Salvate la scuola dal CLIL

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giannini

La strada verso l’analfabetizzazione passa attraverso uno dei suoi punti cruciali, il CLIL.

La pretesa, al limite del delirio, di un metodo che può aver pensato solo chi non ha mai messo piede in un’aula scolastica.

 

Il Ministro Giannini promette l’insegnamento delle scienze in inglese alle elementari, ne parla il Corriere con grande risalto, a seguire una grandinata di commenti giustamente caustici verso questa ennesima pensata all’inseguimento delle mode e a discapito della scuola. Credo sia giunto il momento di parlare del CLIL.

Avrei voluto prenderla un po’ alla larga, iniziare parlando di pedagogia e contenuti didattici, ma proprio non è possibile, l’argomento CLIL non prevede intrinsecamente vie di mezzo, bisogna iniziare bruscamente e poi andare sui fondamentali della comunicazione. L’acronimo CLIL sta per Content and Language Integrated Learning – insegnamento di una disciplina non linguistica in lingua straniera, il che tradotto in parole povere significa che un insegnante entra in classe a spiegare ad es. scienze e lo fa senza profferire una sola parola in italiano, attacca direttamente in inglese fino a quando, suonata la campanella, non esce dalla porta.

Nell’era pre-politically correct, quella appena descritta sarebbe stata una scena da “Scherzi a parte”, sai che divertimento a ‘vedere di nascosto l’effetto che fa…’ avrebbe detto il compianto Jannacci. Roba da piegarsi in due, occhi sgranati e pagine bianche che si riempiono di spezzoni di parole assonanti con quelle pronunciate dal/dalla teacher ma tutte diverse da un quaderno all’altro, gomitate alla “ma che ha detto?”, e su interrogazione dal posto risposte composte per metà di “Ehm…. I don’t understand, can you repeat please?”.

E invece adesso tutto questo potrà essere realtà, il progetto CLIL prevede infatti proprio che delle ore di lezione in una disciplina non linguistica vengano svolte in lingua straniera. Le linee guida del progetto sono disponibili sul sito del MIUR.

 

 

A ben vedere, quanto scritto nelle prime due righe smentisce già i presupposti del metodo, infatti i redattori delle linee guida dopo aver scritto in inglese l’acronimo CLIL si premurano di tradurlo per il lettore! Sanno bene infatti che se chi ascolta non possiede già il metodo per decodificare quanto trasmesso, la comunicazione fallisce. Per visualizzare la situazione si può ricorrere allo schema di Shannon-Weaver del 1949:

Fonte Wikipedia.

Se la fonte dell’informazione invia il messaggio tramite un “encoder” che usa un codice diverso da quello dell’ “decoder” del ricevente, il messaggio non potrà giungere al destinatario. Quando si impara una lingua si segue infatti una doppia comunicazione, quella di un elemento noto associato al simbolo da imparare:

The cat is under the table

Se a questa immagine associamo la frase “The cat is under the table“, chi deve imparare l’inglese avrà modo di ricostruire cosa significhi il messaggio in lingua tramite quello visivo. Ma se invece volessimo trasmettere contemporaneamente due messaggi codificati in modo sconosciuto al decoder, il ricevente non avrà nessuna possibilità di comprendere il contenuto:

Adenine DNAやRNAの塩基である 

In questo caso invece, per lo studente sia la figura che il messaggio scritto sono codificati in modo a lui sconosciuto (la scelta del giapponese rende più evidente la situazione). 

Il successivo passaggio della definizione del MIUR spiega che l’obiettivo primario è insegnare la lingua, non la materia relativa all’insegnamento (es. scienze):

Il metodo CLIL contesta il convincimento, allora in auge, che la sola immersione del discente nella lingua straniera sia sufficiente ad apprendere la lingua.

Questo costituisce uno snaturamento dell’insegnamento in quanto si strumentalizza una materia per insegnarne un’altra. Ciò costituisce anche un ribaltamento del concetto di comunicazione, si utilizza il contenuto col fine di trasmettere il codice, quest’ultimo diventa quindi (nel caso la cosa funzionasse), il fine dell’azione. E così l’insegnante di scienze, filosofia, storia, matematica ecc… si trova ad essere diventato uno strumento per insegnare l’inglese. Ma ecco che il documento del MIUR sapendo bene qual è il problema, fa una “promessa”:

Chi decide di denominare un percorso veicolare con il termine CLIL fa una promessa: promette che la lingua verrà appresa attraverso il contenuto e che il contenuto verrà insegnato ed appreso attraverso la lingua, contemporaneamente.

Una promessa dunque, ma non possiamo accontentarci delle promesse, l’esperienza sul campo garantisce  invece il contrario, che non si insegnerà né l’una né l’altra materia, l’unico risultato sarà trasformare l’aula scolastica in una Babele, situazione che notoriamente porta a non realizzare nulla. Chi ancora vedesse favorevolmente questo metodo faccia una prova, quando torna a casa provi a parlare una lingua che i figli non conoscono e cerchi di educarli in modalità CLIL, poi ne riparliamo, analogamente si potrebbe fare sul lavoro, proviamo a formare il personale parlandogli in cinese, qualcuno metterebbe in gioco la propria azienda con un metodo simile?

Ma finita la pars destruens, possiamo dare una semplice indicazione per una pars construens, un metodo che consentirebbe di migliorare la possibilità di leggere ad esempio un paper in inglese o di conversare in lingua su un argomento scientifico, lo potremmo chiamare CRL, Content Redundancy Learning, cioè insegnamento tramite ridondanza di contenuti. Semplicemente si tratterebbe di fare una lezione in italiano su un argomento e in seguito, una volta appresi i contenuti della stessa, verrebbe ripetuta in inglese con successive interrogazioni in inglese.

