Comunicare è facile. O no?

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“Prima di parlare domandati se ciò che dirai corrisponde a verità, se non provoca male a qualcuno, se è utile, ed infine se vale la pena turbare il silenzio per ciò che vuoi dire.”

                                                                                                                Buddha

Nell’era del libero accesso al web, della condivisione totale dei contenuti e dello scambio istantaneo e continuo di informazioni, sappiamo ancora comunicare?

Comunicare tra esseri umani è tra tutte le competenze e capacità, la più sottovalutata. Ognuno di noi, in cuor suo, ritiene di essere un buon comunicatore di sapersela cavare discretamente. In fondo è facile, basta possedere una minima dimestichezza con la lingua, avere le idee chiare e affermare quello che si pensa. Punto.

Ma è proprio così?

In realtà, a partire dalla scuola e successivamente nel mondo del lavoro, ci si dedica, con dedizione e fervore, molto più ai contenuti (cosa) che non alla forma (come). Ci si concentra molto più sulle competenze che non su come riuscire a trasferirle ad altri. E’ ovvio che nella vita avere competenze, conoscenza e cultura è fondamentale, ma cosa ce ne facciamo di tutto il nostro sapere, della nostra conoscenza, se non siamo in grado di comunicarla in modo chiaro ed efficace?

Quando si parla di dialogare in modo efficace, non si tratta di sforzarsi di cambiare il senso o il contenuto di ciò che vogliamo dire (cosa) ma di riuscire a esprimerlo in modo tale che:

a) l’altro comprenda appieno

b) l’altro sia interessato/coinvolto in quel che diciamo

c) l’altro abbia la possibilità di rispondere/controbattere/inserirsi nel nostro discorso

Questi 3 punti differenziano un dialogo (confronto verbale che attraversa due o più persone) da un monologo (discorso tenuto da un singolo e diretto ad altra persona o a un pubblico) se non addirittura da un soliloquio (discorso in cui colui che parla indirizza le sue parole a se stesso senza la presenza di un destinatario finale).

La differenza tra dialogo, monologo e soliloquio sta tutta nell’intenzione di chi vuole comunicare.

Se il comunicare ha come finalità (e quindi intenzione) il farsi capire, coinvolgere e anche ascoltare l’altro, inevitabilmente l’oratore favorirà l’instaurarsi di un dialogo, faciliterà la comprensione reciproca e alimenterà l’interesse di tutti i protagonisti della conversazione. Se, al contrario, il comunicare ha altre finalità (sfogo, invettiva, affermazione della personalità, azione di disturbo) inevitabilmente l’oratore passerà da un dialogo ad un monologo/soliloquio. Primo o poi, ci stanchiamo tutti di chi non riesce (vuole) farsi comprendere, di chi non è interessato a noi nella conversazione e di chi vuole solo parlare e non riesce ad ascoltare. O sbaglio?

Passando dalle intenzioni alla tecnica, uno strumento utile per generare interesse in chi ci ascolta è quello di alternare affermazioni a domande. L’affermazione tende generalmente a “chiudere” la conversazione (Per me è così. Punto.) La domanda invece è un prezioso strumento per “aprire” la conversazione (Io la penso così. Su quali basi invece tu pensi possa essere il contrario?)

Un altro strumento semplice ma utile è il controllo sulla brevità degli interventi. Il riuscire cioè a dire molto, utilizzando poche parole. Preferibilmente quelle necessarie e adeguate. Nella comunicazione scritta (che non può contare su altri elementi come la gestualità o la voce, presenti nella comunicazione a vis a vis) questo è ancora più vero e discriminante. Che effetto ci fa ricevere una mail composta da 100 righe di testo? L’istinto immediato è spesso quello di cestinarla immediatamente…

Il grande Miguel de Cervantes scriveva: “Sii breve, che un discorso lungo non può mai dar piacere”. Allo stesso modo, anche l’intellettuale colombiano Nicolas Gomez Davila ci metteva in guardia: “Scrivere breve, per concludere prima di annoiare”. Anche perché se è vero che le parole sono come proiettili, il più bravo tiratore è quello che riesce a fare centro sparando meno colpi.

E a questo punto, per non auto-contraddirmi, mi fermo.

