Gli manca solo la parola

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pip1

 

Il periodo delle vacanze è un tempo di riposo, di distacco dal mondo lavorativo per concedersi uno sguardo più ampio sulla propria vita e su ciò che desideriamo in profondità. Mentre succedono queste belle cose, però, il mondo continua ad andare avanti e non mi riferisco solo ai suoi mille problemi, ma anche a sorprese e novità che possono interessare in modo piacevole.

Nel nostro caso, in pieno Agosto vengo a sapere che nei primi giorni dello stesso mese era stato pubblicato un articolo su “Le Scienze” intitolato “Le vocalizzazioni quasi umane dei bonobo”.

Spieghiamo prima i fatti, usando per brevità lo schema giornalistico di base delle “Wh-“: who, what, where, when e why, cioè cosa, chi, dove, quando e perché.

Un gruppo di ricercatori delle università di Birmingham, nel Regno Unito, e di Neuchatel, in Svizzera hanno osservato che i bonobo emettono un suono simile ad una “i” acuta emessa a bocca chiusa, tipo un “pip”, in molte occasioni (pasti, spostamenti, aggressioni, pericoli o “spulciamento”). I ricercatori hanno registrato questa particolarità di questi primati del Congo e il 4 Agosto Le Scienze ne ha evidenziato l’importanza nel contesto delle teorie evolutive del linguaggio.

Tutto si regge su un’analogia per la quale, siccome i bonobo sono la specie di primati evolutivamente più simile alla nostra, allora questo “pip” pronunciato in molte occasioni potrebbe essere l’analogo delle vocalizzazioni emesse dai bambini piccoli che sono una “predisposizione fonetica cruciale per lo sviluppo del linguaggio.

Il numero alto di contesti in cui i bonobo utilizzano questo suono, a detta dell’articolo, è ciò che lo rende diverso dai versi degli altri animali.

Non vi nascondo che tutta questa vicenda mi suscita un po’ di ilarità, forse per ragioni inconsce: il comico satirico Daniele Luttazzi una volta scrisse che è scientificamente provato che le parola che iniziano per P o per B fanno più ridere rispetto ad altre, se usate per esprimere una stessa battuta.

Non vorrei però approfittare della cosa per fare (solo) qualche battuta, perché ricordo che in un mio articolo passato un commentatore mi fece notare che dietro ogni articolo scientifico c’è il lavoro di uno scienziato, per cui prima di criticare bisogna andarci con i piedi di piombo.

Non aveva tutti i torti e in effetti mi dispiacerebbe attaccare, nella mia comoda posizione di tizio che scrive da un computer portatile, persone che tutto sommato hanno la mia stima. Riporto per esempio questa dichiarazione di colei che ha guidato lo studio, Zanna Clay:

Quando studiavo i bonobo nel loro ambiente naturale, in Congo, ero colpita da quanto fossero frequenti i loro ‘pip’ e da quanto fossero vari i contesti in cui venivano prodotti.

Può sembrare una banalità ma è così che dovrebbero “funzionare” gli scienziati. C’è un fenomeno naturale, può essere straordinario oppure banale ma li incuriosisce e in particolare si concentrano su un dettaglio che ritengono importante. Magari non capiscono fin da subito il motivo matematico-scientifico per cui hanno ritenuto che fosse importante tale dettaglio, ma fortunatamente esso li ha meravigliati, cioè ha agito sul piano emotivo; poi, in un secondo momento, avviene la formalizzazione scientifica.

La conclusione dei ricercatori in ogni caso è che “questo tipo di vocalizzazioni non è un’esclusiva degli esseri umani”.

Dal momento che non sono un animalista (anche se rispetto e ammiro gli animali), sono tentato di partire all’attacco e muovere i miei dubbi su tale conclusione, ma vorrei applicare il consiglio che mi diede quel commentatore e dare il massimo rispetto possibile a questo lavoro.

Qual è il modo più efficace per rispettare qualcosa? Trattarla come se fosse propria. In questo caso, agirò come se l’analogia su cui si basa lo studio fosse partita da me e proverò a svilupparla nelle sue possibili conseguenze, come se volessi continuare le argomentazioni lette su Le Scienze.

Riprendiamo allora il discorso.

I bonobo fanno “pip”. Tale suono è una vocalizzazione probabilmente analoga a quella compiuta dai bambini piccoli quando fanno i primi tentativi di parlare. Questo perché i bambini stanno all’uomo adulto come l’antenato comune di uomo e bonobo sta all’uomo attuale. Nel corso della loro crescita, le vocalizzazioni dei bambini si trasformano in parole perché vengono educati da una persona già formata, già dotata di linguaggio, che fa in modo che anche in essi si sviluppi tale capacità. Analogamente un antenato dell’uomo sviluppò le vocalizzazioni, poi un’entità dotata di linguaggio gli permise di averne uno proprio per imitazione e apprendimento, tale entità doveva essere superiore e razionale e probabilmente si identificò con Dio.

Alt! Ho mescolato incautamente Scienza e Religione, violando la Prima delle Tre regole di una critica scientifica che io stesso avevo formulato nel mio articolo “Le regole di una critica scientifica”. Sono davvero mortificato, non prendetemi per un ipocrita, vi chiedo la cortesia di dimenticare tutto e di farmi ricominciare daccapo.

I bonobo fanno “pip”. Tale suono è l’analogo delle vocalizzazioni dei bambini piccoli quando provano a sviluppare un linguaggio. Il linguaggio vero e proprio si sviluppa quando il bambino diventa capace di pronunciare suoni sempre più complessi e di combinarli per ottenere le parole. Grazie a ciò, il bambino diventa capace di usare un suono apposito per ogni oggetto che lo circonda e per ogni situazione in cui vive, elaborando una propria lingua. Il lavoro dei suoi genitori consisterà poi in una sostituzione della sua lingua nascente con quella “ufficiale” parlata da essi, per fare in modo che sia possibile anche la comunicazione dei suoi simili e non soltanto una sua descrizione della realtà.

Il problema è che interrogando a tal proposito mia madre non risulta che vi sia mai stata tale opera di sostituzione, né che esista una lingua per ogni bambino nel mondo che cresce o che sia cresciuto. Molti bambini hanno sì un modo proprio di chiamare una cosa, ma sempre perché hanno tentato di pronunciare correttamente il modo in cui la chiamavano i genitori ma inizialmente non ci sono riusciti (tipicamente iniziano col pronunciare solo le vocali e qualche consonante di una data parola). La mia ricostruzione ipotetica degli eventi allora non ha riscontro nei fatti, per cui merita una sentenza scientifica di condanna senza appello. A questo punto eliminiamo di nuovo il tutto e ricominciamo dal principio.

