L’evoluzione secondo Richard Dawkins

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Nel suo libro “The Magic of Reality” Richard Dawkins spiega l’evoluzione ai ragazzi.

Ma lo fa compiendo un grossolano errore.

 

Come sappiamo cosa è proprio vero” questo è il sottotitolo del libro The Magic of Reality di Richard Dawkins pubblicato nel mese di ottobre 2011.

Si tratta di un libro pensato per i ragazzi, ma che si rivolge a persone di tutte le età, come si può leggere nella prefazione a pag. 2:

Richard Dawkins, il biologo evoluzionista più famoso al mondo e uno dei più appassionati sostenitori della scienza dell’educazione, ha trascorso la sua carriera chiarendo le meraviglie della scienza ai lettori adulti.  Ma ora, con una partenza spettacolare, ha collaborato con il famoso artista Dave McKean e ha usato le sue ineguagliate capacità esplicative per condividere la magia della scienza con i lettori di ogni età.

 

Ma proprio quando il “biologo evoluzionista più famoso del mondo” va a spiegare la propria materia cade in un clamoroso errore.

A pagina 29, all’interno del capitolo intitolato La lenta magia dell’evoluzione, è possibile leggere quanto segue:

Traduzione: Ma io penso che potete vedere che, date abbastanza migliaia di generazioni, potete cambiare una popolazione di tritoni in una popolazione di rane, semplicemente per mezzo di una paziente scelta, in ognuna di queste milioni di generazioni, dei tritoni maschio e femmina che siano leggermente più simili alle rane per lasciarli accoppiare insieme, mentre si previene dal farlo per quelli meno simili alle rane.

 

Ma ogni biologo, a maggior ragione il “biologo evoluzionista più famoso del mondo” dovrebbe sapere che accoppiando tra loro gli individui di una popolazione nel cui pool genico non viene introdotta nessuna nuova informazione, non è possibile andare oltre le caratteristiche della popolazione iniziale.

Il fatto era noto sin dall’800, quando l’aveva scoperto il cugino di Darwin, Sir Francis Galton e fu confermato all’inizio del ‘900 dal biologo danese Wilhelm Ludwig Johansen:

“Galton era anche riuscito anche a stabilire il principio di regressione secondo il quale un determinato carattere, come la statura, tende ad allontanarsi dalla media dei genitori per spostarsi o regredire verso quella media della popolazione. In tal modo i genitori molto alti tendono ad avere figli meno alti di loro e l’inverso accade per genitori di piccola statura.

Johansen, volendo controllare questi principi, cercò una popolazione di fagioli autofecondantesi per selezionare quelli di dimensioni estreme ma giunse ad un punto in cui il processo di selezione non permette più di ridurre o aumentare la dimensione media della discendenza.”

Ludovico Geymonat, Storia della filosofia e del pensiero scientifico – Garzanti 1976 – vol. VIII pag. 182-183

Le zampe dei tritoni, così come i fagioli di Johansen, non potranno dunque crescere oltre le dimensioni massime della popolazione iniziale e le loro code non potranno accorciarsi al di sotto delle dimensioni minime della popolazione iniziale.

L’errore di Richard Dawkins appare anche più grave di quello compiuto dal prof. Piergiorgio Odifreddi quando sul mensile Le Scienze del febbraio 2009 parlò della formula di Hardy Weinberg definendola la “formula dell’evoluzione“, affermazione che gli valse l’assegnazione dell‘Asino d’oro.  (vedi anche CS-Asino d’oro 1: Odifreddi e l’evoluzione).

 

Ma sinora nessuno ha corretto le affermazioni di Richard Dawkins e il suo errore sull’evoluzione, nonostante il desiderio del prof. Dawkins di sostenere la scienza dell’educazione, sarà un veicolo di diseducazione.

 

 

 

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Laureato in Biologia e in Farmacia, docente di scienze naturali Nel 2011 ha pubblicato "Inchiesta sul darwinismo", nel 2016 "L'ultimo uomo" e nel 2020 "Il Quarto Dominio".

23 commenti

  1. Io ritengo che Dawkins sia solo un buon zoologo e che sia molto sopravvalutato per le sue credenze ateiste.

    • Penso che questa sia l’opinione di molti di coloro che lo conoscono e non usano il suo santino come segnalibro.

      Nessuno che abbia abbastanza visibilità cercherà di contestare questo punto, ne’ altri suoi errori… o se lo farà, non avrà spazio.

