Mangiare insetti: la soluzione per cosa?

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In questi ultimi tempi si moltiplicano gli articoli che prospettano un futuro in cui sarà necessario nutrirsi di insetti.

 

Un problema che non esiste e una soluzione che non è una soluzione.

 

Ma allora perché tutto questo?

 

L’ultimo articolo a parlare di questa disgustosa prospettiva è quello apparso sul Corriere della Sera il 30 luglio scorso con il titolo “Alghe, insetti, carne in vitroEcco il cibo dei prossimi vent’anni“, a sua volta l’articolo fa riferimento ad un altro apparso sul sito della BBC e intitolato “Future foods: What will we be eating in 20 years’ time?“.

Ma non si tratta di una notizia estiva, di quelle date per occupare le colonne dei quotidiani in periodi di svago e futilità, per trovare un precedente non si deve andare troppo in là, basta infatti andare ad un titolo di Repubblica del 24 gennaio scorso “A tavola nel 2050 tra alghe e locuste”Così nutriremo 9 miliardi di persone, nel sottotitolo troviamo qualcosa di preoccupante:

Dopo la rivoluzione verde per moltiplicare la produzione agricola eccon una nuova emergenza per il pianeta. Gli scienziati puntano a soluzioni insolite e la Ue ha stanziato un fondo di 3 milioni per ogni Paese europeo che usi insetti in cucina

E così la Ue ha stanziato dei fondi per spingerci verso l’ “entomofagia”, termine che indica appunto l’abitudine di mangiare insetti.

Ma andando a leggere l’articolo di Repubblica si trova qualcos’altro di interessante:

Cosa mangiamo oggi? Una zuppa di alghe, un bel piatto di insetti fritti o un hamburger artificiale? Potrebbero essere queste le prelibatezze offerte dal menù intorno all’anno 2050, se vogliamo sfamare i 9 miliardi e mezzo di terrestri che esisteranno intorno a quella data. Studi delle Nazioni Unite indicano che nei prossimi quarant’anni sarebbe necessario raddoppiare la produzione mondiale di cibo, per nutrire i 2 miliardi e mezzo di terrestri in più che si aggiungeranno ai 7 oggi esistenti.

Cosa?! Secondo l’articolo oggi siamo 7,5 miliardi, nel 2050 saremo 9 miliardi e per sfamare tutti sarà necessario raddoppiare la produzione mondiale di cibo?

Ma che razza di matematica è questa?

Una conferma a tali motivazioni viene anche dall’articolo del Corriere:

Il prezzo del cibo aumenta in maniera galoppante, la crescita demografica è esponenziale e l’ambiente è sempre più compromesso. Questi fattori porteranno, secondo futurologi e scienziati, a ripensare ciò che mangeremo

Il motivo per cui dovremmo rassegnarci a mangiare insetti è l’aumento del prezzo del cibo, la crescita demografica e la tutela dell’ambiente. Niente male come argomenti, peccato però che siano tutti falsi.

1- L’aumento dei prezzi del cibo è dovuto alla speculazione.

2- La crescita demografica è un falso problema perché la popolazione mondiale sta bruscamente frenando.

3- Le minacce all’ambiente non vengono principalmente dalla produzione di cibo, e comunque la sostituzione degli allevamenti tradizionali con quelli di insetti non cambierebbe molto la situazione.

Ma poi, le locuste non erano un flagello? E adesso la soluzione sarebbe quella di far magiare a loro i campi coltivati per poi mangiare noi le locuste? E se i campi li facessimo mangiare ai bovini?

Sembra proprio che ci troviamo di fronte all’ennesimo stratagemma messo in atto per convincere l’opinione pubblica che esiste un’emergenza “sovrappopolazione” e che se nei paesi del Terzo mondo non la smetteranno di riprodursi ci toccherà mangiare i bigattini (che poi si nutrono di carne, quindi ai vermi le bistecche e a noi i vermi…).

