Distribuzione della Ricchezza: #2 Il povero è l’ombra del ricco

2

                      Distribuzione della Ricchezza

                         Il povero è l’ombra del ricco 

                  II / III

 

Proseguiamo il discorso sulla distribuzione della ricchezza. Gli strumenti più usati per studiare la diseguaglianza relativa sono la curva di Lorenz e l’indice di Gini, introdotti nella parte I.

Il discorso qui sarà generale, ma useremo come esempio i dati della ricchezza in Italia nel 2015.

Il tema coinvolge le idee sociali e morali che si hanno. Quasi tutti concordano sul fatto che ogni diseguaglianza sia una iniquità. Esistono tante iniquità, economiche e non economiche. Ma non è detto che ogni diseguaglianza sia iniqua e nemmeno che sia sempre dannosa alla società.

ferre

Fig. 1  Maria Franca Fissolo Ferrero – Patrimonio 23,4 miliardi di E – 32° Forbes – 2015

Allarme OCSE, ripreso da diversi media:

http://www.repubblica.it/economia/2015/05/21/news/ocse_ricchezza-114896949/
La crisi allarga la forbice tra ricchi e poveri.
Anche in Italia dove l’1% della popolazione detiene il 14,3% della ricchezza nazionale…

 

Riordiniamo le singole fasce di popolazione per ricchezza crescente, tab. 1

Tab. 1  Ricchezza nelle fasce successive e loro cumulo.

Tracciamo la curva di Lorenz, fig. 2. Appare la forma tipica, già osservata per le remunerazioni settimanali in UK (vedi parte I), nonostante:

  1. i) La notevole diversità di indice di Gini 0.60 contro 0.35 dove, per definizione, 0 ≤ G ≤ 1.
  2. ii) La grossolanità delle 7 fasce IT contro la finezza delle 151 fasce UK

iii)  La diversa natura della grandezza: introito settimanale UK contro ricchezza accumulata IT

  1. iv) La diversa nazionalità: Italia contro UK

Fig. 2  Curva di Lorenz. Italia. 2015. G ≈ 0.6. Punti empirici in nero. Modello in rosso. N = 4.

Integrando la differenza [ X – Y(X) ] si ha, per definizione, l’indice di Gini:

G = 2 ∫ [ X – Y(X) ] dX = 1 – 2 B  dove:

B = ∫ Y(X) dX                 (integrali estesi da 0 a 1)        (1)

Come già detto nella parte I, la descrizione analitica che useremo è:

Y = [ X^N + 1 – ( 1-X )^( 1/N ) ] / 2     (2)

Dalla (2) consegue una relazione biunivoca tra i parametri N e G:

G = (N-1)/(N+1)       (3a)     Esempio:  N = 4   →  G = 3 / 5 = 0.6

N = (G+1)/(G-1)       (3b)     Esempio:  G = 0.6  →  N = 1.6 / 0.4 = 4

Dall’indice di Gini si può pertanto tornare alla curva di Lorenz. Ciò deriva dal fatto che le curve di Lorenz hanno una forma assai particolare. Qui ci limiteremo ancora a: primo, constatare che il modello (2) è adeguato e, secondo, trarre tutte le conseguenze. Rimandiamo la dimostrazione della  validità di (2) in generale alla parte III. Notiamo però la singolarità: ogni curva ha una sua area sottesa B, ma la medesima area sottesa B potrebbe derivare da infinite curve con forme diverse. Ciò fortunatamente non accade con le curve di Lorenz perché hanno una forma specifica.

Quando il modello (2) interpola perfettamente i dati empirici (vedi esempio UK, parte I), allora:

  • Esiste una corrispondenza biunivoca tra il parametro N, l’indice G, la curva Y(X). Quindi:
  • L’indice di Gini contiene implicitamente tutta l’informazione della curva di Lorenz

Quando invece vi sono discrepanze, accettabili ma visibili, come in fig. 2, quanto sopra detto vale solo approssimativamente. L’ultima asserzione deve essere mitigata: non diremo più contiene “tutta” l’informazione ma contiene “quasi tutta oppure “circa” la stessa informazione.

Torniamo alle critiche all’indice di Gini.

