Scuola: un V day per l’OCSE

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L’OCSE si occupa di scuola e sembra che non sappia di cosa parla.

Una serie di ovvietà e banalità, e infine indicazioni che sembrano fatte apposta per creare ignoranza.

 

Un articolo sul Corriere della Sera a firma di Francesca Borgonovi, non una giornalista ma un’analista OCSE, è stato intitolato “Ripetere non serve e costa troppo“, una frase che in cinque parole e una congiunzione contiene due affermazioni da far sobbalzare sulla sedia, il riferimento è al fatto di ripetere l’anno per i ragazzi bocciati. Ma leggiamo direttamente le parole dell’analista OCSE:

In teoria la bocciatura dovrebbe servire a permettere a uno studente che è rimasto indietro nel programma di “mettersi in pari” per riuscire poi a proseguire gli studi con profitto. Tuttavia lo studio OCSE PISA che confronta i dati sulle bocciature e sulle competenze scolastiche degli studenti 15-enni in più di 65 paesi nel mondo mostra che far ripetere anni scolastici non è di aiuto per gli studenti che ripetono un anno, comporta costi elevati per il sistema paese e non solo non aiuta a promuovere maggiore equità nel sistema, ma rinforza le differenze tra studenti con un diverso background socio-economico.

Il discorso sulle bocciature dovrebbe innanzitutto avere come presupposto una condivisa concezione di cosa sia una bocciatura, si dovrebbe innanzitutto stabilire che una bocciatura deve avvenire quando uno studente, che abbia avuto la possibilità di un regolare svolgimento delle lezioni e che abbia effettuato un numero congruo di prove, non abbia raggiunto il livello minimo di preparazione richiesto dall’anno di corso frequentato. Ciò premesso si può dire che si tratta di una decisione che prescinde dal fatto che possa essere di aiuto allo svolgimento dell’anno successivo. Si tratta di constatare che l’obiettivo formativo non è stato raggiunto.

Questa constatazione porterà poi a fare delle considerazioni personali sul perché tale obiettivo non sia stato conseguito, e a volte anche a riconsiderare l’opportunità di proseguire un determinato tipo di studi.

Ma andiamo oltre e proseguiamo con l’articolo della Borgonovi:

Lo studio PISA mostra che purtroppo in Italia, come in molti altri paesi, tra gli studenti che ottengono gli stessi risultati in matematica, comprensione di testi e scienze, gli studenti socialmente svantaggiati hanno più probabilità di ripetere un anno rispetto agli studenti più favoriti.

Gli studenti socio-economicamente svantaggiati hanno meno possibilità di ricevere aiuto durante l’anno scolastico grazie a corsi di recupero e lezioni private. Gli studenti svantaggiati spesso hanno maggiori problemi comportamentali, arrivano in ritardo e saltano lezioni o giorni di scuola. Invece che intervenire sui problemi che determinano un allontanamento progressivo di troppi ragazzi dalle classi, il mondo scuola in Italia si basa ancora sull’uso della bocciatura come strumento per punire.

L’OCSE scopre che le persone che provengono da realtà socio-economicamente svantaggiate spesso sono svantaggiate anche dal punto di vista scolastico (non ci voleva uno studio a parte per saperlo), e rimprovera alla scuola di non “intervenire sui problemi che determinano un allontanamento progressivo di troppi ragazzi dalle classi”. Ma non viene detto come intervenire sui ragazzi socio-economicamente svantaggiati, del resto lo studio originale dell’OECD di Pisa (il PDF è disponibile qui) non è molto significativo in tal senso, vengono riportate delle cifre ma non come si sia giunti alle conclusioni. Che la bocciatura non debba essere uno strumento per punire siamo d’accordo ed è quanto va affermato, ma questo non significa che essa debba essere uno strumento da non usare quando necessario.

Ma è sul finale dell’articolo che si capisce quale sia il vero problema per l’OCSE:

 L’esigenza di fare ripetere una classe implica costi elevati: alla spesa di un anno aggiuntivo d’istruzione bisogna infatti aggiungere il mancato introito per la società quando si differisce di almeno un anno l’ingresso dello studente bocciato sul mercato del lavoro. In Italia, il costo delle bocciature rappresenta il 6,7% della spesa annua nazionale per l’istruzione primaria e secondaria – ovvero 47.174 dollari (circa 36 mila euro) per studente che ripete l’anno.

