Mito contro realtà: il suffragio universale in Gran Bretagna

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Quando si parla di suffragio universale, in genere ci si riferisce sempre al fatto che finalmente le donne poterono votare per la prima volta.

Film, libri e serie TV sulle suffragette ormai non si contano più, e anche a scuola il discorso è più o meno lo stesso. L’idea che, più o meno implicitamente, viene veicolata è che, prima del suffragio universale, tutti gli uomini abbiano sempre avuto il diritto al voto, e che le donne abbiano dovuto strapparlo con le unghie e con i denti agli uomini, che ovviamente non volevano cederglielo.

Le cose, in realtà, non andarono così. Anzi, diciamo che andarono quasi all’opposto, e furono gli uomini che dovettero strappare con le unghie e con i denti il diritto al voto, quasi in senso letterale. Ad esempio, una cosa che a molti sembra sfuggire è che per millenni l’unica forma di governo furono le monarchie assolute, e quindi il diritto al voto non ce l’aveva nessuno, e nessuno sembra chiedersi come si passò da questa situazione al cosiddetto suffragio universale maschile.

Questa è la traduzione di un articolo  comparso sul sito A Voice for Men che spiega come andarono le cose in Gran Bretagna.

Secondo la credenza popolare, furono le suffragette a conquistare il voto per le donne, mentre in precedenza gli uomini l’avevano sempre avuto. Entrambe queste affermazioni sono false.

Quella che segue è la storia, ignota ai più, del suffragio universale in Gran Bretagna. L’ho messa insieme in parte leggendo i registri parlamentari del 1917 (chiamati Hansard). [qui una breve definizione da Wikipedia Italia].

La vera storia del suffragio universale in Gran Bretagna è la storia della lotta della classe lavoratrice, in cui la questione della differenza di sesso non c’entrava niente.

Il diritto al voto basato sulla proprietà risale perlomeno a Enrico VI nel 1432, quando si decise che solo le persone che possedevano una proprietà di 40 scellini o più potevano votare [si tratta del cosiddetto suffragio censitario]. Poiché questa somma rimase invariata nei secoli, l’inflazione ebbe l’effetto di aumentare il bacino elettorale. Tuttavia, ancora nel XVIII secolo l’elettorato era ancora l’1%/2% della popolazione (virtualmente tutti uomini).

Durante l’era vittoriana si ebbero tre riforme elettorali che, messe insieme, aumentarono di circa il 50% il numero di uomini con diritto al voto. Come esempio dei commenti inaffidabili e partigiani che si possono trovare su internet a proposito del diritto al voto, considerate questa citazione (nota 1):

“Dal 1750 al 1900 i cambiamenti politici furono molto lenti. Quelli dal 1832 al 1867 non cambiarono molto, soprattutto perché non diedero il diritto di voto alle donne.”

Questa fatua osservazione liquida le riforme come non importanti solo perché non diedero il diritto di voto alle donne. Tali riforme, però, aumentarono il bacino elettorale da quasi niente a circa la metà della popolazione maschile adulta, cosa che difficilmente si può considerare insignificante. E non è insignificante neppure se ti focalizzi solo sulle donne, perché, senza gli uomini ad aprire la strada per un bacino elettorale più ampio, il terreno non sarebbe stato preparato affinché le donne potessero fare lo stesso più tardi. È il tipico esempio di come una forma mentis ginocentrica fatichi a capire che i destini di uomini e donne sono interconnessi.

Gli anni immediatamente precedenti alla Prima guerra mondiale furono il periodo più attivo per le suffragette che facevano campagne per il voto femminile, ma durante la guerra solo la metà degli uomini dai 21 anni in su aveva il diritto al voto. La maggior parte degli uomini uccisi o feriti in guerra non ce l’aveva.

 La versione popolare di come le donne ottennero il voto la si può trovare nel testo indicato alla nota 2:

“Nella sua versione standard, la lotta per il suffragio femminile viene vista come una contesa tra le suffragette e un establishment maschile e sciovinista, capeggiato – per non dire personificato – dal primo ministro Asquith, e comprendente politici ottusi, poliziotti nerboruti e brutali carcerieri. Questa versione ha il merito della semplicità, con eroi e cattivi adatti ad un pubblico generale, ma sfortunatamente ignora alcuni dei paradossi di questa storia.”

Questo in realtà è un understatement, perché la versione standard della storia è completamente sbagliata.

L’equivoco principale che vorrei esporre è che, prima della Prima guerra mondiale, l’impedimento maggiore al voto femminile non era l’appoggio da parte dei politici (maschi). Al contrario, l’appoggio era molto ampio tra i liberali e i laburisti. Come dice il testo già citato:

“Nel complesso, i politici maschi non erano affatto contrari a una qualche forma di suffragio femminile. Il Partito laburista era a favore, e figure importanti come Keir Hardie e George Lansbury erano molto coinvolte nella questione. Lansbury arrivò addirittura a ricandidarsi (purtroppo senza successo), nella sua circoscrizione di Bow and Bromley, proprio con un programma che comprendeva il suffragio femminile. Una grossa fetta del Partito liberale (probabilmente più della metà) appoggiava il voto per le donne, così come l’appoggiavano molte figure di spicco come Churchill, Lloyd George e Sir Edward Grey.”

Considerando quest’ampio supporto alla loro causa, come mai le suffragette non riuscirono ad ottenere prima il voto? Ironia vuole che la risposta sia proprio il loro sessismo.

La loro campagna era “Voto alle donne”, mentre invece avrebbe dovuto essere “Voto per tutti”. Non riuscirono a capire qual era il vero ostacolo al loro ottenimento del voto. Non era la mancanza di appoggio da parte dei politici uomini. L’ostacolo era che gli uomini della classe operaia non avevano il voto, e prima che votare divenisse possibile per le donne era politicamente essenziale che divenisse possibile per gli uomini della classe operaia.

Prima della Prima guerra mondiale ci furono diversi tentativi di far passare delle leggi che permettessero un voto limitato per le donne. Fallirono tutti, e per una ragione puramente politica. Poiché solo gli uomini delle classi più alte potevano votare, il meglio che poteva essere offerto alle donne era il voto per le donne dell’alta società. Tuttavia, l’appoggio al voto femminile risiedeva nei partiti laburista e liberale, per cui concedere il voto alle donne dell’alta società era visto come l’introduzione di alcuni milioni in più di voti conservatori nell’elettorato. Come potevano dunque appoggiarlo i laburisti e i liberali? Sarebbe stato un suicidio elettorale. Quindi quegli uomini che erano in favore del suffragio femminile dovettero ritirare il loro appoggio, mentre i Conservatori erano contrari per principio.

