Eutanasia per i bambini: il trionfo della selezione “naturale”

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Il Belgio si appresta ad approvare l’eutanasia per i minorenni.

 

Il pensiero basato sul dogma della “selezione naturale” porta alle logiche conseguenze.

 

 

La notizia circola solo sui media meno diffusi, appare inutile cercarla sulla grande stampa e le principali televisioni, si tratta della proposta di legge presentata in Belgio sull’eutanasia ai minori di 18 anni.

Il Belgio insieme all’Olanda fu tra i primi paesi ad approvare nel 2002 l’eutanasia, il suo è quindi di fatto un ruolo guida nel movimento per la legalizzazione di questa pratica e quello che avverrà nei prossimi giorni sarà certamente, prima o poi, ripresentato nel resto dei paesi occidentali.

Questo provvedimento unendosi con la proposta per l’aborto “post nascita” che circa un anno fa portò alla notorietà i due studiosi italiani Alberto Giubilini e Francesca Minerva i quali a loro volta si ispirano a Peter Singer, come spiegato in un bell’articolo sul Giornale dal prof. Giorgio Israel, va a costituire una manovra che mira ad erodere il principio dell’inviolabilità della vita umana e lo fa attaccando in modo più forte i bambini.

I più piccoli si vedono assimilati ad oggetti posti nella disponibilità dei genitori che in nome di un preoccupante principio di non autosufficienza o di un presunto stato di “non persona“, una condizione che ricorda troppo da vicino lo stato giuridico che ha costituito la legittimazione di fenomeni come la Shoah:

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Nella fascia di età in cui i bambini possono invece esprimere le loro idee non possono più essere considerati come delle “non persone” arriva adesso la legge che consente loro di dare l’assenso alla propria eutanasia. In quella stessa età nella quale da sempre si è ritenuto che non fossero presenti le condizioni per decidere neanche dove trascorrere le vacanze senza l’autorizzazione dei genitori, in un’età in cui si può essere più che mai condizionati e influenzati, in cui non si ha la piena consapevolezza di un adulto, adesso si va ad imporre il principio che si possa disporre del diritto di decidere della propria morte.

 Siamo di fronte al trionfo dell’eugenetica “mengeliana”, si noti bene non “mendeliana”, il riferimento non è infatti a Gregor Mendel, fondatore della genetica, ma al medico nazista Josef Mengele.

Ma di questa proposta di legge sarebbe stato certamente contento anche un evoluzionista di alto livello come il Nobel Jacques Monod, che ne “Il caso e la necessità” così intitolava un paragrafo: “I pericoli di degradazione genetica nelle società moderne“.

All’interno si può leggere quanto segue:

…in un’epoca ancora recente, anche nelle società relativamente ‘progredite’, l’eliminazione degli individui meno dotati fisicamente e intellettualmente era automatica e crudele. La maggior parte non raggiungeva la pubertà. Al giorno d’oggi molti di questi malati genetici sopravvivono abbastanza a lungo per riprodursi. Grazie ai processi della conoscenza e dell’etica sociale, il meccanismo che difende la specie dalla degradazione, inevitabile quando si abolisce la selezione naturale, agisce in pratica soltanto nel caso delle tare più gravi.

[…]

il solo mezzo per migliorare la specie umana consisterebbe nell’operare una selezione deliberata e rigorosa. Ma chi vorrà, chi oserà metterlo in pratica?

Jacques Monod, Il caso e la necessità – Classici Mondadori, pag. 148-149

L’eugenetica era nata praticamente insieme alla teoria di Darwin, quando il cugino Francis Galton l’aveva proposta proprio a partire dai principi esposti nell’Origine delle specie.

Poco più di 40 anni fa J. Monod si domandava: “il solo mezzo per migliorare la specie umana consisterebbe nell’operare una selezione deliberata e rigorosa. Ma chi vorrà, chi oserà metterlo in pratica?“.

Adesso abbiamo la risposta.

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Laureato in Biologia e in Farmacia, docente di scienze naturali Nel 2011 ha pubblicato "Inchiesta sul darwinismo", nel 2016 "L'ultimo uomo" e nel 2020 "Il Quarto Dominio".

2 commenti

  1. Il “bello” (se di bello si può parlare, trattandosi di argomenti così spaventosi nella loro – checché se ne dica – irrazionalità), è che proprio nella fase della non piena maturità degli individui, in quella, cioè, in cui la si vorrebbe applicare agli esseri umani, la teoria della selezione naturale mostra il suo punto debole.
    Perché di teoria si tratta, alla luce di tutte quelle infinite variabili che caratterizzano il mondo vivente e lo rendono così lontano dalle “gallerie del vento” in cui ogni elemento non ottimale per quella determinata funzione viene eliminato ed ogni elemento idoneo viene invece apportato.

    Nel mondo naturale la sopravvivenza del “più adatto” si verifica sempre, ma il più adatto risulta essere quell’individuo che per qualsiasi motivo in quel momento non si trovava in quel posto(il classico “posto sbagliato al momento sbagliato”). E questo, nella maggioranza dei casi, senza nessun possibile riferimento alla sua forza, alla sua resistenza, alla sua intelligenza; senza nessun possibile riferimento nemmeno alle sue possibilità di sopravvivenza ad un futuro episodio potenzialmente letale di tipo diverso o perfino dello stesso tipo di quello a cui è sopravvissuto precedentemente.

    La casistica è immensa, si va dall’uovo o dal “pulcino” di Rapace che viene eliminato dal fratello nato poche ore prima, dalla cucciolata inerme che viene sterminata dal predatore, dalle Sardine che nel banco vengono divorate dallo Squalo elefante che incrocia a poca profondità con la bocca spalancata, ecc. Che si trattasse degli individui “più adatti” (a cosa ?) o meno, non ha alcuna rilevanza.
    La “selezione naturale” così come propugnata dai suoi fautori può esistere, e solo in casi ben delimitati, solo nella fase centrale della vita degli esseri viventi, al netto della mortalità infantile che la annulla inesorabilmente e di tutte le altre evenienze in cui la mortalità “casuale” appare francamente inevitabile (agguati dei predatori, carestie, epidemie, siccità, ecc.). Una percentuale di casi – forse neanche la maggioranza – in una fascia di età reduce in maniera dalla preponderante selezione casuale che ne ha caratterizzato le prime fasi della vita.

    Dopo aver inevitabilmente assistito al (tardivo !) collasso fino all’implosione della paradossale funzione “creativa” della selezione naturale; dopo aver – anche nei programmi divulgativi di prima serata, fautori di questo “deus ex machina” così perfetto nella sua improbabilità – verificato l’inconsistenza della selezione naturale stessa così come portata avanti dall’idea corrente, adesso assistiamo all’imporsi di tale ideologia anche nel campo umano.

    E lo si sta facendo quasi in silenzio, in punta di piedi, e non solo: come se si trattasse di un utile strumento per il progredire della nostra specie e per il bene di tutti, ben lontano dall’orrore dei lager che sui libri di storia appartengono ad un passato che, lo si ripete da tutte le parti come una tranquillizzante litania, è destinato a non tornare mai più…

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