La storia vista da Le Scienze: “quei cattivi degli spagnoli”

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Il corpo mummificato di una ragazza di 10 anni offerta in sacrificio all’imperatore Inca.

 

Si parla degli effetti “devastanti” dell’arrivo dei Conquistadores sulla cultura precolombiana.

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Con l’aggravante di aver danneggiato le dune costiere…

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Qualche volta capita che una testata scientifica concentri in pochi giorni degli articoli discutibili, questo è il caso di Le Scienze di cui ci si occupa per il secondo giorno consecutivo. La rivista contiene molti articoli di buon livello, ma forse per la necessità di mantenere un certo ritmo sembra che a volte la quantità vada a scapito della qualità. Questa volta si parla di storia, ed esattamente quella legata alla conquista delle Americhe.

Uno dei luoghi comuni più radicati è la distorsione percettiva che ha fatto vedere come feroce la conquista spagnola del Nuovo Mondo tacendo o facendo apparire ‘civile’ quella inglese. Come accade in un sistema culturale come il nostro, il luogo comune ha cominciato ad essere intaccato non grazie a qualche ricerca storica o a qualche iniziativa di approfondimento a livello di istruzione, ma grazie ad un unico evento legato all’industria dello spettacolo, e cioè l’uscita del film Apocalypto di Mel Gibson.

Da quel momento è stato più difficile dipingere le civiltà precolombiane come costituite da “buoni selvaggi” e i Conquistadores come distruttori di un mondo che meritava invece di perseverare nelle sue usanze. In realtà l’immagine negativa i Conquistadores se l’erano fatta per via della denuncia operata da Bartolomé de Las Casas, il vescovo spagnolo che con la sua azione in favore dei nativi americani portò alla promulgazione delle “Leggi Nuove” che garantivano i diritti dei nativi americani.

Ecco in sintesi i principi delle Leggi Nuove:

  • Garantire la conservazione del governo e il buon trattamento degli indigeni;
  • Divieto di schiavizzare gli indigeni per qualsiasi ragione;
  • Liberazione degli schiavi, se non si dimostravano delle ragioni giuridiche in senso contrario;
  • Gli indigeni non dovevano essere costretti a fare da caricatori contro la loro volontà o senza un salario adeguato;
  • Non potevano essere portati in regioni remote con la scusa della raccolta delle perle;
  • Gli ufficiali reali, ordini religiosi, ospedali e confraternite non avevano diritto all’encomienda;
  • Il possesso delle terre dato ai primi conquistadores doveva cessare totalmente alla loro morte senza che nessuno potesse ereditarne la detenzione e il dominio.

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Niente del genere avvenne nel nord America dove non ci fu nessun de Las Casas a denunciare quel che accadeva e i Pellerossa non ebbero gli stessi diritti concessi ai nativi del sud fino a quando non si verificò la totale sottomissione avvenuta con le Guerre indiane che si protrassero fino alle soglie dl ‘900. Come si diceva nessun Bartolomé de Las Casas denunciò l’oppressione dei nativi e nessun Carlo V promulgo Leggi Nuove a loro difesa, ma nel senso comune i cattivi sarebbero stati gli spagnoli mentre gli inglesi sarebbero stati i buoni.

Sulla linea di questo pregiudizio è l’articolo pubblicato su Le Scienze il 23 Maggio scorso con il titolo “L’impronta dei Conquistadores sull’ecosistema delle coste peruviane” che inizia nel seguente modo:

L’arrivo dei Conquistadores di Pizarro sulle coste nordoccidentali del Perù nel 1532 produsse effetti devastanti non solo sulla vita e sulla cultura delle popolazioni native, ma lasciò una profonda impronta anche sull’ecosistema.

Effetti devastanti sulla cultura (anche quella dei sacrifici umani), e inoltre conseguenze sull’ecosistema. Questo punto ci viene spiegato nell’articolo:

Lo dimostra un nuovo studio geoarcheologico che ha trovato i segni della trasformazione delle caratteristiche dune sabbiose note come creste della spiaggia di Chira: dopo l’arrivo degli spagnoli, le popolazioni locali si spostarono verso l’interno e le creste, non più protette dagli artefatti umani, nei secoli successivi subirono l’erosione dei venti …

Secondo le conclusioni dello studio, prima del 1532 le creste ospitavano un’enorme quantità di conchiglie, rocce e altri artefatti disposti dagli abitanti della zona.