Per cui, come potete vedere, il voto alle donne era impossibile fino a che e a meno che l’ottenessero anche gli uomini della classe operaia, in modo da rompere lo stallo politico di cui sopra.

Nel 1916 il governo britannico si rese conto di avere un problema. Il processo elettorale era stato fatto a pezzi dalla guerra. Il registro elettorale non aveva più senso, poiché i votanti di maggior peso erano in Francia o altrove a combattere, e molti cittadini si erano spostati per svolgere attività collegate alla guerra. Questo portò ad un ripensamento del diritto di voto.

Le raccomandazioni straordinariamente egualitarie del Representation of the People Act  furono così riassunte da una fonte americana contemporanea:

“La vecchia pratica di definire il diritto al voto in base alla relazione con la proprietà dovrà cessare, e sarà necessario adottare il principio che il suffragio è un diritto personale dell’individuo.”

Questa proposta, di allargare il diritto al voto a tutti gli uomini adulti, fu accolta a maggioranza da tutti i partiti e da entrambe le Camere. Venne riconosciuto che, dopo gli orrori delle trincee, non si poteva concedere nulla di meno. Questo risulta assolutamente chiaro dalla lettura dei numerosi dibattiti sul People Act del 1917, registrati negli Hansard. Il Segretario dell’Interno, George Cave (Conservatori) introdusse l’atto come segue:

“La guerra, combattuta da tutte le classi dei nostri compatrioti, ci ha portati più vicini, ci ha aperto gli occhi, ha rimosso incomprensioni. Essa ha reso impossibile, per la presente generazione, un ritorno di quel vecchio sentimento di classe responsabile di tante cose, come ad esempio l’esclusione di una larga parte della popolazione dall’elettorato. Credo non ci sia nient’altro da aggiungere circa questa estensione del diritto di voto.”

Quindi eccolo qui. Lo scopo principale dell’atto del 1918 era eliminare il precedente diritto al voto basato sulla classe sociale, e la motivazione specifica era il riconoscimento che “se sono adatti per combattere, sono adatti per votare” (una citazione dagli stessi Hansard). Il motivo principale furono gli uomini.

Le donne ottennero il voto come conseguenza quasi automatica del fatto che l’ottennero gli uomini della classe operaia. La Prima guerra mondiale ruppe la precedente impasse politica.

Se la decisione di riconoscere i diritti degli uomini della classe lavoratrice fu il risultato dei massacri nelle trincee – ed in effetti lo era – allora questa prospettiva suggerisce che il voto per le donne fu comprato con le vite degli uomini. Questa realtà non risulterà popolare in certi ambienti. È in netto e terribile contrasto con l’ortodossia femminista.

Le donne devono il loro diritto al voto più al Kaiser che alle sorelle Pankhurst.

Il grafico più sopra mostra la vera storia. Con la giusta prospettiva storica, la maggior parte degli uomini e le donne ottennero il voto all’incirca allo stesso momento. Dal punto di vista cronologico, il periodo che precedette il diritto al voto delle donne rispetto a quello degli uomini è scarsamente significativo.

Durante la Prima guerra mondiale la maggior parte delle suffragette sospese l’attivismo. Molte di esse, comprese Emmeline e Christabel Pankhurst, iniziarono a parlare durante le campagne di reclutamento per la guerra. Le potenziali reclute venivano soprattutto dalla classe operaia e dunque non potevano votare. Che ipocrisia. Le Pankhurst insistevano sul loro diritto ad avere il voto rimanendo al sicuro a casa, ma nello stesso tempo erano felici di mandare a morire uomini e ragazzi il cui diritto a votare ritenevano insignificante. Questa è sicuramente una delle ipocrisie politiche più amorali di tutti i tempi.

La vera storia del suffragio femminile è la lotta della classe operaia. La prospettiva corretta non ha a che fare né con un sesso, né con l’altro. Dal punto di vista storico, il quadro generale ci mostra che la conquista del voto fu un processo unico. Non furono le suffragette a far ottenere alle donne il diritto di voto, poiché non compresero che il loro diritto di voto era legato a doppio filo col diritto di voto degli uomini della classe lavoratrice. Il problema fu risolto dalla Prima guerra mondiale, non dalle proteste politiche.

La prospettiva delle suffragette era “voto alle donne”, poiché non riconoscevano i diritti degli uomini della classe lavoratrice, anch’essi privi della possibilità di votare. La cosa ironica è che, alla fine, il suffragio universale fu ottenuto grazie al sacrificio di questi stessi uomini nelle trincee. Questo, infatti, permise agli uomini di ottenere il diritto al voto, che era stato il maggiore impedimento all’ottenimento dello stesso diritto da parte delle donne.

L’unica azione delle suffragette che le aiutò a ottenere il voto fu il loro impegno nel mandare gli uomini in guerra. Le femministe moderne sono colpevoli perché, anche mettendo gli eventi nella giusta prospettiva, insistono nel vedere le suffragette come vittoriose sull’egemonia maschile. La narrativa femminista non è solo inaccurata, ma nasconde un’orribile, seppure involontaria, verità. La visione corrente “donna brava, uomo cattivo” non è solo falsa, ma, in questo contesto, anche terribilmente crudele.   

Note:

[1] http://www.historylearningsite.co.uk/polchanges.htm

[2] Sean Lang, “Parliamentary Reform, 1785-1928”, Routledge 1999.

 

In Gran Bretagna, le donne ottennero il diritto di voto senza restrizioni nel 1928, quindi dieci anni dopo il suffragio universale maschile.

In Italia, il suffragio universale maschile venne introdotto nel 1919: potevano votare tutti i cittadini maschi al di sopra dei 21 anni e che avessero prestato servizio nell’esercito (già nel 1913, comunque, poterono votare tutti i cittadini maschi al di sopra dei 30 anni). Per quello che invece riguarda le donne, pochi sanno che il programma fascista, con la Carta di San Sepolcro (21 marzo 1919) già prevedeva un allargamento del voto a una parte delle donne. Nel 1925 entrò in vigore una legge che permetteva il voto alle eroine della Patria, a madri o vedove di caduti in guerra, alle donne benestanti o istruite. Purtroppo questa legge venne annullata dalla riforma podestarile di qualche mese dopo, che in pratica toglieva il voto a tutti, per cui le italiane dovettero aspettare il 1946 per andare a votare.

