“Zio virus”

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Clément Gilbert, ricercatore pressoi laboratori Ecologie et Biologie des interactions (CNRS / université de Poitiers)

Gli esseri umani sono apparentati ai virus” è il titolo di un articolo apparso sul sito di Le Monde.

 

Il riferimento è ad uno studio pubblicato da Nature che rivela una forte presenza di DNA virale nel nostro genoma.

 

Oltre ad avere come parenti Lucy e i dinosauri adesso nell’albero genealogico dovremo inserire i virus?

Sembrerebbe di sì, ma solo come parenti acquisiti…

 

Il ricercatore Clément Gilbert è stato intervistato il 28 maggio da Le Monde nell’articolo “«Les humains sont apparentés aux virus»“, dopo che una sua pubblicazione era apparsa il 1 aprile su Nature in “Endogenous viruses: insights into viral evolution and impact on host biology.”

Clément Gilbert ha scoperto insieme a Cédric Feschotte che nel DNA umano è presente una quantità insospettabilmente alta di DNA virale, circa l’8%:

Il risultato di questo lungo processo di accumulo di sequenze di origine retrovirale nel genoma dei vertebrati è alquanto sorprendente, addirittura inquietante, poiché sembra che più di 8% del genoma umano derivato da retrovirus. In altre parole, dato che i 3,5 miliardi di coppie di basi che costituiscono il nostro genoma, circa 300 milioni sono di origine virale, possiamo dire che siamo in qualche modo apparentati ai virus!

Questa scoperta ha in primo luogo l’effetto di modificare l’idea che abbiamo riguardo alla patogenicità dei virus, dobbiamo infatti ritenere che i virus siano di norma non patogeni e solo occasionalmente portatori di malattie. Sembra che l’idea che ne abbiamo sia stata troppo condizionata da casi eccezionali o da disinformazione veicolata dalla fiction o, purtroppo, dalle stesse autorità sanitarie:

Film come Contagion o allarmi dei media come quello riguardo l’influenza aviaria o influenza A (H1N1) danno al pubblico l’immagine stessa del virus patogeno e pericoloso. Ma l’immagine che se ne è fatta la scienza, è molto diversa da questo quadro?

In effetti la nostra comprensione del mondo dei virus e le loro interazioni con il resto della vita è molto cambiata negli ultimi anni. In primo luogo dobbiamo renderci conto che la cattiva reputazione di virus è stata costruita intorno agli effetti – anche se a volte devastanti- negli esseri umani causati da una piccola percentuale di tutti i virus sul nostro pianeta. Meno di una dozzina sono responsabili delle più comuni malattie virali nella nostra regione, come raffreddore, influenza, varicella, morbillo.

Quello che emerge da questo brano dell’intervista è il fatto che i responsabili della sanità e (che strana associazione) i produttori di fiction hanno costruito un’immagine distorta e amplificata della minaccia costituita dai virus. In poche parole un grave allarmismo è stato diffuso senza che le autorità preposte o i mezzi di divulgazione scientifica facessero alcuna obiezione.

Queste considerazioni rendono ancor più “discutibili” iniziative come quella di costruire nei laboratori un virus estremamente pericoloso solo sull’ipotesi che esso possa veramente comparire in natura: CS-H5N1: un’arma di distruzione di massa in Olanda.

Ma lo studio pubblicato da Nature ha interessanti implicazioni anche in ambito evoluzionistico, infatti si è fatta una scoperta interessante riguardo l’evoluzione umana:

La grande quantità di DNA aggiunto al genoma umano attraverso l’integrazione di retrovirus endogeni ha fornito un terreno molto fertile per le materie prime, riciclati molte volte ormai riempiono sequenze di capitali funzioni cellulari. Prendiamo ad esempio il caso di due geni umani chiamati syncytin 1 e 2, che sono coinvolti nella formazione della placenta. Essi sono derivati ​​da un gene codificante una proteina retrovirale che normalmente consente al virus di fondersi con la membrana di cellule ospiti e penetrare all’interno del vano cella. Le syncytine hanno mantenuto la loro originale capacità fusogenica ma ora sono coinvolte nella fusione delle cellule placentari per formare uno strato che consente lo scambio di nutrienti tra madre e feto. La squadra di Thierry Heidmann (Institute Gustave Roussy di Villejuif) ha mostrato che questi due geni umani derivati ​​da due diverse retrovirus endogeni integrati nel genoma dei primati, ci sono da circa 40 milioni di anni.

Insomma una parte del nostro materiale genetico potrebbe essere stata fornita dai virus. O almeno così sembrerebbe.

Cosa cambierebbe questo fatto riguardo la teoria dell’evoluzione?