  2. Salve Professor Pennetta, come sta?
    Volevo solo dirle che sto leggendo il suo libro e le farò sapero cosa ne penso qunado avrò finito.
    Vorrei farle anche un’altra domanda: quale teoria intende abbracciare se rifiuta il neodarwinismo o perlomeno grandi parti di questa teoria?
    Crede che l’ID abbia qualche valore come spiegazione scienifica oppure si accontenterebbe del teismo evoluzionista?
    Io credo che le sue critiche al neodarwinismo siano legittime, però sarebbe necessario che lei mi proponesse una teoria alternativa.

    • Io credo che le sue critiche al neodarwinismo siano legittime, però sarebbe necessario che lei mi proponesse una teoria alternativa.

      Ma se uno critica una teoria, non è detto che debba avere per forza una teoria alternativa.

      • @Piero:
        In realtà molti scienziati credenti hanno proposto delle alternative al neodarwinismo: I’Intelligent Design, il Teismo evoluzionista etc(le quali mi sembrano le sole razionali), perciò la mia domanda al professor Pennetta non è certo campata in aria.
        E tu cosa ne pensi, Piero? Quale ipotesi scientifica ti sembra la più corretta? M’interesserebbe molto saperlo.

        • Non ho certo detto che la domanda e’ campata in aria.
          Ho semplicemente detto che la critica ad una teoria non comporta automaticamente l’averne un’altra migliore o che risponda a tutte perplessita’ della prima.
          Ad esempio se io critico l’ipotetica teoria della creazione dei buchi neri, che prevede siano il centro di immense ciambelle, non e’ detto che io debba per forza averne un’altra migliore.
          Le altre teorie sull’evoluzione che citi hanno anche esse dei punti molto critici, e non e’ necessario qui elencarli tutti.
          Secondo me ancora non c’e’ una teoria capace di spiegare veramente bene l’evoluzione. Quello che poi piu’ preoccupa, non solo me e ilprof. Pennetta, e’, come piu’ volte detto su questo blog, l’interpretazione del Darwinismo e, ancor piu’ grave, l’applicazione del darwinismo a campi e contesti sociali che non hanno nulla a che fare con l’evoluzione delle specie…

  3. Buongiorno,
    rispondo a Tiziano riguardo alla possibile teoria alternativa a quella neodarwiniana. Su questo punto trovo sempre molto chirificatore il caso dello sviluppo del modello atomico che si ebbe all’inizio del ‘900.

    Il caso in questione è quello del modello proposto da E. Rutherford, che contemplava un modello di atomo con un nucleo positivo e gli elettroni ruotanti intorno ad esso come i pianeti intorno al sole.

    Tal modello apparve subito incompatibile con le caratteristiche dell’elettrone che per via di un’instabilità elettromagnetica avrebbe dovuto perdere energia e cadere sul nucleo.
    Il modello atomico di Rutherford venne proposto nel 1911, ma nonostante i suoi punti deboli lo rendessero unanimemente insoddisfacente, solo nel 1913 Niels Bohr propose un’alternativa.

    Questo esempio mostra come la constatazione di un modello insoddisfacente possa precedere la soluzione al problema e non essere contestuale.

    Nel caso del modello atomico inoltre non tutto di quello precedente fu cambiato.

    Analogamente nel caso della teoria dell’evoluzione si dovrebbe partire con la constatazione che così com’è non funziona (cosa su cui si concentra l’attività di questo blog), come fecero i fisici con l’atomo di Rutherford, allora sarebero liberate tutte le risorse dei ricercatori per trovare “l’atomo di Bohr” dell’evoluzione.

    Parallelamente viaggia poi il discorso sul darwinismo sociale che, strumentalizzando la teoria dell’evoluzione a fini socio-politici, aumenta la necessità di mostrare che i principi del darwinismo non sono quelli che governano l’evoluzione della vita.

  4. Pingback: Critica Scientifica – di Enzo Pennetta » Blog Archive » Darwinismo: esiste un criterio di falsificabilità?

  5. Gentile professor Pennetta,
    è curioso che per evidenziare quello che lei ritiene un grossolano errore
    di Dawkins utilizzi il risultato di Galton che vale per un tipo di riproduzione non-mendeliana. In particolare, il principio di regressione è falso nel caso di riproduzione mendeliana, potendosi dimostrare matematicamente che la variabilità in una popolazione all’equilibrio di Hardy-Weinberg è costante.
    E’ un po’ come criticare un fisico perché le sue teorie non sono in accordo con i dettami della filosofia aristotelica.

    • Gentile Fabio Musso,
      quello a cui mi riferisco non sono le idee di Galton, ma come ho scritto nell’articolo “il fatto era noto sin dall’800”, e cioè mi riferisco al fatto che con la sola selezione non si può andare oltre i limiti della popolazione iniziale.