I bonobo fanno “pip”. Tale suono viene emesso in moltissime circostanze per cui ha molto in comune con le vocalizzazioni dei bambini piccoli. Questo suono consiste quindi in un caso particolare dei versi degli animali ma viene compito in un più ampio spettro di circostanze. Possiamo trovare analogie con i molti casi in cui un uccello cinguetta per farsi udire da un suo simile (accoppiamento, spostamento, pericolo, migrazione), oppure con i molti contesti in cui i cani abbaiano (contestazione di un territorio, accoppiamento, segnalazione della propria presenza, contesa di un nutrimento). Tutti gli animali più complessi quindi tendono alla comunicazione acustica, che poi in alcuni diventa vocalizzazione e nel caso dell’uomo linguaggio vero e proprio. L’uomo è quindi la specie che per prima ha realizzato in pieno la capacità di comunicare a cui tendono tutte le specie animali.

Credo di aver commesso ancora più errori stavolta, perché ho realizzato una descrizione finalistica, antropocentrica e incoerente della natura. “Finalistica” perché sembra che il linguaggio sia una cosa a cui tende l’evoluzione di una specie purché le si dia tempo, ma allora andrei contro la teoria ufficiale (su cui si basa l’articolo), la quale ci insegna che l’evoluzione non ha una direzione privilegiata ma ogni specie è adatta a vivere nel suo contesto senza essere paragonabile alle altre. È “antropocentrica” perché, conseguenza del suo finalismo, fa sembrare l’uomo non più una specie tra le milioni ma quella che è arrivata prima alla meta comune dello sviluppo del linguaggio simbolico. In ogni caso è una descrizione “incoerente” perché ho assunto che le vocalizzazioni siano un caso particolare del verso animale, ma se così fosse allora l’articolo scientifico di cui stiamo parlando non avrebbe ragione di esistere e ciò implicherebbe che si tratta di un articolo inutile, ma avevo promesso di rispettare il lavoro dei ricercatori come se fosse il mio. Ancora una volta, cancelliamo tutto e partiamo dall’inizio.

I bonobo fanno “pip”. Tale suono non è un semplice verso ma più probabilmente, per ragioni evolutive, una vocalizzazione, perché è un unico suono usato in moltissimo contesti molto diversi tra loro. Nel caso di altri animali, invece, si può avere un dato verso per l’accoppiamento, un altro per i pericoli, un altro per le contese territoriali eccetera.

Le vocalizzazioni hanno un analogo nei tentativi di esercitare un linguaggio da parte dei bambini piccoli, che una volta diventati adulti potranno invece pronunciare una parola specifica per ogni cosa e situazione. Il linguaggio adulto è quindi più simile a quello di un animale che emette un versi distinti per situazioni distinte. Ne concludiamo che per comprendere l’evoluzione del linguaggio conviene studiare con più attenzione cani, uccelli e delfini e non i bonobo.

Ho sbagliato per la quarta volta: l’articolo si basa su un ragionamento che prevede tra le sue ipotesi di partenza il dato importantissimo per cui i bonobo sono la specie di primati evolutivamente più simile alla nostra, per cui è chiaro che qualsiasi cosa possa mai fare un bonobo, essa è molto probabilmente la forma ancestrale di qualcosa che sia considerato esclusivo della specie umana. I bonobo hanno quindi tale proprietà quasi prodigiosa senza la quale l’articolo considerato non avrebbe tutto il suo fascino, per cui, per essere coerente con la mia promessa, dovrò cancellare anche questa strada e tornare al primo punto.

I bonobo fanno “pip”. Mi arrendo, non riesco ad andare oltre, ma c’è un errore sistematico all’origine di ciò: questo articolo di Critica Scientifica, secondo me, avrebbe dovuto scriverlo Pennetta. È lui il biologo mentre io sono un fisico, non ne capisco di queste cose.

Finora ho prodotto solo delle “pip” mentali.

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"htagliato", Fisico della Materia. Vive a Napoli.

207 commenti

  1. Htagliato ma tu te lo immagini un Povia ancestrale che canta “Quando i bonobo fanno pip”? Mah…
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    Professore mi banni quando vuole così la smetto!

    • In effetti pure a me è venuto in mente Povia un po’ dopo che avevo concluso l’articolo, comunque è un’immagine divertente!

  2. Anche gli animali fanno uso del linguaggio vocale per comunicare e si è osservato in diverse occasioni come questo cambi secondo la zona geografica. Ad esempio all’interno della stessa specie un uccello cinguetta con un “dialetto” diverso dipendendo se appartiene a un gruppo del Sussex o del Galles. E così fanno orche, delfini, primati ed altri animali. Un animale che fa delle vocalizzazioni molto complesse è la scimmia di Campbell ed infatti si stanno oggi cercando conferme sperimentali dell’uso che questi primati farebbero di veri e propri vocaboli, di suffissi e di una serie di vocalizzazioni di suoni combinati in modi diversi in modo da produrre quelle che sarebbero autentiche frasi, dove verrebbero quindi combinati più vocaboli. Sicuramente è presto per trarre conclusioni, però non si esclude che con questi primati potremmo condividere una caratteristica che era già presente nell’antenato che abbiamo in comune e che quindi l’origine del linguaggio comunemente inteso potrebbe risalire a dieci o anche più milioni di anni fa.

    http://link.springer.com/article/10.1007/s10988-014-9155-7

    • Giuseppe Cipriani on

      Mi complimento con Htagliato per la capacità di essere ironico oltre misura… Sei riuscito a divertirmi e a infastidirmi al tempo stesso, più a divertirmi per la verità quando hai ammesso ironicamente di farti le pippe mentali, che almeno non devi andare a confessarti… E a Paolos darei l’oscar per la battuta più divertente della giornata, e non lo bannerei perché uno così è sempre meglio averlo in gruppo per stemperare le tensioni.
      La butto lì… Chi può negare che il bip dei bonobo sia l’inizio del loro linguaggio più articolato, quello che raggiungeranno non so fra quanto, non so come, al pari di quanto è successo a noi, che tutti, qui, dicono che non si sa come (il perché sì, quello si sa, eh?)?

      • Giuseppe Cipriani on

        Rettifico: “pip” e non “bip”, che bip lo diranno in futuro solo per mascherare le parolacce… Toh, che comincio a essere profondo di pensieri, come Htagliato e Paolos… Che allegra brigata di bontemponi!