Questi tumuli, secondi i ricercatori, stabilizzavano e preservavano le dune, proteggendole dall’erosione dei persistenti venti costieri. Nel 1600, la popolazione costiera era già scesa drasticamente per effetto di una migrazione verso nel zone più interne, mentre tornò a crescere nel diciannovesimo e ventesimo secolo. Le creste che si sono formate negli ultimi 500 anni sono quindi meno stabili. 

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Ecco un devastante effetto dei Conquistadores: le popolazioni locali si spostarono verso l’entroterra e non curarono più la manutenzione delle dune costiere con l’inserimento di pietre e conchiglie.

L’articolo pubblicato su Le Scienze è basato su quello pubblicato su PNAS con il titolo “Effect of the Spanish Conquest on coastal change in Northwestern Peru“, un articolo che espone modestissimi risultati scientifici (gli Inca rafforzavano le dune con sassi e conchiglie) e li rafforza puntando sul sensazionalismo dei “devastanti effetti” dei Conquistadores.

Un cattivo servizio alla scienza e alla storia.

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Laureato in Biologia e in Farmacia, docente di scienze naturali Nel 2011 ha pubblicato "Inchiesta sul darwinismo", nel 2016 "L'ultimo uomo" e nel 2020 "Il Quarto Dominio".

29 commenti

  1. ma com’è? l’ecologista non dovrebbe preferire quello che avviene naturalmente rispetto a qualunque intervento dell’uomo sulla natura? che diritto ha l’uomo di impedire ai venti di eliminare le creste? solo perchè agli uomini piacciono le dune dovremmo impedire alla natura di fare il suo corso?

    Solo una nota sull’aspetto storico: nell’America del Nord denunce ci furono e furono in particolare quelle dei missionari gesuiti che evangelizzavano i nativi americani molto di più dei protestanti che pensavano piuttosto a sfruttare e poi a sterminare quei popoli (e non nel ‘600 ma ancora a fine ‘800 e poi fino agli anni settanta del ‘900 con i programmi eugenetici che portarono alla sterilizzazione di decine di migliaia di native americane).

    • Ottima considerazione domenico.
      Sulla seconda parte grazie dell’informazione che va confermare la visione strabica della storia e il ruolo positivo dei missionari in entrambe le Americhe.

      • a suffragio della tesi di domenico , possiamo osservare che gli indiani d’america furono sterminati quasi tutti e infilati i riserve(come bestie), nel centro sud le popolazioni sono rimaste tali o si sono mischiate. possiamo cosi riconoscere i caratteri indio nella maggior parte dei cileni per esempio.

        • Questa visione è alquanto parziale. Il punto è che gli anglosassoni si trasferirono nel nuovo mondo con i propri nuclei familiari, mentre questo non avvenne nel sud, e ciò favorì la nascita del meticciato.

          • Ma proprio per niente Giuseppe. A parte i primi coloni che erano coloro che sfuggivano dalle persecuzioni religiose e che quindi portavano tutta la famiglia con sé la stragrande maggioranza dei colonizzatori nordamericani erano uomini single. Nei primi tempi coloniali il rapporto era di sei uomini per donna (la cosa è charissima nei registri delle navi che partivano) ma nonostante questo gli anglosassoni si guardavano bene dallo sposare le native anche convertite al cristianesimo: chi si univa ad una nativa era immediatamente ostracizzato.
            Nel sud america gli spagnoli che avevano mogli le portavano con sé o le facevano venire quando si erano sistemati e chi non le aveva non trovava nulla di proibito o sbagliato nello sposare le native. In Inghilterra ad un certo punto si fecero vere e proprie campagne per spingere le donne ad andare nelle colonie; in Spagna non si sentì mai questa necessità.

