“Scienze economiche”? Il dramma di una scienza che diventa tirannia.

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Nelle università l’economia si studia nelle facoltà di “Scienze economiche”, ma si tratta di scienza nel senso galileiano?

 

Gli economisti sono in grado di fare delle previsioni?

 

Domande che si impongono alla luce dei disastri delle economie europee.

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L’economia entra nella vita di ciascuno in modo diretto e inevitabile, si tratta di una materia che nei corsi universitari vien denominata “Scienze economiche“, ma la denominazione di “scienza” in senso galileiano deve essere attribuita in base alla corrispondenza a di criteri ben precisi.

Attualmente una teoria per essere definita scientifica deve soddisfare due requisti:

– Essere corroborata da prove positive (previsioni verificate)

– Indicare un criterio di falsificabilità (un fatto che se verificato invalida la teoria).

Quello che appare con sempre maggiore evidenza è invece proprio il fatto che le scienze economiche non riescono a prevedere e, conseguentemente, ad evitare che le crisi si verifichino. Le scienze economiche sono nate in tempi relativamente recenti rispetto ad altre discipline, la loro origine è dovuta alla figura di William Petty, e l’aspirazione alla ‘scientificità’ è testimoniata dal fatto che W. Petty fu tra i fondatori della Royal Society, l’Accademia delle Scienze britannica.

L’economia nasce quindi accanto alla Fisica, all’Astronomia, alla Biologia, tutte scienze galileiane, con l’aspirazione di essere anch’essa dello stesso livello, ma nasce anche nell’ambito della Royal Society che dà corpo al progetto di Francis Bacon che vede nella scienza il modo per giungere al governo perfetto, quello che descrive nella Nuova Atlantide, l’utopia di una società guidata dagli scienziati. Quale fosse il vero interesse dello stato nel “tutelare” la scienza è ben descritto in un saggio di Steven Shapin:

Gli stati autoritari sapevano bene quanto fossero importanti per i loro interessi i vari sistemi di credenze e il conformarsi ad essi.

Le opinioni individuali, più che essere esaltate come una condizione del progresso intellettuale, apparivano ai servitori della corona come una fonte d’ansietà.

Monitorare e orientare le credenze in generale era considerata una responsabilità primaria dello stato…

La conoscenza doveva essere di fatto condotta sotto la competenza amministrativa dello stato.

Steven Shapin, “La rivoluzione scientifica”.

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Ma ben presto ci si accorge che, al contrario delle altre scienze, l’economia sembra non riuscire a formulare modelli in grado di soddisfare alla necessaria capacità predittiva, anche secoli dopo la nascita delle scienze economiche. A partire dal 1929 ad oggi si è assistito ad una serie di crisi economiche che non solo non sono state evitate, ma neanche preannunciate. La difficoltà potrebbe essere però intrinseca alla materia, potrebbe trattarsi di un sistema caotico come quello dell’atmosfera, solo che nel caso della meteorologia e del clima noi non possiamo intervenire a cambiare le regole del gioco, mentre nell’economia sì, e con la meteorologia almeno possiamo avere precise previsioni di breve periodo.

All’economia, e in particolare alle idee dell’economista (anche lui affiliato alla Royal Society) Thomas Malthus, si ispirò per ammissione del suo autore, la teoria dell’evoluzione per selezione naturale di Charles Darwin, anch’egli membro della Royal Society, teoria che non a caso condivide con le scienze economiche il dubbio privilegio di non consentire previsioni.

Le due scienze, quella economica e l’evoluzionismo darwiniano, finiscono così per essere entrambe caratterizzate dalla poco utile proprietà di riuscire a dare una spiegazione al passato: qualunque situazione possiamo avere davanti, un darwinista ed un economista vi sapranno spiegare in modo estremamente convincente quali siano state le cause che l’hanno determinata. (Caratteristica questa che a loro volta condividono con i quotidiani sportivi che al lunedì spiegano sempre con grande autorevolezza perché nel campionato di calcio le cose sono andate come sono andate…)

Ma non domandate mai ad un economista o a un darwinista di fare una previsione verificabile, otterrete come unico risultato di farvi sommergere da una valanga di parole (ai più incomprensibili) e tecnicismi che vi faranno vergognare di aver posto una simile domanda. 

Avendo fallito il suo compito di fornire una teoria soddisfacente per prevedere gli eventi, le scienze economiche stanno nonostante tutto rivendicando la baconiana pretesa di essere l’insindacabile metro con cui governare le nazioni.

Gli scienziati dell’economia, se vogliamo chiamiamoli “tecnici”, esprimono pareri insindacabili e, ancor peggio, il loro operato si pone al di sopra della legge rivendicando l’immunità nei confronti degli stati.

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Nella Nuova Atlantide gli scienziati garantivano la miglior società possibile, adesso che l’utopia baconiana si è realizzata si rivelano come nuovi tiranni.

Nihil novum sub sole… altro che Nuova Atlantide.