Eccolo lì il problema: il bocciato costa. Ma non costa un importo ragionevole, costa una cifra spropositata: 36.000 Euro (leggasi € Trentaseimila/00) a testa! Come si arriva a questa astronomica non viene dato saperlo, sarei però disposto a scommettere che avendo davanti i calcoli ci troverei qualcosa da ridire. Ma non basta, i cervelloni dell’OCSE (chissà se qualcuno di loro è un ex ripetente) hanno partorito un’idea geniale, se infatti un ripetente costa 36.000 Euro, non bocciandolo si risparmierebbe quella cifra e con essa si potrebbero finanziare delle ripetizioni che impedirebbero ad altri studenti di essere bocciati (questo innescherebbe un circolo virtuoso che a rigor di logica eliminerebbe i ragazzi che vanno male a scuola):

Ridurre le bocciature potrebbe aiutare a risparmiare risorse da investire nella prevenzione: per aiutare i ragazzi in modo personalizzato durante l’anno affinché’ non si creino lacune nel processo di apprendimento e per affiancare ragazzi demotivati e con scarso attaccamento alla scuola.

Per fortuna contemporaneamente compare sul Corriere un articolo intitolato “Nascondere o recuperare i ripetenti
Il dilemma dei sistemi educativi”  di Eraldo Affinati, che di scuola ne sa qualcosa, e che focalizza il problema:

Qualsiasi professore conosce la strada maestra da percorrere, indicata a chiare lettere nel documento appena diffuso: un’azione mirata individuale sortisce quasi sempre effetti positivi. E’ chiaro: se potessimo conoscere dove trascorre i pomeriggi il nostro Romoletto, chi sono suo padre e sua madre, in quale modo vive, sarebbe molto più facile per noi aiutarlo a rialzarsi dal pantano in cui è caduto. Ma come si fa a realizzare questo obiettivo didattico in classi pollaio, alle prese con casi uno diverso dall’altro, fra alunni Bes, L2, eccellenze, certificati e iperattivi?

Come detto sopra l’OCSE non ha detto nulla che un insegnante degno di tale nome già non sapesse, e non ha fornito un vero modo operativo per aiutare gli studenti in difficoltà, ha detto solo un sacco di ovvietà. Affinati a questo punto indica come vadano veramente letti i dati raccolti:

I riepiloghi grafici compresi nel Programma per la valutazione internazionale degli studenti ci colpiscono semmai in un’altra prospettiva: scorrendo gli elenchi scopriamo che in Giappone e Norvegia non esistono ripetenti. Forse perché in queste nazioni i quindicenni sono più bravi?

No di certo. Diciamo piuttosto che in quei Paesi si è deciso di non bocciare nessuno. Noi italiani, con il nostro diciassette per cento di zucconi, tutto sommato siamo in mezzo al gruppo. In Belgio, Francia, Germania, Spagna e Portogallo, considerando il numero dei negligenti, i docenti sembrano essere molto più severi. E nel Regno Unito, dove i ripetenti sono quasi scomparsi, cosa vuol dire?

Tutto dipende da come le politiche dell’istruzione hanno deciso di affrontare il problema degli scolari difficili: evidenziarli, nasconderli o recuperarli.

Ecco il vero punto del discorso, il ripetente, quella figura senza la quale la scuola “che scuola sarebbe?”, non è qualcosa da eliminare, che poi vuol dire nascondere, negare, ma qualcosa che testimonia una difficoltà che va riconosciuta e alla quale va data una risposta vera.

E che l’OCSE anziché fornire ovvietà, ricette per risparmi inverosimili, e proposte distruttive, vada a fare… studi da altre parti.

 

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Laureato in Biologia e in Farmacia, docente di scienze naturali Nel 2011 ha pubblicato "Inchiesta sul darwinismo", nel 2016 "L'ultimo uomo" e nel 2020 "Il Quarto Dominio".

9 commenti

  1. Prof quel’è il suo modello di scuola ideale? Cosa proporrebbe lei per migliorare la scuola? Nella sua esperienza come docente la bocciatura ha mai aiutato uno studente a comprendere gli errori commessi e a migliorare?

    • Luca, il mio modello di scuola ideale dal punto di vista della suddivisione de cicli di studio, dei programmi e delle valutazioni, non è molto diverso da com’è adesso, la differenza la fanno gli insegnanti, troppe regole non servono.
      Quindi per migliorarla dovrebbe insegnare solo chi lo fa per passione, evito di parlare delle strutture per non dire delle ovvietà, ci tengo a dire però che si dovrebbe studiare in un luogo esteticamente bello.
      Riguardo alle bocciature si tratta di decisioni sofferte proprio perché si deve capire cosa farà bene allo studente.
      Una bocciatura deve far capire che abbiamo delle responsabilità, che le nostre azioni hanno delle conseguenze, che ciascuno di noi ha dei limiti, che non è vero che sempre tutto si aggiusta, che non si è più dei bambini e infine che un fallimento non è la fine di tutto ma un momento per capire gli errori e ripartire.
      Tutto, tranne che una punizione.
      E la risposta alla domanda se è servita a qualcosa, è sì.