Lo scorso 8 marzo un gruppo di femministe si è recato sull’Altare della Patria, dove le donne hanno sollevato le gonne, mostrando le parti intime.  Queste donne purtroppo non sanno (poverine, c’è solo da compatirle) che se oggi possono andare a votare lo devono anche a tutti quegli uomini privi di diritto al voto che sono andati in guerra. Il loro gesto volgare e ignorante offende loro, gli italiani che ancora amano il loro Paese (pochi, ma qualcuno ancora ce n’è) e tutte quelle donne per le quali la cosiddetta “emancipazione” non consiste nel mostrare in pubblico i genitali.

 

 

 

 

 

 

 

    

  

 

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Laureata in Lingue presso l'Università per gli studi di Perugia, lavora come traduttrice dall'inglese e da alcuni anni studia pedagogia.

62 commenti

  1. Giuseppe1960 on

    Giusto vedere le cose per come sono andate veramente… Proprio da un punto di vista della realtà, detratti i miti, l’impressione che rimane è pur sempre che le donne arrivano sempre dopo, in modo subordinato all’uomo, e sappiamo tutti che di strada sui diritti civili, e non solo, in molte parti del mondo ne devono fare ancora molta.

    • Incredibile come in seguito alla lettura di un articolo così fuori dai luoghi comuni come questo di Emanuela, il suo commento sia perfettamente in linea con i luoghi comuni, come a voler vedere solo ciò che si vuole vedere (tipo quel “dopo” che è solo 10 anni dopo)!
      L’impressione che ho avuto io, invece, è che la vera e sola discriminazione che attraversa la storia passata è presente è quella di classe, i poveri contro i ricchi. Le altre eventuali discriminazioni spariscono se si supera la prima, mentre si può anche superare una discriminazione di altro tipo SENZA che venga toccata quella di classe.

      • Giuseppe1960 on

        Ho scritto che la verità fa piacere conoscerla e quel che penso… E ho notato il cliché rispettato anche in questo caso: le donne arrivano dopo, mai prima. Non mi pare un luogo comune ma la realtà dei fatti. Chi lo disconosce dovrebbe, forse, approfondire il perché e prendere pure atto che ho aggiunto un fatto sotto gli occhi di tutti: in molte parti del mondo la donna alle sue conquiste civili arriverà un bel po’ dopo, sempre che ci arrivi… Anche questa è una discriminazione di classe, io credo.

        • In questo commento ha solo ribadito il primo, basato sull’unico dettaglio politicamente corretto ricavabile dall’articolo di Emanuela.
          Emanuela ci ha spiegato come la battaglia per il suffragio universale sia nata come battaglia della classe operaia, ha spiegato gli errori strategici e politici delle suffragette al limite dell’ipocrisia, del grande ruolo giocato dagli UOMINI e operai che hanno combattuto in guerra, del suffragio universale generato subito dopo che sia stato superato il vero elemento discriminante, il censo, e lei se ne esce con il fatto che le donne il voto l’hanno avuto comunque dopo (10 anni, che in proporzioni storiche sono un niente).
          Mi viene in mente una vignetta che girava su internet: ci sta un uomo che chiama la telefono la moglie dicendo: “Stavo in ufficio, ho avuto all’improvviso un infarto, la mia collega Maria mi ha portato in ospedale, ho quasi tirato le cuoia in Pronto Soccorso, sono stabile ma ho bisogno di un altro intervento al più presto!” e la moglie gli fa “Chi è Maria?!”

        • GIUSEPPE CACIOPPO on

          Direi che le sfugge il significato più profondo dell’ articolo. Il femminismo è un fenomeno che nasce in occidente. Le donne dell’ ottocento non erano meno intelligenti di quelle di oggi. Sapevano benissimo che ai loro uomini erano dedicati i lavori più sporchi e faticosi. Se scoppiava una guerra erano loro che andavano al macello. È immaginabile che quelle povere donne, di famiglie povere, al ritorno dei loro mariti reduci da una giornata di fatiche, possibilmente incipriati di carbone, si mettessero su un palchetto ad urlare slogan contro la schiavitù delle donne?
          Inoltre non le sembra strano che non ci siano manifestazioni o proteste, o denuncie, delle femministe contro la cultura islamica o indù o alcune di quelle africane, che, queste si, teorizzano e praticano abbondantemente, anche sul nostro suolo, la subordinazione violenta del genere femminile?
          Non le sembra che il tutto puzzi di ideologia lungo un miglio?

          • Ma infatti, se le donne sono sempre state oppresse, perché hanno aspettato i primi del ‘900 per ribellarsi? Non potevano farlo nel 1500? O nel 1000? E perché non chiedono le quote rosa anche per mestieri come minatore, pompiere, escavatorista o artificiere? E perché non si leva neanche una voce contro l’infibulazione?

      • L’articolo infatti intendeva dire proprio quello. Gli unici a cui, nella storia dell’umanità, è sempre andata bene (e continua ancora ad andargli bene) sono i ricchi, i potenti e i nobili. Tutti gli altri (uomini e donne) sono sempre stati oppressi, chi in un modo, chi in un altro.

  2. GIUSEPPE CACIOPPO on

    Ricordo la faccia incredula di mio figlio quando… temerariamente osai dirgli che nei libri che gli facevano studiare non sempre era raccontata la verita’. L’ articolo di Emanuela è uno splendido esempio di come si possa fare storia in modo onesto semplicemente leggendo i documenti dell’ epoca. E’ un metodo che, specie in Italia, non va per la maggiore. Non potevo mettermi a raccontare a mio figlio, ancora troppo piccolo, delle metaforiche secchiate in faccia che si sono beccati storici come Renzo De Felice o G.P. Pansa per questo!
    Piuttosto non vorrei che la cara Emanuela, cui vanno i miei più sinceri complimenti, non incorra, per questo “audace” scritto, in qualche denuncia per: “incitamento all’ odio razziale”!

    • Io l’articolo l’ho solo tradotto, per cui semmai la denuncia se la beccherà l’autore. 🙂 O al massimo Enzo, per averlo ospitato sul suo blog. 😀

  3. Giorgio Masiero on

    Dopo aver visto di recente un film sulla vicenda “eroica” delle suffragette inglesi, questo articolo preciso, documentato, matematico mi ha scioccato. Grazie, Emanuela.