In questo modo le regole di base della comunicazione non vengono violate e si otterrebbero risultati sia nella disciplina non linguistica che in quella linguistica.

Un’ultima cosa, si dovrebbero aumentare le ore settimanali creandone alcune extra espressamente per il CRL che andrebbero ad aggiungersi a quelle delle singole discipline, inglese e scienze ad es., per non sottrarre tempo al regolare svolgimento del programma. Ma questa sarebbe una cosa seria.

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Laureato in Biologia e in Farmacia, docente di scienze naturali Nel 2011 ha pubblicato "Inchiesta sul darwinismo", nel 2016 "L'ultimo uomo" e nel 2020 "Il Quarto Dominio".

55 commenti

  1. alessandro giuliani on

    Questo è un disastro si sta scientemente programmando l’asservimento Dell’Italia da parte di un gruppo di mezze calze xenoculturali che odiano in cuor loro la loro patria.
    Sono trenta anni che lavoro nel campo della scienza e ho girato i laboratori di mezzo mondo: Singapore Giappone India USA Germania. Ovunque ho trovato ammirazione e anche malcelata invidia per gli scienziati italiani. Ora si vuole minare alle basi i nostri punti di forza per distruggere questa singolarità che fa si che un medio ricercatore italiano all’estero faccia la figura di un genio. Questa singolarità viene dalla scuola e si fonda su due pilastri che sono il latino e l’importanza data ai fondamentali in scienze.
    La lingua dei padri permette di organizzare un pensiero conseguente e non affastellare una frase accanto all’altra come in inglese e nello stile dei nostri giornali. Poi abitua a capire come discernere la parte importante di un discorso dal rumore e infine cosa rivoluzionaria nel mondo globalizzato riconoscere in ciò che si spaccia come nuovo pensieri in giro da millenni.
    In mille dibattiti e difficoltà me ne sono servito.
    Le scienze che si imparano a scuola devono fondersi con il senso comune con la vita di tutti i giorni e quindi parlare il linguaggio di tutti i giorni e per questo è molto più importante saper bilanciare una reazione chimica che sapere cosa è il micro RNA.
    Poi al dottorato possiamo fare i corsi in inglese così attireremo i bravissimi studenti indiani o cinesi che preferirebbero mille volte venire a studiare in Italia piuttosto che in qualsiasi altra parte del mondo.
    Ma se distruggiamo tutto questo non sarà possibile bisogna resistere con le unghie e con i denti ognuno dalla sua posizione

    • Ciao Alessandro, la denominazione “mezze calze xenoculturali” me la annoto!
      Quello che riferisci della tua esperienza internazionale mi conferma nelle riflessioni che ho fatto sull’argomento e che non ho avuto modo di scrivere qui.
      C’è ancora qualcosa di importante da dire, credo che potrei dedicare un altro articolo alla questione.

      • Alessandro Giuliani on

        ..ogni tanto mi faccio prendere la mano…però questa tiritera provincialissima dell’Italiano che per farsi considerare un conoscitore del mondo oltre che una persona colta e onesta chiama le altre nazioni europee ‘i paesi civili’ mi spinge ad azzannare la gola del malcapitato e quindi, via internet, a inventarmi fantasiosi epiteti, anche se ‘xenoculturale’ lo avevo letto da qualche parte, non è farina del mio sacco…

        • Perfettamente d’accordo sulla necessità di salvare gli studi umanistici e sul fatto che in materia di istruzione avremmo dovuto guardarci dal rincorrere modelli esteri. Però, ogni mattina che mi reco a scuola in auto, costretto perché i mezzi pubblici sono quello che sono, e percorro il marciapiede pieno di buche e ricoperto di escrementi di cane e di cartacce, pacchetti di sigarette e così via (e ti assicuro che è così OGNI mattina e che di questi rifiuti ce ne sono a CENTINAIA) il discorso dei Paesi civili acquisisce per me un certo significato. Non vorrei fare la parte del conoscitore del mondo, ma il lerciume che ricopre Roma negli ultimi tempi (trent’anni fa non era così) non l’ho mai visto da nessuna parte.

  2. Michele Forastiere on

    Sono perfettamente d’accordo. E’ una follia che purtroppo sta già dando problemi alla scuola superiore, a partire dalla semplice organizzazione didattica.

    • Michele, la tua conferma da collega è importante, grazie per aver segnalato un altro aspetto su cui non mi ero soffermato: anche i problemi di organizzazione del CLIL danneggiano ulteriormente la didattica.
      Questa iniziativa è un danno comunque la si veda.

  3. Non mi sento di giudicare l’efficacia della proposta ma non ho capito, che c’e’ di nuovo sotto il Sole? Io ho studiato letteratura inglese in Inglese, le lezioni erano esattamente cosi’, da quando la prof entrava a quando usciva, l’Italiano era proibito (circa).
    Si vuol trasferire questo metodo anche ad altre materie, ok ma chiamiamo queste ore come “studio della lingua” perche’ se le chiamiamo “studio della materia, eppero’ insegnata in Inglese” mi pare ridicolo supporre si possa trarre altrettanto profitto.
    Certo che lo scopo lo condivido, la possibilita’ di informarsi indifferentemente in Italiano o in Inglese lo ritengo un vantaggio straordinario nella mia cultura. Ma ho dubbi che possa reggere questo argomento, che in breve dice: “dopo aver constatato che l’Insegnamento dell’Inglese in Italia e’ fallimentare, nonostante il full immersion sia gia’ adoperato, propongo di fare full immersion multidisciplinare. Con la pretesa che cosi’ si passera’ da una materia insegnata con poco profitto a due materie insegnate con profitto”. Si’, piu’ stimoli ok. Ma mi pare un po’ una scommessa al buio vista cosi’.