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Laureato in Biologia e in Farmacia, docente di scienze naturali Nel 2011 ha pubblicato "Inchiesta sul darwinismo", nel 2016 "L'ultimo uomo" e nel 2020 "Il Quarto Dominio".

11 commenti

  1. “Possiamo unirci tutti dietro lo stendardo del desiderio di pace e cooperazione in Europa, come possiamo farlo dietro le virtù della maternità o della torta di mele, ma anche se l’unione politica fosse un obiettivo desiderabile, l’euro rimarrebbe una strada irta di pericoli per conseguirlo, e potrebbe con uguale probabilità portare alla disintegrazione economica e politica dell’Europa. Il wishful thinking dei politici spesso ha la pessima abitudine di scacciare il buon senso” (Tony Thirlwall, 1998)

    Direi che qualcuno la crisi l’aveva prevista, ma del resto anche i nostri politici l’avevano prevista, e ce l’hanno pure detto…più volte.

    • I nostri politici (pochi casi) l’avranno pure prevista la crisi, ma nell’insieme hanno ubbidito alle direttive della BCE e hanno fatto di tutto per spingerci sempre più dentro.

  2. I profeti della bibbia ci insegnano che andare contro un sistema che garantisce a molti di approfittare della situazione può costare caro, meglio che ne muoia uno che la nazione intera. Peccato doppio, muore il profeta e poi anche la Nazione. In Italia con il fascismo quasi tutti fascisti, cambiata aria “cambiati” anche gli Italiani. Del Noce ad un congresso nel 1954 della Dc gli ha prefigurato la loro fine da li a pochi anni, da quella volta non l’hanno più invitato, è stato isolato lui e poi sono finiti anche loro. La storia e piene di queste storie .

  3. Da studente in una scuola economica mi sento offeso da un articolo del genere. E’ chiaro che la parola “scienza” in questo caso non va inteso come scienza in senso galileiano ma è traducibile come “studio” dell’economia e delle sue dinamiche.
    Fare previsioni in campo economico è logicamente difficile, dato che sono in gioco moltissime variabili, e dunque non vedo il senso dell’accostamento con le scienze esatte e buttare a mare centinaia di anni di sapere, spesso molto utile per la comprensione del mondo, per il semplice motivo che non si ha voglia di capire e di studiare i “tecnicismi” mi sembra parecchio ipocrita.

    • Simone, mi spiace che lei si sia sentito offeso dal contenuto di questo articolo.

      Vediamo di spiegarci meglio, il senso del discorso è che se io fossi uno studente di economia mi sentirei in realtà offeso da coloro che non hanno la tua stessa cautela, da quegli economisti che ritengono che il fatto di essere dei “tecnici” li autorizzi a infliggere sofferenze ad intere nazioni.

      Quegli economisti hanno delle responsabilità oggettive nel dramma che vivono milioni di persone, ma nonostante gli evidenti fallimenti le loro disposizioni devono essere applicate alla lettera, come se si trattasse di una scienza esatta e le colpe fossero di chissà chi altro.

      Ripeto, io se fossi un economista, come categoria, mi sentirei offeso dai modi tirannici impiegati e dai risultati fallimentari di realtà come BCE e WMF.

      • Ammetto che spesso leggendo i suoi articoli spesso mi arrabbio un po’, comunque direi che almeno su questa visione dell’economia un po’”tiranna” siamo d’accordo, per quanto non ritenga affatto, come invece esposto nell’articolo, che l’economia sia assolutamente inaffidabile.

        • Comprendo che la sensazione leggendo quello che scrivo è che l’economia sia del tutto inaffidabile, ma non è così.
          Penso che il problema sia che gli economisti che sbagliano siano troppo spesso portatori di interessi che spingono verso certe conclusioni.
          Le responsabilità morali a questo punto sono degli altri economisti che non prendono posizione contro questa strumentalizzazione della disciplina.

          Lei ad esempio, Simone, ritiene che le “cure” del WMF per i paesi del Terzo mondo o per l’Europa siano giuste?

          E se no, perché allora non impiegare questo spazio per parlarne?

  4. Salve Prof. Pennetta,

    ha mai sentito parlare della “Scuola Austriaca di Economia”?

    Alcune delle critiche contenute in questo articolo (non tutte) sono rivolte da questa scuola alla metodologia mainstream (diciamo “neoclassica”).

    Questo è il sito italiano.

    Sono sicuro troverà diversi elementi che corroborano la sua tesi: il problema, infatti, è lo status dei teoremi economici; di qui, lo status scientifico stesso dell’economia.

    Per meglio dire, scienza sociale o scienza naturale?

    La scuola austriaca opta per la prima.

    Cordialità

    Buona Pasqua!

    • Grazie Luigi per questa segnalazione, ci sono degli articoli interessanti sul sito, la scuola austriaca tuttavia ha alla base un liberismo che porta a forme di darwinismo sociale, come si diceva in un articolo di qualche tempo fa.

      Buona Pasqua anche a te!

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