Poniamo che interessi il rapporto tra la ricchezza del 10 % più ricco e quella del 10 % più povero della popolazione. Useremo allora come indice di disuguaglianza:

J(.1) = [ 1 – Y(0.9) ] / Y(.1)        (4a)

Ovvero, in generale:

J(D) = [ 1 – Y(1-D) ] / Y(D)        (4b)

Qualsiasi indice inventato o inventabile può essere migliore o peggiore dell’indice di Gini.

La questione è risolvibile con tre sani ingredienti: buon senso, buona fede, matematica.

Data una curva di Lorenz si calcola l’indice di Gini.

Dato l’indice G, si calcola il corrispondente parametro N e si traccia la curva Y(X).

Se Y(X) interpola bene i punti empirici (Xi; Yi), si possono trarre conclusioni generali.

Sulla curva interpolante si calcola l’indice che ci interessa, per esempio J.

Non rimane altro che studiare le relazioni tra i parametri G, J.

Per il rapporto tra le frazioni di ricchezza dei più ricchi e dei più poveri, si ossereva che:

  • J ha un andamento monotono crescente verso N e verso G, quindi
  • vi è corrispondenza biunivoca tra la curva Y(X) ed i parametri N o G o J

L’indice di Gini è non è esplicito su questioni dove altri indici, inventati apposta, lo sono. Ad esempio il rapporto J tra la ricchezze del decile più ricco e quella del decile più povero è espresso direttamente (4a). Ma l’indice di Gini contiene tutta l’informazione e quindi anche questa.

Facciamo ora un “esperimento mentale” immaginando 100 persone di cui 98 nullatenenti e due fratelli che possiedono tutto, in parti uguali, curva nera in fig. 3, G = 0.98. Quelli che hanno niente muoiono di fame e scompaiono dalla statistica. I due fratelli al momento possiedono ancora tutto in parti uguali, curva blu, G = 0. Situazione ideale, ma solo per loro, sopravvissuti! Passa il tempo ed un fratello mette le mani su metà della parte dell’altro fratello: 25 ad uno e 75 all’altro, curva rossa, G = 0.25. Meccanismi più complicati, ma simili, tendono sia a creare disuguaglianza sia a redistribuire la ricchezza. Troviamo G da 0.15 a 0.65, sempre ben lontano da G = 0 e G = 1.

Fig. 3  Esempio di evoluzione della ricchezza in un piccolo gruppo di persone. Parametro G.

In realtà il trucco dei ricchi non è sterminare i poveri, di cui si servono, ma di lasciarli poveri.

Ci sono stati momenti storici in cui gli industriali dovevano pur trovare una destinazione di massa per i loro prodotti. Perciò il popolo non poteva rimanere pezzente.

L’evoluzione della ricchezza e della sua distribuzione varia nel tempo in modo assai complicato, in funzione di moltissimi fattori. E’ già tanto riuscire a capire il perché dei cambiamenti avvenuti, esercizio in cui tutti sono bravissimi, ma in disaccodo tra loro. Questo ci lascia liberi di scegliere la teoria, ovviamente inoppugnabile, che conferma i nostri amati pregiudizi.

Alcuni fatti sono evidenti e li abbiamo già anticipati nella parte I:

  • Nulla è più contorto e variabile nel tempo dell’indice di Gini, fig. 4
  • Alcune brusche variazioni di G sono dovute alla politica fiscale. Esiste una significativa differenza tra la distribuzione dei redditi al lordo e al netto delle tasse.
  • La distribuzione nel medesimo anno è molto diversa tra le varie Nazioni, fig. 5.
  • Nonostante tutto, l’indice di Gini tipico è 0.35, con valori sempre entro 0.15 e 0.65.
  • Gli estremi 0 e 1 sono irraggiungibili o quanto meno non sono mantenibili.

Esistono formule descrittive della distribuzione della ricchezza, per esempio, secondo Pareto:

Pr(x) = 1 / x^α        dove:  x = ricchezza / ricchezza minima          (5)

La probabilità (5) che il reddito sia maggiore di x determina la curva di Lorenz. Giustifichiamo la descrizione analitica (2) solo empiricamente. In altre parole: la (2) non deriva analiticamente dalla (5) o da altra legge specifica, ma è in grado di generare curve Y(X) simili a quelle che derivano dalla (5) e da tante altre distribuzioni di probabilità; inoltre interpola bene anche dati empirici.