Una nota in conclusione: reputo questo sito web, oltre che uno spazio prezioso di informazione critica, anche un raro esempio di attenzione allo “stile” comunicativo: rispetto, apertura al confronto, disponibilità degli autori a rispondere a chiunque (dal supercompetente al profano). Qualcuno diceva che la forma è anche sostanza, lo scrittore Lewis Carroll suggeriva proprio di coltivare questa sovrapposizione: “Sii quello che sembri.” E ritengo che, in questo, CS sia davvero quello che sembra. Una taverna accogliente e chiassosa dove si può parlare davvero di tutto. In amicizia e rispetto reciproco.

Per preservare e “difendere” questo spazio prezioso è fondamentale continuare a coltivare e migliorare il dialogo disincentivando i monologhi e i monologhisti ad oltranza  A questo proposito, potrebbe essere utile riferirsi sempre a 3 semplici principi-base che vi propongo come “tovaglia” sulla qual apparecchiare tutte le conversazioni future:

1) Solo dal confronto nasce la conoscenza. Volersi confrontare significa spiegare in modo semplice e chiaro quello che penso ma significa anche saper ascoltare, e nel caso domandare, per comprendere come la pensa l’altro.

2) Per confrontarsi occorre rispettarsi. Senza il rispetto tra le persone il confronto è impossibile. Questo vale sempre, ma soprattutto quando qualcuno la pensa diversamente da me.

3) Impara solo chi non pensa di sapere già tutto. La curiosità, il dubbio, il desiderio di ampliare le proprie conoscenze sono vento nelle vele. La supponenza, l’arroganza intellettuale e l’autoreferenzialità sono piombo nelle scarpe.

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Laureato in Scienze Politiche. Coach e formatore. Si occupa di comunicazione relazionale e motivazionale. fr.fabiano@libero.it

37 commenti

  1. stò cò frati e zappo l'orto on

    Non sarò mica anche buddista?
    Ho passato anni a studiare il buddismo………

  2. Mi sembra che quando si ragiona col buon senso che si sia buddisti, cristiani, ebrei, musulmani o atei la si possa pensare allo stesso modo.
    Ho solo qualche dubbio sul “se provoca male a qualcuno”, nel senso che a volte questo è necessario.

    • Credo (spero), intendesse un male sterile, fine a stesso. Il male migliore può essere invece lo schiaffo (metaforico) che potrebbe dare il padre al figlio per destare in lui lo spirito critico (per i laici/atei/agnostici), ovvero la virtù bilbica del discernimento (per i credenti).

    • stò cò frati e zappo l'orto on

      Enzo debbo dire che questo articolo ci voleva.Se avevo dei dubbi per come comportarmi “a tavola”,infatti anche l’autore parla di “taverna accogliente e chiassosa”, questo articolo mi viene in soccorso.Anche se preferirei ad un Della Casa o ad una guida al bon ton un decalogo delle buone maniere.E in questa epoca di trionfo della similitudine ed all’uso obbligatorio delle parole-chiave,cioè cxxo,stxxxx e altre che tutti conoscono,per entrare in uno degli innumerevoli chiacchericci(molti anche utili,utilissimi) ricordare alla plebe(e pure ai patrizi)che è esistito un essere chiamato Budda(ma come tu ben dici senza sottilizzare troppo su chi lo ha detto o potrebbe averlo detto)preoccupato di affermare che “Prima di parlare domandati….”è tutto dire.
      Consiglierei all’autore(se mi è concesso)di raccogliere in un vero e propio decalogo il contenuto del suo articolo.Un decalogo delle Buone Intenzioni per chi si accosta al turbolento mondo della polemica oppure “la mia opinione è..” o del ” è scritto su…”.Anche se mantenere i patti sarà per tutti molto molto diff…..impossibile.

      • Sì Stò, questo articolo ci voleva e accolgo l’idea di ricavare un decalogo da mettere come linea di riferimento delle discussioni sul sito.
        Un corretto comportamento deve andare oltre il semplice non essere manifestamente dei “troll” ma deve spingersi al comunicare in modo tale da essere anche rispettosi del tempo altrui. Questo significa non indulgere alla polemica interminabile perché tanto dopo un po’ quello che uno voleva dire si è capito, invece con serie infinite di repliche tutte uguali si costringe l’interlocutore a perdere tempo a ribadire sempre gli stessi concetti.
        Dopo poche repliche ci si ferma ammettendo che la si pensa diversamente e si finisce lì.
        Anche questo è non essere troll.

        • stò cò frati e zappo l'orto on

          E al decalogo occorrerà attenersi.
          Un prezioso biglietto di presentazione ricavato in gran parte da questo intelligente articolo.

