Ripensare l’evoluzione umana: Neanderthal, uno di noi.

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neanderthal today

Se lo incontrassimo in metro non noteremmo nulla di strano, disegnava e forse parlava, certamente con loro ci si potrebbe anche mettere su famiglia.

Neanderthal, sempre più uomo, una specie in splendida solitudine.

 

Una delle migliori considerazioni sulla ‘umanità’ dei Neanderthal la lessi quasi tre anni fa sul sito Neuro@tropologia in un articolo del bravo e brillante (e darwinista ndr) Emiliano Bruner che così si esprimeva:

…da ormai decadi ci ripetiamo che un Neandertaliano, ben rasato e con cravatta, sulla metropolitana nell’ora di punta manco si fa poi troppo notare, adesso è ora che ci domandiamo pure “che penserebbe un Neandertaliano, ben rasato e con cravatta, sulla metropolitana nell’ora di punta?”

Se l’aspetto non risulterebbe poi tanto diverso dal nostro è anche perché (come appurato di recente) individui Neanderthale e Sapiens potevano accoppiarsi e avere una discendenza fertile, e questo come tutti sanno è il criterio che stabilisce l’appartenenza alla stessa specie. Dalla forma dell’osso ioide qualcuno ha anche avanzato l’ipotesi che i Neanderthal parlavano come noi, di questi giorni è invece la notizia che essi avevano la stessa capacità simbolica necessaria a concepire l’arte. Lo studio è stato condotto da un gruppo di archeologi e paleoantropologi delle Università di Huelva e della Mucia, in Spagna, e del Gibraltar Museum a Gibilterra e pubblicato su PNAS con il titolo “A rock engraving made by Neanderthals in Gibraltar“. Quello che emerso è che i Neanderthal ci hanno lasciato sculture rupestri come facevano i Sapiens:

La notizia è stata ripresa anche da Le Scienze che così commenta:

finora uno degli argomenti principali dei sostenitori di una loro presunta inferiorità rispetto a H. sapiens è stata proprio l’assenza di incisioni e pitture rupestri nei siti che abitavano: incisioni e pitture dimostrano infatti una chiara capacità di pensiero astratto, svincolato da una immediata funzione utilitaristica…

…è emerso che per produrre le diverse linee erano necessari da 45 a 85 colpi accurati con una punta di pietra. Dato che le incisioni prodotte accidentalmente nel corso di altre attività, dal taglio della carne alla produzione di lame litiche, lasciano sui margini tracce molto più variegate, i ricercatori hanno concluso che è altamente improbabile che questa sia l’origine delle incisioni, che sarebbero quindi state prodotte volontariamente.

 

Ma se Sapiens e Neanderthal sono in realtà due varietà della stessa specie peggio ancora se la passa l’uomo Floresiensis e con lui l’idea che esistesse un ‘cespuglio evolutivo’ dal quale sarebbe poi darwinianamente emerso per selezione naturale l’Homo sapiens. Recentemente è infatti comparso, sempre su PNAS, un articolo dal titolo “Evolved developmental homeostasis disturbed in LB1 from Flores, Indonesia, denotes Down syndrome and not diagnostic traits of the invalid species Homo floresiensis” che mette seriamente in dubbio il fatto che l’uomo di Flores possa essere considerato qualcosa di diverso da un Sapiens, il reperto in questione sarebbe infatti niente più che un Sapiens affetto da sindrome di Down.

La cosa non è piaciuta per niente a Pikaia che da diversi giorni mette in evidenza un articolo a firma di Andrea Romano in cui esprime una dichiarata diffidenza verso lo studio e i suoi autori:

molti degli esperti di evoluzione umana hanno infatti fortemente contestato i risultati e il procedimento mediante cui l’articolo ha visto la sua pubblicazione (qui un’intervista a Telmo Pievani sulla vicenda).
I dubbi sono molti, in quanto, fanno notare i sostenitori di H. floresiensis, l’articolo manca completamente di immagini di crani di uomini affetti da sindrome di Down in modo da essere comparati con quello rinvenuto a Flores. Inoltre, le misure utilizzate dai ricercatori per le analisi non sarebbero le più aggiornate e precise, bensì alcune più vecchie, in modo tale, dicono le malelingue, da accomodare i risultati alle aspettative per creare un sensazionale scoop. Ma ancora di più, secondo alcuni, l’ipotesi non regge in quanto la sindrome di Down non spiegherebbe in nessun modo le ridottissime dimensioni dell’individuo di Flores né lo spessore del cranio di cui era caratterizzato.