Da parte di alcuni si ritiene che questa scoperta possa portare un cambiamento importante nella teoria dell’evoluzione, purtroppo da una prima analisi temo che la situazione non cambierà più di tanto:

Chi sostiene l’evoluzione neodarwiniana per “caso e necessità”, potrà continuare a credere nel caso che inserisce una parte di mosaico in uno più grande e “per caso” ottiene un disegno nuovo.

Chi ritiene che esista un progetto potrà dire che i virus sono fatti apposta per inserire nuove caratteristiche negli organismi viventi.

Chi ritiene che non abbiamo ancora capito come sono andate le cose potrà continuare a pensarlo.

E probabilmente hanno ragione questi ultimi.

 

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Laureato in Biologia e in Farmacia, docente di scienze naturali Nel 2011 ha pubblicato "Inchiesta sul darwinismo", nel 2016 "L'ultimo uomo" e nel 2020 "Il Quarto Dominio".

13 commenti

  1. Riguardo l”evoluzione’ e la teoria dell’evoluzione mi pare non si possa aggiungere nulla di nuovo,infatti per i sostenitori del neo-lamarckismo che vedevano nel virus il mezzo che avrebbe spinto i vari passi evolutivi,diciamo così,non hanno ancora nulla a sostegno,per il resto essendo un parassita obbligato e, da quel che si vede,pare che il risultato del virus sia ‘potenziare’ o ‘danneggiare’ una particolare funzione.Non certo aggiungere una nuova funzione.
    Forse esiste qualcosa che determina l’effetto benevolo o malevole che scaturirà dopo linserimento virale nel tempo,forse è tutto casuale…
    Fatto sta che sicuramente è una notizia interessante,ma certo non sconvolgente riguardo la tde,almeno al momento.
    L’articolo qua
    http://isdepalermo.ning.com/profiles/blogs/les-humains-sont-apparent-s-aux-virus
    sembra esagerato rispetto a quanto dica lo studio in questione…
    Da dove deriva “tutto quello” che i neodarwinisti considerassero junk…e poi anche la placenta è il prodotto di un retrovirus inseritosi..
    mi pare si parli appunto sempre di quanto già si sapesse,magari con più convinzione,ma iente di così rivoluzionario come predirrebbe l’articolo.
    Forse mi sbaglierò eh,ma a me pare semplicemente che l’effetto del virus rientri sempre nel potenziare o danneggiare una funzionalità dell’organismo ospite e finita li…
    Quindi riguardo la conclusione concordo sul tuo giudizio Enzo:
    “E probabilmente hanno ragione questi ultimi.”
    Sembra che ormai progettisti o fatalisti,se così si vuol dire ormai tendano entrambi spesso,non tutti,ma buonaparte a procedere dritti col paraocchi.Dire un “non lo so” ormai è qualcosa che viene sempre meno tollerato.
    Inevitabili le conseguenze sulla scienza.

    P.S
    Gli effetti sicuramente maggiori credo li avrà in ambito “new age” la cosa:
    http://ascension101.com/it/ascension-information/32-october-2010/101-ascension-and-dna-can-we-accelerate-the-process.html
    😀

  2. Il fatto che si abbia DNA in comune con i virus e con altre specie viventi, a mio avviso, viene strumentalizzato un po’ troppo. Questo studio potrebbe togliere un po’ di ideologia a riguardo, in quanto introduce anche dei fattori che esulano dal DNA per la formazione dello stesso DNA. Tornando all’argomento in esame, è normale che si abbiano dei geni in comune con altri viventi, poiché è chiaro che specie che hanno caratteristiche in comune hanno anche dei geni in comune. Sarebbe stato strano l’opposto, ossia che ogni specie avesse dei geni propri diversi da tutte le altre, sarebbe stata una ridondanza eccessiva di informazioni.

    • Infatti proprio per quello che esponi questa scoperta può essere letta in un senso o nell’altro e, come si diceva, non cambia niente riguardo al confronto sull’evoluzione…

  3. “Dall’analisi filogenetica risulterebbe che i bornavirus(Da borna,altri come i retrovirus per l’endogenizzazione)fanno parte del genoma dei primati da circa 40 milioni di anni, e di quello degli scoiattoli da circa 10 milioni di anni. Per avere la stessa struttura genetica nel corso di 40 milioni di anni, il DNA dei bornavirus dimostra una notevole stabilità e resistenza all’evoluzione, e le sequenze sono conservate anche nei mammiferi. Questo fatto inficia il valore dell’orologio molecolare come metodo di datazione. La persistenza per così tanto tempo di un segmento inalterato di DNA induce a pensare che il DNA dei bornavirus abbia nel genoma umano non solo una funzione patologica (causa di malattia), ma anche una funzione utile, che però è sconosciuta.”

    M. Georgiev

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