        • Vincent Vega on

          Concordo Enzo, abbiamo avuto un ottimo esempio di ciò che dici negli ultimi giorni, dove “qualcuno”, per voler straparlare di ambiti in cui avete zero conoscenza, ha costretto a mille repliche inutili.

          • Vincent Vega on

            Di ambiti in cui aveva zero conoscenza, non “in cui avete”.
            Scusa il refuso.

  3. Rem tene, verba sequentur, “sentenziava” Catone. Attieniti ai fatti (=abbi chiaro il concetto) e le parole seguiranno,

    Nell’articolo si dice che l’eccessiva lunghezza di un intervento è un problema legato alla forma e in certi casi sarà sicuramente così, ma penso sia bene tener presente che vi sono altrettanti casi in cui tale problema si riflette sì nella forma, ma ha radice proprio nei contenuti: quando siamo chiamati ad esprimerci su fatti che o non conosciamo bene, a noi poco chiari, o che crediamo soltanto di conoscere bene, difficilmente riusciremo ad essere concìsi e risolutivi come quando trattiamo di questioni più familiari, che conosciamo davvero. Meno i concetti sono chiari, maggiore sarà la prolissità e la convoluzione dell’esposizione, motivo per cui un buon servizio che possiamo rendere al fine di migliorare la forma (=esposizione) è – almeno in questi casi – dare una “ripulita” alla materia (=contenuti).
    Processo che sicuramente può attuarsi più facilmente grazie al dialogo, essendo la ragione umana intrinsecamente dialogica. Certo, non che nel dialogo si istituisca la verità, ma sicuramente con esso potrà essere meglio trovata.

    PS. Mi chiedo quanto il Gautama abbia seguito il suo stesso consiglio quando ha esposto le “intuizioni” che sarebbero diventate poi i capisaldi della dottrina buddhista…

    • Possiamo concordare Via Negativa sull’indicazione di fare commenti il più sintetici possibile.
      Perché sono segno di idee chiare da parte di chi scrive e, aggiungo, perché sono più chiari per chi li legge.

  4. Grazie Francesco per questo articolo chiaro, semplice ed esaustivo sulla comunicazione. Concordo pienamente sulla necessità del rispetto, virtù oggi di cui tanto si parla ma che è davvero poco praticata.

  5. Massimo Ippolito on

    Ciao a tutti,
    Via negativa scrive:”Meno i concetti sono chiari, maggiore sarà la prolissità e la convoluzione dell’esposizione”.
    Bene. Questo è vero quando qualcuno è obbligato a intervenire su un tema. Su un tema poco conosciuto o completamente ignorato, se uno non sa cosa dire, evita di esporsi. In questo caso, vedendo il numero di commenti a questo post, e sapendo che i commenti sono tutti volontari. O Francesco ha detto cose ovvie al limite del superfluo oppure non abbiamo molta dimestichezza su come si comunica. Grazie Francesco!

    • Certamente, Ippolito, se tizio non ha assolutamente alba dell’argomento trattato dovrebbe evitare di esporsi/porsi in un certo modo (il condizionale è di obbligo perché come avrà potuto constatare anche lei, sovente accade che certuni straparlino senza curarsene troppo), ma non evitare di esporsi tout-court: anche chi è perfettamente ignorante in un dato ambito dello scibile può intervenire, certo in forma interrogativa.

      A parte i casi limite comunque, ci sono anche varie sfumature nel mezzo e quanto volevo far notare è semplicemente che lunghezza e tortuosità d’espozione possono essere indice di idee poco chiare. Il dialogo serve appunto a “ripulire” le idee, fermo restando che saper dialogare significa anche saper ascoltare e saper domandare.

  6. Buonasera.
    Ringrazio il sig. Fabiano per questo gradevole articolo, che apprezzo a maggior ragione del fatto che, ultimamente, le discussioni quivi tendano a diventare piuttosto aspre, purtroppo (per tal cagione di questi tempi temo piú del solito di intervenire…). Ciò appare il buon segno d’una certa componente “autoperfettibilitante” (mi passino il terminaccio) del sistema di CS.
    Molto apprezzate anche le osservazioni dell’utente ViaNegativa.