  2. uno sguardo di messori. interessante

    http://www.storialibera.it/epoca_moderna/scoperta_dell_america/articolo.php?id=326

    uno stralcio per incuriosire

    Venerdi 30 Maggio, 2014

    Dimensioni testo:
    http://www.storialibera.it > epoca_moderna > scoperta_dell_america >

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    Vittorio MESSORI
    Leggenda nera: La Corona spagnola e le Americhe
    tratto da: Vittorio MESSORI, Pensare la storia. Una lettura cattolica dell’avventura umana, Paoline, Milano 1992, p. 637-660.

    Ben sette Oscar per «Dance with wolves», «Balla coi lupi», il film americano “dalla parte degli indiani”. Fu attorno alla metà degli anni Sessanta che il western procedette alla svolta: fu messo in crisi lo schema “bianco buono – pellerossa cattivo”, con i primi dubbi sulla bontà della causa dei pionieri anglosassoni. Da allora quella crisi è andata sempre aumentando, sino al rovesciamento completo: ora, le nuove categorie esigono di vedere nell’indiano sempre un puro eroe e nel pioniere sempre un brutale invasore.

    Nauralmente, anche questo rischia di diventare una sorta di nuovo conformismo dell’uomo occidentale P.C., Political Correct, come si dice per indicare chi rispetta i canoni e i tabù della mentalità corrente.

    Mentre prima era socialmente scomunicato chi non vedesse un martire della civiltà e un campione del patriottismo “bianco” nel colonnello George A. Custer, ora incappa nella stessa scomunica chi parlasse male di Toro Seduto e dei suoi Sioux che, quel mattino del 25 giugno 1876, a Little Big Horn, massacrarono il Custer stesso con gli yankees del 7° cavalleggeri.

    Malgrado il rischio di nuovi slogan conformistici, non si può non accogliere con soddisfazione l’attuale scoprimento degli altarini dell”altra” America, quella protestante, che diede (e dà) tante sdegnose lezioni di morale all’America cattolica. Già dal Cinquecento le potenze nordiche riformate – Gran Bretagna e Olanda in primis – diedero inizio alla guerra psicologica, inventando la “leggenda nera” della barbarie e dell’oppressione, nei suoi domini oltreoceano, di quella Spagna con cui erano in lotta per il predominio marittimo.

    “Leggenda nera” che – come accade puntualmente per tutto ciò che è fuori moda nel mondo laico – viene ora scoperta golosamente da preti, frati e cattolici “adulti” in genere i quali, protestando con toni virulenti contro le celebrazioni del quinto centenario del «descubrimiento» non sanno di essere succubi, con qualche secolo di ritardo, di una fortunata campagna dei servizi di propaganda britannici e olandesi.

    Ha scritto uno storico di oggi, insospettabile in quanto calvinista, Pierre Chaunu: «La leggenda antispanica, nella sua versione americana (in quella europea punta soprattutto sull’Inquisizione) ha giocato un ruolo salutare di valvola di sfogo. Il preteso massacro degli indios da parte degli spagnoli nel XVI secolo ha coperto il massacro americano sulla frontiera dell’Ovest nel XIX secolo. L’America protestante ha così potuto liberarsi del suo crimine rigettandolo sull’America cattolica».

    Intendiamoci: prima di occuparsi di simili temi occorrerebbe liberarsi da certi attuali moralismi irreali che non vogliono riconoscere che la storia è una inquietante, spesso terribile signora. Nella prospettiva realistica da ritrovare, bisognerebbe condannare, ovviamente, errori ed atrocità (da qualunque parte vengano) senza però maledire, quasi fosse stato cosa mostruosa, il fatto in sé dell’arrivo degli europei nelle Americhe e del loro installarsi in quelle terre, organizzandovi un nuovo habitat.

