Eliminare dalla Costituzione il termine “razza”?

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le scienze

 

Abolire il termine “razza” dalla Costituzione, questa la proposta lanciata dai biologi Gianfranco Biondi e Olga Rickards.

Ma probabilmente, oltre che inutile, sarebbe senza senso.

Era il 14 Ottobre 2014 quando dal sito Scienza in rete i biologi  Gianfranco Biondi e Olga Rickards lanciavano al Presidente della Repubblica, e ad altre massime cariche dello Stato, un appello per l’abolizione del termine “razza” dalla Costituzione della Repubblica italiana che all’art. 3 recita:

Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.

L’appello si concludeva nel seguente modo:

I biologi assolvono il loro compito studiando la storia evolutiva umana nell’ambito della più generale evoluzione della vita e non sono usciti dalla loro sfera di competenza quando hanno dimostrato per via sperimentale che il concetto di razza non può essere applicato alla nostra specie.
Sul razzismo devono – se non vogliono tradire la loro funzione – affermare che esso non ha alcuna base scientifica e rapportarsi a quella grave degenerazione da cittadini.

Auspichiamo che il termine razza, per l’uomo, sia eliminato dalla Costituzione e dagli atti ufficiali del nostro Paese, così come è avvenuto in Francia.

L’argomento usato è la negazione del concetto di razza per H. sapiens in quanto:

In tassonomia infatti quel concetto, che definisce la categoria della classificazione biologica posta al di sotto della specie, esprime il rapporto di parentela, ovvero di antenato-discendente, esistente tra le popolazioni.

Ma si tratta di un argomento che se riconosciuto valido dovrebbe condurre all’abolizione anche del concetto di razza per i cani che non sono in rapporto di antenato-discendente ma di selezione da un unico antenato.

Al di là della debole argomentazione, l’idea è dunque quella di togliere qualsiasi appiglio scientifico al razzismo sulla base dell’affermazione che le razze esistono in natura ma non nella specie umana, fatto questo già degno di nota in quanto, contrariamente a quanto sempre affermato, la specie umana viene ad avere un carattere di eccezionalità rispetto ad altre. Le contraddizioni rivelano un’idea che appare come il frutto di una mentalità che ritiene di modificare la realtà col solo cambio delle parole, un meccanismo che può dare dei risultati a scapito del riconoscimento dei fatti oggettivi e dell’invenzione di una realtà conveniente con la rinuncia ad affrontare i problemi per quello che sono: non sono infatti  le razze ad essere un problema ma la discriminazione razziale. Può quindi il razzismo essere contrastato negandone l’oggetto che resterà invece ben chiaro nella percezione comune? O non si trasformerebbe un tale provvedimento in un boomerang perché non riconoscendo l’esistenza delle razze sarà più difficile contrastare culturalmente un razzismo dichiarato un problema riguardante una cosa che non esiste, un “non oggetto”?

Ma adesso le cose vengono a complicarsi con un libro pubblicizzato e venduto insieme al mensile Le Scienze, stiamo parlando di “Una scomoda eredità” di Nicholas Wade. Dal sito di Le Scienze riportiamo:

La tesi di Wade, scrittore ed ex giornalista scientifico per il “New York Times”, è che sia possibile definire razze umane in base alla diversa frequenza degli alleli, le forme alternative di ogni gene che compone il nostro patrimonio genetico. Oggi è possibile osservare questa variabilità nella frequenza allelica grazie al progresso delle tecnologie di sequenziamento e analisi del genoma umano, che dagli inizi del XXI secolo, quando è stata pubblicata la prima bozza del nostro patrimonio genetico, hanno fatto parecchia strada, permettendo di rilevare variazioni sempre più sottili tra i geni degli individui.

Essendo stata riportata sul sito di Le Scienze anche la petizione per l’abolizione del concetto di razza “C’è ancora posto per le “razze umane” nella Costituzione italiana?, si assiste adesso alla interessante situazione in cui sulla stessa testata si diffondono due messaggi contrastanti, ci si aspetta che adesso vengano messi a confronto e si discuta di quale dovrebbe essere la linea da adottare.

