocatorio sembra essere un componente inscindibile del suo modo di agire.
    Si rivolge allo stesso modo ai suoi professori di Ancona?

    Non credo che loro lo permettano, e quindi non lo permetterò oltre neanche io.
    Non so lei sia un “Troll” fai da te o istigato da qualcuno, ma questo in fondo non importa.

    Verrà considerato come desidera.

    • Gentile prof Pennetta,
      io ho come l’impressione che il signor Andrea (oppure lo conosce?) sia quell’utente che piu’ volte viene ad importunare con domande sciocche e contestazioni inconcludenti sul blog UCCR con il nick di “Giulia”.
      Questa Giulia ha la bella abitudine di cambiare spesso nick e darsi manforte con se’ stessa.

  5. Caro Piero,
    non conosco personalmente Andrea, ma ho capito chi è: un giovane neolaureato di Ancona.

    Chissà, forse lui e “Giulia” potrebbero anche essere la stessa persona, ma in ogni caso se qualcuno intende passare il proprio tempo innescando polemiche e tensioni è una sua scelta.

    Quello che io non posso permettere è che induca altri (tra cui me stesso) a seguirlo.

  6. Grazie delle risposte che mi avete dato (e sopratutto a quelle che NON avete dato), sia lei Pennetta che il suo alter ego Piero.
    Sono piuttosto esplicative.
    Buon proseguimento ad entrambi.

    P.S. purtroppo non sono più un giovane studente, ma vi ringrazio per la fiducia.
    E no, non frequento l’uaar per le stesse ragioni per cui non vale la pena frequentare questo blog.
    A me interessa la scienza, non le lotte ideologiche.

    • Lei mi lusinga, nel propormi come alter-ego del Dott. Pennetta.
      Ah, riguardo alle mie NON risposte (chieste peraltro con una cortesia non comune da parte sua):
      suvvia, mi crede tanto ingenuo da cascare nella sua ancor piu’ ingenua trappola?
      Lei vuole spingermi a cadere nella trappola del creazionismo.
      No, non sono creazionista, alla stessa maniera di chi critica il darwinismo non deve essere per forza un difensore di una teoria opposta.
      Faccio presente che chi presenta la teoria che dovrebbe dare le risposte. Io posso formulare la teoria piu’ bella del mondo, ma se non risponde alle domande, se basta un controesempio per farla crollare, allora non vale un granche’.

  7. Vede Andrea,
    fin dall’inizio lei ha detto di cercare di capire, ma in realtà ha subito iniziato a cercare ogni possibile spunto per screditare il sottoscritto.

    Non essendo le risposte ad interessarla non si lamenti di non averle ricevute, non le ha solamente volute ascoltare.

    Se lei poi non è giovane provveda a cambiare la foto ingannevole sul sito dell’Università delle Marche (e se permette smetta anche di fumare che non le fa bene alla salute).

    Se poi proprio vuole dare sfogo ai suoi malumori, continui a dedicarsi alla poesia, almeno lì può dedicarsi al suo passatempo preferito di “profanare i templi”.

    Chi ama profanare i templi non ama la scienza: odia l’uomo.

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