  4. Claude Liszt on

    Gent. Emanuela,
    grazie per il suo contributo. Queste “scoperte” accadono quando si mettono in fila i documenti e li si leggono dall’inizio alla fine.
    Da storico però una cosa mi lascia alquanto sgomento: non sono trascorsi nemmeno cento anni dal voto del 1928, eppure esiste già un’eziologia costruita a tavolino. Immaginiamoci cosa non si fa quando i fatti sono più distanti nel tempo e i documenti o sono sepolti o non li si vuole leggere o sono irraggiungibili o sono distrutti.

    • Beh secondo me in questi casi “dubbi” una storiografia seria dovrebbe alzare le braccia e ammettere che su quel certo fatto non si hanno ancora certezze. Purtroppo mi pare che questo non accada quasi mai.

  5. Armando Serafino on

    c’è poco da fare: è apodittico, ormai, affermare che il femminismo storico non è altro che una forma di sessismo. Cioè un’altra forma di razzismo. Che poi ci siano state diverse declinazioni di femminismo (pensiamo per esempio in italia a quello cattolico) è altra cosa: il mainstream narrativo si riferisce sempre a modelli che si rifanno sempre a questi personaggi storici, che in realtà non erano altro che classisiti, pensatori intellettuali (Dio ci guardi dagli intellettuali!) radicali e nulla più.

    • Molto probabilmente il cosiddetto femminismo è un altro di quei movimenti che sono stati “sviati” con lo scopo di destabilizzare la società.

  6. Giuseppe1960 on

    Per rimanere sul pezzo, c’è qualcuno qui convinto che senza le lotte femministe, più o meno ortodosse, più o meno condivisibili nei modi e nei toni, le donne inglesi avrebbero beneficiato di quei “soli” 10 anni di ritardo rispetto agli uomini per il suffragio?

    • Giorgio Masiero on

      “Per rimanere sul pezzo”, Lei continua ad uscire dal pezzo, Giuseppe1960! Comunque, dalla lettura dell’articolo, a me pare di capire che senza le lotte femministe alcuni storici ritengono che le donne avrebbero ottenuto prima il voto!
      Io non ho fatto una ricerca storica per farmi un’opinione personale. Posso chiederle da quali studi o ragionamenti Lei ha tratto la Sua convinzione?

      • Giuseppe1960 on

        A me pare invece di capire il contrario… Ritengo che la concessione spontanea del suffragio alle donne sarebbe stata oltremodo difficile, nella considerazione che senza lotta ben difficilmente si fanno conquiste sociali, lo insegna la storia. E in questo campo non c’è un caso, mi pare, in cui le cose siano andate diversamente per il gentil sesso… Le dirò anche che l’articolo in questione, insinuando una sorta di cinismo muliebre al confine con l’inverosimile, mi ha convinto che bisognerebbe indagare con altre fonti. Ed è quel che farò

  7. Palafreniere on

    A me sembra, anche a vedere dal grafico, che a prescindere dalle limitazioni date dal censo, fino al 1900 almeno nessuna donna abbia mai potuto votare: neanche quelle più ricche, a differenza degli uomini.
    Forse perché non erano mai considerate reali proprietarie del patrimonio familiare?
    Quindi a parità di censo, perché non fu concesso loro il diritto di voto come accadeva invece per i famigliari di sesso maschile? A differenza degli altolocati maschi, che in misura ristretta ma sempre più crescente poterono votare sin dal 1600, perché le donne ricche dovettero aspettare il Novecento per il diritto di voto?
    Forse non erano considerate all’altezza?
    Se dal 1600 il diritto di voto si allarga lentamente ma progressivamente ma non raggiunge le donne se non con la proclamazione del suffragio universale, come si può dire che il movimento delle suffragette con le sue rivendicazioni sia stato ininfluente in tal senso?
    Tra il primo uomo che ottiente il diritto al voto, seppur in un sistema ristretto e censitario, e la prima donna, passano 300 anni.
    Come mai in tre secoli di piccoli allargamenti del suffragio elettorale non si è mai pensato alle donne? Tutti i Reform Bills ottocenteschi precisano l’allargamento ai soli cittadini maschi: cittadini maschi possessori di immobili, cittadini maschi affittuari di immobili, cittadini maschi affittuari degli immobili nelle campagne.
    E quando in Inghilterra viene approvato il suffragio universale, le donne inizialmente devono avere raggiunto almeno i 30 anni ed essere sposate, per poter votare.
    A me pare che se le donne non avessero da sé stesse agito in merito, difficilmente avrebbero ottenuto il diritto di voto: d’altronde non sono mai state considerate all’altezza, subordinate al marito economicamente e ritenutegli inferiori intellettualmente, nei palazzi di corte e nei tuguri cittadini. Che poi l’azione delle suffragette consegua il suo obiettivo grazie anche all’influenza di altri fattori esterni al movimento, non è mai stao un mistero, credo

    • GIUSEPPE CACIOPPO on

      La risposta ai suoi quesiti è data dal mutamento del concetto di famiglia che si è avuto nel corso dell’ ultimo secolo. Precedentemente l’ elemento centrale non erano i singoli, bensì la famiglia stessa, in essa ognuno svolgeva il suo ruolo come nella barca i rematori.
      Il capofamiglia era il maschio e questo più che un privilegio era un onere, era lui che doveva procurare il pane per tutta la famiglia, in un periodo in cui non c’erano limiti all’ orario di lavoro e alla fatica fisica. Per il resto l’ obbiettivo primario della stragrande maggioranza della popolazione era sopravvivere alla fame e alle malattie.
      In questo contesto dipingere il capofamiglia come oppressore ed un accentratore di potere mi sembra un concetto anacronistico. In questo contesto va fatta rientrare anche la problematica sul voto. Di conseguenza prettamente ideologico e alquanto artificioso mi sembra riproporre continuamente il tema del contrasto “uomo contro donna”, generi che sono “complementari e alleati per natura”! La tematica della “lotta dei sessi” può essere proposta solo ignorando e ribaltando i dati storici!
      Questo per quanto riguarda l’ occidente che risente in modo fondamentale della cultura cristiana!
      Per quello che riguarda Islam, induismo, costumi africani il discorso cambia alquanto, ma non mi sembra che la cosa, al movimento femminista interessi molto!

