Resistenza agli antibiotici: selezione non evoluzione

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Uno studio pubblicato su Plos Biology mostra come la resistenza non sia un carattere nuovo.

 

E in più conferma meccanismi non casuali di amplificazione genica.

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La ricerca sulla resistenza batterica agli antibiotici intitolata When the Most Potent Combination of Antibiotics Selects for the Greatest Bacterial Load: The Smile-Frown Transition, è stata pubblicata su Plos Biology il 23 aprile scorso.

Prontamente è stata ripresa da Le Scienze che il 24 aprile ha pubblicato nella versione online l’articolo Resistenza agli antibiotici, uno sguardo alla genetica, che viene presentata con le seguenti parole:

Ad accelerare lo sviluppo della resistenza dei batteri agli antibiotici sarebbero proprio le terapie antibiotiche più aggressive: una contraddizione solo apparente, venuta alla luce grazie a un esperimento su Escherichia coli.

Secondo lo studio, i batteri sopravvissuti a un uso massiccio di medicinali si trovano avvantaggiati dalla mancanza di competizione con gli altri batteri, sensibili agli antibiotici. 

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Una semplice riflessione ci porta a comprendere come solo una resistenza già presente nella popolazione iniziale possa permettere ad una frazione di essa di sopravvivere ad una attacco massiccio di antibiotici. Ma torniamo alle parole dell’articolo apparso su Le Scienze:

…il meccanismo di resistenza a un farmaco antibiotico è accelerato dalle terapie più aggressive. Queste terapie infatti eliminano i batteri non resistenti, determinando così una mancanza di competizione che permette a quelli resistenti di moltiplicarsi velocemente.

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La situazione è più chiaramente espressa da un’immagine allegata all’articolo di Plos Biology:

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Anche se nella casella contrassegnata come “Day O” non compare l’immagine del batterio multi-resistente, per ovvi motivi esso era già presente. Ma mentre nel caso in cui si usi un solo antibiotico esso sarà solo una frazione della popolazione successiva, nel caso in cui si usi una terapia combinata, esso sarà massicciamente presente nella popolazione sopravvissuta che sarà quindi più resistente alle terapie.

Come appare evidente se è vero che “Queste terapie infatti eliminano i batteri non resistenti“, lo studio implicitamente afferma quindi che esistono sin dall’origine batteri resistenti, e che evidentemente tale resistenza non è dovuta ad una mutazione successiva. E inoltre anche l’inattesa velocità della comparsa della resistenza esclude decisamente il verificarsi di fenomeni evolutivi:

“Siamo rimasti sorpresi dalla velocità con cui i batteri sviluppavano la resistenza: addirittura abbiamo fermato gli esperimenti perché non pensavamo che i trattamenti avrebbero perso la loro efficacia così rapidamente, nell’arco di un giorno”

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Quale evoluzione potrebbe infatti verificarsi nell’arco di un solo giorno? Come dicevamo, si tratta di selezione, non di evoluzione.

Ma dallo studio emerge anche un dato in positivo che apre interessanti prospettive nella comprensione dei meccanismi biologici, il ricercatore Robert Beardmore infatti afferma:

“Ora però sappiamo che i batteri sopravvissuti dopo il trattamento iniziale hanno duplicato specifiche aree del loro genoma contenenti molti geni che conferiscono la resistenza agli antibiotici.

L’espressione di questi geni sembra più veloce quando gli antibiotici vengono combinati, con il risultato di una rapida evoluzione di batteri molto resistenti

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Soffermiamoci solo il tempo necessario per sottolineare ancora una volta quanto sia contraddittoria l’affermazione che dopo il trattamento iniziale i batteri hanno duplicato aree che conferiscono la resistenza, con la successiva che parla di “una rapida evoluzione di batteri molto resistenti“.

La causa di questa confusione è purtroppo nella definizione accettata di evoluzione come “modificazione delle frequenze geniche”, che porta a definire “evoluzione” anche solo una selezione di caratteri che diventano più frequenti ma che non sono affatto nuovi.

Detto questo, dallo studio emerge un’interessante capacità di E. coli di duplicare specifiche aree del genoma per aumentare la resistenza agli antibiotici.