Le argomentazioni di Wade appaiono più solide di quelle del duo Biondi Rickards, l’osservazione di una variabilità nella frequenza allelica non è un dato soggettivo. Ma se andiamo a vedere la definizione di evoluzione ci accorgiamo che proprio la diversa frequenza allelica è considerata un segno di evoluzione, allora dobbiamo ritenere, secondo tale definizione, che non solo le razze umane esistono, ma che addirittura esse rappresentino diverse “evoluzioni” dell’originario H. sapiens?

Sopra: definizione (controversa) di evoluzione biologica dal sito Pikaia

Un vero pasticcio, volendo dunque applicare quanto affermato dagli scienziati evoluzionisti la Costituzione rischia di dover essere cambiata, ma non nel senso dell’abolizione del termine distinzione di “razza”, bensì in quello della modificazione dell’Art. 3 nel seguente modo:

Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di evoluzione, di lingua…

Un vero salto dalla padella nella brace, se si dovessero infatti applicare i criteri (controversi) degli evoluzionsti, il razzismo avrebbe in mano un’arma ancora più temibile, quella di indicare altre etnie come “diversamente evolute”, lasciamo immaginare le conseguenze. Meglio allora ascoltare le parole di Wade, riportate su Le Scienze, che ha ben compreso quale sia il vero problema:

…non c’è alcun motivo per collocare le razze umane su una scala di valori, dalla peggiore alla migliore. Questo è razzismo, ed è una degradazione della politica e della società, che nulla ha a che vedere con la scienza. Mentre per Wade non dovrebbe essere etichettato in questo modo infamante lo studio delle sottili differenze evolutive osservate nelle diverse popolazioni umane, che poi sarebbero l’equivalente delle razze.

E allora il consiglio è di lasciar stare la Costituzione e di continuare a fare gli evoluzionisti, senza sconfinare in altri campi, almeno si evita di fare danno.

 

 

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Laureato in Biologia e in Farmacia, docente di scienze naturali Nel 2011 ha pubblicato "Inchiesta sul darwinismo", nel 2016 "L'ultimo uomo" e nel 2020 "Il Quarto Dominio".

26 commenti

  1. “la specie umana viene ad avere un carattere di eccezionalità rispetto ad altre” <- Veramente? A me risulta che vi siano varie specie monotipiche [1], e cioe' specie con ridotta variabilita' genetica, e sostanziale omogeneita', a causa di diversi fattori (colli di bottiglia genetici recenti, assenza di divisioni geografiche o ecologiche, accentuato mixing fra popolazioni, …). Mi viene in mente il Cammello Bactriano, Camelus ferus, l’ara giacinto, … Ma qualcuno con piu’ nozioni di zoologia potrebbe aiutarci con altri esempi.
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    “Le argomentazioni di Wade appaiono più solide di quelle del duo Biondi Rickards, l’osservazione di una variabilità nella frequenza allelica non è un dato soggettivo.” <- Le argomentazioni appaiono piu' scientifiche, o meglio piu' tecniche, ma non sono piu' solide. Esiste variabilita' allelica nelle popolazioni geografiche umane, ma esiste ed e' ancor piu' grande, una variabilita' che non e' affatto geografica. L'approccio di Wade e' sensato (razze? andiamo a vedere cosa dicono i dati), Il metodo invece lascia a desiderare (ci sono proprio vari errori matematici). E sono considerazioni meramente scientifiche [2–9] a dimostrare che le conclusioni sono forzosamente fallate.
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    Ed e' paradossale la tua proposta di "cambiamento". Dati i fatti (non esistono subspecie umane) non serve introdurre differenze artificiose. "Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di lingua, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali." e' sufficiente.
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    [1] http://en.wikipedia.org/wiki/Subspecies#Monotypic_and_polytypic_species
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    [2] Dobbs, David. "The Fault in Our DNA", The New York Times Book Review, 10 July 2014.
    [3] Feldman, Marcus. "Echoes of the Past: Hereditarianism and A Troublesome Inheritance." PLoS genetics 10, no. 12 (2014): e1004817.
    [4] Orr, H. Allen. "Stretch Genes". New York Review of Books, 5 June 2014.
    [5] Marks, Jonathan. "Review of a Troublesome inheritance by Nicholas Wade." Human biology 86, no. 3 (2014): 221-226.
    [6] Cowen, Tyler. "Nicholas Wade's *A Troublesome Inheritance*", Marginal Revolution, 8 May 2014.
    [7] Kaplan, Jonathan Michael, and Rasmus Grønfeldt Winther. "Realism, antirealism, and conventionalism about race." (2014).
    [8] Winther, Rasmus Grønfeldt. "The Genetic Reification of" Race"?: A Story of Two Mathematical Methods." Critical Philosophy of Race 2.2 (2014): 204-223.
    [9] Pigliucci, Massimo. "On the biology of race", Scientia Salon, 29 may 2014.