    • Analisi molto concreta della questione. Immagino che quando studiavi letteratura inglese in inglese tu avessi già una conoscenza della lingua sufficiente a comprendere i contenuti, quando però pensiamo ai contenuti di una disciplina scientifica insegnati a dei liceali (mai sentito come parlano in inglese il 3/4 di loro?) il discorso non sta più in piedi.
      Il problema a mio parere è che se l’insegnamento della lingua inglese funzionasse non ci sarebbe bisogno di fare nessun CLIL, gli studenti non avrebbero difficoltà a parlare di scienze o storia o fisica ecc… così come non avrebbero problemi a comprendere un telegiornale della BBC. Il CLIL si risolve nel tentativo di distribuire su altre materie il fallimento dell’insegnamento dell’inglese, e questo ci viene detto proprio dal MIUR, ricordo il passaggio:
      “Il metodo CLIL contesta il convincimento, allora in auge, che la sola immersione del discente nella lingua straniera sia sufficiente ad apprendere la lingua.” Secondo questa frase il problema è proprio nell’apprendimento della lingua.
      Ammesso che tutto andasse nel migliore dei modi il CLIL porterebbe comunque al dimezzamento della preparazione in scienze (prendo questa materia come riferimento più probabile).
      Infatti dedicando il 50% del tempo al CLIL le cose sono due:
      1- in inglese viene ripetuto quanto già gatto in italiano
      2- in inglese vengono insegnati argomenti nuovi
      .
      Nel primo caso si dimezza il programma per raddoppio delle spiegazioni sullo stesso argomento, nel secondo si dimezza perché la metà delle spiegazioni non verranno capite.
      NB: quotidianamente una parte della classe non capisce neanche le spiegazioni in italiano, figuriamoci in inglese! La prova sono parte di tutte quelle insufficienze che permangono a fine anno e che con il CLIL non potrebbero che aumentare.

      • Quoto! “Il CLIL si risolve nel tentativo di distribuire su altre materie il fallimento dell’insegnamento dell’inglese”. Pare che non vogliamo imparare nulla dal misero fallimento dell’insegnamento dell’Inglese. Conosco bene non solo il livello degli studenti ma anche quello dei colleghi attuali. Disarmante. E poiche’ io non sono mai stato uno studente modello so per certo che l’attuale tecnica, se in mano ad un prof competente, funzione eccome. E il bello e’ che io sono sempre stato portato per le scienze e poco per la letteratura, quindi non mi sento neanche di appoggiare un eventuale discorso “e’ la letteratura inglese che non va bene, con scienze naturali invece gli alunni saranno piu’ ricettivi”. Cosa hanno a supporto di questo, apparte la solita pretesa delle teste d’uovo a progettare le cose che “funzioneranno per costruzione”, invece che pensare a formare bravi insegnanti? In ogni caso la Giannini dovrebbe per lo meno fare un accenno all’inevitabile perdita di efficacia della materia “inglesizzata”. Notti maaaagicheeee, inseguendo un goool! 😀

  4. Io non mi preoccuperei più di tanto. 6 anni fa andai a seguire una relazione sulla riforma Gelmini per indirizzare mia figlia maggiore alle superiori. Ricordo che dal 3° o dal 4° anno erano previste materie come storia e quelle scientifiche in inglese, ma l’ottimo relatore disse subito che difficilmente si potevano trovare insegnanti che lo potessero fare per tutte le classi interessate a questa riforma. Ha avuto ragione, mia figlia si avvia alla maturità e non c’è stata traccia sin qui di questo punto delle riforma Gelmini.

    • Confermo quello che dici, il delirio di chi ha pensato quest’idea del CLIL non si ferma al fatto che sia fallimentare dal punto di vista didattico ma mostra una tragicomica incapacità di vedere la realtà.
      Come giustamente ricordi, l’insegnamento CLIL nei licei dovrebbero farlo gli attuali insegnanti spiegando in inglese, lingua che secondo le teste d’uovo europee e ministeriali dovrebbe essere perfettamente conosciuta e correntemente parlata da tutti i nostri docenti.
      Questi fanno decreti su un paese che esiste solo nelle loro fantasie.
      E quindi il CLIL fallisce prima ancora di fare danni, e fallisce perché semplicemente le disposizioni vengono ignorate.
      Forse, rifacendomi a quanto faceva osservare Alessandro in un altro commento, l’anarchia e il cinismo (quest’ultimo in particolare romano) di base del nostro popolo stanno per diventare una qualità.

    • La Gelmini, quella del tunnel di 800Km per le particelle superluminali. Vogliamo ripercorrere la storia? Dopo decenni di stasi, ci ha provato Berlinguer, tentativo fallito se non ricordo male, poi Nostra Signora Gelmini ha raccolto la pesante eredita’, mostrando tutta la sua preparazione, ed ora di punto in bianco sta cosa.
      Poveri ragazzi. Non e’ ora tarda che i genitori si facciano sentire?

  5. Pura follia.

    Si dice che per imparare a volare bisogna prima saper camminare.

    A quanto pare l’ansia da prestazione di questo ministro stravolge questo concetto.