  7. Francesco Fabiano on

    Ringrazio tutti per gli apprezzamenti.
    Vorrei dire a Sto’ che non ho un decalogo ma ho indicato, in conclusione, 3 principi-base a cui attenersi. Si potrebbe tutti iniziare da lì. Vorrei chiedere ai frequentatori e ai lettori del sito, iniziando da Enzo, può servire la “tovaglia”? Possiamo prendere tutti l’impegno di rifarci sempre ad essa e di indicare la stessa ai nuovi frequentatori eventualmente “intemperanti”?

    A Via Negativa, che apprezzo molto per la sua competenza, dico che sicuramente aiuta avere ben chiari i contenuti prima di parlare ma Le assicuro che sono tante le persone che, pur avendo ben chiari i contenuti, si dilungano oltremodo… Spesso e’ un problema di consapevolezza. Sino a quando qualcuno non ci fa notare qualcosa, non lo vediamo.

    • La ringrazio, Fabiano, anche per l’articolo e mi scusi se non l’ho fatto prima.

      Condivido in toto quanto dice e infatti nel mio primo intervento ho precisato che i casi che ha discusso lei ci sono eccome, ma io ho per l’appunto messo l’accento su un caso particolare.

      Grazie ancora e a presto.

    • stò cò frati e zappo l'orto on

      Anch’io la ringrazio per la risposta.
      Avevo letto i tre punti finali che sicuramente e non solo per lei sono alla base di una conversazione civile.Ma sono convinto che un accessibile promemoria,utile per ogni contendente potrebbe essere di grande utlità,anche se sono consapevole che non pochi ne eviterebbero la lettura.Diciamo pure che dovrebbe essere come una”targa”posta in prossimità dell’ingresso “Alla Taverna “.Con i patti da mantenere(od almeno cercare di mantenere)prima dell’accesso alla discussione.
      Mi rendo conto la problematica di tale iniziativa,ma forse questa(l’articolo e ciò che ne consegue) potrebbe essere occasione preziosa per un coraggioso tentativo.ps.Una targa da apporre nella hall-Ingresso(home)della Taverna.

    • Scusa il ritardo, Francesco, anche io ti ringrazio per questo chiaro ed essenziale articolo.
      La “tovaglia” certamente può servire! Non hai idea di come vadano le cose altrove, per esempio su Facebook, quando si affronta un tema controverso!

  8. Ringrazio anch’io il sig. Fabiano per l’articolo molto interessante, in particolare nel paragrafo che accenna alla “tecnica”: lo terrò presente come memorandum nelle mie discussioni più impegnative…
    Dovrebbe essere inoltre utile per alcuni utenti che intervengono anteponendo spesso i giudizi agli argomenti: Enzo potrebbe tentare di rieducarli invitandoli a leggersi/rileggersi quest’articolo…

  9. Giuseppe Cipriani on

    Di solito, l’ho imparato nell’esperienza di una vita nella mia professione, sono i “venditori di fumo” quelli che parlano (e scrivono) molto.
    Nel mio campo, il giornalismo, un maestro insuperabile è stato Enzo Biagi, che con poche parole concentrava cronaca e approfondimento.
    E chi si ricorda “Il fatto” condotto in Rai per molti anni non potrà che convenirne, io credo.

    • Credo anch’io che dal giornalismo alla saggistica, chi usa troppe parole, comunque più del necessario, stia nascondendo la mancanza di argomenti dietro una coltre di fumo.

  10. Beh, ve la siete cercata 🙂 : “Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno” (Mt 5, 37).
    Chi ha detto questo è “quasi” un Buddha…(comunque complimenti a Fabiano).

  11. Giuseppe Cipriani on

    In tema di comunicazione, come non ricordare Umberto Eco scomparso ieri? Non è stato simpatico tutti per le sue prese di posizione decise, ma posso dire che ci ha lasciati un comunicatore coi fiocchi? Magari ridondante ma mai banale.

  12. stò cò frati e zappo l'orto on

    Mai banale è sicuro! Che poi nel suo capolavoro ci abbia lasciato un affresco della vita monacale del tutto offuscata da misteri,delitti,prepotenze e odio verso la cultura che non fosse cristiana è l’eredità lasciataci da un ex cattolico(di peso)

  13. stò cò frati e zappo l'orto on

    E pensare che nella mia bellissima infanzia-adolescenza al cinema si proiettavano piccoli capolavori(non in pubblicizzatissimo In Nome della Rosa)come Marcellino pane e vino!!!!! Si è vero ci siamo evoluti….siamo più intelligenti……