L’articolo procede sollevando delle vere e proprie ipotesi che sfiorano il complottismo, senza infatti attaccare la rivista PNAS il cui buon nome viene con un’accorta condotta politica fatto salvo, si afferma che lo studio e la sua pubblicazione sarebbero poco più che una cialtroneria la cui pubblicazione è stata orchestrata da un gruppo di persone in malafede:

Secondo molti esperti di evoluzione umana, tutte queste obiezioni, ed altre più specifiche, sarebbero certamente emerse in seguito alla normale procedura di peer-review, a cui vengono sottoposti tutti gli articoli destinati alla pubblicazione su riviste scientifiche internazionali: una volta ricevuto un potenziale articolo da pubblicare, gli editor della rivista in questione sono tenuti a inviare il manoscritto ad alcuni esperti del settore per una valutazione imparziale dell’elaborato. Solo dopo l’approvazione da parte loro e, solitamente, dopo infinite modifiche richieste agli autori, l’articolo può essere accettato e pubblicato (oppure rifiutato). E questo discorso vale anche per PNAS, ma con un’importante eccezione, che riguarda i membri della National Academy of Sciences USA, da cui la rivista è prodotta (PNAS infatti significa Proceedings of the National Academy of Sciences): essi possono, infatti, scegliere da soli i nomi di coloro che valuteranno il loro lavoro (il termine tecnico è referees, ovvero arbitri).

Ebbene, questo è accaduto con l’articolo in questione, in quanto l’ultimo autore, il cinese Kenneth J. Hsü, è proprio un anziano (89 anni) membro dell’accademia delle scienze statunitensi (e perlopiù un geologo, non un paleoantropologo). Per quanto non si possa mettere minimamente in dubbio l’etica professionale e l’imparzialità dei valutatori dell’articolo, non è difficile immaginare che gli autori possano averlo inviato a una rosa di giudici ‘amici’, quindi potenzialmente più morbidi nella sua valutazione. Anche questo aspetto viene infatti contestato, in quanto i referees in questione sembrerebbero non essere specialisti diretti della materia. Sebbene il prestigio della rivista rimanga certamente indiscusso, non c’è quindi da stupirsi se si è levata una miriade di proteste su questo aspetto.

Insomma gli autori avrebbero scelto dei revisori compiacenti per poter vedere approvato un articolo che altrimenti non sarebbe andato da nessuna parte. Inutile cercare il motivo di questo tentativo di sabotaggio della ricostruzione fin qui proposta dell’evoluzione, in questo caso non si può neanche lanciare la comoda accusa di creazionismo.

Interessante apprendere poi che  il cinese Kenneth J. Hsü è “perlopiù un geologo, non un paleoantropologo”, cosa significhi esattamente quel perlopiù sarà oggetto di un apposito studio da pubblicare sempre su PNAS, inutile chiedersi se quello che ha detto sia vero o no, essere “perlopiù” è una colpa in grado di stendere chiunque.

E che dire della “forte contestazione” di Telmo Pievani all’articolo di Kenneth J. Hsü, una contestazione che mi sentirei di contestare in quanto Pievani non è neanche “perlopiù” paleoantropologo ma filosofo della biologia. Ma non lo farò in quanto non sono i titoli a fare la verità ma l’analisi dei dati.

Gli ‘strilli’ che si sentono levare dalle parti di Pikaia & Co si spiegano con il fatto che se si consolidasse sempre più la visione di un passato in cui non esisteva un ‘cespuglio’ di specie umane, ma una sola specie umana dalla quale si differenziarono delle varietà (principalmente Neanderthal e Sapiens) per isolamento e selezione, emergerebbe un’evoluzione non darwiniana.