    Il risultato è che questa norma verrà attuata, poi, chiaramente, con i prossimi governi verrà tolta.

    A pagarne le conseguenze saranno una o due classi di bambini (fra cui mia figlia), che non avranno basi di scienze.

    Userò un modo di esprimermi forte, ma farei volentieri a meno della sperimentazione umana, specie su cavie così tenere, per le vanaglorie ministeriali.

    • Virginia, in riferimento a quanto ho detto sopra, ti auguro di trovare una maestra romanamente “cinica” che decida di non applicare le indicazioni ministeriali… 🙂

  6. Da insegnante di Matematica e Fisica, la cosa più gentile che mi viene da dire del CLIL è il commento di Fantozzi sulla “corazzata Kotiomkin”. http://youtu.be/grJNVDs2_70?t=32s
    Per quello che conta il mio parere, visto che per la ministra la mia (scarsa?) preparazione è causa di risultati poco brillanti nelle mie materie.
    Che si abolisca il ministero dell’Istruzione e si faccia andare la scuola per inerzia. Non potrà certo andare peggio.

    • “Che si abolisca il ministero dell’Istruzione e si faccia andare la scuola per inerzia. Non potrà certo andare peggio”
      Sono d’accordo, basterebbe lasciare il personale per l’ordinaria amministrazione, mantenere materie e programmi, l’unica cosa che serve sono gli insegnanti motivati e preparati, il resto è intralcio.

  7. Giuseppe Cipriani on

    Scusate tutti, ho voluto capire che aria tira, e mi pare che tutte le bandiere degli intervenuti siano orientate dalla stessa parte… Non sono insegnante, ma ho figli che frequentano le scuole. A me, nel mio piccolo, pare che l’idea sia ottima, è un’idea che aggiunge cultura, non sottrae cultura. Se si tratta di organizzarsi, ben venga questa esigenza e finalmente ci si organizzi.
    E poi, perché sottacere che la materia in lingua sarà svolta in compresenza dell’insegnante di base che parla italiano e accompagna la lezione in modo attivo, immagino? Non è vero, se le cose stanno così, che entra in classe il madre lingua, svolge la lezione e va via, lasciando i ragazzini basiti come pare a leggere gli interventi di molti qui…

    • La materia deve essere insegnata dagli insegnanti curricolari, cioè è il “normale” professore di scienze, matematica o storia dell’arte che deve insegnare scienze, matematica o storia dell’arte in inglese senza alcuna compresenza di chicchessia. Inoltre la commissione d’esame di Stato deve ascoltare una parte della dissertazione del candidato, su tale materia, in inglese. Notare che si tratta dello stesso Ministero che per decenni ha disincentivato ogni attività degli insegnanti diversa dallo stare seduti a compilare tonnellate di carte, reso impossibile ogni esperienza all’estero, ogni approfondimento personale contenutistico, ogni periodo sabbatico e così via.
      Ora – a parte l’assurdità dell’idea di fondo, ottimamente chiarita dall’articolo, si pretende che, voilà, si materializzino dal nulla docenti competenti nella loro materia e al contempo di lingua inglese. Come finirà? alla Noio voulevam savuar, naturalmente.

      • Giuseppe Cipriani on

        Mi scusi, ma ci dev’essere un equivoco di fondo… E non capisco tutto questo disfattismo italico.
        Della compresenza nelle quarte e quinte elementari parla il ministro nell’intervista sul Corriere. E riguardo alla conoscenza dell’inglese, magari non sarà tutto facile subito ma le nuove generazioni di insegnanti ritengo che saranno all’altezza… Da papà ritengo che tutto fa brodo quando si tratta di cultura, quella linguistica al pari di quella delle materie che saranno prese in considerazione per questa innovazione.

        • Giuseppe, se c’è qualcosa che è più lontano da me è il disfattismo italico, anzi, non faccio altro che dire che siamo potenzialmente i primi su quasi tutti i campi purché ci si lasci lavorare in pace.
          Ripeto che, come riportato sul Corriere, la compresenza NON è prevista nei licei.
          Ammesso poi che le nuove generazioni possano essere uniformemente preparate e all’altezza, cosa di cui dubito, ripeto l’invito a fare una prova: vada nel suo posto di lavoro e si sottoponga insieme ai colleghi ad un corso di aggiornamento CLIL in inglese o cinese magari, poi prenda un gruppo che abbia fatto lo stesso corso in italiano, quale dei due gruppi avrà una preparazione migliore? La domanda ovviamente è retorica.

          • Giuseppe Cipriani on

            Le chiedo, perché non lo so: viene sottoposto a un corso di aggiornamento in inglese anche chi non conosce (bene) l’inglese? Se sì, allucinante, ma credo che il buonsenso sia ancora vigente sia in chi frequenta i corsi e sia in chi li impone…

          • Il senso del CLIL è proprio quello di insegnare contemporaneamente la lingua e la materia, se si trattasse di insegnare le scienze in inglese a chi conosce bene l’inglese non sarebbe più CLIL ma un normale corso di scienze in inglese per chi parla quella lingua.