Ancora una volta le politiche neomalthusiane si affacciano con la propaganda da fanatici dell’Apocalisse, solo che stavolta la paura non è per l’anno 1000 ma per il 2050.

Nostro dovere è non cedere a questo tipo di persuasione: non esiste il problema, non esiste quindi neanche la soluzione proposta.

L’entomofagia è qualcosa che dobbiamo ritenere un disturbo del comportamento, e per ricordarcelo quando qualcuno verrà nuovamente a parlarci di mangiare insetti, basterà guardare una scena del Dracula diretto dal bravissimo Francis Ford Coppola:

 

D’ora in avanti anche mangiare una bistecca sarà un gesto di ribellione, di resistenza…

 

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Laureato in Biologia e in Farmacia, docente di scienze naturali Nel 2011 ha pubblicato "Inchiesta sul darwinismo", nel 2016 "L'ultimo uomo" e nel 2020 "Il Quarto Dominio".

29 commenti

  1. Caro professore,
    ritengo necessario organizzare, il prima possibile, un bel ” B-Day” di protesta!!!
    Ovviamente, “B” sta per “bistecca alla fiorentina” .
    Attendo con fiducia proposte sulla data e sul locale scelto per questo salutare gesto di ribellione!
    Marco

  2. inoltre gli insetti hanno sempre rappresentato qualcosa di negativo e punitivo(mi pare che la mistica anna katerina emmerick li vide come punizione dei purganti) e venivano spesso utilizzati e tutt’ora lo sono nei riti magici. sono per cosi’ dire evocativi del male….. ecco perchè ce li propinano e ridono! ed ecco perchè fanno schifo…gli insetti. l’entomofagia e’ un pò che provano a propinarla ma mai cosi’ apertamente come ora. ricordo di aver visto non più di 5 anni fa, un documentario dove un esploratore(ricco annoiato e coi soldi da buttare male) visse un paio di settimane non so in quale foresta insieme agli indigeni dei quali condivise la tradizione culòinaria(giravano con le terga scoperte) che prevedeva come colazione una tarantolona grossa come una mano, nera e pelosa , arrostita sulla brace . e l’esploratore ne esaltava non solo il sapore ma anche naturalmente le proprietà nutritive. non solo…. i dentini veleniferi dell’aracnide ormai resi innocui dal fuoco fungevano anche da stuzzicadenti!! guarda tu la natura provvida che non vuole che nel mezzo di una foresta , ti fai gli stuzzicadenti di legno……

    • Io vidi un’entomofaga andare in onda su RaiUno, una decina d’anni fa… andavo alle medie e giravo ancora col santino di Piero Angela nel portafogli.

  3. Concordo con quanto detto da tutti.
    Ancora colpito da problemi di connessione intervengo col cellulare…
    Mi sa che sono vitta di una maledizione informatica…!
    🙁

  4. Mah….Non discuto sulla parte scientifico-economica dell’articolo perchè non ne avrei le competenze, ma trovo l’idea che entomofago=malato mentale sia moooooolto azzardata.
    Allora dobbiamo forse pensare che tutte le popolazioni africane, asiatiche e sudamericante, sia quelle “moderne” che quelle “primitive”
    che si nutrono occasionalmente o abitualmente di insetti sono malati mentali? A questo punto, tra i disturbati mentalmente possiamo anche metterci San Giovanni Battista? E rimanendo in tema religioso, bisogna citare Atti degli Apoatoli 10, 9-16.

    • Non penso che con quella frase il prof. si riferisse direttamente alle tradizioni culinarie di alcune popolazioni… credo che in quel modo (anche se discutibile) voglia riferirsi al cibarsi di insetti nel momento in cui sono ampiamente disponibili altre risorse. Il Battista, nel deserto, non ne aveva altre (se si vuole criticare, si devrebbe semmai criticare il desiderio di eremitaggio, ma qui si cambia discorso).