      • Palafreniere on

        Come mai è cambiato dunque il concetto di famiglia precedente il novecento? In questo sistema famigliare quale era il ruolo della donna? Faceva tutto il cosiddetto capofamigia? Qualche cosa la donna avrà pur fatto, qualche donna sicuramente ha gestito patrimoni ingenti in assenza di discendenti maschi, eppure come mai nemmeno negli ambienti più abbienti della società nessuna donna ebbe mai il diritto al voto? E come mai, in assenza di lotta dei sessi, le donne non ottennero sin da subito il voto a parità di censo? Come mai non fu loro mai riconosciuto il ruolo di capofamiglia seppur in presenza di un marito? Sembra inevitabile concludere che il ruolo della donna fosse perlopiù subordinato a quello del marito, a quello dei fratelli, a quello dei figli maschi. In che modo spiega dunque la nascita del movimento delle suffragette prima e del femminismo poi, in un contesto storico di complementarità, alleanza e serena concordia dei sessi?

        • GIUSEPPE CACIOPPO on

          Lei continua ad assimilare il termine di capofamiglia al concetto di potere e di sopraffazione, in realtà la situazione era apprezzabilmente diversa. Si trattava di diversità di ruoli. In una realtà molto diversa dalla nostra, priva dell’ ausilio delle macchine, i lavori di fatica toccavano all’ uomo cui competevano gli spazi esterni. Mentre la donna si occupava di quelli interni. Il compito della donna era anch’ esso faticoso ma più adatto alle sue caratteristiche fisiche. Dal punto di vista qualitativo il suo compito era nettamente superiore a quello dell’ uomo, in quanto a lei competeva presiedere alla crescita e all’ istruzione della futura generazione!
          Il panorama è cambiato recentemente, la meccanizzazione diffusa ha creato tempo libero e maggiori opportunità.Ma resto fermamente convinto che in certi campi siano più brave le donne, per esempio nel crescere e istruire i figli, in altri lo siano gli uomini. Vocazioni diverse e complemetaarita’

          • Palafreniere on

            Perché si continua a cancellare la mia risposta?
            Ci dev’essere un errore, qui sotto l’ho ripostata

          • Palafreniere on

            Il messaggio era stato identificato come spam, comunque ora cambiando qualche parola sono riuscito a farmelo convalidare, sembrerebbe. Sta qui sopra

          • Palafreniere on

            Come mai allora, se la situazione era davvero apprezzabilmente diversa sono nati movimenti come quello delle suffragette e poi il femminismo più recente? Come mai questa distribuzione di ruoli esclude la donna a priori da qualsiasi possibilità decisionale? Sempre secondo la logica dell’adattabilità delle caratteristiche fisiche?
            Vorrei farle notare che le ho chiesto: “In che modo spiega dunque la nascita del movimento delle suffragette prima e del femminismo poi, in un contesto storico di complementarità, alleanza e serena concordia dei sessi?” e lei mi ha risposto :”Quanto alle suffragette, in un famoso film di Walt Disney una signora ricca e annoiata abbandonava figli e marito per rivendicare in piazza, con le amiche dello stesso censo, i propri diritti. Fortuna, per i ragazzi, che, nel film ad un certo punto arrivava una certa…Mary Poppins!”, poi le ho chiesto :” E come mai, in assenza di lotta dei sessi, le donne non ottennero sin da subito il voto a parità di censo?”, lei non ha risposto, a meno che la sua risposta non sia questa: “Il compito della donna era anch’ esso faticoso ma più adatto alle sue caratteristiche fisiche.” Poi lei dice :”Lei continua ad assimilare il termine di capofamiglia al concetto di potere e di sopraffazione”, quando io non ho ancora espresso un parere , sulla figura del capofamiglia.

  8. Giuseppe1960 on

    Stavolta esco davvero dal seminato, ma c’è un motivo… Andate a visitare per bene il sito da cui è stato tratto l’articolo e fatevi un’idea dell’aria che tira. Vi si nega persino che esista un problema “femminicidio”… con tanto di tabelle strumentalizzate per dimostrare che si tratta di fenomeno gonfiato dai media… E si sostiene anche che esiste lo stupro femminile nei confronti dei maschi con l’obiettivo neanche tanto velato di far intendere che invece di norma si parla solo di stupri di uomini contro donne… Chissà perché? Eh?

    • Giorgio Masiero on

      Questo non è un argomento, Giuseppe1960, contro la veridicità dei dati riportati. Anche un orologio fermo indica l’ora esatta due volte al giorno. Mi aspettavo di meglio quando ha promesso che Si sarebbe impegnato a “indagare altre fonti”.

    • GIUSEPPE CACIOPPO on

      La invito a leggere l’ articolo “Femminicidio” di Roberto Marchesini sul sito “Basta Bugie” in cui la faccenda viene analizzata dati statistici alla mano. Poi si vada a rivedere il concetto di “finestra di Overton”.
      Se alla fine lei, comunque, si sentirà di appartenere un genere che è sinonimo di oppressione e di prepotenza, non le resta, per logica consequenziale, che andare a prostrarsi pentito e a battersi il petto dinanzi a quelle signore che si sono esibite… l’ otto marzo dinanzi all’ altare della Patria!

      • Giuseppe1960 on

        Cosa c’entri la minchiata di quelle esibizioniste con me non lo capisco proprio!?

        • GIUSEPPE CACIOPPO on

          C’ entra perchè quelle signore condividono con lei le idee sul: “maschio oppressore e padrone”!
          Dunque dato che lei appartiene al genere maschile sarebbe logico che andasse da loro a chiedere scusa !

          • Giuseppe1960 on

            Per mia indole, e per fortuna, personalmente non mi ritengo e non sono ritenuto un maschio oppressore e padrone, caro omonimo. Quindi credo di non dover alcuna scusa alle signore suddette… Mi piacerebbe, piuttosto, che il confronto su questi importati temi non partisse su un piano tanto squilibrato quanto ideologico. Ma mi pare che non sia possibile.

          • GIUSEPPE CACIOPPO on

            Quindi lei si tira fuori, i cattivi sono gli altri!
            Ma si guardi intorno dove li vede tutti questi maschi prepotenti ed oppressori?
            Effettivamente, ha ragione lei, il confronto con la vista alterata dall’ ideologia rende impossibile il confronto!

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  10. Giorgio Masiero on

    Per me lo shock è stato di apprendere che solo 10 anni separano il suffragio universale maschile e quello femminile in GB e che, secondo alcuni storici, il ritardo si deve al sessismo delle lotte femministe. Non sarebbe la prima volta che nella storia si ottengono risultati opposti a quelli voluti.
    Per il resto, io non ho un’opinione mia, non ho il tempo di costruirmela né la voglia di trarla dai miei pregiudizi.

    • Palafreniere on

      Mi scusi ma non si è accorto che dal primo momento in cui un uomo ottiene il diritto di voto e il primo momento in cui l’ottiene una donna passano 300 anni? Questo ritardo è pure ascrivibile al sessismo delle lotte femministe?