    • Giuseppe il problema è che l’affermazione “el mio piccolo, pare che l’idea sia ottima, è un’idea che aggiunge cultura, non sottrae cultura” non è realistica.
      L’oraio scolastico potremmo definirlo un gioco a somma zero, le ore settimanali non si creano dal nulla e alla fine i giocatori si spartiscono il monte ore a disposizione. Se abbiamo ad es due misere ore settimanali di scienze (cosa che avviene ad es. per tutto il liceo classico) e una viene svolta con il CLIL, in realtà a fine anno avrò dimezzato il già difficile insegnamento delle scienze.
      Come dicevo il CLIL o ripete la lezione già svolta o ne fa una nuova che non verrà capita (si fidi!), ecco dunque che mi ritrovo con un’ora settimanale a disposizione.
      La compresenza dell’insegnante è comunque prevista solo alle elementari ( e i fondi dove li trovano? Ma come, tanti problemi per pagare un insegnante di sostegno nei casi in cui serve…), per i licei invece deve provvedere il docente titolare di cattedra. Da solo.

    • L’idea sarebbe ottima imho se l’insegnante curricolare fosse madrelingua inglese.
      Qui in Finlandia, dalle elementari ogni insegnante di inglese è laureato in lingua inglese e ha il livello C2 (in italia i laureati in lingua inglese sono laureati in letteratura, e il livello va dal B2 al C1 a seconda del voto dell’ultimo esame di lingua inglese 3, il C2 e per la lode e molto raro fra gli studenti, la mia ragazza è laureata in lingue).
      La cosa non stupisce dato che in questo paese l’insegnante è la professione più rispettata in assoluto e una delle più pagate (seconda solo a medici e avvocati, ma prima degli ingegneri).

      Purtroppo la realtà della scuola italiana è ben diversa se non diammetralmente opposta: mia mamma fa l’insegnante di inglese e ha livello B1, stiracchiato francamente, perchè è fra le sue colleghe la più competente, ma con la sua laurea in filosofia preferirebbe volentieri portare avanti la sua classe di afferenza in una materia in più piuttosto che l’inglese. Quindi, sebbene nella teoria non mi trova contrario a priori (non ne so abbastanza, ma a me pare che, se forniti con strumenti opportuni e non trattati da deficienti, bambini imparino davvero rapidamente le lingue), nella pratica un sistema simile è inattuabile ed estremamente dannoso e si traduce sicuramente nel cattivo insegnamento di ambo le materie (oppure si risolve “all’italiana”:”questa parte è difficile ve la dico in italiano, ma voi non ditelo” *occhiolino*).

      Tuttavia ci sono tante alternative, come i già citati telefilm (o ancora meglio, lezioni) con sottotitoli, che si possono adottare con molta più facilità e molti meno costi (specialmente in termini di orario di insegnamento).

      • Ma vedi Andrea la questione è ben diversa..
        Non è l’insegnante da quel punto di vista il problema,ma lo sono studenti e sistema in sé.
        Non siamo un paese “multilingua” come può esserlo un’ex colonia come Malta,né sul territorio esiste un convivere di(per esempio) italiano-tedesco come in alcne zone al nord Italia.
        Se può essere utile,da un certo punto di vista,affrontare la materia scientifica con quella che è la sua “lingua ufficiale” non può però essere utile allo stato attuale per gli studenti né a rinforzare l’inglese né a migliorare la loro conoscenza delle scienze.
        L’inglese in italia fa acqua da tutte le parti,non serve nasconderlo(negli ultimi anni si è impoverito pure l’italiano).
        È evidente che il problema è dell’inglese e del suo insegnamento.
        In un qualcosa come una decina d’anni di scuola davvero non si impara una lingua,poi barbara come l’inglese?Davvero?
        Se si imparasse a modo l’inglese non ci sarebbe problema poi a prendere e leggere un testo di divulgazione scientifica o una peer review..

        • Più che altro non vedo perchè imparare proprio la scienza in inglese, imparerei ad esempio la storia in inglese, una materia molto meno soggetta ai problemi derivanti dalle complicazioni della lingua. E concordo con l’articolo che bisogna imparare a pensare di scienza in lingua.

          Sul fatto che non siamo un paese “multilingua” è vero, ma è un passo per migliorare l’insegnamento. Neanche in Finlandia lo sono, o meglio, lo sono ma per lo svedese.
          Ma, complice il fatto che la televisione non è doppiata, complice l’insegnamento molto rigoroso, parlano tutti un ottimo inglese (e migliore del loro svedese).

          Il sistema CLIL in se non lo trovo un brutto modo di insegnare una lingua, francamente. specialmente dopo un certo livello, insegnare la grammatica e le regoline è tempo veramente perso. Io ho iniziato a imparare inglese quando ho smesso di studiarlo e ho iniziato a praticarlo, e ho iniziato a praticarlo direttamente sui telefilm e sulla scienza.
          E lo stesso quando ho imparato il tedesco, che pure è una lingua con una grammatica molto complessa.

          Ti lascio immaginare la sorpresa della mia ragazza, laureata in inglese e tedesco, quando venendomi a trovare in Germania trova il mio coinquilino, ingegnere Francese, parlare uno scioltissimo (anche se non perfetto) tedesco, di gran lunga migliore del suo.
          Dopo lo studio per più di 8 anni tutti i giorni anche a livello universitario lei aveva la testa piena di regole, che gli stessi tedeschi madrelingua non conoscevano esplicitamente, ma mancava (e manca ancora) la pratica che quel francese che non conosceva neanche il significato della declinazione dell’articolo e aveva imparato direttamente studiando ingegneria.

          Il mio coinquilino Francese è un radicale esempio di CLIL, ha imparato il Tedesco (non l’inglese), direttamente studiando ingegneria da adulto e senza mai (mai) approfondire la grammatica. Una lingua con generi e casi e declinazioni e declinazioni degli aggettivi.

          Ora credo (ma potrei sbagliarmi) che più si è giovani meglio è per imparare le lingue per immersione, ovviamente ammesso di impararle in un ambiente adeguato.