      • Sono contento che si sia divertito, ogni tanto ci vuole un argomento più “leggero” (dopo doverosi e affascinanti articoli a tema politico o filosofico).
        Chi può negare che il “pip” sia l’inizio di un linguaggio più articolato? Io!
        A parte gli scherzi, vale quanto ho detto a Flavio: si può credere in una crescente e graduale complessità nei versi di animali diversi per specie e per evoluzione, ma il linguaggio simbolico è una cosa la cui gradualità sarebbe inconcepibile.
        E se anche i bonobo del futuro dovessero, a prescindere dal significato vero del “pip”, sviluppare un linguaggio simbolico? Due considerazioni:
        1) Non basta che succeda, la cosa veramente interessante (a dir poco) è capire COME succede, è questo lo scopo della Scienza e la curiosità dello scienziato.
        2) Allora, come ho già scritto nell’articolo, staremmo nella situazione “antropocentrica e finalistica” per la nostra specie sarebbe davvero speciale, perché par varie ragioni è stata la prima a fare questo salto e tale salto non sarebbe un incidente, ma qualcosa a cui l’evoluzione “tende”.

        • 1) “il linguaggio simbolico è una cosa la cui gradualità sarebbe inconcepibile” <- Se tu non riesci a concepirlo, non vuol dire che sia impossibile. Argumentum ad ignorantiam. Un modo in cui il linguaggio simbolico potrebbe essere spiegato in modo "graduale" e' attraverso un aumento della capacita' di autoreferenzialita' o di merge del linguaggio (che, per quanto ne sappiamo, potrebbero essere non infinite nell'essere umano ma semplicemente incrementali). Fin ora io non ho letto nessuna dimostrazione convincente che *debba* essere un salto.
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          2.1) "par varie ragioni è stata la prima a fare questo salto" <- Beh, non sappiamo se sia stata la prima: non sappiamo se altre specie di ominidi avessero o meno linguaggio simbolico, ad esempio.
          2.2) " tale salto non sarebbe un incidente, ma qualcosa a cui l’evoluzione “tende”" <- Beh, no. Non basta che una altra specie sviluppi un carattere gia' presente negli esseri umani per parlare di evoluzione "finalistica" o confermare una tendenza teleologica. Casi di evoluzione convergente sono numerosi, e ben spiegabili in termini del tutto non finalistici.
          2.3) "salto" <- Vedi 1), va dimostrato che sia un salto "ontologico" (come a voi piace definirlo) e non un passaggio piu' graduale o la combinazione di moduli cognitivi esistenti.

          • 1) Onde evitare malintesi: cosa intende per autoreferenzialità graduale? Può fare un esempio negli animali?
            2.1) Di fatto è come dire che non sappiamo quali dei tanti ominidi fossero veramente “uomini”, cioè non sappiamo quando sia nato l’uomo attuale.
            2.2) La convergenza evolutiva è una delle non-spiegazioni dell’evoluzione che meno accetto: se il contesto è lo stesso (per esempio vita sott’acqua) ritrovo caratteristiche simili, che no è una spiegazione di come nasca un carattere ma solo del perché si è affermato. Nel caso dei bonobo, quale sarebbe il contesto analogo che ha portato alla convergenza evolutiva?
            2.3) Vanno prima chiariti i termini del punto 1) perché non vorrei rischiare di fraintendere le parole che stiamo usando.

          • 1) Certo. No. Per autoreferenzialita’ si intende la capacita’ di un linguaggio di rifersi al linguaggio stesso, cioe’ di parlare del linguaggio. Nel linguaggio umano, Chomsky pensa che merge e autoreferenzialita’ siano infinite. Altri teorie negano sia cosi’, perche’ non ci serve e perche’ nella comunicazione “reale” (non quella potenziale) non facciamo uso di autoreferenzialita’ oltre ad un certo livello. No, non posso fare riferimenti negli animali e non so nemmeno se sia presente in alcun sistema di comunicazione animale (anche perche’, a differenza vostra, non sono un esperto di comunicazione animale).
            2.1) Parlavi di specie non di “uomo”. La specie e’ Homo sapiens. Se poi tu vuoi estendere il concetto di “umanita’” ad altri ominidi mi pare si parli di altro. In ogni caso, non sappiamo se Homo sapiens sia o meno la prima specie ad avere linguaggio simbolico.
            2.2) Nel caso dei bonobo, per ora, non c’e’ stata l’evoluzione convergente che Cipriani aveva ipotizzato in un esperimento mentale. (Lascio perdere l’ennesimo “ad ignorantiam”, visto che non si sta’ parlando di evoluzione convergente)

      • Giuseppe, perché ti sei infastidito?
        Quando l’altro giorno ho mostrato il trattamento, quello sì davvero becero, riservato su Pikaia a M.P.Palmarini non hai espresso una analogo fastidio.
        E anche quando Greylines ha ribadito che P.Palmarini si poteva tranquillamente sbertucciare perché se l’era meritato.
        Ti ripropongo l’immagine che avevo postato così ti darò un motivo vero per infastidirti:
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        • Giuseppe Cipriani on

          Diciamo, Enzo, che mi sono più divertito che infastidito… Su quello che hai postato, riferito al 2010, non provo fastidio. Mi pare, da profano, che siano banali schermaglie dialettiche tra chi non se le manda a dire, visto che anche il Palmarini s’è difeso a più riprese con toni “accesi”…
          In ogni caso noto anche che, com’è avvenuto in casi analoghi, tu tiri sempre fuori sta faccenda che se uno afferma qualcosa avrebbe dovuto farlo anche per qualcos’altro (per coerenza?)… Ci sta, Enzo, ma non cambia il senso di un intervento su qualcosa, nella fattispecie la satira di Htagliato.

          • A mio parere la satira di htagliato è molto intellettuale e mai grossolana, se questa non va bene allora si deve rifiutare del tutto il ricorso stesso alla satira.

    • Proprio ieri, Flavio, criticava le persone “religiose” quando pretendono di riconoscere una razionalità cosciente negli eventi più improbabili e/o inspiegabili, ma oggi lei è tra quelli che vedono un antenato del linguaggio umano negli animali che usano suoni diversi per cose diverse.
      Sono tutte scoperte dell’acqua calda, in ogni caso, cose che di fatto non ho negato nel mio articolo, ma stiamo lontanissimi da quello che hanno gli uomini, cioè “un sistema logico di comunicazione simbolica”. Solo ad uno sguardo superficiale si può confondere un suono più complesso con qualcosa che assomigli alle parole umane sul serio, non dal punto di vista acustico.
      In breve: un verso può essere più complesso di un altro, ma o è simbolico o non lo è, non c’è gradazione.