      • Giorgio Masiero on

        Certo che no, ma non c’entra con l’articolo. La questione trattata non è la disparità di diritti perdurata per tanti anni, ma se le femministe inglesi abbiano contribuito ad accorciarne la durata.

  11. MenteLibera65 on

    Sinceramente mi sembra evidente come siano passati più di 300 anni dal primo voto di un uomo ed il primo voto di una donna in Inghilterra. Ogni altra considerazione è strumentale.
    Più in generale ho la sensazione che si cerchi spesso, purtroppo anche qui, di far passare l’idea che tutto sommato non è vero che nella storia la donna sia stata decisamente sottomessa all’uomo per secoli , anzi millenni.
    Non è certo dal suffragio universale, in ogni caso, che si può trarre un giudizio su una evidente divisione di ruoli che anche nel mondo occidentale ha impedito per secoli alle donne di esistere come entità separate dal padre, marito o al limite dalla madre badessa in convento.
    E non è certo portando quella decina di eccezioni (A cominciare di Giovanna D’arco) che si possono nascondere milioni e milioni di donne destinate ad una vita a volte anche agiata, ma certamente all’interno di uno schema di comportamento rigido ed non modificabile.
    Una donna “single” o era vedova o era zitella (e allora viveva ancora con la famiglia di origine) o era prostituta o era suora. Non c’erano altre versioni della vicenda.
    E questo è attestato da migliaia di testimonianze di tutti i tipi , di codici di legge, di testi storici scritti in tempi in cui questo fatto era talmente normale che nessuno pensava di predisporsi a “nasconderlo” per i posteri.
    Ora mi domando che senso abbia continuare a comporre o tradurre o pubblicare articoli il cui scopo non è quello di affermare la “Verità” con la V maiuscola, ma una “verità” con a v minuscola, che soffermandosi su piccoli dettagli non fa che affermare la sua volontà revisionista generale (altro che ricerca della Verità, ma affermazione della menzogna tramite una mezza verità, ne più ne meno come faceva il serpente nel paradiso terrestre)
    Come quando ho letto articoli minimizzanti sul fenomeno del femminicidio, in una società dove ancora migliaia di uomini finiscono col menare o l’ammazzare mogli , ex mogli e compagne, mentre il fenomeno contrario è limitato a poche decine di casi.
    Spero che Emanuela, come donna, si renda conto che sta quasi inconsapevolmente partecipando ad un ridimensionamento di una Verità storica indiscutibile, talmente indiscussa che ancora oggi in numerose società e nella stessa nostra società teoricamente “paritaria” se ne vedono gli effetti. O forse pensa che quello che è accaduto nella trasmissione di Paola Perego sia un fatto di televisione di serie B e basta ?
    Altro non era che l’attestazione che ancora oggi le donne sono classificate in base alla bravura nelle faccende di casa, alla bellezza ed all’obbedienza all’uomo, e non in base alla propria intelligenza. Quel cartello parlava di donne dell’est, ma poteva parlare di razze di mucche, conigli , o altro a scelta.

    • GIUSEPPE CACIOPPO on

      Perfetto esempio di “verità indiscutibili”, nella pietra scolpite, tratte dal politicamente corretto e circolanti nelle menti libere!

      • Palafreniere on

        Visto che sopra non mi passano la risposta riposto qui, tanto era diretta a lei

        • Palafreniere on

          Niente .Provo a vedere se cambiando qualche parola me la passano.
          P.s forse sono riuscito a rispondere più su

      • MenteLibera65 on

        E’ il tipo di risposta che va dato a chi cerca di far revisione storica attraverso la puntualizzazione di dettagli su alcuni episodi.
        Come se i nazisti dimostrassero che i morti nei campi di concentramento fossero 5.000.000 invece di 6.000.000 e accusassero di menzogna tutta la storia ufficiale, cercando di far finta che il 1.000.000 di morti in meno valga molto di più di 5.000.000 di morti innocenti.
        Intendiamoci…non voglio accusare certo che si stia facendo una cosa simile, ma ho descritto questa iperbole per dare l’idea di come la penso e di come sono attendo a leggere “dietro” alle notizie ed al perchè, tra mille fatti storici di cui si può parlare, si vadano a scegliere articoli che hanno un certo segno.
        Non ha caso qui immediatamente c’è stato qualcuno che partendo da questa “non notizia”, è ripartito per la solita lenzuolata contro il femminismo etc etc.
        La comunicazione ha delle regole ben precise, ed è evidente il taglio politico che si vuole intendere scegliendo sempre notizie di questo tipo.

        • MenteLibera65 on

          Mi scuso per le imprecisioni ortografiche ma sto lottando col cellulare ed il T9…non è facile…

        • GIUSEPPE CACIOPPO on

          L’ “iperbole” sul nazismo denota un suo certo nervosismo al leggere notizie che non combacino con le sue ” indiscutibili verità”. Avessero saputo prima di tanta certezza la relatrice dell’ articolo e la traduttrice si sarebbero risparmiate la fatica, e noi avremmo potuto dedicare qualche minuto in più ad approfondire, per esempio, il pensiero della presidenta Boldrini!

    • Mi rivolgo a MenteLibera65 e agli eventuali commentatori che hanno provato le stesse “sensazioni”: l’articolo di Emanuela era SOLO sul suffragio universale in Gran Bretagna raccontato per come è stato raggiunto realmente, cioè aldilà della retorica femminista. INVECE alcuni stanno rispondendo come risponderebbe un qualunque liceale che debba svolgere un tema/saggio breve intitolato “Il ruolo della donna nel corso della Storia”.
      Il messaggio generale non ha niente di scandaloso: le discriminazioni sociali e politiche svaniscono in tempi relativamente brevi non appena scompare quella più importante di tutte, quella basata sul censo. È come quei fenomeni naturali detti “a soglia”. Detto ciò, alle suffragette conveniva puntare al voto per TUTTI invece che al voto alle donne, in più, il vero fattore chiave è stato il contributo in guerra della classe operaia (maschile). Questo è stato detto per contrastare il mito delle donne che ottengono il voto grazie alle LORO battaglie.
      Per concludere, le possibilità che vedo sono solo due: o si riportano altre fonti a proposito di QUESTO fatto storico, o niente. Trovo inutile partire dall’anno Mille o prima oppure dimostrarsi esperti nel “leggere tra le righe” (che poi è un modo implicito per ammettere che non si può criticare la tesi centrale dell’articolo, per cui si passa al criticare ciò che sta nella testa di Emanuela).