      E non è affatto di una teoria pre-mendeliana che si parla, ma del dato sperimentale (tra l’altro confermato proprio dagli esperimenti di Mendel) che in una popolazione non possono comparire alleli che non fossero presenti in quella di partenza.

      E’ infatti proprio Mendel a dirci che anche incrociando tra loro piante di piselli col seme verde non potremo mai ottenerne uno di un verde più scuro, poi uno di un verde cupo e infine, continuando la selezione, (come suggerisce Dawkins) avvicinarci al colore nero.

  6. Gentile professor Pennetta,
    la variabilità di una popolazione è costante all’equilibrio di Hardy-Weinberg, cioè in assenza di mutazione, selezione e deriva genetica.
    In particolare le mutazioni introducono nuova informazione dentro del sistema, su cui poi agisce la selezione. Per un’evidenza sperimentale del fatto che in una popolazione possano sorgere nuovi geni che non erano presenti in quella di partenza, le segnalo l’esperimento a lungo termine su E. coli diretto da Lenski

    http://en.wikipedia.org/wiki/E._coli_long-term_evolution_experiment

    • Ancora con Lenski?Già il proff.Pennetta e credo anche io avevo detto qualcosa in qualche altro commento circa qualche articolo qui su questo blog.
      Mihael Georgiev ha ampiamente trattato l’esperimento di Lenski mostrando la realtà dei fatti circa esso.
      I batteri sono stati coltivati in un terreno che conteneva un po’ di glucosio e molto citrato, perciò una volta esaurito il glucosio, i batteri avrebbero continuato a crescere solo utilizzando il citrato. Siccome i colibatteri in condizioni aerobiche (presenza di ossigeno) non sono in grado di utilizzare il citrato, avrebbero potuto continuare la crescita solo sviluppando tale capacità.
      Dopo una serie di cambiamenti adattativi di scarso interesse evolutivo (ad esempio aumento delle dimensioni dei batteri), oppure degenerativi (mutazioni che hanno danneggiato gli apparati di riparazione del DNA, riducendo così la capacità dei batteri di neutralizzare le mutazioni che avvengono), dopo 31.500 generazioni è finalmente comparsa una nuova caratteristica: una parte dei batteri aveva acquisito la capacità di utilizzare il citrato, capacità che l’autore chiama “novità chiave”.Lenski si è poi chiesto se tale acquisizione è dovuta ad una mutazione complessa e rara, oppure ad una sequenza di mutazioni delle quali la prima ha “preparato” la strada alle successive, fino ad arrivare all’effetto cumulativo della comparsa di una nuova caratteristica. Analizzando i campioni congelati, l’autore si è accorto che è dopo 21.000 generazioni che i colibatteri di una delle 12 provette hanno subìto qualche mutazione ed è da quella provetta che discende il ceppo che 10.000 generazioni più tardi svilupperà la capacità di nutrirsi di citrato; questo è stato confermato sperimentalmente, ripetendo il percorso evolutivo col ricoltivare i batteri congelati dopo la 21.000 generazione. Quindi non si tratta di una rara e complessa mutazione, ma di una sequenza di piccole mutazioni, con il risultato finale di acquisizione di una nuova caratteristica. Questo è precisamente il meccanismo darwiniano di accumulo di piccole variazioni con comparsa di nuove caratteristiche, ma si tratta solo di un’ipotesi. Per provare la sequenza delle mutazioni Lenski avrebbe dovuto sequenziare il DNA nelle diverse generazioni di batteri e descrivere esattamente le mutazioni ed il rapporto tra esse, cosa che l’autore non ha fatto e che intende fare in futuro.

      Questo come primo punto ma non è tutto…la “novità chiave”, verosimilmente,infatti è un guasto in un meccanismo già esistente, non la creazione di una nuova e complessa macchina molecolare.Infatti l’esistenza di mutanti di colibatteri che si nutrono di citrato non è una novità, ma è nota già dal 1982 (Hall BG. Chromosomal mutation for citrate utilization by Escherichia coli K-12. J Bacteriol 1982;151:1019-1024). La novità è semmai nelle conclusioni: la prima afferma che si tratta di una sequenza di mutazioni, ma essa rimane ipotetica fino a quando l’autore non la dimostri con il sequenziamento del DNA; la seconda conclusione afferma che i colibatteri utilizzanti citrato sono una specie diversa,al più ciò può essere valido se si parlasse di specie biologica,concetto di specie che non trova nessun modo di essere impiegato in una analisi evoluzionista..questo concetto sulla ‘specie’l’ho spiegato fin troppe volte..