      • @ Htagliato

        “Results suggest that, contrary to current models, humans may not be unique among primates in their ability to produce functionally flexible vocalisations. ”

        1) L’estratto dall’articolo in lingua originale fa capire che non si traggono conclusioni indiscutibili, ma che considera ipotesi da approfondire con ulteriori studi, come si fa in scienza.

        2) non ho capito l’accostamento che lei fa tra una razionalità cosciente (una divinità) e un antenato comune, non mi sembrano neanche paragonabili

        3) da fisico avrà anche studiato le transizioni di fase, se lei fa spezzare un grissino, il fatto che ciò avvenga all’improvviso e immediatamente le suggerisce di pensare ad una divinità che fa rompere il grissino?

        Comunque ho apprezzato sinceramente la sua autoironia conclusiva.

        • 1) È cosa buona che venga dichiarata semplicemente come un’ipotesi, ma comunque non sono d’accordo con essa: è il contenuto dell’ipotesi che attacco, non tanto con quanta forza venga affermata.
          2) non ha capito l’accostamento: non paragono una divinità ad un antenato comune, ma paragono il voler trovare un’intelligenza negli eventi (cosa che in genere fanno le persone religiose ma anche persone superstiziose NON cristiane) con il voler trovare antenati del linguaggio umano in semplici versi animali. In pratica si accetta di cercare la razionalità quando la si trova interessante e la si rifiuta quando non piace.
          3) Non ho detto che i fenomeni NON graduali sono necessariamente “divini” (i fenomeni non lineari, alla fine, sono i più affascinanti), volevo far notare che uno sviluppo graduale della capacità di produrre suoni non può seguire uno sviluppo graduale di un sistema logico di comunicazione simbolica, cioè non è possibile credere in un “mezzo simbolo”.

          • Sta a lei cogliere quanto la scienza sta osservando in questi ultimi anni, è chiaro però che quando queste osservazioni spostano l’intervento divino indietro nel tempo o lontano nello spazio, sono da voi mal digerite se non direttamente ignorate. E’ insomma il tipico conflitto scienza-fede.

          • @Htagliato

            Si studiano i bonobo per la condivisione acclarata di oltre il 90% del DNA tra essi e l’uomo, è questa la ricerca di razionalità che può avere senso nella scienza.
            Le discussioni sul simbolo mi sembano un pò di lana caprina. E’ ovvio che nessuna scimmia possiede il linguaggio sofisticato dell’uomo, manca il substrato neurologico, ma una cosa è importante. Anatomicamente non c’è differenza tra l’encefalo dell’uomo e quello delle grandi scimmie. Alcune strutture nell’uomo sono più sviluppate, es. l’area di Wernicke,deputata alla comprensione degli aspetti semantici del linguaggio.Le uniche esclusive dell’uomo sono il giro sopramarginale e il giro angolare, quest’ultimo deputato all’astrazione e ad aspetti sottili del linguaggio, ma tali aree derivano comunque dal lobulo parietale inferiore presente negli ascendenti.
            Il limite dei linguisti puri è che trascurano gli aspetti evolutivi e le basi neurologiche, per cui Chomsky si sente di affermare una creatività apparentemente dal nulla del linguaggio, ma perciò occorre sinergia tra discipline. In tal senso può essere utile l’apporto delle neuroscienze. Fermo restando che il linguaggio non lascia fossili, purtuttavia così come si è notato che l’udito si è evoluto dalla masticazione, altrettanto si può ipotizzare la derivazione del linguaggio da altre funzioni precedenti, quali l’utilizzo degli arnesi o il pensiero.E secondo alcuni studiosi queste ipotesi si potrebbero testare.

          • @ Flavio
            Io non digerisco male e non ignoro niente, la mia fede non ha paura di alcun nuovo dato sperimentale, né tanto meno di un “pip”.

            @ Carmine
            Conosco il perché i ricercatori si concentrino tanto sui bonobo e nell’articolo lo dico, ma a tutto c’è un limite: scambiare un “pip” per una vocalizzazione richiede un ottimismo nei confronti delle capacità di queste bestie davvero commovente.

        • Siccome “simbolico” è l’aggettivo che sta per ciò che è un simbolo, ciò che conta è la definizione di “simbolo” e trovo chiara e precisa quella della Treccani:
          “Qualsiasi elemento (segno, gesto, oggetto, animale, persona) atto a suscitare nella mente un’idea diversa da quella offerta dal suo immediato aspetto sensibile, ma capace di evocarla attraverso qualcuno degli aspetti che caratterizzano l’elemento stesso, il quale viene pertanto assunto a evocare in partic. entità astratte, di difficile espressione: il focolare è s. della famiglia; la palma è s. del martirio; la volpe è s. dell’astuzia, il leone della forza, il cane della fedeltà, la colomba della pace”.
          Un “pip” emesso per richiamare l’attenzione (per un pericolo, per un piccolo bisogno eccetera) chiaramente non è un simbolo (ma giustamente nemmeno l’articolo lo presentava in questo modo).

          • “elemento atto a suscitare nella mente un’idea diversa da quella offerta dal suo immediato aspetto sensibile” <- Un verso animale che funziona da allarme per un predatore e' 1) chiaramente diverso dall'immediato aspetto sensibile (un predatore non e' un suono, e i suoni emessi dal predatore non assomigliano a quelli dell'allarme);
            2) e' evocativo di una entita' astratta: l'allarme e' associato a qualsiasi predatore provenga dal basso, e non ad un particolare e tangibile animale (l'allarme astrae dallo specifico membro di una specie ad una idea di "predatore" che non ha riscontro materiale).
            .
            Se quella e' la tua definizione di simbolo, delle due l'una: o un verso d'allarme e' "mezzo simbolo" (e allora c'e' gradualita') o e' un "simbolo intero" (e allora non e' esclusivamente umano).

          • 1) Il richiamo di un animale è chiaramente un modo per destare l’attenzione in un altro animale, non può essere paragonato per esempio all’umana espressione “Al fuoco!”
            2) Non è affatto un’entità astratta! È un richiamo al più “generico” ma non “astratto” nel senso che ad essa sia associata il concetto di pericolo.