La stessa cosa era stata già notata nell’esperimento di Lenski quando l’aumento  del numero di copie del gene interessato era stato indicato come processo di “perfezionamento” (vedi Pikaia: Tre passi per una novità).

Il fatto che i geni utili subiscano in casi differenti analoghi processi di moltiplicazione, sembra dunque sottrarre questa fase alle modalità di un meccanismo casuale.

Esistono dunque meccanismi, all’interno delle cellule, che sono in grado di influire sulla modificazione (in questo caso sul perfezionamento) del DNA.

 Stando così le cose, uno dei “tre passi” verrebbe sottratto all’azione del caso. Non sarebbe ancora niente di definitivo, ma certamente avremmo un punto a favore della presenza di “meccanismi” evolutivi, e non di un’azione del binomio “caso e necessità”. 

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Laureato in Biologia e in Farmacia, docente di scienze naturali Nel 2011 ha pubblicato "Inchiesta sul darwinismo", nel 2016 "L'ultimo uomo" e nel 2020 "Il Quarto Dominio".

28 commenti

  1. Giorgio Masiero on

    Lo studio di Plos Biology è importante perché ha scoperto l’acqua calda, Enzo. E tu lo metti bene in evidenza.
    Hanno scoperto che la selezione naturale (che per definizione è la malthusiana lotta per la sopravvivenza tra specie che, vivendo nello stesso ambiente, devono ripartirsi le limitate risorse ivi esistenti) “seleziona” tra esse le più deboli a-n-n-i-e-n-t-a-n-d-o-l-e, e lasciando così il campo alle più forti, che potranno moltiplicarsi a maggior velocità avendo per sé tutte le risorse. Primo punto.
    E, secondo punto, gli scopritori dell’acqua calda hanno capito che in questa lotta non sorgono “dal nulla” nuove specie!!
    Ma, buon Dio, da dove potrebbero sorgere queste nuove specie?! Quando si capirà – basta l’uso della ragione di un bambino delle elementari – che la massaia al supermercato “seleziona” i prodotti dagli scaffali che le servono, ma così facendo “non può” arricchire gli scaffali di nuovi prodotti?
    Detto in termini scientifici: sul legame fosfodiesterico, un effetto della selezione naturale è impossibile logicamente, perché la selezione agisce solo “dopo” l’esecuzione del programma genetico, sui fenotipi già sintetizzati, privilegiando tautologicamente quelli che meglio si adattano all’habitat. Mentre, per darsi una nuova specie, occorre un meccanismo che agisca sui legami fosfodiesterici “prima” dell’esecuzione del programma genetico (che crea la nuova specie), cambiando la disposizione polimerica dei monomeri nucletodici.

    • Prof. Masiero,

      stante l’impossibilità che sorgano nuove specie in quel modo, allora come sono sorte nuove specie, dal momento che nuove specie (lo stesso Uomo) sono sorte?

      Devo semplicemente rispondermi che non lo sappiamo? Non è che il sorgere di nuove specie richiede tempi così lunghi che non sono osservabili?
      Quante vite nostre ci vorrebbero per poter assistere all’evoluzione dell’Uomo andando a ritroso di generazione in generazione fino ad arrivare al preominide e poi indietro ancora di generazione in generazione fino a… (?).

      Perché è così che è andata, nessuno potrà mai negarlo.

      • Giuseppe, come credo che ti sia ormai chiaro nessuno qui nega il fatto dell’evoluzione.

        Quello che si mette in evidenza è che la spiegazione neodarwiniana non è una spiegazione.

        E’ un po’ come se ad un antico greco che diceva che i fulmini li manda Giove pluvio qualcuno avesse detto: guarda non so cosa siano (aspetto che scoprano le leggi dell’elettrostatica) ma ti dico che Giove non c’entra niente.

        E allora forse il greco avrebbe studiato l’elettricità dell’ambra (già nota al tempo proprio come ambra elektron) e forse avrebbe capito cosa sono i fulmini.

        Ma il greco rispose: e allora se non è Giove cos’è? …vedi che non hai un’alternativa?

        E si tenne Giove Pluvio…
        E i darwinisti si tengono il caso onnipotente.