      • MenteLibera65 on

        Lo so Htagliato . Dell’articolo però non discuto la sostanza oggettiva, ma il taglio che ne viene dato. Infatti lo stessa verità può essere utilizzata sia per dimostrare che le donne sono state pesantemente discriminate per 300 anni, sia per dimostrare che in fondo sono passati sono 10 anni dal suffragio universale per gli uomini e per le donne. Come vedi funziona sempre, al che potrebbe applicarsi la non falsificabilità di Popper 🙂
        La politica si fa con la scelta dei fatti di cui parlare e col taglio del commento che si vuole fare dei fatti, e non con la mera esposizione dei fatti stessi.
        Quindi scelta dell’argomento e taglio del commento sono inequivocabilmente indice di un pensiero di fondo sulle battaglie di liberazione delle donne e sulle discriminazioni verso le stesse, peraltro confermato nei commenti successivi e in articoli precedenti su altri argomenti.
        Faccio male ed evidenziare tutto ciò ?

        • Non è la “stessa verità”, è solo lo stesso grafico. Lo svolgimento dei fatti è molto meno ambiguo, l’ho riassunto nel commento precedente e non voglio ripetermi perché già Emanuela era stata chiara: dobbiamo ringraziare per il suffragio universale gli operai maschi che hanno combattuto, molto più delle donne scese con cartelloni e striscioni.

          “Faccio male ed evidenziare tutto ciò?”
          Sì, perché la sua strategia può essere riassunta nel seguente modo: sono d’accordo con quello che dice ma non condivido la sua corrente di pensiero, quindi scrivo un commento di 2500 caratteri contro di essa e oriento il resto della discussione su questa.
          A lei può sembrare una cosa lecita, ma per chi l’articolo l’ha scritto e per chi modera il blog significa fatica inutile. È la versione educata del comportamento di un troll.

          • MenteLibera65 on

            Che si debbano ringraziare i maschi del 900 per aver combattuto contro le idee dei maschi dell’800, e cosi scalando, questo vale per tutte le conquiste. D’altra parte nessuna conquista sociale è possibile se non c’è la collaborazione di coloro che in teoria ne vengono danneggiati. Quanti borghesi di buona famiglia si sono schierati dalla parte del socialismo ?
            E’ cosi da sempre perchè è proprio quello che rende credibile e realizzabile una battaglia. Quindi anche questa considerazione va nella stessa direzione di dar meno peso alla voce delle donne.
            Se sono un troll, sono un troll gentile ed argomentato.
            O forse sono semplicemente una persona con idee diverse…? Grazie per consentirmelo cmq.

          • “D’altra parte nessuna conquista sociale è possibile se non c’è la collaborazione di coloro che in teoria ne vengono danneggiati.”
            Ovvio, ma sembra che l’articolo non l’abbia letto: chi nega che le donne non abbiano combattuto nel secolo scorso per il loro diritto al voto?! Mica Emanuela nega che siano esiste le suffragette?! Temo che lei non voglia negare la ricostruzione dei fatti, ma che le dia fastidio che tali fatti abbiano rovinato l’immagine che si era fatta delle suffragette.

            Non c’è alcun problema nel fatto che lei abbia idee diverse, il problema è stare a discutere del pensiero che “legge tra le righe”, difendendo in generale la causa “femminista”, come se fosse stato questo l’argomento dell’articolo. Non è una questione di idee diverse, ma di parlare d’altro.

          • Giuseppe1960 on

            Mi scusi, Htagliato, se in un articolo come questo mi si scrive che l’unica azione delle suffragette che le aiutò a ottenere il voto fu il loro impegno nel mandare gli uomini in guerra, è una falsità che, se permette, fa un po’ cadere le braccia… La guerra, piuttosto, dimostrò come in assenza degli uomini impegnati in guerra molte donne furono capaci di tirar fuori risorse e capacità inimmaginabili in una società ancora fortemente maschile in molti ruoli…

          • È riuscito quindi a trovare una fonte storica alternativa riguardante specificamente il ruolo delle suffragette durante la prima guerra mondiale? Non è vero che sospesero l’attività?

          • Giuseppe1960 on

            Non tutte, su questo si divisero… Ma la lotta continuò. Non capisco molto bene il passo della traduzione “Le Pankhurst insistevano sul loro diritto ad avere il voto rimanendo al sicuro a casa, ma nello stesso tempo erano felici di mandare a morire uomini e ragazzi il cui diritto a votare ritenevano insignificante…”. Su questo sarebbe interessante avere la fonte…

      • Palafreniere on

        “Quando si parla di suffragio universale, in genere ci si riferisce sempre al fatto che finalmente le donne poterono votare per la prima volta. […]Film, libri e serie TV sulle suffragette ormai non si contano più, e anche a scuola il discorso è più o meno lo stesso. L’idea che, più o meno implicitamente, viene veicolata è che, prima del suffragio universale, tutti gli uomini abbiano sempre avuto il diritto al voto, e che le donne abbiano dovuto strapparlo con le unghie e con i denti agli uomini, che ovviamente non volevano cederglielo.”
        Questo incipit dà adito a quelle risposte che lei definisce “liceali”, difatti inquadra l’articolo in una prospettiva molto più ampia: se le donne non poterono votare sino al novecento fu per motivazioni censitarie come per la maggior parte dei restanti cittadini maschi, e non per altro. Come mai allora le donne dagli ingenti patrimoni non poterono comunque votare? Forse perché non considerate all’altezza? In un contesto in cui le motivazioni dell’esclusione dal voto sono puramente censitarie perché sono comunque escluse tutte le donne? Perché nasce il movimento delle suffragette? Per un abbaglio?

        • L’incipit non inquadra il tema come lo inquadra la sua serie di domande. Scrive infatti Emanuela: “L’idea che, più o meno implicitamente, viene veicolata è che, prima del suffragio universale, tutti gli uomini abbiano sempre avuto il diritto al voto…”
          La prima idea da chiarire è che non ha senso parlare del problema del voto escluso alle donne in quei periodi storici in cui non votava nessuno (tipo con le monarchie), in seguito si segnala che PRIMA ANCORA del problema del maschilismo c’era quello della distinzione di classe. Per cosa conviene battersi prima? Per il voto anche alle donne, purché di classe elevata, oppure per un voto non basato sul potere economico? Non dico che non sia un’ingiustizia escludere le donne ricche da quel voto concesso ai loro mariti, ma il salto di qualità è stato svincolare il potere politico da quello economico, così come il passaggio alla democrazia ha separato (in teoria) quello politico dal militare (tipo per la grande maggioranza dei casi della storia antica). Una volta separati i soldi dal concorso alla vita pubblica, le altre differenze cadono rapidamente. Il voto alle donne ricche sarebbe stato una buona cosa dal punto di vista della parità di genere, ma sarebbe rimasto nell’ottica del “può decidere chi già comanda”.
          Ancora, sempre nell’incipit: “…e che le donne abbiano dovuto strapparlo con le unghie e con i denti agli uomini, che ovviamente non volevano cederglielo”
          Qui invece si allude ai fatti storici poco noti (impossibile negarlo) che per il suffragio universale sono stati determinanti gli operai-soldati-maschi.