    • “Il nome della rosa” è un’operetta da quattro soldi, faziosa, anticristiana e completamente antistorica nel suo descrivere un medioevo si affine a come l’ha dipinto la vulgata illuminista (gli stessi illuministi che hanno costruito Vergini di Norimberga e cinture di castità mai esistite nel medioevo, al solo fine di infangare il “nemico”, come del resto la storiografia moderna riconosce) ma altrettanto confutato dalla storiografia moderna.
      .
      Tutto il rispetto per la persona di Eco (a cui auguro la salvezza) ma “il nome della rosa” non ha un valore superiore al “Codice da Vinci” come opera, sebbene sia molto amata dai nipotini di Voltaire (come del resto anche il favolistico “Codice da Vinci”).
      .
      Tra parentesi, il fatto che Umberto Eco fosse un “medievalista” non depone certo a suo favore, in quanto “il nome della rosa” altro non è che un banale libercolo propagandista.

      • Giuseppe Cipriani on

        Il solito spara-sentenze… Eco ti ha preceduto, dichiarando a più riprese che quel romanzo è un suo libro minore, e ne ha preso le distanze per primo, dal momento che è stato strumentalizzato e ingigantito nella sua portata. Anche tu, Vincent, non riesci a dargli il peso che ha, a contestualizzarlo, e lo trasformi in un feticcio da combattere Ma a che pro?

        • stò cò frati e zappo l'orto on

          Giuseppe esiste la libertà di stampa in questo paese e se uno studioso come Umberto Eco decide di inventare una storia con al centro una abbazia che ci può essere di sbagliato?Niente.
          Se i brutti-cattivi e maligni sono dei monaci cosa c’è di sbagliato?
          E se poi il rebus è risolto da un altro monaco cioè il monaco investigatore che problemi ci possono essere? Nessuno.Anzi.
          Se poi lo stesso autore consideri questa un’opera minore rientra nella logica della riflessione nella Mente di un grandissimo scrittore.
          MA prima o poi qualcuno avrebbe dovuto scrivere un’opera del genere.
          Era inevitabile.E anche una storiella(da non paragonare in ogni caso con la Penna di Eco)come il Codice Da Vinci ha avuto il successo che avuto,al botteghino,cioè nel business,propio grazie al fatto che,inventando,diffama alla grande un’istituzione che ha anche dei Meriti.E sono l’ultimo dei difensori della Chiesa.Anzi.Ciao e grazie del tuo intervento.

          • Giuseppe Cipriani on

            Infatti, sto, niente di sbagliato in quella storia di fantasia, che ho letto e mi ha divertito… Grazie a te per l’appassionata replica.

        • Giuseppe, come ho scritto non ho attaccato la persona di Eco, ma la sua opera.
          Onestamente mi importa relativamente poco il motivo per cui è stata fatta, mi importa di più il fatto che è andata a rinforzare luoghi comuni presso le masse che invece la storiografia (quella vera) ha ormai demolito.
          .
          Che poi a me sta bene che si possa spaziare con la fantasia, ma andrebbe dichiarato in bella posta che un determinato libro non rappresenta fatti reali ma che anzi distorce a fini puramente narrativi la realtà storica.
          Che poi (Stò, non volermene, il paragone lo faccio non tanto a livello puramente letterario ma come significato simbolico) è un po’ la stessa cosa che è avvenuta col Codice da Vinci http://www.gesustorico.it/htm/varie/codicevinci_olson.asp , dove non si è persa occasione per diffamarci.
          .
          Ora, mi chiedo e vi chiedo: cosa sarebbe successo se, ad esempio, libri del genere avessero avuto per protagonisti degli ebrei? Io sono TUTTO MENO CHE ANTISEMITA ma è per farvi capire cosa intendo, e penso che ci siamo capiti.
          Basta pensare solo (rimanendo in tema di CS) a cosa succede a chi critica il neodarwinismo per le sue innumerevoli lacune, come il recente episodio di Thomas Nagel o gli innumerevoli attacchi che ho letto sul web ad Enzo, che veniva gratuitamente fatto passare per un creazionista. Più in generale chiunque attacchi il neodarwinismo viene fatto passare per demente e ridicolizzato, e chi è antisionista viene fatto passare per un negazionista dell’olocausto.
          .
          Ora, capite bene che a me questo double standard non vada affatto bene.
          Io non ho nulla in contrario contro le critiche fatte in buona fede, fatte non per azzoppare i nemici, ma per comprendere e cercare la verità.
          Però vedete, se così fosse la critica più minuziosa e l’apertura ad ogni tesi sarebbe la regola per ogni argomento trattato, e invece vale solo quando si parla di cristianesimo.
          Quando si arriva a parlare ad esempio di neodarwinismo o di sionismo vige il “don’t ask don’t tell”, altrimenti sei bollato come creazionista della terra giovane, antisemita eccetera, e ridicolizzato urbi et orbi. Beh, diamine, a me non sta bene.
          .
          Tutto li. Spero di aver chiarito il mio pensiero, “”””opere”””” come “il nome della rosa” fanno solo parte di un “puzzle” più ampio di questioni. 🙂
          .
          Buon Sabato e buon fine settimana.