Saremmo di fronte ad un salto evolutivo di quelli descritti da S.J. Gould nella teoria degli equilibri punteggiati, un evento darwiniano solo di nome che ha dato inizio a qualcosa di totalmente nuovo, come ribadito recentemente da Chomsky, Tattersalle e Lewontin.

E di come ciò sia accaduto dovremmo ammettere che non sappiamo praticamente nulla, cosa che i sostenitori della Sintesi Moderna dell’evoluzione proprio non possono accettare.

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Laureato in Biologia e in Farmacia, docente di scienze naturali Nel 2011 ha pubblicato "Inchiesta sul darwinismo", nel 2016 "L'ultimo uomo" e nel 2020 "Il Quarto Dominio".

38 commenti

  1. Buongiorno,
    devo ammettere che il sarcasmo dell’immagine in alto alla pagina mi avesse inizialmente deviato dal contenuto dell’articolo. Credo, comunque, che il “perlopiù” valesse come un “peraltro” (o anche un “addirittura”).
    Rammentavo, a proposito, che vi fosse volontà di aprire prossimamente una discussione sul quell’articolo sul linguaggio umano di Chomsky, Tattestall ecc.

    • Alio, quel ‘perlopiù’ mi sembra che stesse a significare che il campo di competenza del ricercatore fosse diverso da quello necessario, insomma, lo studio sarebbe di un incompetente.
      Riguardo l’articolo di Chmosky & Co non ci sto lavorando direttamente io, spero di averlo al più presto.

      • Forse ha ragione Lei. Le sfumature maligne mi confondono sempre. Grazie delle informazioni.

  2. Forse questo non è il posto migliore per fare questo tipo di richiesta ma è da un po’ di tempo che desidero chiedere agli esperti del sito qualche bel libro per iniziare ad avere una panoramica più completa della teoria dell’evoluzione, di come si sia “evoluta” (perdonate il pun involontario) e quali siano le alternative ad essa (serie, non roba tipo creazionismo o intelligent design).

    Tenete presente che Inchiesta sul darwinismo l’ho già letto.

    Ringrazio in anticipo per la disponibilità.

  3. Deliziosi questi scettici “del peer review” a giorni alterni.
    Cosi’ come sono complottisti a giorni alterni.
    Strano che nel giorno alterno ci siano sempre e solo discussioni che sollevano i dubbi.
    Invece nel giorno del Signore (o della Scienza, tanto e’ lo stesso), solo lodi.
    Come dicevo in un post di ieri, questi sono alcuni dei tratti distintivi della propaganda.
    Per me il vero problema e’ l’impossibilita’ di identificare questi comportamenti da personalita’ sdoppiata (ok o da bispensiero), piu’ che rilevare che sono pensieri ovviamente incoerenti.
    PS: anche io sarei interessato ad un qualche elenco delle teorie possibili, in particolare vorrei sapere se ce n’e’ una che sia un.. “intelligent design individuale”, cioe’ dove il disegnatore e la specie in evoluzione sono la stessa entita’.
    Voglio dire… se un ammasso di cellule gelatinose riesce ad organizzare miliardi di elementi e coordinarli per viaggiare fin sulla Luna, perche’ devo pensare come impossibile che riesca anche ad.. automutarsi piu’ o meno volontariamente?

    • Mh… intelligent design individuale… mi fa venire in mente le teorie di Christopher Langan, un uomo particolarissimo e per certi versi anche controverso. E’ bene prendere il suo pensiero con le dovute cautele, ed interpretarlo più in termini “metafisici” (anche se non è proprio la parola giusta; oserei utilizzare un neologismo, “metagnomico”) che scientifici, al fine di non traviarne il senso. Se Le interessa, basterà digitare il suo nome sulla barra di ricerca e Le apparirà un collegamento al suo sito personale. Badi, tuttavia, in quanto Langan fa uso di un suo gergo personale spesso non compreso (vuoi per i l’uso di grecismi, vuoi per le sue difficoltà sociali di comunicazione 🙁 ).