  2. Nella mia esperienza (15 anni nel Liceo scientifico, 5 nel Professionale, 6 nel Liceo artistico) di casi in cui la bocciatura è servita all’alunno ne ho visti eccome. Ho visto anche casi in cui non è servita all’alunno interessato, ma è servita ai suoi compagni di classe, che si sono notevolmente giovati, nell’anno successivo, della mancanza di un elemento di esclusivo disturbo per nulla interessato all’apprendimento. Se possa giovare o meno all’alunno dipende principalmente dalla causa che lo ha portato a non conseguire gli obiettivi richiesti.
    Ma non è questo il punto principale. L’OCSE oltre a dire una serie di banalità, come giustamente rilevato dal prof. Pennetta, assume una vera assurdità quale idea di base sottintesa: quella del cosiddetto “diritto al successo formativo”. Ma nessuno può garantire il superamento di un valico in bicicletta a chi non vuole pedalare.
    PS: standing ovation per il titolo!

    • Klaus, è vero anche il fatto che una bocciatura può avere indirettamente un effetto sugli altri, aiuta ad esempio a capire che si è fatto un lavoro e che questo è stato riconosciuto, più tutte le cose che elencato per il diretto interessato e che vengono comunque capite.
      Molto giusto il discorso che fai sul “diritto al successo educativo”, stiamo vivendo in una società che vede diritti ovunque, uno stato delirante.

  3. Certi discorsi ricordano il don Milani di lettera a una profesoressa dove viene condannata la scuola classista che discrimina i poveri grazie al sistema delle bocciature chissà certe idee si sono diffuse a macchia d’olio grazie alla cultura di sinistra che le ha fatte sue certo che fa effetto sentir dire certe cose da un organismo internazionale

  4. Giorgio Masiero on

    Organismo internazionale?! Più prosaicamente, Johnny, sono le opinioni personali di una signora impiegata in un carrozzone pubblico.

  5. Mah, sembra quasi un endorsment all’attuale china distruttiva che le varie riforme hanno provocato.

    L’introduzione di criteri economici nelle valutazioni delle scuole (tanti iscritti= buono, pochi iscritti=cattivo) sono micidiali.
    Il risultato è che non si boccia quasi più per demerito degli studenti (sarebbe cattiva pubblicità e poi si rischiano denunce e ricorsi), se si boccia si boccia sopratutto per demerito degli insegnanti (per antipatia verso coloro che osano ragionare con la propria testa e difendere le proprie idee – e non sto parlando in generale sono cose viste e riviste di persona, negli ultimi anni ).
    La conversione in “Dirigente” del preside ha peggiorato la situazione, fatta ecezzione per i pochi vecchi presidi ancora in carica (magari incastrati dalla mattanza delle riforme pensionistiche), che ancora fanno il loro mestiere con coscienza e buon senso, le nuove leve, per quanto riguarda la mia personale esperienza e quella di persone a me vicine) sembrano fatte con lo stampino, selezionate fra persone con una spiccatissima tendenza all’autostima che rasenta (e alle volte supera) il patologico, la cui qualità (se così possiamo chiamarla) più sviluppata è l’ambizione.
    Fioccano progetti inutili ma molto “fancy” e “cool” con relativo battage sulle testate locali e girandola di assessori, autorità, ballerine, nani e clowns mentre la preparazione langue.

    I bravi insegnanti, e ce ne sono molti, sono umiliati da dirigenti e loro staff davanti a studenti, genitori e colleghi.

    Lo scopo della scuola non è più quello di preparare persone capaci ma semplicemente schiavi ignoranti e duttili e ci sta riuscendo benissimo.

    Che tristezza

  6. Purtroppo é una analista ocse Masiero e c’é la concreta possibilitá che certe panzane possano diventare realtá

    • Giorgio Masiero on

      Se l’analisi di questa signora “diventerà realtà” in Italia, Johnny, non sarà perché la signora lavora nell’Ocse (Lei crede che l’analisi sarà presa sul serio in Israele o in Turchia, che pure aderiscono all’Ocse?), ma solo perché la signora è una voce ascoltata dalla sinistra italiana.

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