          • Palafreniere on

            Sia nell’incipit all’articolo che più diffusamente nell’articolo stesso traspare l’idea di una sostanziale inutilità del movimento delle suffragette e di quello più generale del femminismo, basandosi sulla nozione storica che, perlomeno in Inghilterra, si giunse al suffragio universale per entrambi i sessi più o meno nello stesso periodo.
            L’idea che non esistessero resistenze al voto femminile, e che quindi le femministe non siano state in grado di comprenderlo e sostanzialmente si movimentarono per nulla mi sembra fuori fuoco. Asserire ciò significherebbe quindi sostenere che le uniche reali differenze in seno alla società sino a quel momento fossero limitate alla ricchezza, ma mi pare che così non fosse: la linea ereditaria si muove sempre di maschio in maschio, la donna non possiede realmente ciò che ha, nei casi più estremi “amministra” in vece d’un figlio che cresce, e simile è la sua situazione nelle famiglie meno abbienti. Nel caso specifico, ovverosia l’Inghilterra, pur con la presenza del Parlamento e con minimi ma costanti accrescimenti del bacino elettorale tutto, non si giunge al voto per la donna se non quando lo ottengono tutti i maschi e per giunta inizialmente, con qualche limitazione ( 30 anni compiuti e sposata).
            Il problema delle donne travalica i limiti delle classi e del censo mi pare, le donne ricche non valgono i loro equivalenti maschi, né tantomeno le povere. Di qui, secondo me, risulta difficile concludere che il movimento per il suffragio femminile sia stato sostanzialmente inutile o persino dannoso per l’allargamento del voto ( e non sto dicendo che lo abbia fatto lei)

          • Giorgio Masiero on

            La disparità tra i sessi durata secoli nel mondo (e perdurante in molti paesi) è una cosa. Su ciò tutti siamo d’accordo, Palafreniere.
            Il contributo femminista ad accorciare il raggiungimento della parità di voto in GB, questo è il tema dell’articolo. Vogliamo restarci?
            Se sì, quale contributo può dare al dibattito per sostenere la Sua idea che senza il contributo femminista il voto in GB alle donne sarebbe arrivato ancora più tardi?

          • Palafreniere on

            In assenza di movimenti in favore dell’introduzione delle donne all’interno del bacino elettorale, o perlomeno di movimenti forti, il diritto al voto di fatto non si allarga al sesso femminile, e questo avviene invece proprio in un periodo storico in cui nascono le cosiddette suffragette.
            A dir la verità l’idea di suffragio femminile nasce più o meno durante gli anni della rivoluzione francese, e ci vorrà molto perché tale idea s’incarni in un movimento forte come quello delle suffragette.
            Senza tutto ciò mi pare impensabile il conseguimento del diritto al voto per le donne con i vari suffragi di fine Ottocento, inizio Novecento.
            Non mi sembra corretto limitare l’analisi a quei pochi anni in cui di fatto si conseguì l’obiettivo fissato un secolo prima, decidendo arbitrariamente di escluderne il substrato. Sono rivolgimenti che non si spiegano in un breve volgere d’anni, ma che hanno delle radici ben profonde da seguire, se li si vuole trattare, Non mi sembra corretto soffermarsi unicamente sulle modalità ultime dell’allargamento del diritto al voto tralasciando completamente tutto ciò che vi soggiace, concludendo così che “La vera storia del suffragio femminile è la lotta della classe operaia”.

  12. Enzo Pennetta on

    Lo scopo dell’articolo mi sembrava molto chiaro, mostrare come la lotta per il voto femminile sia stata parte di quella per l’emancipazione delle classi povere e che focalizzare l’attenzione sulle suffragette distorce la realtà storica.
    Che poi un manipolo di maschi privilegiati del ceto mercantile e alto borghese abbia votato 300 anni prima degli altri in un’Europa largamente monarchica (senza voto per nessuno) non cambia nulla, anzi rafforza la tesi.
    Quello che andrebbe semmai notato è che le donne sono state strumentalizzate per lotte che con loro non avevano niente a che fare, il femminismo è stato usato da gente come la Sanger per campagne pro aborto eugenetiche e malthusiane, dalla Lucky Strike per vendere sigarette a loro danno, e in tempi più recenti per far passare rivendicazioni della lobby LGBTQ unendole a quelle delle donne nelle rivendicazioni di genere.
    Riguardo al ‘femmnicidio’ va detto che questo neologismo è un insulto all’umanità, infatti pensare solo che l’uccisione di un uomo o di una donna possano avere trattamento diverso significa porre le basi per morti di serie A e serie B. Molti casi avvenuti poi sono stati di omicidio suicidio, riflettiamo su questo.
    E comunque non ho problemi ad affermare che se davvero si vuole percorrere la tesi del femminicidio si cade facilmente nella dimostrazione dell’opposto, del fatto cioè che se esiste una tendenza all’assassinio orientata sessualmente questa è delle donne verso gli uomini, dati alla mano del Ministero degli interni:
    “Le donne commettono omicidio soprattutto verso maschi e la quota percentuale rimane abbastanza costante per tutto il periodo considerato. Non bisogna, tuttavia, dimenticare che gli omicidi da parte di autore di sesso femminile sono una minima parte di quelli commessi e solitamente avvengono nei confronti del proprio partner, in ambienti quindi familiari”
    Rapporto 2012 pag 128
    http://www1.interno.gov.it/mininterno/export/sites/default/it/assets/files/14/0900_rapporto_criminalita.pdf

    • Giuseppe1960 on

      Anche citare i casi di femminismo strumentalizzato, pur veri, è comunque fuori tema qui, Enzo.

      • Enzo Pennetta on

        Ok, si considerino allora le prime due frasi come pertinenti all’articolo e in risposta a chi lo critica, e il seguito come considerazioni su una serie di OT letti negli interventi.

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