      P.S. Da quanto intendo, Lei è un informatico. Credo che troverà simpatia in Langan, in quanto anch’egli fa un grande uso dell’informatica teorica nella sue teorie.
      Il mio parere è che sia una visione interessantissima, ma anzitutto “metafisico-filosofica”; più in generale, è una teoria della conoscenza. Sarebbe interessante vederla coniugata con la visione biologico-quantistica divulgata dal prof. Masiero negli articoli della serie “La vita è fisica”.

      • Grazie mille dell’indicazione. O forse, data la complessita’ dell’argomento, mannaggia! 😀
        Si’ un po’ di teleologia la vedo (anche se non ho la televisione ahah), ma non in forma eccessiva.
        Semplicemente, tra le cose che non mi convincono del processo di selezione naturale, e’ che lo vedo come processo che porta solo ad un riequilibrio, non necessariamente dotato di spinte evolutive (nel senso di aumento di complessita’).
        Pero’ un po’ di.. teleologia locale, contingente, perche’ no… pero’ senza invocare un fine ultimo da perseguire. Il fine potrebbe essere, di voler migliorare la propria condizione. E non “adattare”. Ne’ “proliferare massimamente”.
        Continuando a parlare di cose che conosco poco, ho sentito una critica ad Adam Smith, che necessita di una “mano invisibile”, appunto perche’ la semplice interazione con l’ambiente (i competitori) mica presuppone un miglioramento, una… monotonicita’ crescente.
        Da questo discende il mio semplice dubbio: la selezione mi pare come il capitalismo. Entrambe le teorie non funzionano senza la mano invisibile, per me.
        Ma non vedo necessita’ di mano invisibile trascendente, alla fin fine mi domandavo infatti se tale mano potesse venire dalla vita stessa, soggetto ed oggetto della “mano”, da cui “individuale”.
        Che poi.. individuale… tutto da vedere: noi siamo gestori di qualche miliardo di vite, le nostre cellule. E’ un po’ riduttivo, siccome non sappiamo definire la consapevolezza, snobbare il processo spaventoso che armonizza il nostro essere… esseri viventi complessi.
        Chiedo scusa per le corbellerie… 😉

        • Oh, ma non si scusi. Quel che sta dicendo credo, infatti, concordi con quanto sempre detto su CS, ossia della fallacia del supporre l’indeterminismo, ossia la non scientificità del caso come assunzione esplicativa dell’evoluzione neodarwiniana (da cui poi la necessità di teorizzare fantomatiche “mani invisibili”). L’indeterminismo è una materia complessa, derivante da alcune implicazioni filosofiche venute fuori a partire dalla MQ; nessuno scienziato occupatosi di MQ ha potuto astenersi dal ricavarne concetti filosofici (pensi allo stemma di Bohr), spesso storpiati e ridicolizzati da tantissimi santoni in rete 🙂 .

        • La mano invisibile di Adam Smith credo che si possa benissimo identificare con la “selezione naturale” della teoria darwiniana.
          Come infatti nel darwinismo la selezione naturale sostituisce la mano dell’allevatore/selezionatore, così in economia la selezione competitiva assolve il ruolo di una ‘mano’ che indirizza l’economia verso la miglior efficienza.
          Peccato che Smith sbagliasse, l’ultimo esperimento è la Grecia, ma mai ammetterlo…

          • Capitalismo e darwinismo vanno di pari passo: il (neo)colonialismo europeo (la sottomissione degli extra-europei) e la crescita infinita dei capitali degli oligarchi (il favore del più forte). Curioso pensare, peraltro, che la Riforma Protestante, secondo la famosa interpretazione weberiana, abbia influito sulla definizione del capitalismo europeo; dunque pure su darwinismo e, parzialmente, sullo scientismo ateista.

          • Hai ragione, darwinismo, capitalismo e colonialismo, la cultura di un’epoca si declina in tutti gli aspetti. Ma sembra così difficile farlo capire.