          Cioè data la mia ragazza si è laureata in quello e al fatto che ho studiato 4 lingue + latino un po’ di pensiero ci ho fatto su come si imparano e l’immersione.
          E no, attualmente non si impara, perchè da un lato il metodo non è affatto immersivo ed è sbagliato, insegnando inglese in italiano da insegnanti non preparati, e unicamente la grammatica per anni fino a commutare su una letteratura difficilissima rigorosamente in ordine cronologico (Shakespeare per primo). Questo potrebbeee essere un buon metodo, se non fosse che il nostro sistema educativo non ne ha sicuramente i mezzi.

          • Non c’entra nulla del suo coinquilino ingegnere o di casi analoghi o di come uno impari una linga in modi che non prevedano un corso base della stessa.
            Che ne esistan di questi casi e di mdi è indubbio ed è anche un’ovvietà.
            Le scienze forse vengon preferite alla storia perché l’inglese è la lingua ufficiale per la scienza e moltissimo si trova solo in quella lingua(per esempio diversi testi universitari delle facoltà scientifiche sono in inglese).
            Ma non è quello il punto.
            Il punto è che ,come anche lei parzialmente e giustamente nota,in italia manca un giusto metodo dell’insegnamento della lingua inglese e,di fatto,ciò non è neanche risolto dall’essere bilingue o similari.
            Perciò invece che affiancare problemi a problemi sarebbe d’uopo risolvere un qualcosa che non funziona da anni e anni,cioè apputno l’insegnamento della lingua inglese.
            Non è possibile che studiando iglese per una decina d’anni non si riesca ad impare decentemente la lingua,quando ,e quì riprendo ciò che ha riportato con l’esempio del suo amico,esistono metodi con cui certe persone lo imparano in tempi assai ma assai più brevi.
            Siccome però si parla di tutti e non tutti possono avere certe occasioni,stimoli,”sfide” e siccome è previsto fin dalle elementari lo studio dell’inglese è tassatorio che il livello di conoscenza dell’inglese collettivo debba essere molto ma molto migliore ,qindi l’insegnamento va rivisto e rivisto.
            La scelta delle materie in inglese,come nel caso le scienzze,non serve neanche stare a dire per quali mille ed uno motivi è un’idea sciocca e lontana dalla realtà delle cose.

  8. alessandro giuliani on

    La cultura linguistica è una bella cosa la cultura scientifica ancora di più la consapevolezza della propria tradizione culturale è ancora più importante delle altre due messe insieme. I nostri figli (lo ho constatato con le mie ragazze) l’inglese lo imparano su internet su you tube in discoteca su Facebook non vogliamo lasciare una riserva indiana per lo sviluppo intellettuale ?

  9. Perfetta la definizione di gioco a somma zero, purtroppo è un aspetto della scuola che rimane incomprensibile a chi della scuola ha solo la sua (più o meno) remota esperienza di studente. E’ su questa base che si alimenta la demagogia di chi fa raccolte di firme per promuovere l’aumento delle ore di questo o quello o di chi dice “se ne deve parlare nella scuola” a proposito degli argomenti più disparati. Ma nella scuola nulla può essere aggiunto senza togliere qualcos’altro, compreso quello spazio per la riflessione e l’approfondimento personale, al di fuori dell’orario curricolare, che una volta era l’aspetto positivo e caratterizzante del nostro sistema scolastico (vedi Liceo classico) e che è ormai già ridotto al lumicino.
    Quindi chi vorrebbe più di questo o più di quell’altra materia o contenuto dovrebbe sentire, se capisse realmente qualcosa di scuola, l’obbligo morale e intellettuale di precisare quali altre materie o contenuti, di preciso, vorrebbe togliere.

  10. alessandro giuliani on

    Fondamentale potenziare l’Italiano visto che ormai è difficile trovare uno studente universitario che riesca a scrivere in modo intelligibile

    • Giuseppe Cipriani on

      Va bene che qui si ragiona ormai “per sottrazione”, ma non vi sembra che il Clil non escluda i progressi in italiano?

  11. alessandro giuliani on

    Caro Giuseppe ci mancherebbe solo che si dicesse che lo scopo è l’abbandono della nostra lingua ( tra l’altro sempre più studiata a livello internazionale). Il punto è che non vi è menzione delle reali criticità educative tra cui la più grave è proprio la progressiva incapacità di esprimersi in buon Italiano visto che non solo non si sente l’esigenza di mandare a memoria vere poesie (non filastrocche idiote) ma neanche di sviluppare l’analisi logica e di scrivere veri temi (non beote analisi testuali tipo strutturalismo dei poveri).

    • Giuseppe Cipriani on

      Caro Alessandro, che rovina l’italiano, se vogliamo proprio dirlo, sono le moderne tecnologie, le modalità di comunicazione spicciole, necessariamente telegrafiche che i nostri giovani adottano in continuazione, solo per mandarsi a dire “nt a te” (Buona notte caro amico)… Capirai che il problema non sono i Clil, ma la struttura mentale che i nativi digitali stanno assumendo… Non leggono quasi più romanzi, saggi, fumetti, solo note di poche battute che riassumono per grosse linee concetti che un tempo erano espressi in modo magari lezioso, ma esteticamente gradevoli e gratificanti per l’anima. Non è quasi più così!!!

