I mastini del clima e il terrorismo delle estinzioni in arrivo

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Dopo aver già colpito l’11 luglio scorso con un appello all’intolleranza, adesso con un nuovo articolo sul Corriere della Sera il funzionario per l’informazione e la comunicazione dell’IPCC Carola Traverso Saibante fa dell’allarmismo ambientale.

 

 

Un articolo nel quale ingiustificate previsioni climatiche vanno di pari passo a “discutibili” previsioni sull’estinzione delle specie animali.

 

Era stata una dichiarazione di intolleranza verso i cosiddetti “negazionisti climatici” quella pubblicata l’11 luglio scorso sul Corriere della Sera, una dura presa di posizione inaccettabile in un occidente che fa della libertà di espressione uno dei suoi cardini, ma fatto ancor più grave dal punto di vista della corretta informazione, l’articolista autrice del pezzo in questione, Carola Traverso Saibante, era una non dichiarata funzionaria per la comunicazione di una delle parti in causa, l’IPCC, l’agenzia dell’ONU che sin dalla sua istituzione ha sostenuto la responsabilità umana per il riscaldamento del clima.

Con la pubblicazione ieri di un nuovo articolo intitolato «I cambiamenti climatici sono troppo rapidi» Molti animali a rischio estinzione,  si comincia ad avere la sensazione che da parte dell’IPCC sia in atto una specie di offensiva mediatica per rilanciare gli allarmismi climatici colpevolizzanti per l’Uomo. Questa volta lo spunto è uno studio condotto dal Dipartimento di ecologia e biologia evoluzionistica dell’Università dell’Arizona e pubblicato su Ecolgy Letters con il titolo “Rates of projected climate change dramatically exceed past rates of climatic niche evolution among vertebrate species“, nel quale si sostiene che la velocità dei cambiamenti climatici sia maggiore della capacità di evoluzione dei vertebrati.

La notizia non ha mancato di colpire la funzionaria dell’IPCC Carola Traverso Saibante che sul Corriere della Sera ha pubblicato l’allarmato e allarmante articolo sopra citato e nel quale è possibile leggere quanto segue:

Per stare al passo con i cambiamenti climatici in corso, i vertebrati dovrebbero evolversi ad un tasso 10 mila volte più rapido di quello attuale: è questa l’analisi di John Wiens, biologo evoluzionista dell’Università dell’Arizona, e Ignacio Quintero, assistente all’Università di Yale.

[…]

La conclusione è stata questa: le specie sono riuscite a gestire un cambiamento di temperatura globale di circa un grado centigrado ogni milione di anni. Wiens e Quintero hanno poi messo in relazione i tassi d’evoluzione/estinzione del passato con i tassi d’innalzamento della temperatura tra il 2000 e il 2100 prospettati dalle proiezioni scientifiche. I risultati sono stati «impressionanti»: i cambiamenti previsti per il 2100 richiederebbero tassi d’evoluzione oltre 10mila volte più rapidi di quelli tipicamente osservati tra le specie, nella stragrande maggioranza dei casi.

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Il cambiamento gestibile da anfibi, uccelli, rettili e mammiferi sarebbe dunque di un grado ogni milione di anni, quindi essendo le previsoni dell’IPCC di circa 4° centigradi da qui al 2100, moltissime specie di vertebrati sarebbero condannate all’estinzione.

Un calcolo sul quale non ci sarebbe molto da obiettare… se non fosse che anche senza andare a rovistare nel paper pubblicato dai proff. Wiens e Qintero qualcosa proprio  non quadra. E si tratta di un qualcosa di così macroscopico che è stata fatta notare da un lettore del Corriere che ha così commentato:

Il commento di Anders coglie un’evidente incongruenza nelle conclusioni dello studio riportato, come si può infatti sostenere che la capacità di adattamento dei vertebrati sia di un grado ogni milione di anno quando negli ultimi 20.000 anni c’è stata un’escursione di 5°, cioè di un grado ogni circa 4.000 anni?

La situazione è testimoniata dai grafici di seguito riportati:

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Sembra proprio che non ci siamo, lo scenario descritto nell’articolo non può proprio adattarsi con quanto avvenuto nel passato, a meno di non ipotizzare una avvenuta estinzione di massa della quale però non sembra proprio esserci traccia.

