Lo zombie di Sartori e il fantasma della sovrappopolazione

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Per diversi anni a Ferragosto ho commentato l’immancabile ‘pistolotto’ di Giovanni Sartori sul suo chiodo fisso: la sovrappopolazione.

Dopo la sua scomparsa questo rito avrebbe dovuto terminare e invece no, il Corriere decide di riesumare il pistolotto numero uno del 1997. Per rispetto verso la memoria del politologo sarebbe stato meglio non farlo.

Quando ho visto il titolo dell’articolo sulla home del Corriere non volevo crederci: un articolo di Sartori sulla sovrappopolazione anche dopo la sua morte. La sensazione immediata è stata di trovarmi di fronte ad un’operazione di cattivo gusto, perché riproporre un vecchio articolo di una persona scomparsa come a perpetuare in modo postumo una specie di tradizione?

Superata la perplessità sull’iniziativa sono andato a leggere cosa scriveva Sartori diversi anni prima che la mia attenzione fosse richiamata sulla questione del malthusianesimo e dei suoi numerosi risvolti e sin dalle prime righe ho avuto chiara la sensazione di testo banale e superficiale che sarebbe stato nell’interesse di tutti lasciare dove stava, a cominciare dal titolo: “Un bagno senza folla, il mio sogno di Ferragosto“. Cioè Sartori scriveva sul principale quotidiano nazionale che il problema era che lui si infastidiva per le spiagge affollate? Più che un’emergenza sovrappopolazione si trattava di un’emergenza snobismo.

Ma andiamo a vedere il contenuto:

“l’agosto è, quantomeno per gli italiani, il mese nel quale ci accorgiamo in concreto, toccandolo con mano, di essere troppi. Le autostrade si ingorgano, dei treni è meglio non parlare, e gli aeroporti, Fiumicino in testa, sono bolge dantesche. E per scalare, e anche morire, sul Monte Bianco si fa la coda.

Quando poi il grosso dei «troppi» arriva alla meta più agognata, al mare, allora i troppi davvero si contano. Sulle spiagge roventi gli ombrelloni fanno a gomitate e, non potendo invadere la strada retrostante, entrano quasi in acqua. E anche il mare, quando non infetta, brulica. Se ti provi a nuotare in bello stile picchi subito nella ciccia circostante; e se cerchi scampo al largo rischi di essere affettato dalle eliche che ti ronzano attorno e addosso.”

Ed ecco la conferma che il titolo non era una forzatura per attrarre click, il grande politologo si lanciava in una serie allucinante di banalità confermando che il suo problema erano le file in autostrada e le spiagge affollate e la “ciccia” che lo circondava, il pensiero che si trattasse solo di uno spostamento di massa nel quale alle spiagge affollate corrispondevano città semivuote non lo sfiorava neanche un po’.

Più avanti il contenuto non era molto diverso:

“Comunque, anche se ci piace essere troppi, il fatto resta che davvero troppi siamo. Il biblico «Crescete e moltiplicatevi» è un’esortazione di altri tempi che andava bene sin quando sulle carte geografiche si scriveva hic sunt leones, qui stanno i leoni. Va ancora bene? Per Papa Wojtyla, sì; ma per le persone sensate non può andar bene. Il cupio multiplicandi è oramai una folle voluttà di autodistruzione, un cupio mortis.

A che serve e a chi serve la nostra dissennata corsa alla moltiplicazione incessante? In Africa serve a far crescere il numero dei morti per denutrizione o in eccidi tribali; in America Latina e molte altre parti povere del mondo per cancellare la crescita economica con una ancor maggiore crescita di bocche da sfamare.

Non sono mai stato in Cina (il solo Paese intelligente che cerca davvero di limitare le nascite); ma sono stato in India, e il formicaio umano di esseri scheletrici che ho visto nel Gange e dintorni mi ha terrorizzato. Perché crescere? Perché moltiplicarsi? Per mal vivere e, alla fine, mal morire in un pianeta brucato sino all’ultimo cespuglio da miliardi e miliardi di uomini-capra?”