    Nella storia non è praticabile l’edificante esortazione a “restare ciascuno nella sua terra, senza invadere quella di altri”. Non è praticabile non soltanto perché così si negherebbe ogni dinamismo alla vicenda umana; ma soprattutto perché ogni civiltà è frutto di un rimescolamento che mai fu pacifico. Senza scomodare la Storia Sacra stessa (la terra che fu promessa agli ebrei da Dio non era loro, ma fu da essi strappata a forza agli abitatori precedenti), le anime belle che inveiscono contro i malvagi usurpatori nelle Americhe dimenticano (tra l’altro) che, al loro arrivo, quegli europei trovarono ben altri usurpatori. L’impero azteco e quello inca erano stati creati con la violenza ed erano mantenuti con sanguinaria oppressione da popoli invasori che avevano ridotto in schiavitù i nativi.

    E si fa spesso finta di ignorare che le sbalorditive vittorie di poche decine di spagnoli contro migliaia di guerrieri non furono determinate né dagli archibugi né dai pochissimi cannoni (tra l’altro, spesso inutilizzabili, in quei climi, perché l’umidità neutralizzava le polveri) né dai cavalli (che non potevano essere lanciati alla carica nella foresta).

    Quei trionfi furono dovuti innanzitutto all’appoggio degli indigeni oppressi dagli incas e dagli aztechi. Dunque, più che come “usurpatori”, gli iberici furono salutati in molti luoghi come liberatori. E aspettiamo ancora che gli storici “illuminati” ci spieghino come mai non ci furono, negli oltre tre secoli ispanici, rivolte contro i nuovi dominatori, pur ridottissimi di numero ed esposti, quindi, al pericolo di essere spazzati via al minimo moto. L’immagine dell’invasione dell’America del Sud svanisce subito a contatto con le cifre: nei cinquant’anni tra il 1509 e il 1559, dunque nel periodo di una conquista dalla Florida allo stretto di Magellano, gli spagnoli che raggiunsero le Indie Occidentali furono poco più di 500 (ma sì: cinquecento!) l’anno. In totale, 27.787 persone in tutto, in quel mezzo secolo.

    Per tornare ai rimescolamenti di popoli con i quali bisogna fare realisticamente i conti, non va dimenticato ad esempio – che i colonizzatori del Nord America venivano da un’isola che a noi sembra naturale definire “anglo-sassone”. In realtà, era dei Britanni, che prima furono assoggettati dai Romani e poi da barbari germanici – gli Angli e i Sassoni, appunto – che massacrarono buona parte degli indigeni e l’altra parte la fecero fuggire sulle coste della Gallia dove, cacciati a loro volta gli abitanti originari, crearono quella che fu detta Bretagna. Del resto, nessuna delle grandi civiltà (né quella egizia, né quella romana, né quella greca, senza mai dimenticare quella ebraica) fu creata senza invasioni e relative cacciate dei primi abitatori.

    Dunque, nel giudicare la conquista europea delle Americhe, occorrerà guardarsi dall’utopismo moralistico che vorrebbe una storia fatta tutta di inchini, di buone maniere, e di “prego, prima Lei”.

    Chiarito questo, andrà pur anche detto che c’è “conquista” e “conquista”: è certo (e anche film come il premiatissimo Balla coi lupi cominciano a farlo capire) che quella “cattolica” è stata ampiamente preferibile a quella “protestante”.

    Come ha scritto un altro storico contemporaneo, Jean Dumont: “Se, per disgrazia, la Spagna (con il Portogallo) fosse passata alla Riforma, fosse divenuta puritana e avesse dunque applicato gli stessi principi del Nord America (“lo dice la Bibbia: l’indiano è un essere inferiore, anzi è un figlio di Satana”), un immenso genocidio avrebbe spazzato via dal Sud America la totalità dei popoli indigeni. Oggi, i turisti, visitando poche “riserve” dal Messico alla Terra del Fuoco, scatterebbero fotografie di sopravvissuti, testimoni del massacro razziale, compiuto per giunta in base a motivazioni «bibliche»”.

    In effetti, le cifre parlano: mentre i “pellerossa” superstiti nel Nord America si contano a poche migliaia, nell’America ex-spagnola ed ex-portoghese la maggioranza della popolazione o è ancora di origine india o è il frutto di incroci di precolombiani con europei e (soprattutto in Brasile) con africani.