      • Giorgio Masiero on

        La mia risposta, Giuseppe, è spiegata dettagliatamente nell’articolo “Il programma sublime”, che trova in evidenza nel sito. Se dopo averlo letto, non Le fosse chiaro qualcosa, sono a Sua disposizione.

        • Ammetto, prof. Masiero, che la lettura dell’articolo mi ha messo in enorme difficoltà, non sono riuscito a seguire tutti i ragionamenti ivi contenuti…

          Le conclusioni però sono chiarissime… E allora risposta alla mia domanda, al momento, non c’è.

          • Giorgio Masiero on

            Già, Giuseppe, la risposta scientifica alla Sua domanda (donde vengono le specie?) al momento non c’è, perché – come ho dimostrato nel mio articolo – la proposta darwiniana va bene per i bambini. Alcuni scienziati (non credenti, citati nell’articolo) come Bohr, Monod, Kauffman, ecc., ritengono che non l’avremo mai. Io (ma il mio parere vale nulla rispetto al loro), finché non sarà goedelianamente dimostrata la complessità irriducibile della vita, spero che questo sia il secolo della biologia, in cui finalmente si farà luce almeno sulla nascita di un batterio. Ma per questo, come ci insegna Pennetta (e anche Francesco Bacone), serve continuare a battere sulla pars destruens, finché non si spenderanno più soldi nella ricerca dietro alle favolette comode.

      • I tempi lunghi non rappresentano l’impossibilità a priori di corroborare la teoria.
        In buona sostanza viene diffuso questo:
        http://www.youtube.com/watch?v=zE12BNgpi9U

        E ne abbiamo parlato qui:
        http://www.enzopennetta.it/2013/04/il-rischio-del-ridicolo/

        Il punto è infatti che ,si salta un passo fondamentale ,quello da una micro ad una macro evoluzione. O,se non piacciono questi termini, quello che porta alla comparsa di una vera nuova informazione.
        Per poter passare da una specie ad un’altra servono sicuramente diverse cose,si deve verificare un isolamento etc..ma fondamentale è che serve del nuovo
        Si è parlato di questi argomenti anche in una delle ultime puntate di radioglobeone:

        http://www.enzopennetta.it/2013/04/chi-erano-veramente-i-neanderthal/

        Una nuova informazione sarebbe frutto non di semplici errori ma di una permutazione simultanea di alcune centinaia di migliaia di ben posizionati nucleotidi ad altri altrettanto ben posizionati e tutto ciò, in una
        moltitudine di possibiità che portano ad un aborto..
        La selezione naturale è un filro.Non aiuta in questo senso alla formazione di nuova informazione.
        La selezione che si traduce,lo fa già Darwin in “sopravvivenza del più adatto” fa quello che già Blyth aveva detto e che è ben spiegato nell’approfondimento.
        L’oggetto dev’essere là prima che la selezione possa prendere piede.La selezione agisce sul fenotipo e toglie,non aggiunge,impoverisce il patrimonio di una ppolazione.E’ una forza che di per sè spinge in direzione opposta all’evoluzione.

        Quanto al fatto che non esiste una teoria alternativa,anche quella è una cosa ripetuta alla noia.
        Sempre in quella trasmissione Enzo ha fatto un bel esempio:

        ” Un uomo arriva ad un ascensore per salire al piano di sopra,un uomo lì vicino gli spiega che non funziona,schiacciando il pulsante l’ascensore non sale.E quello gli dice che se non gli mostra un’alternativa per salire di sopra non può dire che l’ascensore non funziona e così sta lì a schiacciare quel pulsante. E schiaccia…schiacca”

        Sull’evoluzione come fatto,anche su quiello non si può dire non siano state spese parole..
        http://www.enzopennetta.it/2013/04/il-rischio-del-ridicolo/#comment-12450
        e seguenti..

        P.S.
        “Esistono dunque meccanismi, all’interno delle cellule, che sono in grado di influire sulla modificazione (in questo caso sul perfezionamento) del DNA.”

        Prima Behe era un pazzo quiando trattò l’argomento prima che uscissero i dati finali dell’esperimento di Lenski.Adesso che comunque ha detto una cosa che ha riscontri(sia nel’E.Coli,sia nella Salmonella e in quest’ultimo caso)è sempre un pazzo?