Fig. 4  Indice di Gini verso tempo. Dal 1950 al 2000.

       https://it.wikipedia.org/wiki/Coefficiente_di_Gini

Fig. 5  Indice di Gini per vari stati, anno 2014

2014_Gini_Index_World_Map,_income_inequality_distribution_by_country_per_World_Bank.svg

Ma il mondo è complicato… Non sempre si tratta di Nord e Sud. L’Australia non è al Nord.

Difficile sostenere che la differenza tra Papua e Papua Nuova Guinea dipenda dalla latitudine.

Cile e Argentina hanno recentemente preso strade molto diverse.

 

Conclusione

L’indice di Gini ha gravi difetti ?

No. La critica all’indice di Gini, come non ben rappresentativo della disuguaglianza, è miope dato che G determina la curva di Lorenz e quindi contiene anche l’informazione data da altri indici.

La diseguaglianza sta continuamente crescendo ?

  • Continuamente no. Sarebbe anche impossibile.
  • L’evidenza storica smentisce, fig. 4.
  • Sì. In questi ultimi lustri sì. Da noi sì. La classe media, la borghesia, si è impoverita.
  • Sì. I ricchi sono più ricchi. Da noi i poveri sono aumentati.

La diseguaglianza è inevitabile ?

Sì, eccetto il caso limite di perfetta uguaglianza. Ma G = 0 è pura utopia.

Esisteranno sempre anche forti diseguaglianze ?

Sì. Quando c’è diseguaglianza piccola c’è sempre anche qualche diseguaglianza grande.

Il rapporto tra le ricchezze della frazione più ricca e della frazione più povera cresce al diminuire della frazione: cinquile (1/5 = 20%), decile (1/10 = 10%), centile (1/100 = 1%), …

Alla fine si rapporta il più ricco al più povero!

Il rapporto 23 miliardi diviso zero non si fa, proibito. Allora dividete 23 miliardi di Euro per un Euro, troverete il ricco 23 miliardi di volte più ricco del povero a cui avete regalato un Euro.

.

.

.

Share.

Luigi Francesco Mojoli è nato nel 1941 a Milano e si è laureato in Ingegneria Elettronica al Politecnico di Milano. Ha pubblicato articoli e libri su problemi delle trasmissioni in Ponti Radio. Ha progettato la tratta radio in visibilità (LOS) più lunga al mondo: 360 km sopra il Mar Rosso, tra Sudan e Arabia Saudita. Ha contribuito alla normativa internazionale sui Ponti Radio (CCIR). Ha progettato i primi shelter a condizionamento passivo. Nel 2011 ha pubblicato "Analisi per adulti. Il senso della matematica oltre la regola della scimmia"

2 commenti

  1. Giorgio Masiero on

    Mi sembra tutto ineccepibile ciò che ci spieghi, Mojoli, proprio come chi “spiega” un rotolo davanti agli occhi per mostrare ciò vi è contenuto (= di-mostrare)!
    Tutti dovremmo capire, prima di parlare, altrimenti corriamo il rischio di proporre nella nostra ignoranza l’impossibile o contro la nostra volontà il controproducente. E per capire, bisogna studiare, prima di tutto la logica e la matematica. E se sono difficili la fisica e la chimica delle cose morte, immaginarsi la biologia delle cose vive! E se è difficile la biologia, immaginarsi l’etica e l’economia! Invece, più i campi sono difficili e complessi, più fioriscono i maestri…
    Studiare la logica e la matematica costa molta fatica, molta maggiore d’imparare l’arte della retorica che ti va vincere alle elezioni.

    • Luigi Mojoli on

      Ho messo il naso in queste cose per non bermi tutte le idee di moda. L’esposizione è elementare perché anzitutto dovevo capire io. Mi fa piacere che il risultato sia apprezzato. Polemizzo col tizio che ho citato nella prima parte, non con altri inventori di indici come ad esempio il prof. Zenga.
      La descrizione analitica che propongo è utile per trarre le considerazioni generali che si possono trarre, ma non significa: teniamoci l’indice di Gini e lasciamo perdere tutti gli altri… Capire come si operi una cataratta è meglio di niente, ma non significa che siamo diventati chirurghi.

Exit mobile version