    • L’eccezionalità viene ad esserci rispetto al citato paragone con le razze canine, che possano esserci specie monotipiche non è in dubbio, ma non è il nostro caso.
      La proposta di cambiamento non è una mia idea, è la diretta conseguenza della definizione di evoluzione che ho riportato, se poi anche in questo caso il glossario di Pikaia è sbagliato non parlo più.
      Infine, riguardo alla riformulazione senza includere il termine razza, confermo che si tratterebbe di escludere qualcosa che le persone continuerebbero a percepire distintamente, toglierla a cosa servirebbe se non a negare un problema?

      • “che possano esserci specie monotipiche non è in dubbio, ma non è il nostro caso” <- beh, no, secondo tutta la letteratura scientifica succitata ([2–9]) non siamo l'unica sottospecie esistente della nostra specie. Dunque Homo sapiens sapiens e' monotipico. La varieta' allelica che riscontriamo all'interno delle popolazioni e' molto piu' ampia che quella fra popolazioni. Dunque, le popolazioni geografiche (le etnie) non costituiscono una demarcazione di Homo sapiens sapiens in sottospecie [0,1]. Inoltre, l'apparenza fenotipica (colore della pelle, …) e' un pessimo indicatore della variante allelica [10]. Esistono marcatori in grado di indicare, con una certa probabilita', l'origine geografica di una persona, ma questo non va confuso con la tesi inversa, e cioe' che l'origine geografica vada a dettare prodondamente e in modo coerente il profilo genetico. Insomma, anche ad andare a vedere la storia evolutiva della nostra specie, nonostante si possano trovare traccie di movimenti e migrazioni profonde, il grande mescolamento che ha sempre contraddistinto la nostra storia impedisce di separare sottospecie.
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        Insistere a voler indicare il concetto di razza nella costituzione appare anche a me problematico. Visto che le razze NON esistono. Non sarebbe piu' corretto riferirsi all'etnia (che e' un concetto culturale, e non biologico)?
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        [0] Keita, Shomarka OY, and Rick A. Kittles. "The persistence of racial thinking and the myth of racial divergence." American Anthropologist 99, no. 3 (1997): 534-544.
        [1] Jorde, Lynn B., W. S. Watkins, Juha Kere, Dag Nyman, and A. W. Eriksson. "Gene mapping in isolated populations: new roles for old friends?." Human heredity 50, no. 1 (2000): 57-65.
        [2–9] Vedi sopra.
        [10] Relethford, John H. "Apportionment of global human genetic diversity based on craniometrics and skin color." American Journal of Physical Anthropology 118, no. 4 (2002): 393-398.

        • Che imperdonabile errore di battitura, non si capisce niente!
          “secondo tutta la letteratura scientifica succitata ([2–9]) non siamo l’unica sottospecie esistente della nostra specie.”
          dovrebbe essere
          “secondo tutta la letteratura scientifica succitata ([2–9]) noi siamo l’unica sottospecie esistente della nostra specie.”
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          Scusate!

          • “. Non sarebbe piu’ corretto riferirsi all’etnia (che e’ un concetto culturale, e non biologico).”

            e quindi una persona di colore nata in italia da genitori a loro volta nati in Italia, che non ha conservato alcun legame con le sue origini africane ( o americane se i genitori venivano dall’America, o inglesi se i genitori venivano dall’inghilterra , e così via per tutte le nazioni e regioni del mondo) a quale ‘etnia’ dovrebbe fare riferimento?

          • L’etnia è aspetto culturale, linguistico, storico. È non c’è uniformità all’interno di una etnia. Inoltre, essendo culturale e non genetica, una persona non nasce con una etichetta. Chiaramente quella persona potrà dirsi di etnia Italiana o, se preferisce, di alcuna etnia. O di più d’una.