      Comunque, secondo me, l’invito a RADDOPPIARE la produzione di cibo per l’incremento della popolazione di un fattore minore di 2 credo faccia riferimento a un altro caposaldo della teoria neomalthusiana, cioè che GIA’ ADESSO siamo troppi e la Terra non produce abbastanza cibo; anche questa è una falsità.

      Ps, buone vacanze, me ne vado per alcuni giorni al fresco!

  5. Ma vi rendete conto cosa significa questo articolo?
    Ho sempre pensato che queste “mode” sponsorizzate non fossero causali.
    Alcune culture vengono strumentalizzate affinché esse sostengono le tesi di ambienti politici: global warming, malthusianesimo ambientalismo, vegetarismo politico. Guarda caso la base di ciò: è sempre l’Europa.
    Quest’azione serve anche al rovesciamento della cultura di una nazione.
    Vogliono far dimenticare agli Europei le loro abitudini e soprattutto la loro religione.
    Così inseriscono sempre più mode estranee: + tatuaggi, + piercing, + mode affini… affinché le persone uniformate possono anche condividerne gli aspetti politici delle loro ideologie.
    Tutto funziona, nevvero prof.?

    • valentino zoldan on

      Concordo!
      Ho avuto un’accesa discussione con una studentessa della mia scuola qualche mese fa.
      “Guardi che bello il mio nuovo tatuaggio!” mi disse
      Io le ho detto che il disegno era certamente bello (lo era) ma l’esserselo tatuato era un fatto negativo e che io disapprovavo totalmente.
      Naturalmente lei ha risposto che la pelle è sua e ci fa quello che vuole e piace a lei.
      Ora ho tentato di spiegarle che il problema non era quello e nemmeno quello estetico seppur io non riesco a capire per quale motivo dei bei ragazzi debbano compromettere permanentemente il proprio aspetto travestendosi da negozio di ferramenta.

      Il problema è culturale, il tatuaggio è stato sviluppato da diversi gruppi nel mondo e ha trovato la sua massima espressione nella cultura polinesiana.

      Ora, pur rimanendo il giudizio estetico negativo, non trovo nulla da ridire su un polinesiano tatuato.

      Il tatuaggio in Europa, e anche in Giappone, era praticato da alcune “sottoculture” quali i marinai, i mafiosi yakuza ecc. (non l’abbiano a male i marinai per l’accostamento), comunque simbolo di appartenenza e segno di riconoscimento.
      Comunque era considerato una cosa disdicevole.
      Per il resto il tatuaggio, e i vari piercing, sono estranei alla nostra cultura, quindi la mia obiezione alla ragazza era di tipo culturale:
      “Perchè invece di adottare dei simboli di una cultura esogena e che tra l’altro al di fuori della stessa persona qualsiasi significato, non cerchi di conoscere la tua cultura che tanto di alto ed interessante e bello ha prodotto?”
      La risposta è stata che lei si sentiva libera di adottare la cultura che meglio le aggradava.
      Ovviamente non conosce ne’ la cultura che ha rifiutato ne’ quella che secondo lei ha adottato.

      • valentino zoldan on

        Coorezione refuso:

        “Perchè invece di adottare dei simboli di una cultura esogena e che tra l’altro al di fuori della stessa persona qualsiasi significato, non cerchi di conoscere la tua cultura che tanto di alto ed interessante e bello ha prodotto?”

        va letto come:

        “Perchè invece di adottare dei simboli di una cultura esogena e che tra l’altro al di fuori della stessa perde qualsiasi significato, non cerchi di conoscere la tua cultura che tanto di alto ed interessante e bello ha prodotto?”