        • Fra l’altro Gould ,oltre ad avere ben messo l’evoluzione neodarwiana al riparo dall’osservazione diretta(e la mancanza di forme transitorie) ha anche mostrato che i fossili ci ‘dicono’ che in diversi milioni di anni non succedeva niente,c’erano cioè periodi di “stasi”, e che l’evoluzione avveniva invece in periodi brevissimi in confronto fra i 5 ed i 50 mila anni.
          I tempi mostrano un grave problema per il gradualismo neodarwinista.
          Come detto una nuova informazione non può derivare da “un semplice o da semplici” errori successivi nel genoma.E la selezione agisce sul fenotipo.Inoltre la stragrande maggioranza delle mutazioni sono neutrali, provocano cioè lievi degenerazioni del genoma su cui non agisce la selezione naturale, ma sufficienti a provocare a lungo andare la degenerazione del genoma,cosa che sta avvenendo nelle varie specie anche umana.(J.Sanford et al.)
          E i processi di “ingegnera genetica” con cui batteri si adattano all’ambiente ,siano essi processi di Innovazione – Amplificazione – Divergenza,Potenziamento – Attualizzazione – Perfezionamento o processi in cui informazione viene scambiata,presa in prestito,rimescolata,non portano a nuova informazione e vanno eventualmente a ridurre il patrimonio della specie.

  2. Sempre lo stesso discorso: la mutazione giusta nel posto e nel momento giusto. Sempre per caso, per carità.

    Nel casi specifico, in cui non esistono mezzi termini (qui una specie non è più “adatta” o meno “adatta”, qui è “sì” o “no”, si tratta di sopravvivere o meno), a che punto dovrebbe insorgere la resistenza ?

    – Prima che i Batteri entrino in contatto con l’antibiotico ?
    Qui il caso dovrebbe avere una capacità previsionale che va al di là di ogni comprensione.
    E se il caso sbagliasse i suoi ineffabili calcoli e dovesse dar luogo ad es. a forme resistenti un antibiotico diverso da quello che sarà usato ? L’errore di valutazione o l’errore nella somministrazione del principio attivo) avrebbe come ricadute la perdita di un patrimonio di informazioni incomparabile (ed irriproducibile: se non fosse tale, per quale motivo preoccuparsi per la riduzione della biodiversità ?), con grave responsabilità morale da parte dell’ignaro terapeuta che ha firmato la prescrizione medica.

    – Dopo che i Batteri sono entrati in contatto con l’antibiotico ? Come pretendere, in altre parole, che un’Aragosta sviluppi messa a bollire nella pentola sviluppi istantaneamente una forma di resistenza alle alte temperature, sul tipo di quella degli organismi abissali, documentati in “Profondo Blu” (dal minuto 73 al minuto 75), in grado di vivere a temperature superiori ai 100° C (!) nei pressi di vulcani sommersi che emettono acido solfidrico (a proposito, quale meccanismo casuale avrà portato all’evoluzione di questi esseri viventi ?).

    Quanta acqua in quel documentario, da tutte le parti !

    • Ciao Sandro, sei tu quello che ha visto il celacanto in un altorilievo di una chiesetta sugli Appennini? Se sì, puoi dirmi qual era (solo perc curiosità, visto che sono un appassionato di storia e archeologia)?

    • Prima che i Batteri entrino in contatto con l’antibiotico ?
      Dopo che i Batteri sono entrati in contatto con l’antibiotico ?

      Beh il neodarwinismo ufficialmente va oltre il lamarckismo e la trasmissione dei caratteri acquisiti,diciamo che la pressione selettiva espressa in molti fattori,controfattori e contingenze(si sono termini un po’ filosofici,concordo)permette a chi ha casualmente espressa una rozza caratteristica(la selezione agisce sul fenotipo per definizione) di vincere la gara per la fitness e che tale caratteristica venga poi man mano, grazie a mutazioni successive e spinte selettive, accentuata fino alla formazione di ‘un’organo’ specializzato.
      Se la caratteristica prima avesse una funzione diversa,primaria o secondaria,se fosse inutile fino a quel momento,se fosse indipendente o legata ad altre funzioni non è dato aprioristicamente di saperlo.
      Fatto è che doveva stare lì per poter essere selezionata,e perchè si possa parlare di evoluzione prima non doveva starci.
      Più che vita inaspettata è proprio ‘botta di c…lo’ scientificamente parlando 🙂