          • 1) No, caro, non puoi ricorrere al paragone con l’uomo, devi attenerti alla definizione di “simbolo”. “atto a suscitare nella mente un’idea diversa da quella offerta dal suo immediato aspetto sensibile” non identifica la mente “di chi”. E dubito che, anche nel caso umano, un simbolo serva per suscitare nella mente di chi parla una certa idea: se grido “al fuoco” nella mia mente c’e’ gia’ le idee di fuoco e pericolo e voglio suscitarle nella mente degli altri. Allo stesso modo avviene per l’allarme animale (o, meglio, non mi hai dimostrato che cosi’ non e’). L’animale ha nella sua mente l’idea di predatore e pericolo e vuole suscitarle nella mente di altri.

            2) A parte che il concetto “generico” di predatore e’ “astratto” (e cioe’ non corrisponde ad una entita’ reale e tangibile ma ad un insieme, non tangibile, di esse), come fai ad escludere che nella mente dell’animale il concetto generico di “predatore” non sia associato a quello di “pericolo”?

          • Rispondi ad 1) e 2) insieme:
            premesso che un dato predatore è un ente molto concreto e imminente al momento del richiamo dell’animale (non stanno mica discutendo sul pericolo dei predatori?!) effettivamente non possiamo entrare “nella testa di un animale” e scoprire se hanno il “concetto di predatore” e per loro un certo verso è come una parola che lo richiama. È una specie di agnosticismo, a meno che lei riesca a dimostrare che anche gli animali hanno “concetti astratti”. Se gli animali avessero una loro lingua, allora “basterebbe tradurla” e avremmo risolto il mistero, ma ciò è davvero improbabile perché anche gli animali più complessi sono standardizzati. Infatti, tornando all’articolo, prima viene detto che il “pip” non è un verso (ma qualcosa “più” di un verso) perché è usato in molte situazioni, m aio dico che proprio perché è usato in troppe situazioni stiamo lontani da un vero linguaggio!

          • Il verso che viene usato per l’allarme NON SI RIFERISCE al dato, tangibile, predatore (che ha motivato l’atto comunicativo) ma a tutta una categoria di predatori. E possiamo inferirlo dal fatto che quel verso viene ripetuto per ogni predatore di quella categoria (ma non per i predatori di altre categorie). Non confondere cio’ che scatena l’atto comunicativo con cio’ a cui e’ associato una espressione.
            .
            E no, il tuo non e’ agnosticismo. Agnosticismo sarebbe dire: “non so se l’evoluzione del linguaggio sia stata graduale”. Tu affermi, invece, che cosi’ non puo’ nemmeno essere. Sta a te provarlo!
            .
            “standardizzato” e “troppe situazioni”. In quante situazioni? Ed in quante situazioni sarebbe accettabile? Quantifica, caro, quantifica.

          • L'”agnosticismo” era riferito non all’evoluzione, ma al fatto che non si può sapere in modo definitivo e chiaro se i versi di un animale sono “segni” (cioè suoni diversi associati a cose diverse, come anche molti altri animali fanno) oppure “simboli” (cioè fanno riferimento a concetti astratti). Di sicuro un animale può emettere un verso per riferirsi ad un dato tipo di predatore, ma un animale che usa un verso per riferirsi al concetto di “predazione” vive solo nei cartoni animati.

            Il numero di situazioni usate per distinguere un “pip” da un “cip” o un “bau” è un criterio usato (per me inventato) dai ricercatori per distinguere un comune verso da una vocalizzazione. Chieda a loro, a me pare una cosa arbitraria.

          • Perfetto, ma allora vedi che hai in mente un approccio incrementale a quello che e’ simbolo: “predazione” e’ una generalizzazione di quello che e’ “predatore”, a sua volta generalizzazione di un animale tangibile e con i denti aguzzi. Cosi’ come “sicurezza” e’ una generalizzazione di una proprieta’ di “rifugio”, che e’ una generalizzazione di ogni luogo dove un predatore non mi puo’ pigliare coi suoi denti. E, volendo, questi due livelli di generalizzazione si possono polverizzare, scomporre, assemblare diversamente. E poi, per ogni animale, si puo’ discutere a quale di questi livelli situa la sua comunicazione. Insomma, come passi da questo alla tua affermazione che il simbolo “non è possibile credere in un “mezzo simbolo””?

          • La gradualità non la vedo in “predazione”, “predatore” e il predatore vero e proprio: la predazione è un concetto astratto che si riferisce a tutto ciò che fa un predatore e non è associato ad un particolare ente perché è appunto un concetto. La “predazione” in sostanza non è una categoria ancora più grande come può invece dirsi della coppia “predatore-squalo”.
            Alcuni animali usano un certo verso per le tigri e un altro per i serpenti? Ci credo, ma non è la prova che hanno sviluppato il concetto di “categoria-tigre e categoria-serpente”, perché se davvero sapessero “astrarre” e non semplicemente riconoscere delle ripetizioni (ogni volta che vedo una cosa che striscia ed è verde emetto un certo verso) allora potrebbero comunicare tra loro dei “concetti puri” come facciamo noi.
            In breve: non mi aspetto che due leoni parlino della differenza tra esistenza ed essenza, ma non ho mai visto due leoni che “parlino” di caccia.

          • “Predazione” è l’insieme di tutte le cose che fanno i predatori per mangiarmi. “Predatore” è l’insieme di tutti le specie che possono mangiarmi. “Tigre” è l’insieme di tutti gli animali che camminano e possono mangiarmi. Questa tigre è un animale che può mangiarmi. Veramenti non vedi una gerarchia di generalizzazioni? Se poi vuoi fissare una asticella da qualche parte e dire “chiamo simbolo da qui in su” è un altro paio di maniche…

            “se davvero sapessero “astrarre” e non semplicemente riconoscere delle ripetizioni (ogni volta che vedo una cosa che striscia ed è verde emetto un certo verso) allora potrebbero comunicare tra loro dei “concetti puri””
            .
            E chi lo ha detto? Dove sta scritto? E se, invece, riuscissero a gestire solo un livello basso di astrazione?

          • Non ha tutti i torti, meglio allora essere più precisi.
            Nel linguaggio e nella mente umana esistono vari livelli gerarchici di astrazione (per esempio in matematica un funzionale è più astratto di una funzione).
            Ciò in cui non credo è che gli animali possano astrarre anche solo a livello basso.
            Credo nelle associazioni “suono/verso -> oggetto particolare” (il cane di una mia amica ha imparato a cosa si associano una ventina di parole in italiano, cioè a quali oggetti si riferiscono, del tipo “uscire” all’uscire di casa, “bella cosa” a “biscottino più dolce”).
            Questo tipo di associazione è provata ma credo che siano segni, non simboli.