      • Molto corretta la sua posizione.
        Io vedo una “standardizzazione” dell’uomo moderno, europeo; per sopravvivere nell’ambiente sociale (nel senso di stare in una comunità, non nel vero senso della parola) della società deve essere assumere certi “simboli”, certi linguaggi, certe pose…

          • Oltre al fatto di apparire, i propugnatori di queste “mode” spingono i giovani verso le loro ideologie…

  6. Caro Simone,
    San Giovanni Battista si cibava di locuste perché si era ritirato a fare vita penitenziale nel deserto. Se voleva sopravvivere doveva mangiare quello che c’era: non solo locuste ma anche il miele selvatico. (Matteo 3,4 e Marco 1,6 ). Va sottolineato che S. Giovanni, nella sua predicazione, non invitò nessuno a seguire la sua alimentazione estrema; cosa che, invece, fanno certi media con risibili argomentazioni pseudoscientifiche.
    Non risulta poi che Gesù mangiasse degli insetti, anzi leggendo il Vangelo, si può dedurre che fosse una “buona forchetta”; ovviamente, scritto con rispetto. Infatti, accettava l’invito a tavola dei pubblicani: persone a reddito alto che banchettavano sontuosamente. Tanto che la cosa suscitò lo scandalo dei farisei, vedi, ad es., Luca 5,33. Nel Vangelo non ci sono dettami in tema d’ alimentazione. Prescrizioni alimentari che si trovano, invece, nell’Antico testamento e nel Corano che ad esso, in parte si ispira. Questo è provato anche dal brano degli Atti degli apostoli che citi. Tra l’altro in quel brano ci si riferisce a quadrupedi, rettili ed uccelli e non agli insetti. I rettili sono ancora oggi considerati ottimo cibo in moltissimi paesi,anche industrializzati (ad es. Bassa California messicana, anche nelle cittadine al confine con gli USA), e sono, in sostanza, carne.
    Concordo con gemini e valentino zoldan: siamo di fronte ad un disegno ben preciso che vuole rovesciare il mondo in cui viviamo, distruggendo le identità e le tradizioni, anche alimentari. Vogliono atomizzare le persone,lasciarle senza alcun retroterra culturale, per dominarle meglio. Tatuaggi e piercing ci stanno circondando di nuovi selvaggi che non hanno nemmeno la cultura delle tribù che li utilizzano abitualmente; che non conoscono i motivi rituali che ci sono dietro un certo disegno sulla pelle. Gente che rifiuta la nostra cultura, senza conoscere quella dei popoli a cui, solo esteticamente, si ispirano; trasformandosi così in apolidi facili da manovrare.
    marco

    P.S.: avanti tutta con il B-Day!!!

    • Concordo con gemini e valentino zoldan: siamo di fronte ad un disegno ben preciso che vuole rovesciare il mondo in cui viviamo, distruggendo le identità e le tradizioni, anche alimentari. Vogliono atomizzare le persone,lasciarle senza alcun retroterra culturale, per dominarle meglio. Tatuaggi e piercing ci stanno circondando di nuovi selvaggi che non hanno nemmeno la cultura delle tribù che li utilizzano abitualmente; che non conoscono i motivi rituali che ci sono dietro un certo disegno sulla pelle. Gente che rifiuta la nostra cultura, senza conoscere quella dei popoli a cui, solo esteticamente, si ispirano; trasformandosi così in apolidi facili da manovrare.

      Mi ricordano quei ricchi annoiati dal Cristianesimo europeo (che manco conoscevano) degli anni ’60 che andavano in India per trovare “l’illuminazione” e ritrovare se’ stessi…

    • Anni fa leggevo che il termine “locuste” riferito al cibo di San Giovanni Battista potesse anche essere un errore di traduzione dal greco, e che con la parola impiegata si potessero intendere anche le carrube.
      Con la doverosa (attribuendomi la paternità completa degli eventuali strafalcioni che seguiranno, che saranno da imputare esclusivamente a me ed a nessuno dei miei insegnanti del passato) premessa che non ho studiato questa lingua a scuola, rilevo infatti che la cheratina, sostanza presente nell’esoscheletro degli Insetti, deriva dal termine greco “kéras” (“corno”). Questo termine è in qualche maniera simile a “Keratonia”, il carrubo (Ceratonia siliqua), che poteva non essere conosciuto in Europa nei primi secoli d.C. – personalmente ritengo che quest’albero possa essere stato importato in Italia attorno all’anno 1000 d.C. dai monaci Basiliani in fuga dai territori sahariani -; è possibile pertanto che il termine che indica l’albero sia stato tradotto con termine, simile e ben comprensibile, di “locusta”.
      Se le cose stessero veramente così, la dieta abituale di San Giovanni Battista non sarebbe differita moltissimo dalla nostra: in diverse regioni italiane le carrube sono state utilizzate come alimento per la popolazione in periodi di penuria alimentare (qualcuno mi aveva detto che le carrube erano state impiegate come cibo nel corso dell’ultima Guerra Mondiale) e tuttora i carragenani delle carrube vengono utilizzati nell’industria alimentare.