I bagnanti che lui tanto disprezzava ma che erano i destinatari dei suoi articoli potevano essere giustificati se ignoravano che la fame in Africa era la conseguenza delle politiche del neocolonialismo e dell’austerity imposta a se necessario a suon di colpi di stato ma lui non faceva parte di quella “ciccia”, lui era un intellettuale con tutte le possibilità di sapere come stavano veramente le cose. Lui doveva sapere della trappola malthusiana in cui quelle politiche stavano spingendo le popolazioni africane, cioè quel meccanismo perverso che impedisce ad una popolazione di raggiungere la stabilizzazione demografica con il raggiungimento del benessere socio economico. Lui doveva sapere che la densità di popolazione dell’India con 367 abitanti per Kmq non è molto più alta di quella del Giappone con 337 e delle Filippine con 346 ed è più bassa di paesi come la Corea del sud con 490 e di Taiwan con 646 e che quindi le scene che lo avevano fatto “inorridire” sul Gange non erano conseguenza della sovrappopolazione ma della cultura di quelle genti che egli evidentemente disprezzava nascondendo il suo razzismo sotto le vesti dell’indignazione per le mancate politiche di birth control che nascondevano un profondo disprezzo per gli esseri umani divenuti ai suoi occhi degli uomini-capra.

Finìmola era il nome, nelle famiglie contadine toscane del passato, appioppato, mi pare, alla settima femmina; un nome che stava appunto per dire «ora basta» (finìmola è il dialettale di finiamola, di facciamola finita). Gran saggezza dei contadini antichi. E sarebbe gran saggezza nostra se oggi dedicassimo il Ferragosto a Finìmola chiamandola affettuosamente santa Finìmola. Perché no?

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Anche io, in vacanza, ho un sogno: di poter tornare al mare nell’anno di grazia 2100 trovandolo pulito e visibile (dalla spiaggia dove siedo). Le probabilità che quel mare sia proprio io a vederlo sono infinitamente basse; ma anche le probabilità che quel sogno si avveri per i miei pronipoti tanto buone al momento non sono. A meno che non intervenga, si diceva, santa Finìmola.

Una conclusione da mercato rionale, quello di Sartori era un discorso che sembrava fatto davanti alle cassette della frutta con la prima persona che capita del tipo “signora mia, chiamiamolo Fìnimola oggi sta  giornata, co’ tutta sta gente al mercato ce sta troppa fila e io me so’ scocciato…”

Un articolo in cui la scienza era del tutto assente, che parlava alla pancia della gente facendo leva sulle piccole e meschine insoddisfazioni del vacanziere medio basso quale certamente Sartori non era, dubito che sulle spiagge degli alberghi a cinque stelle che si poteva permettere ci fossero le situazioni descritte nell’articolo.

Un articolo che sarebbe stato meglio lasciare in archivio per l’immagine di Sartori ma che è un bene aver recuperato per ricordare quanto la campagna sulla sovrappopolazione sia sempre stata basata su suggestioni e non su argomenti razionali.

 

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Laureato in Biologia e in Farmacia, docente di scienze naturali Nel 2011 ha pubblicato "Inchiesta sul darwinismo", nel 2016 "L'ultimo uomo" e nel 2020 "Il Quarto Dominio".

3 commenti

  1. I termini della questione così come Sartori e il Corriere li pongono sono sicuramente troppo banali o del tutto fuori luogo, come capita purtroppo in modo quasi necessario in un contesto divulgativo. In realtà se si volesse affrontare il tema in modo serio bisognerebbe provare a ripensare radicalmente i “Limiti dello sviluppo” (club di Roma, 1972). Perché al di la delle ingenuità anche grossolane di 45 anni fa, che un limite ci debba essere sembra quantomeno logico e necessario.

    • Enzo Pennetta on

      Questo fa parte della realtà, ma come ho detto innumerevoli volte il limite della popolazione si raggiunge spontaneamente con il benessere.
      Per il resto è necessario uscire dalla logica della produzione consumistica ma pare che qui ci siano orecchie da mercante, meglio insistere sulle nascite che toccare quel tasto…

  2. Quando il mondo era sostanzialmente solo basato su agricoltura e artigianato;oltre la nascente industria(circa 100 anni orsono) i nomi ai figli erano:primo,terzo,sesto,settimio,ottavio,nono,decimo.Oggi che le braccia umane sono sostituite da macchina molto perfette le nascite(escluso nel campo cattolico e islamico) sono limitate(ad un ritmo di 80-90 milioni annui) le morti diminuite(cioè la vita è più lunga).Tristissima invece quella gara(pseudosportiva)per chi mette al mondo più figli.E con relative violentissime guerre(guardare attuale Congo,circa 6 milioni di morti,non tra cattolici e islamici; più la sempre “vitale” Nigeria e decine di altre situazioni che richiederebbero un lungo articolo).Mi fermo qui,anche perchè avrei troppo da scrivere(sono nato pigro che ci volete fare ?).

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