          • Che non possa essere “verso” “una particolare e tangibile tigre” lo si deduce, piuttosto senza problemi, dal fatto che lo stesso verso viene ripetuto per ogni predatore di un certo tipo, indipendentemente dalla sua identità materiale. Per cui almeno questo primo, elementare, livello di astrazione mi pare veramente difficile da negare. Quantomeno, il verso mi sembra associato a “predatore terrestre”, che è una astrazione rispetto ai singoli, atomici, predatori terrestri.

          • Per l’esempio che ha posto, scusi se insisto, non credo che si possa parlare di “astrazione” ma di “generalizzazione”, anzi, di banale associazione dello stesso suono alla stessa cosa. Mi sembra anche una cosa ovvia: perché il verso dovrebbe cambiare se ogni volta l’oggetto a cui è associato (la tigre in questo caso) è sempre lo stesso?
            Oppure: quale animale sarebbe così stupido da non capire che ogni tigre che vede abbia qualcosa in comune con tutte le tigri?

          • Ma diamine, l’oggetto NON è lo stesso! Si tratta di volta in volta di una “tigre” diversa. E alla volte di predatori terrestri di altre specie!
            .
            Poi: vorresti rendere più dettagliata la tua obiezione che una generalizzazione non è una astrazione?

          • Non è questione di essere svegli: “così stupido da non capire che ogni tigre che vede abbia qualcosa in comune con tutte le tigri”. “Tutte le tigri” è una generalizzazione! Una astrazione! Non esiste “tigri”, è un concetto, non un ente che puoi toccare. E “tutte le tigri” è diverso da “tutti i predatori” solo in grado. Sono astrazioni rispetto ad oggetti concreti, perché identificano un insieme (intangibile) di oggetti invece che un particolare oggetto.

          • Il problema è il seguente: il fatto che un dato animale abbia creato l’ente astratto “categoria tigre” è una sua interpretazione, quello che si osservano sono invece banalmente versi uguali per enti uguali.
            Eviterò d’ora in poi però il termine “generalizzazione” perché in effetti è una capacità umana.
            Cambiando esempio per evitare un loop: ha presente il fatto che i cani abbaiano quando qualcuno bussa al campanello di una porta d’ingresso?
            Sicuramente avranno associato quel suono (stavolta non prodotto da loro ma segua il ragionamento) al fatto che sta per entrare un estraneo o comunque qualcun’altro in casa.
            Ciò che si osserva è l’associazione tra cose concrete, ma il fatto che il cane abbia sviluppato il concetto di “richiesta di farsi aprire” è una speculazione.

          • MenteLibera65 on

            Premetto che l’articolo è scritto in un molto gradevole tono colto-ironico, che apprezzo molto.
            Secondo me il verso associato ad un predatore è assolutamente una astrazione, tanto è vero che viene associato a volte anche a situazioni sconosciute e nuove. Si tratta di un avviso generico di pericolo, che per sua natura è un concetto astratto, e che poi si applica alle diverse situazioni ma che contiene al suo interno una astrazione ben precisa (pericolo = fuga).
            Faccio un esempio che non c’entra nulla…
            Il mio cane sa riconoscere in modo infallibile il segnale che uno di noi si sta per muovere e portarlo fuori.
            Se per esempio vede mio figlio vestirsi in un momento qualsiasi , non fa nulla. Ma se lo vede vestirsi più o meno all’ora in cui di solito lo portiamo fuori, va al suo armadio per attendere che gli venga messa la pettorina. E non è il solo caso. Non ha idea di chi lo porterà fuori (ci alterniamo a farlo e non ci sono turni fissi) , ne mio figlio si veste solo per portarlo fuori. Eppure associa in modo infallibile una serie di segnali tra di loro autonomi e qualche volta molto diversi, con il fatto che sta per uscire, identificando in modo perfetto chi lo accompagnerà.
            Quello che poi stupisce negli animali, in particolare nei cani, è la capacità indubbia di provare e manifestare emozioni fortissime , con atteggiamenti che qualcuno definirebbe “umani” (paura, vergogna, allegria, felicità, etc etc) .
            Quindi non so se il Pip del Bonomo è una forma iniziale del linguaggio, ma chiunque possieda o abbia a che fare con un animale “evoluto” non può che intravedere nel suo comportamento tracce di intelligenza emotiva che, in una ipotesi evolutiva di tipo esclusivamente utilitaristico, non sarebbero tutto sommato giustificate (a che gli serve al cane di provare vergogna ?).
            Il che rende naturale, per un osservatore che non fosse condizionato dalle mille ipotesi scientifiche e religiose che si sono fatte in tutti questi anni, ipotizzare una qualche forma di meccanismo, e quindi antenato, comune con l’uomo. E questo senza ricorrere a Darwin o alla Genesi.
            Non dimentichiamo che i cani , in particolare , sono animali che non di rado si lasciano morire per il dolore della perdita del padrone, cioè una forma emotiva totalmente inutile (per lui) e totalmente simile a quella umana.
            Credo che nello studio degli esseri viventi non ci si possa limitare solo agli aspetti chimico-biologici, ma occorra fare dell’osservazione comportamentale un aspetto centrale, senza aspettare di scoprire (in un futuro prossimo e remoto) che certi comportamenti sono scaturiti da questa o quella reazione chimica.