      Considerando poi che nel periodo di osservazione si sono verificate più volte tutte le mutazioni possibili, il risultato dell’esperimento – più che una prova di evoluzione – è semmai la fine dei tentativi di provare sperimentalmente l’evoluzione.

      Cioè esattamente l’opposto di come lo si vorrebbe porre!

      E nonostante tutto ciò..riviste come New scientist trattano la cosa così:
      http://www.newscientist.com/article/dn14094-bacteria-make-major-evolutionary-shift-in-the-lab.html

      Per H.Weinberg guarda qui:

      http://www.enzopennetta.it/wordpress/2011/10/odifreddi-e-lasino-doro-per-levoluzione/

      Queste sono cose che sono spesso tirate in ballo ,però di fatto non possono essere prova oggettiva dell’evoluzione o a sostegno delle mutazioni necessarie all’evoluzione neo-darwinista…

  7. Beh, qualunque sia la sua natura, è innegabile che la capacità di utilizzare il citrato non era presente nella popolazione iniziale ed
    è una capacità ereditabile. Quindi l’affermazione che “non è possibile andare oltre le caratteristiche della popolazione iniziale” è incorretta.
    L’esperimento proposto da Dawkins è chiaramente un esperimento concettuale, visto che aspettare alcune migliaia di generazioni non è pensabile, quindi ognuno è libero di crederci oppure no.
    Però presentarlo come “un grossolano errore” basandosi su due affermazioni piuttosto discutibili:

    1) “un determinato carattere, come la statura, tende ad allontanarsi dalla media dei genitori per spostarsi o regredire verso quella media della popolazione”
    2) “accoppiando tra loro gli individui di una popolazione nel cui pool genico non viene introdotta nessuna nuova informazione, non è possibile andare oltre le caratteristiche della popolazione iniziale”
    (formalmente l’affermazione è corretta, il problema è che non è possibile accoppiare due individui senza introdurre nuova informazione nella progenie, visto che le mutazioni sono inevitabili),

    a me sembra pretestuoso.

    Tutto il resto (speciazione, gradualismo, etc.) non mi sembrano argomenti inerenti a questo post. L’articolo di Oddifreddi su
    Hardy-Weinberg non è piaciuto neanche a me, ma non ne vedo l’importanza.

    • Dopo che è stato chiarito da Leonetto che la capacità di utilizzare il citrato nell’esperimento di Lenski non è una nuova caratteristica ma solo la “rottura” di un meccanismo preesistente, lei insiste nel portare quel caso come esempio di evoluzione?

      Allora se le si rompe il tergicristalli dell’auto e rimane acceso anche col sole come definisce la cosa?
      Una nuova funzione della macchina? Per favore…..!

      Se poi si vuole far passare per implicito l’inserimento di nuove informazioni, mi sembra che questo sia pretestuoso.

      Parlare di selezione direzionale e non indicare esplicitamente che senza mutazioni non si va oltre i limiti iniziali è un errore e non si capisce come lo si possa difendere oltre l’evidenza.

      Infine, l’errore di Odifreddi su Hardy Weinberg è analogo a quello di Dawkins: entrambi hanno “dimenticato” di citare la necessità di una mutazione per poter parlare di evoluzione.

      Se è Asino d’oro Odifreddi, per gli stessi motivi dovrebbe esserlo anche Dawkins.

      • Dopo che è stato chiarito da Leonetto che la capacità di utilizzare il citrato nell’esperimento di Lenski non è una nuova caratteristica ma solo la “rottura” di un meccanismo preesistente, lei insiste nel portare quel caso come esempio di evoluzione?

        Allora se le si rompe il tergicristalli dell’auto e rimane acceso anche col sole come definisce la cosa?
        Una nuova funzione della macchina? Per favore…..!