      Si tratta, lo ripeto, di un’ipotesi che sarebbe interessante verificare; io non sono la persona più adatta perchè, oltre a non conoscere il greco, non ho mai avuto modo di leggere una copia del Vangelo in lingua originale.
      Penso però che forse, in alcuni casi, varrebbe la pena di farlo.

      • Il Battista mangiava locuste perché voleva dare un segnale forte. La Bibbia è piena di esempi di “segnali forti”, prendiamo ad esempio Osea che sposa una prostituta per simboleggiare la prostituzione di Israele con gli dèi pagani, eccetera. Sono eventi reali che hanno una forte valenza simbolica, e il simbolo per gli orientali è tutto, è il sigillo del sacro. Noi occidentali ragioniamo in maniera univocizzante per concetti, gli orientali invece per simboli e immagini. Quindi, inserito nel contesto orientale di penitenza e di romitaggio, la pratica del Battista di cibarsi di locuste ha un senso, non è aleatoria. E’ voler convincere gli occidentali con i concetti occidentali a cibarsi di locuste per scelta che è un nonsenso totale.

        • Scopro ora, per l’occasione, che effettivamente la cosa è supportata da molteplici siti, per lo più stranieri (la stessa fonte della mia affermazione è un libro, del quale non ricordo il nome, scritto originariamente in tedesco qualche secolo fa e tradotto recentemente in italiano), ma anche italiani.
          E’ stato sufficiente cercare sul web, con le opportune parole-chiave.

          In diversi documenti anche in lingua italiana si legge che la traduzione con “locuste” è un errore. Scopro così che in Palestina le carrube sarebbero chiamate “Fagioli delle locuste” (forse perchè questi Insetti si cibano abitualmente dei frutti del Carrubo). Un abbinamento a livello locale, quindi, c’è. Forse “Keratonia” deriva da “keras”, e forse proprio per questo.
          Come un abbinamento molto forte c’è tuttora nella lingua tedesca, in cui il Carrubo viene indicato con il nome di Johannisbrotbaum (“Albero del pane di San Giovanni”).
          D’altra parte c’è più attinenza fra il miele -selvatico- ed un albero fiorifero, piuttosto che fra miele e Locuste.
          La stagionalità dei cicli degli Ortotteri probabilmente non permetterebbe che un’alimentazione sia basata quasi esclusivamente (non occasionalmente) su di essi, la conservabilità delle carrube (che maturano in autunno) forse sì. Si tratta di un alimento completo, con un alto contenuto di proteine, vitamine A, D, B1, B2, B3, calcio, magnesio, potassio. Si trattava probabilmente di un cibo umile perché accessibile a tutti, ma che poteva permettere il sostentamento. Il Figliol prodigo mangiava carrube, cibo con cui si nutrivano i porci.

          Purtroppo le Scritture contengono diverse traduzioni non consone al senso originario; non ricordo in quale occasione lessi che la parabola “è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago che un ricco entri nel regno dei Cieli” contiene un vistoso errore di traduzione, in quanto è stata tradotta con “cammello” quella che sarebbe in realtà la “grossa fune”. Il bello è che a questo proposito si vedono diverse illustrazioni che, allo scopo di “chiarificare” la parabola, mostrano un cammello ed un ago.

