AI: e l’uomo si creò il proprio lucifero (il governo dei tecnici portato alle estreme conseguenze)

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Il progetto di costruire una divinità elettronica prende forma nella Silicon Valley, ma nomi come Stephen Hawking ed Elon Musk mettono in guardia da tentativi del genere.

Anthony Levandowski, ex ingegnere di Google di cui si è parlato recentemente per le accuse di aver ceduto a Uber segreti industriali per la realizzazione di un’auto a guida automatica rubati a Mountain View, ha fondato un’organizzazione religiosa e sottolineiamo religiosa, la Way of The Future, il cui scopo è quello di:

“sviluppare e promuovere la realizzazione di una divinità basata sull’intelligenza artificiale e, tramite la comprensione e la venerazione della divinità, contribuire al miglioramento della società”.

Della cosa ne ho parlato con la brava Raffaella Frullone qualche giorno fa in una breve intervista a Radio in Blu il cui audio è qui disponibile:

A quanto detto nell’intervista si deve aggiungere che l’idea di un’intelligenza artificiale che governi il mondo affonda le radici nella sfiducia verso la capacità dell’uomo di realizzare un buon governo, il Lorenzetti che nel XIV secolo dipinse nel Palazzo Pubblico di Siena Allegoria ed Effetti del Buono e del Cattivo Governo, avrebbe dovuto secondo tale visione dipingere solo il cattivo governo.

Ma se anche il migliore dei buoni governi avrà sempre dei difetti che non gli consentiranno di essere un governo perfetto, secondo personaggi del calibro del fisico Stephen Hawking e del geniale inventore-imprenditore Elon Musk, un governo di un’intelligenza artificiale non potrebbe che diventare un incubo, prefetto o quasi.

Lo ripete spesso Hawking facendo riferimento ad un racconto di fantascienza come riportato dall’agenzia agi in un articolo del 14 ottobre:

 In “La risposta”, breve racconto fantascientifico scritto da Fredric Brown nel 1954, i computer di tutti i pianeti abitati dell’universo vengono connessi in un unico circuito che dà vita a un supercalcolatore racchiudente il sapere di ogni galassia. “C’è Dio?”, domanda lo scienziato che ha l’onore della prima domanda. “Sì, adesso un Dio c’è”, risponde la gigantesca macchina. Lo scienziato, in preda al terrore, si precipita verso la leva dello spegnimento ma viene incenerito da un fulmine che cala dal cielo e fonde la leva, inchiodandola per sempre al suo posto.

I riferimenti nella fantascienza sono in realtà più di uno, tra i più autorevoli troviamo la figura del computer HAL 9000 di Kubrick in ‘2001 Odissea nello spazio‘, ma anche la più popolare guerra dei computer contro l’umanità di ‘Terminator‘ per passare alla più recente serie televisiva ‘Persons of interest‘ che in modo molto più preciso coglie la possibilità di un computer onniscente messo a tutela della società e indicato dai protagonisti come una divinità. In quest’ultimo caso si avanza anche l’ipotesi di più computer analoghi che entrando in conflitto generano una guerra tra divinità, una specie di paganesimo elettronico 2.0.

Per una prevedibile eterogenesi dei fini la scelta del materialismo iniziata con i secolo dei Lumi ha cacciato dalla porta il concetto di divinità per farlo rientrare, non dalla finestra ma da una porta allargata, sotto la forma luminosa di una tecnologia raffinatissima che testimonia con la sua stessa esistenza il fallimento dell’uomo.

Il dio informatico è l’apoteosi del governo dei ‘tecnici’ su quello degli uomini, è anche l’espressione del trionfo del superomismo sui difetti, la sottomissione ad una divinità senz’anima che non ama gli uomini e che li sottomette alle proprie disposizioni, una divinità che dipendendo però dagli stessi uomini li vedrà come potenziali nemici da eliminare all’occorrenza.

Contro queste tentazioni di ‘perfezione’ ultra umana provenienti dalla Silicon Valley un buon antidoto è dato da qualche riga del buon vecchio Chesterton:

Il signor Shaw non riesce a capire che ciò che è prezioso e degno d’amore ai nostri occhi è l’uomo, il vecchio bevitore di birra, creatore di fedi, combattivo, fallace, sensuale e rispettabile. E le cose fondate su questa creatura restano in perpetuo; le cose fon­date sulla fantasia del Superuomo sono morte con le civiltà morenti che sole le hanno partorite.

Da Eretici.

 

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Laureato in Biologia e in Farmacia, docente di scienze naturali Nel 2011 ha pubblicato "Inchiesta sul darwinismo", nel 2016 "L'ultimo uomo" e nel 2020 "Il Quarto Dominio".

12 commenti

  1. A me pare che l’unica cosa portata alle estreme conseguenze siano le fantasie da nerd di Levandowski & C.

  2. Buondì… a me sti adoratori della IA forte fanno semplicemente ridere. Mi chiedo se conoscono la logica… mah!

  3. Peccato che i commenti del precedente articolo siano già chiusi. Su questo suppongo che la differenza tra lo sviluppare un software AI che non sia una banalità come Siri o una chatbot on-linee e una “divinità” o un mondo controllato dall’AI come in Matrix o da cyborg come in Terminator sia leggermente diverso. L’uomo basa le sue scelte prevalentemente su base emotiva; sono le emozioni che governano il mondo, non la logica che comunque avrebbe bisogno di assiomi e che in caso di paradossi, principi etici, morali o semplicemente contraddizioni etiche richiede qualcosa che sia diverso da un flow chart. Basta vedere poi il successo di un governo di tecnici.

  4. Voce nel deserto on

    Assolutamente delirante e NON NECESSARIO divinizzare sta roba…
    Manco merita il sostantivo di “intelligenza”.
    Questi “geni” hanno una concezione dibintelligenza veramente limitata…

  5. Che porcata! Creare sette è uno sport nazionale in USA. E poi c’è da dire che una buona parte dei discorsi sull’intelligenza artificiale si fondano su fallacie logiche e metafisica da quattro soldi.

  6. E’ da un po’ che se ne parla, ad esempio questo è un articolo dell’anno scorso pubblicato su un noto sito di tecnologia ed informatica:
    http://www.hwupgrade.it/articoli/sistemi/4866/computer-piu-intelligenti-degli-umani-il-2029-anno-della-singolarita-tecnologica_index.html
    c’è gente che spende un sacco di soldi per questa roba e si prende pure la briga di pubblicizzarla.
    Credo che il pericolo che qualcuno sfrutti in termini politici queste cose ci sia e non sia così remoto

    • Voce nel deserto on

      Dallo per scontato. Più che di politica parlerei di interessi economici.

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