      • Fra l’altro Sandro,anche questa volta dici qualcosa di molto importante ed interessante.
        L’assunto neodarwiniano dice che gli organismi possiedono determinati tratti perchè questi tratti sono stati saelezionati per la loro connessione con la fitness,in tal modo si sapra che chi è adatto è chi sopravvive,che però sopravvive perchè è il più adatto..
        Ora,gli eventi futuri non possono esercitare influenza sulla pressione selettiva locale in una popolazione(a meno che eventi attuali non ne forniscano una sorta di annuncio)così come i passati non possono farlo(a meno che non lascino tracce significative nel presente).
        Ora se un generico tratto t è legato alla fitness ed un tratto t’ è correlato a t allora t’ è legato alla fitness.(E’ un po’ quello con cui Boncinelli per esempio ”spiegano” l'”effetto Ramanujan”,che ad ogni modo implica che debba esistere o debba essere esista una relazione fra due tratti di cui uno importante direttamente per la fitness)
        Però a questo punto se t venisse eliminato t’ non influirebbe sulla fitness,mentre se sparisse t’ t continuerebbe a farlo.

        Però nel caso degli antibiotici e dei batteri come si vede la questione è diversa
        Già Axe
        http://bio-complexity.org/ojs/index.php/main/article/view/BIO-C.2010.4
        e come detto M.Behe
        http://www.amazon.com/The-Edge-Evolution-Search-Darwinism/dp/B0012F2OJW/ref=sr_1_1?ie=UTF8&qid=1348544372&sr=8-1&keywords=edge+of+evolution
        avevano proposto osservazioni legate al fenomeno.

        Mostrando come in determinate circostanze sia meglio indirizzarsi verso una ricerca di una capacità e non verso la ricerca di un adattamento.

        Se si utilizza la definizione già ricordata di evoluzione come “modificazione delle frequenze geniche” però ‘tutto’ diviene evoluzione,l’involuzione,la variazione,e l’adattamento legato a capacita specifiche di una specie ed altre,tutte cose che però non vedono emergere nuovi caratteri.

  3. Sto rivalutando quel che si era detto non tanto tempo fa qui su CS riguardo al ruolo delle stelle…

    Non pensate che voglia buttarla sul ridere, ma mi è venuto in mente quanta verità magari ci poteva essere, probabilmente inconsapevole, in quella canzonetta di Alan Sorrenti, non so se la ricordate, quella della strofa che diceva “Siamo figli delle stelle…”

    • Bè, effettivamente al di là del significato artistico (e del fatto che mi riporta indietro con la memoria…) dal punto di vista degli elementi naturali è proprio vero.

    • Giorgio Masiero on

      Sono contento, Giuseppe, che ora si interessi della supernova dalla cui esplosione 4,5 mld di anni fa è nata la nostra Terra, dei cui atomi noi siamo fatti.
      E se Le dicessi che, scientificamente, sappiamo che a quella stella, prima di morire, erano occorsi 10 mld di anni per sintetizzare, uno alla volta, tutti i 92 elementi chimici di cui siamo fatti, Lei che conclusione scientifica ne trarrebbe?

  4. Non so se sia scientifico, e nemmeno lo pretenda da me, prof. Masiero, ma di sicuro deduco che veniamo davvero da lontano…

    Oppure, con un gioco di parole, che il big bang è stato solo l’inizio di una fine…
    O, ancora, come dice Margherita Hack, che i nostri atomi ci sopravviveranno e continueranno il loro interminabile e, aggiungo io, avventuroso viaggio…

    E così, alla fine, chiedo a me stesso, ma anche a lei: e quella stella là, da dove veniva?