      • I CLIL non sono “il” problema, ma un problema aggiuntivo che si va ad aggiungere ai numerosi altri senza apportare alcun vantaggio, come è stato abbondantemente spiegato sopra.
        Saranno ore sottratte alla didattica disciplinare per ridiscutere contenuti che già sono stati discussi in italiano, in un’altra lingua non correttamente conosciuta né dai docenti né dai discenti, a danno di altri contenuti che dovranno essere eliminati.
        Quale possa essere l’aspetto positivo di tutto ciò, a parte il mettere in piedi un’ennesima sceneggiata, questa sì, davvero “italica”, mi sfugge completamente.

        • Giuseppe Cipriani on

          Per me, lei, Klaus, vede con gli occhi di oggi una proposta che è tutta in divenire, e dovrà per forza di cose dispiegarsi nel suo senso fra diverso tempo. Dico che ci vorrà tempo per assimilarla, ma alla lunga non sottrarrà ma aggiungerà… Io la vedo così, del resto non ci rimane che attendere gli eventi e la messa a regime del tutto. Io sono fiducioso e non vedo sceneggiate in questa speranza pura, ma solo quelle di coloro che a priori giudicano su presupposti che stanno in gran parte nella loro mente. Accetto che ad aver pregiudizi, per chi la pensa come lei, sia io che adoro le novità, soprattutto quando sono ispirate a creare del nuovo positivo. Anche se per fortuna non penso di essere l’unico a pensarla così.

  12. alessandro giuliani on

    Caro Giuseppe hai sicuramente ragione che i nuovi media massacrano l’espressione del pensiero e quindi alla lunga il pensiero stesso ma lo fanno a mio modo di vedere non perché sono malefici in se anzi (sono una meraviglia noi stiamo comunicando grazie a loro) ma perché gli utenti non hanno dimestichezza con le possibilità espressive della propria lingua ..Nulla osta che anche la comunicazione sui nuovi media possa essere chiara logica scorrevole e bella. Tanto meno è vero che l’inglese sia più sintetico in quanto lingua della modernità il latino lo è molto di più basta aprire una traduzione di un classico con testo a fronte.
    La soluzione per me non risiede nell’aggiungere ma nel togliere.
    Da ragazzo i miei libri di scuola potevo tenerli comodamente in mano legati da una cinghia elastica. A partire dagli anni 90 dalla scuola elementare all’università i libri riempono zaini enormi pesantissimi. Cosa è accaduto ? Una cosa tremenfa: nessuno sa più cosa è fondamentale e cosa è accessorio o derivabile per ragionamento dai fondamentali. Apriamo un libro scolastico (dalla prima elementare all’università) troveremo una selva di rimandi reiterazioni box esplicativi : si affastella di tutto senza alcun ordinamento gerarchico di essenzialita (che nostalgia per i bignamini !). Insomma è roba scritta da chi non ha mai fatto una traduzione dal latino e i ragazzi si perdono in mille particolari inutili. Pascal scrisse a un amico ‘ti ho scritto una lettera lunga perché non avevo tempo di scrivertene una breve’ torneremo a fare cultura quando avremo il tempo la voglia e la capacità di ridurre di molto le informazioni.

    • Giuseppe Cipriani on

      Caro Alessandro, la nostalgia canaglia del passato talvolta fa vedere belle cose che magari proprio non lo erano… Io, al contrario, noto che i miei libri di oltre 40 anni fa erano poveri, ma proprio poveri di informazioni e rimandi, di foto e di approfondimenti. Naturalmente ci sono sempre state le eccezioni.
      Chi studia oggi, per esempio, in un Istituto tecnico agrario, avrà pure da portare più peso, ma ha anche informazioni maggiori, libri che rappresentano delle vere miniere di approfondimento. Più pagine di solito significa più informazioni, poi è ovvio che molto dipende anche dall’autore che deve avere sì capacità di sintesi, ma anche conoscenze. Come nel caso dei professori, i mitici insegnanti che “incollano” una classe e la fanno stare attenta due ore sono i migliori, quelli che invece lo fanno per dovere, per la pagnotta non rimarranno nel ricordo di nessuno; purtroppo, anche i proff. non sono tutti uguali e a farne le spese sono gli studenti… anche se capita che ci siano studenti che hanno i proff. che si meritano e viceversa.

      • Giuseppe Cipriani on

        P.s.: d’accordissimo che le nuove tecnologie sono formidabili e potrebbero essere usate meglio; il problema, magari, è che i cosiddetti “nativi digitali” trovano difficoltà nel comunicare in modo più articolato, causa proprio un uso eccessivo del linguaggio digitale per forza di cose sintetico e povero.

      • Concordo con Alessandro sul fatto che un testo e una lezione scolastici debbano essere asciutti e far capire bene i fondamentali il resto fa solo abbassare il livello dell’apprendimento.
        Gli approfondimenti in quanto tali hanno senso solo dopo che si padroneggiano le basi, ma per quelli non c’è neanche bisogno del libro, basta andare su internet e digitare un argomento che si ritiene di approfondire.
        Ricordo ancora delle estenuanti discussioni con i genitori dei compagni delle elementari di una mia figlia che volevano proporre una serie di attività per aumentare l’offerta formativa e io che mi sgolavo a dire che l’obiettivo era uscire dalla V elementare sapendo fare di conto e scrivendo in italiano, e avevo ragione.
        .
        Concordo poi pienamente sul fatto che la differenza non la fanno i libri, i programmi e tanto meno le riforme, date una classe con solo la lavagna e un professore che “incolla” gli studenti e il resto diventa solo un accessorio.