Ma non basta, se la ricostruzione di quanto avvenuto in passato appare palesemente errata qualcosa da ridire c’è anche sulle previsioni effettuate dall’IPCC sostenute nell’articolo e riportate in evidenza nel sotto titolo:

Alcune specie non saranno in grado di adattarsi all’aumento delle temperature di 4 gradi previsto entro la fine del secolo

 Ebbene sì, secondo i modelli dell’IPCC entro la fine del secolo dovrebbe esserci un innalzamento delle temperature di 4° centigradi, fatto che prendendo per buona la capacità di adattamento dei vertebrati di 1° per milione di anni determinerebbe l’estinzione di massa.

Peccato però che tutti gli ultimi studi stiano raccomandando prudenza nel fare stime così azzardate, proprio per via del fatto che il modello computerizzato proposto dall’IPCC ha evidentemente fallito già all’inizio di questo secolo, come evidenziato dal grafico sottostante:

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Alla luce delle difficoltà di sviluppare un modello soddisfacente, un invito alla prudenza nell’effettuare previsioni è venuto proprio in questi giorni dall’autorevole KNMI l’Istituto Meteorologico Olandese, che ha prodotto un documento del quale su Climate Monitor è stato riportato un passaggio significativo:

Riteniamo che limitare lo scopo dell’IPCC al cambiamento climatico indotto dall’uomo sia indesiderabile, specialmente perché la componente naturale del cambiamento climatico è una parte cruciale del totale della comprensione del sistema climatico, includendo anche il cambiamento climatico indotto dall’uomo.

L’Olanda è anche dell’opinione che la parola “esaustivo” [comprehensive]potrebbe dover essere cancellata, in quanto produrre degli assessment esaustivi diventa virtualmente impossibile con la continua espansione del volume della conoscenza e l’IPCC potrebbe essere più incisivo producendo report su argomenti di natura nuova e controversa.

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Possiamo dire che nessun climatologo serio si sentirebbe oggi di affermare che nel 2100 la temperatura del pianeta sarà salita di 4° centigradi, ma nell’articolo pubblicato sul Corriere l’IPCC, per mano di un suo funzionario, esprime certezze non scientifiche su questo punto.

La conclusione che si può trarre è che quanto scritto nell’articolo del 20 giugno della funzionaria IPCC non è scientificamente accettabile né riguardo alle considerazioni di biologia evoluzionistica né riguardo a quelle di climatologia. 

Questo è quello che può accadere quando la scienza viene presa ostaggio di interessi che la piegano verso conclusioni preconcette.

Diffondere un ingiustificato allarmismo del quale non se ne sente francamente il bisogno, questo sembra essere lo scopo dei “mastini del clima”. Ma non bisogna farsi spaventare, possono solo abbaiare, non mordere.

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Laureato in Biologia e in Farmacia, docente di scienze naturali Nel 2011 ha pubblicato "Inchiesta sul darwinismo", nel 2016 "L'ultimo uomo" e nel 2020 "Il Quarto Dominio".

2 commenti

  1. http://it.wikipedia.org/wiki/File:Extinction_Intensity.png
    La Natura non ha bisogno dell’uomo per attuare le sue estinzioni di massa…
    Comunque, viviamo in un mondo di grande mobilità, come mai avvenuto prima, e ciò ha conseguenze anche sugli animali.
    Uomini ed animali che si trasferiscono da ambienti con forti differenze di clima (altro che i 4 gradi !) non “si estinguono”, ed anzi prosperano tranquillamente.
    Questa è la realtà, che potete verificare guardandovi attorno, e guardando a quel che succede, “ora”, nel mondo, perché esistono “già” posti con forti differenze climatiche.
    Secondo me.

    • Ottime considerazioni Ganavion, una delle contestazioni che vengono giustamente fatte all’ipotesi che i cambiamenti climatici possano essere all’origine di processi di speciazione è proprio il fatto che esiste la possibilità di migrare.

      E come ricordi ancora opportunamente, sulla terra esistono luoghi con differenze di temperatura ben oltre i 4 gradi centigradi, per cui una specie potrebbe trovare facilmente un luogo in cui vivere nonostante i cambiamenti.

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