    • stò cò frati e zappo l'orto on

      Scusate disturbo? C’è il rischio nel mio piccolo intervento di uscire fuori tema(o come dicono le persone intelligenti O.T.)?
      Sai Giuseppe(e Prof.Masiero)che la tua citazione in riferimento a quello che dice Margherita Hack è molto interessante?Mi fatto tornare a mente un libro letto anni orsono(che ancora posseggo)Libro da “indice”(sia per “credenti”,sia per non “credenti”)scritto dal fisico e filosofo
      Jean.E.Charon(credo pubblicato solo per Vie Traverse….cioè
      nell’ambito parapsicologico).Chissà il Prof.cosa ne pensa,presumendo che lo abbia letto,del libro?
      ps.anch’io ricordo le frasi su questo tema di M.H……..

    • Giorgio Masiero on

      “Deduco che veniamo davvero da lontano…”: proprio così, Giuseppe. Un Universo più giovane di 10 miliardi di anni e quindi, a causa della sua espansione, più piccolo di 10 di miliardi di anni luce, non avrebbe l’età per aver ospitato il ciclo completo di una stella e pertanto non conterrebbe corpi celesti freddi (come la nostra Terra) con gli atomi necessari alla vita, ma solo fornaci nucleari in ebollizione e nubi sparse d’idrogeno e di elio.
      Una decina di miliardi di anni per la sintesi degli elementi chimici nella caldera di una stella e la sua esplosione in supernova; mezzo miliardo di anni per il raffreddamento del frammento Terra, il suo aggancio ad un Sole nuovo di zecca e la precipitazione dell’abiogenesi dei primi batteri; 3,5 miliardi di anni per la speciazione, culminata in Homo sapiens sapiens: totale, 14 miliardi di anni (e un Universo grande 14 miliardi di anni luce). L’Universo quindi non è affatto grande per l’uomo, come qualche volta si sente dire da persone ignoranti di scienza, ma “è pressappoco il buco più piccolo in cui un uomo può ficcare la sua testa” (Chesterton). Solo chi non si rende conto della complessità fisica della materia-energia, della complessità chimica della vita nella complessità del suo habitat fisico, e del mistero dell’Io umano può credere il contrario…
      Hack dice una verità scientifica quando afferma che “i nostri atomi ci sopravvivranno”, ma sbaglia scientificamente (e stranamente per una che dovrebbe conoscere la cosmologia) quando afferma che essi “continueranno il loro interminabile viaggio”: no, anche il loro viaggio terminerà. Forse scriverò un giorno un articolo di escatologia scientifica.
      Lei, Giuseppe, mi chiede infine da dove veniva la proto-stella da cui ha avuto origine la Terra. Questo è facile: dall’aggregazione per effetto della gravitazione dei primi atomi di idrogeno ed elio formatisi dopo il Big Bang. Se vuole, Giuseppe, sapere da dove venivano quegli atomi e risalire ai primi istanti di vita dell’Universo, può leggersi il bellissimo “I primi 3 minuti” di Steven Weinberg, premio Nobel per la fisica nel 1979. Non si aspetti però una risposta scientifica che Le faccia conoscere che cosa è successo esattamente all’istante t = 0. Poiché le scienze trattano sempre di trasformazioni tra fenomeni, proprio per metodo scientifico la cosmologia non può comprendere la cosmogonia: “Possiamo tracciare la storia dell’espansione del cosmo indietro nel tempo, fino … al primo milionesimo di secondo, ma non sappiamo … chi fu a far partire l’orologio. Probabilmente non lo sapremo mai” (S. Weinberg).
      Io naturalmente ho le mie convinzioni anche sull’istante t = 0, come Lei può immaginare, ma non Gliele dirò perché voglio stasera mantenermi in ambito scientifico, e non trattare di metafisica.

      • stò cò frati e zappo l'orto on

        Professor Masiero se troverà il tempo per scrivere un articolo riguardante l’escatologia-scientifica mi prenoto(immagino assieme ad altri!)fin da subito.Anche perchè piuttosto raro trovare Docenti così “coraggiosi”a trattare simili argomenti.