  13. alessandro giuliani on

    Non si tratta di nostalgia canaglia la scuola non deve dare informazioni quelle ce ne sono fin troppe ovunque deve insegnare i fondamentali. Il mio libro di Fisica al liceo era un quinto di quello di mia figlia ma io capivo la fisica concentrandomi su quelle poche pagine che distillavano i fondamenti. Mia figlia si perde in un mare di particolari e non ci capisce nulla ho pensato di dirle di studiare sul mio libro . Ora prende otto e capisce la fisica. Tutto qui qualsiasi opera procede per sottrazione da un materiale incoerente iniziale

  14. Buongiorno.
    Anch’io concordo nel ritenere quanto possa essere mediocre se non pure deleteria questa proposta. La strumentalizzazione della materia scientifica è evidente, e ciò si inserisce in un piú generale processo di pseudo riforma della scuola italiana, che coincide con la fioritura del politicamente corretto e dell’europeismo a partire dagli anni novanta, il quale trasforma le scuole primarie e licei in meri luoghi di raccoglimento dell’altrui prole in cui vale solo la trasmissione non critica delle informazioni, e gli istituti terziari e secondari tecnico-professionali in centri di affinamento delle sole competenze materiali dei futuri produttori (magari tecnoscienziati) di beni. L’inglese, una lingua che di per sé soffre di gran povertà per causa della forzata francesizzazione e latinizzazione (principalmente lessicale) che incomincia con il secolo XI e pure per estenuanti processi di mutazione fonetica (con un conseguente decadimento morfologico) che, a partire dal ‘400, non si sono ancora arrestati, è in assoluto la lingua meno adatta per strutturare il pensiero, e la gran quantità di espressioni idiomatiche non ricavabili tramite alcuna logica ne fa un linguaggio che necessita di una pratica continua e ponderata che, se associata all’insegnamento di nozioni ignote agli studenti, può dare risultato solo di un mediocre inglese, di una confusione concettuale della materia in esame e pure di un cattivo italiano, in quanto non levigato e/o esercitato nell’esposizione formale.
    Condivido dunque il pessimismo generale (eccettuando l’ottimismo dell’utente Cipriani) riguardo la proposta, e condivido invece l’opzione del CRL, senza dimenticare tuttavia che la prima lingua da imparare debba essere l’italiano, e che anche le lingue classiche rivestano oggi più che mai una conoscenza fondamentale, sia sul piano della formazione cognitivo a strutturale del pensiero logico e filosofico (pur senza esasperare troppo il concetto; vi sono difatti lingue, come l’arabo classico, dotate di pari rigore e bellezza logica e strutturale) e soprattutto sul piano della formazione umanistica e culturale, ancora più importante della precedente (si noti come in ambedue i casi ho parlato di formazione, non di informazione)

    • Mi permetto di suggerire al professor Giuliani, con titolo umoristico, un tipico libro di testo di fisica contemporaneo che abbonda di informazioni ed approfondimenti inutili associati ad una trattazione confusa ed irritante delle nozioni principali. Parlo di “Fisica! Le regole del gioco”, il quale titolo fa tanto ipocrisia da coinvolgimento informale di discenti tonti, dal gusto e matrice piuttosto pseudo feynmaniani, uh …

      • alessandro giuliani on

        Grande Alio mi hai messo curiosità ora provo a procurarmelo già il titolo è inquietante

    • Alio, per me hai fatto una sintesi della questione che condivido parola per parola.
      Grazie anche per le informazioni sullo sviluppo della lingua inglese, un aspetto che non conoscevo.

  15. E poi, diciamocelo chiaramente, l’inglese scientifico e colto in generale non è difficile da capire e anche da parlare, poi uno va in USA e in UK e non capisce molto di come parlano normalmente (e quindi anche tra colleghi e compagni di studio) e se si va lì per lavorare o specializzarsi dopo gli studi in patria, si deve comunque quasi ricominciare da capo o perlomeno farsi l’orecchio e ci si accorge che lo studio delle materie in inglese serve al più per gli scambi con i non anglofoni, che è già qualcosa, ma non risolve il problema della lingua.

    • Queste considerazioni mi fanno pensare alla mia esperienza quando da ragazzo sono andato per una vacanza studio all’estero e mi trovai a parlare meglio in inglese con gli altri ospiti stranieri del college che con i residenti del posto.
      Se si riuscirà ad insegnare bene l’inglese non ci sarà bisogno di alcun CLIL, e a mio parere l’inglese i ragazzi che lo sanno non l’hanno imparato solo a scuola ma guardando in lingua originale film e telefilm che da noi non vengono tradotti.
      La realtà è molto diversa dalla teoria delle teste d’uovo dei ministeri.

  16. Giuseppe Cipriani on

    Dopo aver letto e riletto tutti gli interventi, compresi gli ultimissimi, sto rivedendo il mio convincimento riguardo al fatto che i Clil aggiungono, non sottraggono… Effettivamente, me ne rendo conto in ritardo, forse perché confidavo su una qualità elevatissima degli insegnanti (a quanto capisco impossibile da ottenersi), non sembra attualmente possibile (me lo avete fatto capire) arrivare ad avere la botte piena e la moglie ubriaca…
    Che fare? Che siano gli insegnanti con le associazioni di categoria a far sentire la loro voce, visto che sono parte in causa fondamentale. E poi? Par quasi demenziale: sperare che ai nostri rampolli capitino insegnanti all’altezza, che li sappiano stimolare e formare con i fondamentali delle rispettive materie, base di ogni approfondimento… Cavoli, m’avete levato una speranza… Che qualcosa potesse migliorare, che fossero finalmente state gettate le basi di un di più, di quella scuola di qualità che tutti vorremmo.

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