          • Riproviamo, Htagliato. Tu dici: “versi uguali per enti uguali”. Il problema e’ che gli enti NON SONO UGUALI. Sono simili, ma non uguali. Molto simili, se vuoi, ma non uguali.
            .
            Piu’ di preciso, gli enti sono accomunati da alcune proprieta’ comuni. Esistono, cioe’, dei predicati veri per tutti gli enti a cui quel verso e’ associato. Ma questo NON vuol dire che siano uguali: esistono, infatti, altri predicati che li distinguono (ad esempio, una tigre puo’ essere piu’ o meno alta, piu’ o meno veloce, piu’ o meno vecchia, …). Ora, se il verso e’ associato ad uno di quei predicati, significa che si riferisce ad un predicato e non ad un ente (ed e’, quindi, astratto). Se invece si riferisce all’insieme di tutti gli enti che soddisfano quel predicato, allora “passa al quoziente”: si riferisce ad un insieme di enti invece che ad un ente.
            .
            Certo, esiste la possibilita’ (non l’ho mai negata) che quel verso non sia associato ne’ ad un predicato ne’ ad un insieme di enti: puo’ essere ad esempio una fenomeno stimolo->reazione (vedere una macchia di un certo colore ingrandirsi ad una certa velocita’ produce un certo stato cognitivo che a sua volta produce il verso). A me SEMBRA difficile: il verso e’ infatti correlato (empiricamente) a stimoli molto diversi fra loro, accumunati apparentemente solo dal concetto (astratto) di “predatore in avvicinamento”. Ma, nonostante tutti i tuoi sforzi, non hai ancora dimostrato che sia cosi’. Ne’ che quella definizione di “simbolo” presa dal vocabolario sia sufficiente a fondare la tua affermazione che “non si puo’ credere a mezzo simbolo”.
            .
            Vuoi rivedere quella definizione, magari offrirne direttamente una di “linguaggio simbolico”, oppure concedi che, si, si puo’ pensare ad un “mezzo simbolo”?

          • La differenza tra verso associato a qualcosa e concetto astratto per es. di “tigre” (come categoria o come insieme) l’ha spiegata bene, non è questo il punto.
            Ciò in cui non mi trovo d’accordo è che gli animali abbiano sviluppato il concetto di “predicati” o di “categoria” o di “insieme”.
            Per lei uno stesso verso riferito a tigri diverse ne è un indizio, per me no.
            Si potrebb dire, per accordarsi un po’, che un livello di astrazione un po’ più alto sarebbe più chiaro e più facile da verificare empiricamente.
            Per esempio un animale che usi i propri versi per “parlare” dei propri versi sarebbe qualcosa di straordinario, altro che “pip”!

  3. Giorgio Masiero on

    Domanda: Prof. Chomsky, Lei è d’accordo con chi sostiene che il linguaggio è il principale segno di una differenza ontologica tra uomo e animale?
    Risposta: È la visione tradizionale: di Descartes, Darwin e molti altri, inclusi i principali studiosi contemporanei delle origini dell’uomo come Ian Tattersall. Penso sia una posizione di considerevole valore.
    I bonobo fanno bip bip, i passeri cip cip, i cani bau bau e i gatti miao miao. Ma “il mistero più grande [del linguaggio umano] è quello che possiamo definire classico, il problema che portò Descartes a postulare la res cogitans come una proprietà che distingue gli esseri umani da qualsiasi altro ‘animale-macchina’. La proprietà è il cosiddetto ‘aspetto creativo dell’uso del linguaggio’, l’abilità di ogni uomo di produrre nuove frasi, senza limite, per esprimere i propri pensieri in modi appropriati alle situazioni, ma non determinati da esse – ‘indotti’, ma non ‘costretti’ secondo i seguaci di Descartes – e di evocare in altri pensieri che loro stessi, come riconoscono, avrebbero potuto formulare” (intervista su Avvenire del 6 agosto 2015, due giorni dopo il divertente racconto delle Scienze sui bonobo).

    • Ma basta, Giorgio, hai letto un paper uno di linguistica che t’e’ piaciuto e lo reciti come un mantra. Chomsky non e’ l’unico linguista sul pianeta. E la sua critica e’ valida SOLO (e non per tutti) nella sua teoria di cos’e’ la lingua (una teoria di lingua parecchio astratta, per altro).
      .
      Perche’ non confronti Chomsky con Bouchard? O con Jackendoff? Con Sverker Johansson? Con la grammaticalizzazione di Heine e Kuteva? Solo per citare alcuni di altrettanto seri linguisti che, invece, hanno posizioni gradualiste. Insomma, basta con sto vangelo (con la v minuscola) di Chomsky!

      • Giorgio Masiero on

        Purtroppo, Gvdr, io non posso vantarmi di essere un tuttologo, né ho il tempo di leggere molto. So appena qualcosina di fisica (per averla studiata all’università) e di economia (per averla praticata nel mio lavoro). Così, quando si parla di temi su cui sono ignorante, mi affido – con fede, lo ammetto, ma rischiarata dal mio buon senso – ai numeri 1 nel campo internazionale, con cattedra nelle università di best ranking, così come faccio per prendere il treno andando a vedere gli orari su Trenitalia e non sul primo blog del web.
        Nel caso del rapporto tra linguaggio umano e biologia, ho solo citato il pensiero di:
        1) Mark Hauser, Risk-Eraser, LLC, West Falmouth (MA)
        2) Charles Yang, Department of Linguistics and Computer and Information Sciences, University of Pennsylvania, Philadelphia
        3) Robert C. Berwick, Department of Electrical Engineering and Computer Science, Massachusetts Institute of Technology, Cambridge (MA)
        4) Ian Tattersall, Division of Anthropology, American Museum of Natural History, New York
        5) Michael J. Ryan, Department of Integrative Biology, University of Texas, Austin
        6) Jeffrey Watumull, Department of Theoretical and Applied Linguistics, Cambridge University (UK)
        7) Noam Chomsky, Department of Linguistics and Philosophy, Massachusetts Institute of Technology, Cambridge (MA)
        8) Richard C.Lewontin, Department of Organismic and Evolutionary Biology, Harvard University, Cambridge (MA).

        Qui il mantra non c’entra nulla: s’insegna relatività generale da un secolo esatto, perché è la teoria più efficace sulla gravitazione. Come Aristotele aveva dato per definizione di uomo ciò che scrivono oggi i magnifici 8 già 2.400 anni prima di loro.
        PS. Per capire il “salto”, mi basta ascoltare la Nona di Beethoven. Tutta la scienza non mi dice nulla di più.

        • Leo ha citato un paper, uno. Non è questione di essere tuttologi, ma di non voler per forza prendere come dogma solo quello che ci aggrada.

          • Giorgio Masiero on

            Al ristorante e al cinema, Gvdr, prendo “ciò che mi aggrada”, tra le ipotesi scientifiche invece prendo, come ho detto, quelle che sono sostenute dai maggiori scienziati e più rispondono “al mio buon senso”.

          • Niente affatto, perché altrimenti andrebbe almeno a spulciare i titioli della serie della Oxford University Press sull’evoluzione del linguaggio. Lei, invece, decide di fermarsi a quegli autori che, in prima lettura, confermano il suo pregiudizio (che chiama, con malcelata arroganza “buon senso”). Vede, io non so se l’ipotesi sulla natura del linguaggio che avanza Chomsky è la migliore. So, però, che non è l’unica. E che per ipotesi altrettanto valide, il gradualismo non è un problema. Inoltre, nemmeno Chomsky mette in dubbio che il linguaggio sia il frutto di un processo evolutivo meccanicistico e non finalistico, ma questo lei lo omette sistematicamente.