          • Capitalismo e darwinismo vanno di pari passo, anche perchè il secondo deriva dal primo. La visione darwiniana di una natura che si caratterizza per una competizione feroce tra le varie forme di vita e che alla fine premia i migliori, non è altro che la trasposizione in biologia delle idee (fallaci) che già da decenni circolavano in economia propagate da Adam Smith ed i suoi epigoni liberisti. Idee che, peraltro, avevano il “merito” di dare una giustificazione teorica al colonialismo britannico e che quindi – come dire – godevano dell’appoggio dei poteri forti. D’altro canto il fatto che le idee che guidano le teorie scientifiche siano profondamente influenzate dalle contingenti visioni filosofiche e non del tempo, è piuttosto evidente non solo nel contesto dell’Inghilterra vittoriana di Darwin. Se all’epoca in biologia tutto era competizione e selezione naturale, con l’avvento dei primi computer si è cominciato a parlare di mente come software e di corpo come hardware e negli ultimi anni, con la diffusione di internet, si assiste ad un proliferare di studi sull’importanza delle reti e della cooperazione (anche) in biologia. Tutte le idee, anche quelle scientifiche, sono figlie del loro tempo e sono profondamente influenzate non solo dalla visione del mondo (maturata spesso su altri campi) ma anche dagli interessi economici prevalenti di quel tempo stesso. Ciò, ovviamente, non significa che per questo le idee siano false, anzi, tuttavia avere ben chiaro il processo che porta all’origine di queste idee penso sia utile per evitare di mitizzarle ed aiuta a comprenderle meglio. Per questo l’accanito attaccamento che alcuni dimostrano nel difendere la visione parzialissima dell’evoluzione come frutto di una selezione naturale casuale e brutale mi ispira quasi tenerezza, se non fosse che molto spesso si scorge la malafede che li guida.

          • ferrari gabriele on

            Caro Enzo ho visto la ricostruzione della storia dei geni di cavalli sforza,il quale afferma con decisione che siamo tutti imparentati,vedendo le sue analisi la cosa sembra semplice ma non e’ possibile che si sbagli cioe’ i geni non possono ingannare?

  4. ferrari gabriele on

    nell’ultimo anno in cui mi sono appassionato all’evoluzione ho imparato che non potendo tornare indietro con una macchina del tempo tutto cio’ che formuliamo rimane solo IPOTESI quindi anche un concetto stupido e che sembra di facile interpretazione non potra’ mai essere verificato…

    • Certamente l’evoluzione è largamente una disciplina ‘storica’, nel senso che si occupa di fare una ricostruzione di quello che è storicamente avvenuto. Si tratta però anche di una disciplina scientifica in quanto nelle sue affermazioni deve includere ipotesi verificabili e spiegazioni riproducibili, questa impostazione risale all’attualismo di Hutton e Lyell che molta influenza ebbero su Darwin.
      Il problema è che la teoria darwiniana non fornisce meccanismi teorici diversi dalle mutazioni casuali, il che la rende infalsificabile e in ultima analisi non scientifica.

    • alla fine anche per quel sito , credo evoluzionista, il neanderthal ne aveva 46. lo dice l’autore nei successivi commenti

    • Infatti, la conta dei cromosomi non è un’operazione che si possa eseguire facilmente su un piccolo campione di tessuto biologico, bisogna prendere una cellula in mitosi, una cellula non danneggiata, cosa che nel caso di un reperto di 40.000 anni fa non è possibile.
      Ma il nostro amico delle edizioni labor è così certo…

  5. Ho le sensazione che la teoria dell’evoluzione sia diventata una barca in avaria tenuta a galla dai naufraghi ..

  6. Notare ciò che dice Pikaia:
    “Ebbene, questo è accaduto con l’articolo in questione, in quanto l’ultimo autore, il cinese Kenneth J. Hsü, è proprio un anziano (89 anni) membro dell’accademia delle scienze statunitensi (e perlopiù un geologo, non un paleoantropologo). Per quanto non si possa mettere minimamente in dubbio l’etica professionale e l’imparzialità dei valutatori dell’articolo, non è difficile immaginare che gli autori possano averlo inviato a una rosa di giudici ‘amici’, quindi potenzialmente più morbidi nella sua valutazione. Anche questo aspetto viene infatti contestato, in quanto i referees in questione sembrerebbero non essere specialisti diretti della materia. Sebbene il prestigio della rivista rimanga certamente indiscusso, non c’è quindi da stupirsi se si è levata una miriade di proteste su questo aspetto.”….”qui un’intervista a Telmo Pievani sulla vicenda”

    Interessanti i pseudo argomenti di Pikaia.