        Gentile dott. Pennetta,
        ma lei si e’ messo in testa di fare venire un coccolone a Paolo Attivissimo?
        A lui e a tutti quelli che deificano “la Scienza” e adorano la Dea Ragione (a dispetto di tutte le falsità che propalano a proposito delle religioni rivelati, piu’ particolarmente il Cristianesimo)?
        E poi chi ci aggiornera’ sulle bufale e sulle conferenze degli Scialchimisti e dei messaggeri degli UFO? 😉

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  9. Chiarisco il mio pensiero.
    Io non ho portato l’esempio del citrato come esempio di evoluzione.
    Io ho parlato dell’esperimento di Lenski come controesempio all’affermazione secondo cui è impossibile andare oltre la variabilità
    della popolazione iniziale.
    Se il mio tergicristalli si rompe e funziona anche col sole, io lo butto e lo sostituisco. Se però prende una botta e dopo mi pulisce il parabrezza meglio di prima, non dico che è rotto e non lo sostituisco con un altro. I batteri che sviluppano la capacità di utilizzare il citrato hanno fitness maggiore degli altri (nell’esperimento di Lenski la fitness si può misurare) relativamente al substrato in cui vengono coltivati, e infatti rimpiazzano i batteri che non hanno questa capacità. Il risultato è che la nuova popolazione possiede una capacità (ereditabile geneticamente) che non era presente nella popolazione iniziale, qualunque sia la sua origine genetica.
    Ribadisco che il mio unico argomento è che, in questo post, si definisce un’affermazione di Dawkins “un grossolano errore” adducendo due argomenti fallaci. A me, sinceramente, ricorda la storia della pagliuzza e della trave.
    Poiché le mutazioni sono spontanee ed inevitabili, non credo che Dawkins dovesse citarle nel suo esempio. Il caso di Oddifreddi è diverso perché l’equazione di H.W. si basa su un modello teorico che non prevede mutazioni. Comunque continuo a non capire perché alcuni, rispondendo a me, attacchino Oddifreddi, nè quale sia l’importanza dell’articolo di Oddifreddi nella presente discussione.

  10. Fabio, da quanto leggo il miglioramento della fitness dipende dal terreno di coltura “I batteri che sviluppano la capacità di utilizzare il citrato hanno fitness maggiore degli altri (nell’esperimento di Lenski la fitness si può misurare) relativamente al substrato in cui vengono coltivati, e infatti rimpiazzano i batteri che non hanno questa capacità.”

    Allora, per restare nel paragone, se mi si bloccano i tergicristalli sulla posizione “on” in un clima dove piove spesso (substrato piovoso) potrei trovarmi avvantaggiato rispetto a chi deve accenderli dopo le prime gocce di pioggia.
    Ma se invece lo stesso guasto avvenisse un un clima meno piovoso il continuo funzionamento dei tergicristalli servirebbe solo a “far fuori” la batteria più velocemente diminuendo la fitness.
    Eppure in entrambi i casi sempre la stessa cosa è successa: si è bloccato l’interruttore sulla posizione “on”.

    Questo per dire che non è il miglioramento della fitness il punto, in ogni caso si tratta di un guasto di qualcosa che prima funzionava, si tratta di una funzione in meno non di una in più e questo fa la differenza.

    Una funzione in meno non può in nessun caso essere definita come un andare oltre i limiti della variabilità iniziale, semmai indica un restringimento” della variabilità iniziale!
    La controprova è che se una seconda mutazione ripristinasse la funzionalità dell’interruttore quello sì che sarebbe un andare oltre i nuovi limiti iniziali.

    Se come da lei affermato, la rottura dell’interruttore del citrato è una nuova capacità ereditabile geneticamente, una nuova popolazione con essa erediterebbe quindi un errore di trascrizione, ma questa sarebbe in realtà una perdita di informazione nel programma genetico, e ripeto la domanda, questo sarebbe andare oltre i limiti iniziali?

    Riguardo invece al fatto che, come da lei affermato Poiché le mutazioni sono spontanee ed inevitabili, non credo che Dawkins dovesse citarle nel suo esempio proviamo a vedere con un ragionamento per assurdo a cosa porta tale ipotesi.

    Poiché le mutazioni sono “spontanee ed inevitabili e non è necessario citarle” d’ora in avanti quando spiegherò la Sintesi moderna ai miei studenti non le citerò.
    Sa quale potrebbe essere il risultato di tale omissione?
    Provi ad immaginare.

    E poiché il libro di Dawkins si rivolge in primo luogo ai ragazzi l’esempio calza perfettamente, loro non sono tenuti a sapere per forza che le mutazioni sono “spontanee ed inevitabili e non è necessario citarle”.

    Caro Fabio, quello che francamente non si comprende non è l’errore di Dawkins che è così evidente che un qualsiasi maestro delle elementari sarebbe stato ripreso se lo avesse compiuto, ma la difesa appassionata dello stesso Dawkins che si manifesta in questa serie di interventi.

    Perché difendere con tanto fervore un personaggio come Dawkins che al neodarwinismo ha fatto solo danni vincolandolo ad una battaglia pro ateismo (spesso venata di intolleranza)che nulla ha a che vedere con la scienza?

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