          • stò cò frati e zappo l'orto on

            Figurati Giuseppe…è sempre un piacere dialogare con te.
            Abbiamo espresso i nostri pareri in modo sincero e leale.
            A Vega direi che effettivamente in un epoca “in cui tutto sommato…si può fare a meno della religione….ed affermare che anche senza Dio si riesce a vivere” realizzare i prodotti(culturali) che possono essere “consumati”(quasi sempre da un pubblico benestante vedi l’esempio svezia,norvegia,Gb,olanda,Usa ecc.)da una vasta folla che ben volentieri ha rinunciato al timore “di commettere peccato”ascoltando o leggendo pellicole o libri proibiti”(da mettere all’indice)dalle Autorità Eclessiastiche, l’ingegno,la fantasia, di abilissimi autori si può sbizzarrire per un vastissimo mercato(occidentale comunque,sempre la minoranza di tutta l’umanità).

          • Ma va benissimo Stò, l’importante è che questa cosa valga per tutti. Il double standard non va mai bene, penso che su questo saremo d’accordo.
            .
            Sicchè, se non c’è nessun problema a pubblicare libri che dipingono la Chiesa secondo gli antistorici luoghi comuni della vulgata laicista, altrettanto dovrebbe dirsi qualora venisse pubblicato un libro “fantasioso” e antistorico che, per esempio, si basasse sul celebre falso “i protocolli dei savi di Sion”.
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            Tuttavia credo che se venisse pubblicata “”””un’opera””””” , sia sotto forma di romanzo che di film, di quel tipo sugli ebrei, altrettanto antistorica e diffamatoria di molte opere fatte sui cristiani, e in particolare sui cattolici, ci sarebbe subito una censura. Figuriamoci poi se l’autore pretendesse, come ad esempio Dan Brown, di aver fatto “ricerche approfondite e accurate” sugli eventi che racconta.
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            Per non parlare di ciò che ho già citato su ciò che accade agli antidarwinisti quando si espongono pubblicamente. Pertanto mi sta benissimo tutto, ma il double standard no, mi spiace.
            O si applicano gli stessi criteri con tutti o con nessuno, questo era il senso del mio post.
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            Riguardo a ciò che hai scritto caro stò “un’epoca in cui tutto sommato…si può fare a meno della religione….ed affermare che anche senza Dio si riesce a vivere” che si riesca a vivere non c’è alcun dubbio, si potrebbe discutere sul “come”.
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            Per esempio, tra i paesi che hai citato “Svezia, Norvegia, GB, Usa”, non c’è n’è uno col quale farei cambio, onestamente. Ricordiamo che il grande popolo americano ti lascia crepare se non hai i soldi per pagarti ciò che ti serve per la salute.
            Altroché “sogno americano”.

          • stò cò frati e zappo l'orto on

            Grazie Vega non replico non per mancanza di argomenti ma perchè credo che ritorneremo ripetutamente attorno alle tematiche che hai sollevato.E sicuramente gli autori di Cs non trascureranno l’occasione di mostrare problematiche che altrove sono abbastanza dimenticate.
            In particolare il tuo appunto su Dan Brown centra in pieno il personaggio,profondo furbacchione, che coglie la palla al balzo(la crisi culturale della religione,sostituita da un populismo che alla distanza lascerà profondissime macerie)per rimpinguare le propie tasche.ps”.La crisi culturale della religione,sostituta da un populismo che alla distanza lascerà profondissime macerie”ci tengo a sottolinearlo.

          • Concordo Stò.
            Più o meno con tutto il tuo post, specie sull’ultima parte. Dal canto mio spero di essere riuscito a spiegare bene cosa intendevo. 🙂
            .
            Ora esco, buona serata a tutti.

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