    Ma allora in che senso Pievani sarebbe più indicato nell’articolo di J.K.Hsu?
    Se si dice non è possibile mettere in dubbio l’etica professionale dei lavoratori e tuttavia non pare che non la mettano in dubbio, se non è possibile perchè lo fanno?,cara Pikaia la coerenza e la peggior nemica in politica e lo sappiamo già.
    Si dice addirittura “un’ipotesi” ma sarebbe da distinguere dalla “balla”,non è necessario che sia poco più di una balla un argomento retorico ad personam quello secondo la quale bisogna immaginare che gli autori lo abbiano inviato ad amici,e che questi amici glielo abbiano approvato,infatti le balle sono immaginazioni o presupposizioni immaginate.Ma cari sig. di Pikaia non avete detto poco indietro che l’etica professionale non è dubitabile?E poi possono dimostrare tali semidei di pikaia che una fantasia è un fatto?
    Anche ammettendo la fantasia cioè siffatta balla fino a prova contraria,non è necessario che siccome siano amici siano più morbidi nelle valutazione,ma nessuno di Pikaia a parte spalare il solito fango dettato da esigenza politiche dimostra la propria fantasia,anche perchè le fantasie non sono dimostrabili.
    Infatti dovrebbero mettere Pievani che è uno specialista più di J.Hsu e di chi ha fatto il refree,cosi saremmo tutti al sicuro, tranquilli e certi,certi tanto quanto farsi sparare da un cannone dalla vetta dell’himalya senza paracadute,e indubbiamente siccome la fantasie sono dimostrabili allora una volta sparati dal cannone atterreremo su Marte e saluteremo i nostri fratelli extraterrestri,il che sarebbe perfino più sicuro che considerare che le 8 righe di cui sopra non siano di natura eminentemente politico/retorica,e poco più che uno vago sparo di c…te condensate in 8 “balle di cannone.”

    • Proprio così, molto carinamente hanno dato a J. Hsu del vecchio rimbambito che si fa aiutare dagli amichetti. Senza offesa però, mi raccomando…

    • Chiedo scusa Emanuele ma mi accorgo solo adesso di questo intervento.
      Molto semplicemente i casi sono due: o la notizia è tarocca o sulla mente umana ne sappiamo molto meno di quel poco che già pensavamo di sapere.

  7. Francamente, non riesco a capire una cosa: se escludiamo l’ipotesi che la vita si evolva per errori di copia (la cui esistenza è scientificamente accertata) e per selezione naturale (la cui esistenza è scientificamente accertata), cosa abbiamo in mano per affermare che la vita si evolva a causa di altri fattori? Non avete provato a considerare l’ipotesi (molto accreditata in biologia) che, a causa delle dinamiche trasferibilità della memoria genetica, le specie del passato siano semplicemente più plastiche e più feconde di quelle attuali?

    • Buonasera Sig. Zito, il punto è che una volta appurato che un meccanismo ipotizzato non funziona perché non ce ne sono prove (l’unica prova è che ci sono mutazioni, non aumento di informazione o proteine del tutto nuove che non siano una variante di una proteina precedente) e perché il calcolo delle probabilità lo rende praticamente impossibile, deve per forza essercene un altro da trovare.
      Non ho capito invece a quale teoria si riferisca nella seconda parte dell’intervento.

    • Giorgio Masiero on

      Ammetterà, Zito, che giustificare l’evoluzione con una successione casuale di micromodifiche significa rinunciare ad ogni capacità predittiva e applicativa. Sarebbe scienza questa? Si capisce allora la frase di Dulbecco che si può fare biologia anche ignorando del tutto il darwinismo.
      Cosa abbiamo in mano di alternativo?, Lei chiede.
      Potrebbe cominciare con leggere http://www.enzopennetta.it/2014/04/la-vita-e-fisica-parte-i/ e poi, se interessato, proseguire con le parti successive.

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