  5. Michele Forastiere on

    Cari amici, permettetemi una piccola considerazione.
    E’ chiaro a tutti, penso, come sia facile immaginare una (plausibile ?) “narrazione selezionista” adatta all’uopo: evidentemente una forma di resistenza primitiva a (ogni tipo di ?) molecole potenzialmente dannose è apparsa per caso in una popolazione batterica antenata di E. coli, e mediante gli usuali meccanismi microevolutivi si è fissata nei discendenti odierni. Che so, gli antichi batteri potrebbero essersi imbattuti in una serie di antibiotici naturali, e sarebbero sopravvissuti solo quelli dotati di una forma primitiva del meccanismo di difesa molecolare osservato oggi.
    Già, ma… “una domanda sorge spontanea” (come si diceva una volta); o meglio, due domande.
    1) Quando sarebbe successo?
    2) Quale sarebbe stato l’avvenimento che avrebbe scatenato la specifica pressione selettiva?
    Mi pare evidente che la spiegazione darwinista non sia in grado di fornire risposte che vadano al di là della mera congettura qualitativa, forse nemmeno potenzialmente (vale a dire, in vista di possibili esperimenti futuri).
    Il motivo è semplice, a mio avviso: poiché un meccanismo di resistenza agli antibiotici si riscontra in tutte le specie di batteri moderni, se ne deve dedurre che esso sia stato selezionato già nella popolazione del loro UCA (Universal Common Ancestor). Ora, non sono certo un esperto di microbiologia: però ritengo estremamente improbabile un’identificazione “fossile” dell’UCA batterico, tale da fornire dati sicuri sul suo funzionamento al livello bio-molecolare.
    E dunque? Il paradigma darwinista dimostra ancora una volta di non avere alcun potere esplicativo: persistendo in un’analisi totalmente incentrata sul binomio caso-selezione naturale finisce (ogni volta, inevitabilmente) per allontanare il focus dai fatti scientifici esaminati, portandolo a qualche istante indeterminato del lontano passato. Onestamente, non mi pare una procedura scientificamente “compelling” (vale a dire, convincente in modo inequivocabile).
    Il guaio (per il darwinismo) è che il tempo è sì “profondo”, ma non poi più di tanto… col che si finisce per dover dire davvero che ogni più piccolo evento della storia della vita deve essere dipeso da una serie incredibile di – astronomicamente improbabili – colpi di fortuna. Se si pensa, infatti, che l’UCA batterico potrebbe essere apparso solo pochi milioni di anni dopo l’abiogenesi, si comincia a capire che deve esserci stato davvero poco tempo a disposizione perché si verificassero “per caso” un sacco di cose interessanti: come, tanto per dire, l’evoluzione del meccanismo biochimico alla base della resistenza agli antibiotici.
    Certo, può essere successo davvero per caso: questo non si mette in dubbio. Ma quando, e grazie a quale serie di mutazioni casuali? Ecco, quanto alla possibilità di portare prove scientifiche concrete a riguardo… la vedo francamente un po’ dura.

    • Giorgio Masiero on

      Tolta, Michele, la selezione naturale (che ha effetto solo per la scomparsa di specie pre-esistenti), dopo la scoperta del DNA resta solo il caso al darwinismo come responsabile della novità.
      Se poi consideri, Michele, quante specie si sono succedute nel processo di speciazione sulla Terra, noi non siamo in presenza di 2 soli miracolosi casi di vincita alla roulette (come disse Monod), ma della congiunzione di alcuni MILIONI (quante sono le specie viventi e quelle scomparse per selezione naturali) di vincite improbabilissime in un periodo di appena 4 x 10^9 anni!

  6. Il binomio caso e necessità non è già stato superato con l’ampliamento del vecchio neodarwinismo anni ’80 in base alle evidenze della biologia evolutiva dello sviluppo?

      • No non sono sicuro, l’ho solo sentito in giro, devo documentarmi per bene. Ma i meccanismi non casuali sono già noti: trasduzione di segnale ad esempio.

          • Niente: lei mi ha chiesto l’origine dei nuovi caratteri, e ho risposto dicendo che non so.
            Poi ho continuato sull’argomento principale, cioé i meccanismi noti che esulano dal binomio caso e necessità.
            E la resistenza dei batteri agli antibiotici non è appunto frutto di una trasduzione di segnale?

          • (che poi non è che non so rispondere tradizionalmente sull’origine dei nuovi caratteri, ma non sono aggiornato)

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