          Di affermazioni “tramandate”, senza nessuna verifica, è piena anche la scienza. Qui mi fermo: Enzo è molto, molto più bravo e preparato di me a trattarle.

          • Purtroppo le Scritture contengono diverse traduzioni non consone al senso originario; non ricordo in quale occasione lessi che la parabola “è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago che un ricco entri nel regno dei Cieli” contiene un vistoso errore di traduzione, in quanto è stata tradotta con “cammello” quella che sarebbe in realtà la “grossa fune”. Il bello è che a questo proposito si vedono diverse illustrazioni che, allo scopo di “chiarificare” la parabola, mostrano un cammello ed un ago.

            Certo non a caso quelli che facevano attraccare le navi per scaricarle si chiamavano “Camalli”.
            Ho letto anche io di questa cosa e ha un suo fondamento.
            C’e’ da dire poi che molto probabilmente, essendo anche S. Giovanni Battista molto amato dalla gente, c’era gente che gli portava qualcosa, cosi’ come c’erano (anche) delle donne che provvedevano ad aiutare Gesu’ e i suoi discepoli.

          • Vewro senza dubbio che le Scritture contengono errori di traduzione,che tuttavia non alterano la dottrina centrale ,che,con parallelismi e grazie a ridondanza a meno di volerla distorcere viene offerta chiaramente.
            Ad ogni modo,per quanto concerne il cammello e la cruna è molto probabile che si parlasse di grossa fune,la somiglianza fra i termini è possibile, è un po’ come frutto e stagione (Mc. 11:13).
            Seppur anche in questo caso il concetto non cambia poi molto,ma grossa fune è più ‘logico’.
            Invece per quanto riguarda le locuste ‘storco il naso’…
            Vero che le locuste sono associate alle carrube ed è possibile che Giovanni le introducesse nella sua umile dieta,ma non vedo come keratiōn (carruba)possa essere divenuto akridas(locuste).Erano entrambe cose conosciute e anche passando dall’aramaico o dall’ebraico al greco un errore è difficile..

            Ed il fatto che le cavallette compaiano nella dieta del Levitico va preso per quel che vale..
            Un conto è mangiare ”cose” “adatte” e seguendo il principio “di necessità virtù”,un conto è mangiarle perchè si trova gusto nel farlo,un conto è farlo senza motivo.
            Ribadendo quanto detto circa questa proposta di alimentazione qua:
            http://www.enzopennetta.it/wordpress/2012/05/se-la-scienza-non-esiste-tutto-e-permesso/
            aggiungo che,come sottolinea il sagace articolo di Enzo,è inutile creare un nutrimento in soluzione ad un problema che non c’è,soluzione che fra l’altro anche nel caso in questione sarebbe largamente discutibile e assai più estrema delle possibili…
            Se l’entomofagia è qualcosa che dobbiamo ritenere un disturbo del comportamento(per le pgenti del vecchio continente),questo non lo so,ne lo dico,lo lascio dire a chi ha qualifiche per farlo,di certo da solo non ne sarà una prova ma un indizio però certamente si.
            Anche perchè i sardi con loro casu marzu sarebbero ben oltre la follia,cosa che personalmente potrei anche condividere,ma che non direi proprio…

          • Fermo restando che sia nel caso si trattasse di locuste che in quello delle carrube il senso della vicenda di Giovanni Evangelista non cambia, sono veramente colpito dalla preparazione pluridisciplinare di Sandro e Leonetto che portando considerazioni molto argomentate arricchiscono queste pagine con un po’ di cultura ad ampio raggio.

            Riflettendo poi sul caratteristico formaggio sardo, sembra proprio un caso che sembrerebbe introdurre nella cultura occidentale l’alimentazione con i vermi.
            Su questo punto però possiamo dire che la cultura sarda costituisce un caso molto particolare, basti pensare che il sardo non è un dialetto ma una vera lingua.
            Non si tratta quindi di un comportamento anomalo di una cultura autonoma.

            Con una frase un po’ banale possiamo dire che si tratta dell’eccezione che conferma la regola.

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