    Il discorso sulle diverse colonizzazioni (iberica e anglosassone) delle Americhe è talmente vasto – e tanti sono i pregiudizi accumulatisi – che non possiamo che allineare qualche appunto. Per restare alla popolazione indigena, questa (lo ricordammo) è quasi scomparsa negli attuali Stati Uniti, dove sono registrati come “membri di tribù indiana” circa un milione e mezzo di persone. In realtà, la cifra, già assai esigua, si riduce di molto se si considera che, per quella registrazione, basta un quarto di sangue indiano.

    Situazione rovesciata a Sud, dove – nella zona messicana, in quella andina, in molti territori brasiliani – quasi il 90 per cento della popolazione o discende direttamente dagli antichi abitanti o è il frutto di incroci tra indigeni e nuovi arrivati. Inoltre, mentre la cultura degli Stati Uniti non deve a quella indiana che qualche parola, essendosi sviluppata dalle sue origini europee senza quasi scambi con le popolazioni autoctone, non così nell’America ispanoportoghese, dove l’incrocio non è stato certo solo demografico, ma ha creato una cultura e una società nuove, dalle caratteristiche inconfondibili.”

    • Comprendo, ma ho voluto mettere quell’immagine e non una stampa d’epoca proprio perché fosse chiaro quale fosse la civiltà che aveva subito gli effetti “devastanti” degli spagnoli.

  3. scusami prof, volevo inviare solo una parte dell’ articolo di messori ma ho fatto un mezzo macello…..

  4. Più prosaicamente mi sembra semplicemente un tentativo atto a ridimensionare la valenza della colonizzazione degli spagnoli cattolici rispetto a quella degli anglosassoni protestanti. A quanto pare il fast food della storia è sempre aperto…

    • Giorgio Masiero on

      Questo per la parte storica, Giuseppe; anche se non chiamerei fast food un giudizio che è stato motivato e storiograficamente supportato nell’economia di un articolo (che non è un saggio, né un trattato). A me pare più fast il Suo stile distaccato e tranchant.
      Per la parte scientifica, invece, conveniamo sulla pseudoscienza in questo caso di PNAS e delle Scienze?

    • anche fosse ” semplicemente un tentativo atto a ridimensionare la valenza della colonizzazione degli spagnoli cattolici rispetto a quella degli anglosassoni ” non vi vedo nulla di male se fatto per ricercare in base a dati certi , una verita’ storica il piu possibile vicina alla realta.

      non vedo il male nel cercare di capire meglio cosa e’ accaduto quando i numeri stridono con la vulgata dominante.

  5. Nonostante abbia sempre ricercato di mantenere la neutralità riguardo alle varie opinioni, non posso ormai non pensare che il Protestantesimo sia sostanzialmente una cattiva dottrina; il disinteresse intrinseco verso la Imitatio Christi e la sua contraddizione nel ragionamento per cui A “Compire opere di bene è vano rispetto al giudizio divino” B “Il giudizio divino incondizionato si può prevedere dal successo individuale” C “Perciò, pensare in termini esclusivamente individualistici” sono indice di una cultura di vergogna mascherata da una cultura di colpa.
    Negare ontologicamente il libero arbitrio è negare la complessità dell’anima umana.

  6. Sono perfettamente d’accordo con Giuseppe.

    Perché non parliamo del cattolicissimo vescovo Diego De Landa?

    Prima questo ex-inquisitore fece di tutto per annichilire la cultura Maya, poi la volle studiare…

    Mistero della Fede.

    PS: Per quanto riguarda i rituali sanguinari, ognuno ha i propri, caro Pennetta. Gli Aztechi e gli Inca peruviani sacrificavano prigionieri di guerra, vittime volontarie (martiri?) e fanciulle, mentre nel Vecchio Continente il fumo dei roghi saliva al Cielo e le ceneri degli eretici e delle “streghe” venivano sparse per volontà del Signore.

    Amen.