        • Il razzismo si basa su certi aspetti evidenti, quando io vedo per strada una persona di origine asiatica o africana me ne accorgo, e su questo si basano i razzisti, e il voler negare questa possibilità di riconoscimento affermando che non esiste non risolve niente.
          Adesso poi che lo studi di Wade pone anche una differenza nelle frequenze alleliche l’eliminazione del termine è ancora più inutile se non controproducente.
          Viva la diversità, il rispetto non è dato dalla negazione della stessa.

          • Sei sicuro che te ne accorgi? Che sai distinguere un Malaysiano da un Algerino? Un Maori da un nativo Americano? Un Martu da un …?
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            A me pare che la “razza” si basi sul soggettivo concetto di “diverso da me”. Creiamo suddivisioni razziali ovunque. Il problema è: è giusto avvallare queste suddivisioni che non hanno alcuna base biologica?

          • L’Algeria è in Africa. La Malaysia in Asia. È sicuro di riconoscere, fra i due, chi sia l’africano e chi l’asiatico? Io ho fatto confusione spesso.
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            Questo è proprio perché la variabilità genetica, e fenotipica, all’interno delle popolazioni geografiche è maggiore che fra le popolazioni stesse.

  2. Credo che spesso si confonda il significato comune della parola “razzismo” con il concetto di “razza” biologica, infatti può esistere razzismo verso persone con la nostra stessa identica morfologia (forse questo è il termine che potrebbe essere adottato nella Costituzione) per ilsemplice fatto che provengono da altri luoghi geografici.

    • Sono piuttosto d’accordo. Una cosa che ha dimostrato il razzismo e’ che il concetto di “razza” e’ modellato su “quelli che ci stanno antipatici”. Era dichiaratamente razzista la Lega di Bossi, e lo era non solo nei confronti di chi proveniva dall’Africa (di recente), ma anche chiunque veniva da sotto il po’. Parlavano di “razza padana”. Temo che per quei turpi individui un trattato di genetica possa essere utile solo se glielo si sbatte forte in testa.

  3. Ancora una volta si cerca di dimostrare che le foglie non sono verdi in estate, come anche per la teoria del gender. Incredibile !

  4. Dalle mie lontane letture di Cavalli-Sforza ricordo che in teoria ora si dovrebbe usare il termine “gradiente genico” al posto di razza…
    Può entrare un termine simile nella “più bella Costituzione del Mondo” ? 🙂

  5. OT Giorgio, purtroppo la tagliola dei commenti mi ha impedito di risponderti su morale, sue fondazioni ed alternative. Ma, come dici tu, se vuoi il pesce vai dal pescivendolo. Nessuno di noi due è un filosofo della morale. Perché preferisci un mio riassuntino ad un serio lavoro come quelli che ti citavo? Comunque, se vuoi, e trovo il tempo, proverò a scrivere un abstract. Fine OT

  6. Enrico Lutman on

    @ GVDR

    Ho letto, successivamente alla chiusura del thread “Lucy e gli Australopithecus” gli interventi che si sono svolti riguardo la definizione di “specie” e del “simbolo” quale caratteristica dell’uomo moderno.
    E’ abbastanza semplice comprendere che una “definizione” e un concetto umano.
    Così come per qualunque chimico la dodicesima parte del isotopo 12 del carbonio come unità di misura è una convenzione, utile, utilissima, ma una convenzione.
    Ovviamente la realtà non bada molto alle convenzioni e d alle definizioni di volta in volta stabilite dall’uomo.
    Riguardo a Neanderthal e uomo moderno, si può, utilizzando una certa “definizione” di specie classificarli come specie o sottospecie diverse.
    Tenendo presente i risultati de professor Svante Paabo, i primi esseri umani moderni ed i neanderthal si sono probabilmente incrociati ed hanno avuto prole feconda, tanto che una piccola parte del genoma del neanderthal, dall’1% al 4%, è presente negli esseri umani attuali al di fuori dell’Africa, dove questo dato invece non si riscontra.
    Che mi sembra un dato più significativo di un ” extremely rare hybrid” come nel caso del “wohlphin” da lei citato.
    Ammesso e non concesso poi che questi dati siano corretti, perchè presumo che le ricostruzioni debbano essere piuttosto complesse, con approssimazioni credo affatto insignificanti, posto che dubito che i frammenti di DNA estratti da ossa di 40000 anni fa siano in buono stato.
    Lei inoltre nel precedente thread cita i noti ritrovamenti di reperti che mostrerebbero un uso di simboli presso i neanderthal.
    Dato che personalmente non mi crea turbamento e che è senza dubbio interessante.
    Tuttavia è evidente che tali reperti vengono attribuiti ai neanderthal in quanto la specie in quel periodo era presente in quei luoghi.
    Che permetterà porta alla ragionevole ipotesi che tali manufatti siano neanderthaliani, ma è pur sempre un’ipotesi indimostrabile.
    Da questo si ritorna al problema di questa scienza, che è la biologia evolutiva, ovvero di fornire molte ipotesi interessanti ma ahimè, indimostrabili attraverso un esperimento osservabile e riproducibile.

    • Molto velocemente, Enrico, che purtroppo oggi non ho tempo di scrivere: se siamo d’accordo che l’attribuzione ai Neandertal di quei simboli è un ipotesi (corroborata da scoperte indipendenti) deve concedermi che è un ipotesi anche che Sapiens, che noi, siamo gli unici ad avere pensiero simbolico…
      .
      Oltretutto, né Minstrel né Pennetta avevano parlato di “frequenza” nella loro definizione di specie.

      • P.S. Esempi meno ecclatanti e più comuni se ne possono trovare in abbondanza. Non mi chieda però di farvi da motore di ricerca.

      • Se anziché dire “pensiero simbolico” affermiamo che siamo gli unici a possedere il linguaggio, direi che si tratta ben più di un’ipotesi.
        Riguardo alla definizione di evoluzione tramite la frequenza allelica ne ho parlato riportando una definizione abbastanza accettata dagli evoluzionisti e riportata da Pikaia, giusto dire che non è la definizione di specie, ma se l’evoluzione porta a nuove specie, anche la differente frequenza allelica dovrebbe portare, in un gardualismo darwiniano, alla formazione di nuove specie.

  7. Enrico Lutman on

    @ GVDR
    Un secondo esempio, a mio parere, di debolezza come scienza sperimentale.
    lei giustamente citava lavori, riguardo Lucy, che corroboravano, attraverso dati morfologici la tesi che Lucy fosse bipede.
    Il che naturalmente non crea nessun problema.
    Consideriamo allora un lavoro che incrocia dati morfologici e genetici.
    Qualche mese fa, partendo da alcuni thread riproposti da Pennetta, riguardo l’ultimo antenato comune fra Neanderthal e Homo sapiens, ho deciso di leggere l’articolo originale “No known hominin species matches the expected dental morphology of the last common ancestor of Neanderthals and modern humans“ pubblicato su PNAS.
    Uno studio su crani fossili dell’homo heilderbergensis, dell’ homo erectus e dell’ homo antecessor normalmente considerati predecessori dell’homo sapiens moderno.
    Secondo questo studio, nessuna delle specie indicate come possibile ultimo antenato comune dell’uomo moderno e dell’uomo di neanderthal, mostra una morfologia dentale corrispondente a quella che dovrebbe caratterizzare tale antenato, risultato ottenuto dall’esame di più di 1200 reperti.
    Al di là di questo, la cosa che più mi ha colpito è il fatto che secondo le stime più accreditate ottenute sulla base dell’evoluzione del cranio l’ultimo antenato comune si porrebbe attorno ai 400000 anni fa, le indagini biomolecolari attorno ai 500000 anni fa, lo studio della morfologia dentale porterebbe la divergenza delle linee evolutive che conducono all’uomo di neanderthal e all’uomo moderno ad almeno un milione di anni fa.
    Il che francamente farebbe supporre, che:

    1) Questi metodi non sono poi così affidabili tanto da fornire una differenza pari al 100%
    2) Il record fossile è insufficente a costruire validi modelli

    Semplificando, come sopra, una verifica sperimentale è purtroppo impossibile.

    Analizzando centinaia e centinaia di dati ogni giorno, nel mio lavoro, purtroppo le “retrodizioni”, mi convincono poco, perchè “aggiustare” un dato ad un valore atteso, è una cosa piuttosto semplice e frequente.

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