    • Bell’autogol Excelsior.
      Diego De Landa fu accusato per il suo comportamento, si tratta di un’eccezione quindi che conferma l’assunto generale della diversità tra la conquista spagnola e quella inglese.
      Basta leggere Wikipedia:
      ” i coloni spagnoli protestavano perché in luogo della dottrina cattolica gli indios non ricevevano altro che miserabili tormenti. Tali notizie giunsero alle orecchie di Filippo II e di conseguenza ad aprile 1563 Landa dovette tornare in Spagna dove fu convocato per difendersi dalle accuse.”

      Per il resto vedo che lei è fermo ai testi della vulgata, o probabilmente preferisce restare fermo su quelli così si può confermare nei suoi pregiudizi senza essere disturbato.
      I roghi sono una realtà rinascimentale dei paesi non cattolici, quindi non ci riguardano.
      Nei paesi cattolici ci furono meno sentenze capitali in 400 anni di quante non ce ne furono in un solo mese di Rivoluzione Francese all’apice del suo fervore di liberazione dalla superstizione religiosa in nome della dea Ragione.
      Per non parlare dei milioni di morti fatti dalle ideologie atee nel ‘900.

      L’Amen farebbe bene a dirlo per le vittime del nazismo e del comunismo.

      • Guardi professore che le vittime del nazismo e del comunismo niente hanno a che fare con il loro profilo ateo. E siamo sempre al fast food della storia…

        • Le vittime delle ideologie atee sono la dimostrazione che l’essere umano è stato frenato nella sua violenza dalla religione, freno che una volta tolta di mezzo non c’è più stato.
          Mi sa che al fast food della storia deve essere andato a rifornirsi qualcun altro.

          • L’ateismo non c’entra niente. Quelli erano regimi totalitari che facevano fuori gli oppositori, punto. L’entità del numero dei morti è stata resa possibile dalla commistione, frutto della contingenza storica, tra potere centrale dello stato nazionale e TECNICA che rendeva possibile l’espletamento su larga scala delle decisioni prese a monte. L’uomo fa porcate con o senza la religione. Se poi vogliamo berci la favola della religione quale ancora di salvezza dell’umanità, che si faccia pure, ma la Storia è ben altro…

          • Di fatto erano regimi atei e ancor più precisamente anticattolici, che questo non c’entri niente con le loro azioni di sterminio di massa è una sua opinione.
            Il fatto indiscutibile è che si siano resi responsabili dei maggiori crimini della storia, e non regge la motivazione della contingenza storica e delle risorse tecnologiche per l’espletamento su larga scala delle direttive, lo sterminio di massa in Germania e Russia sarebbe facilmente avvenuto anche con metodi disponibili in passato.
            L’uomo che fa porcate con la religione cristiana le fa tradendo la religione che professa, se le fa con l’ateismo compie una scelta come un’altra, e la differenza non è poca.
            La religione cristiana come ancora di salvezza dell’umanità contro le sue tendenze distruttive è una verità storica, e lo rimane anche se lei la vuole negare.

        • LawFirstpope on

          Le ideologie del ‘900 -Hitler e Mussolini- non si vantavano forse di attingere a piene mani dal repertorio nietzschiano?

          Questo al di là di ogni diatriba sul “pensiero di Nietzsche strumentalizzato e malinteso oppure no?”…

  7. Grazie Domenico per le tue informazioni, grazie a te mi sono ricordato di un altro episodio che farà sicuramente sparire dalla circolazione i difensori della colonizzazione inglese:

    “Nel 1763 gli inglesi usarono anche tattiche di guerra batteriologica per fiaccare la resistenza indiana, distribuendo agli indiani Delaware coperte infette dal vaiolo provenienti da Fort Pitt, già Fort Duquesne, dove era scoppiata un’epidemia.

    Con una lettera al colonnello Henry Bouquet, datata 16 luglio 1763, il generale dell’esercito britannico in Nord America, Jeffrey Amherst, dichiara di approvare il piano suggerito dal sottoposto e aggiunge di “utilizzare qualsiasi altro metodo utile a estirpare questa esecrabile razza”. Le tribù indiane ne furono decimate.”

    vedi Wikipedia

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