          • Giorgio Masiero on

            E che altre ipotesi scientifiche può fare Chomsky, Gvdr, o qualsiasi scienziato serio (che non si accontenti come Monod della “roulette cosmica”), per definizione di scienza, se non quella, anche per il linguaggio, di un’evoluzione guidata da meccanismi non finalistici?
            Mi conosce molto poco e tanto male se crede che io possa pensare, nel campo scientifico, ad un’ipotesi diversa! Noi non siamo l’ID, né i creazionisti della belt, diciamo solo che quella ipotesi, nel caso del linguaggio umano, resta tuttora tale, anzi un “mistero”, perché non è stato trovato ancora nessun meccanismo materiale!

          • Il Monod che abbiamo letto io e Lei deve essere molto diverso. Io h avuto l’occasione di rileggerlo, in francese, edizione originaria, mentre visitavo per una settimana l’Institut Pasteur quest’estate. Vabbeh, queste sono considerazioni altre.
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            Sono d’accordo, pero’, sul fatto che i meccanismi evolutivi che hanno permesso l’origine (e la selezione) del linguaggio rimangono un problema aperto. Non sappiamo come sia evoluto. L’ipotesi di Chomsky sulla natura del linguaggio (che comprende la “creativita’ infinita” del linguaggio) e’, appunto, una ipotesi. Prendendo per buona quella ipotesi, lei (e Htagliato) ne fa un’altra: e’ avvenuto “per salto”. Ma queste sono, di nuovo, ipotesi. Che potrebbero anche essere giuste, ma non sono le uniche possibili. Il fatto che voi continuiate a spacciarle per le uniche degne di essere prese in considerazione (sono “buon senso”, “non si puo’ credere” altrimenti, …) e’ un attegiamento dogmatico.
            .
            Un atteggiamento dogmatico, per altro, in un ambito in cui anche un appassionato amatoriale come me non puo’ che notare l’assenza di basi solide: ho provato a chiedere quale definizione di “linguaggio simbolico” usi Htagliato, e mi e’ stata data quella (del tutto insufficiente e discutibile) di “simbolo” presa dal dizionario.

        • Comunque, bel tentativo. Fatto sta che i nomi che le ho citato hanno cattedre altrettanto prestigiose, altro che blog…

          • Giorgio Masiero on

            … forse, ma sono fuori del buon senso. Almeno per me, che mi fido prima di tutto di ciò che vedo.

          • Dunque immagino che lei o abbia una vista molto acuta o non creda nell’esistenza dei microbi.

          • Giorgio Masiero on

            Dei microbi sì, degli atomi a giorni alterni, dei quark ancora meno. La penso come Quine, sugli oggetti fisici.

          • Giuseppe Cipriani on

            Detto da lei, Masiero… “Buon senso” e “fidarsi di ciò che vede”, parrebbe il manifesto dell’ateo perfetto tanto sbertucciato su queste pagine.

          • Giorgio Masiero on

            Tutta colpa mia: vuol dire, Cipriani (perché detto da Lei che mi segue da tanto tempo…), che proprio non riesco a spiegarmi.

          • Giuseppe Cipriani on

            In effetti, sono solo due righe le sue, e quello dicono… Che altro intendesse a me sfugge. Ma magari, anzi di sicuro, la colpa è mia.

  4. Ottimo articolo Htagliato: la satira ha il potere di mettere in evidenza l’inconclusività del discorso che si vuole deridere.
    Il ridere nasce dal sollievo di liberarsi da una eventuale “minaccia” come lo è l’illogicità di una situazione: il discorso insensato, oppure quello relativista. quello ideologico sono oggetti ideali per essere derisi.
    Infatti è impossibile ragionare con chi non accetta la logica come supporto del proprio discorso, e il dialogo irrazionale è per definizione impossibile: solo il riso risolve la situazione mettendone in evidenza, aldilà di ogni cianciare perditempo, l’ovvia contraddizione.
    Grazie per questo “business case”

  5. Buongiorno a tutti.
    Mi sembra corretto premettere che sono un credente, magari un po’ tiepido. Ci sono grandi scienziati che affermano l’esistenza di un grande salto, altri che lo negano. Il principio d’autorità nella storia della scienza ha portato spesso a vere atrocità (caso Simmelweiss) e in tal caso non è nemmeno applicabile, atteso che ci sono autorevoli scienziati su posizioni molto variegate. Secondo me, se paragoniamo le (eventuali) primitive capacità simboliche di un bonobo a quelle dell’uomo moderno (esempio della Nona di Beethoven) è chiarissimo che c’è un abisso incomprensibile. Però vorrei fare l’avvocato del diavolo. Non credo che i primi sapiens sapiens fossero capaci di nulla del genere, cioè di comporre una sinfonia. voglio dire: quale era la capacità simbolica dei primi uomini primitivi? comunque lontanissima da un Dante o da un Beethoven. E’ quel “delta” che più correttamente, secondo me (incompetente), andrebbe valutato per capire se si tratta comunque di un salto, di un abisso, oppure no. Perché il dopo lo sappiamo, sappiamo come si sia arrivati tramite l’evoluzione culturale fino a Beethoven.

    • Appunto, l’evoluzione culturale, creatività infinita del linguaggio per dirla alla Chomsky, che l’uomo solo ha. È quello che ha detto il prof. Masiero, mi pare. Ti risulta Cristiano, che gli animali abbiano la storia? Bip, bip, bip…

    • “voglio dire: quale era la capacità simbolica dei primi uomini primitivi? comunque lontanissima da un Dante o da un Beethoven.”
      Che sia lontanissima non lo sappiamo e non possiamo dirlo. Prenda un selvaggio dei nostri tempi, un cacciatore africano o australiano: è un uomo a tutti gli effetti, anche se (non per colpa sua) non si vedono tra i suoi simili grandi poeti o musicisti. Lo stesso è sicuramente successo per la prima specie che ha posseduto il linguaggio simbolico. Il fatto che all’inizio si cacciava, poi si coltivava la terra, poi si è sviluppata la musica eccetera è un ordine degli eventi dovuto a motivi “pratici”, non perché si sia sviluppato gradualmente il simbolo.

      • Giuseppe Cipriani on

        Io invece non leggo strepiti, ma tanta buona volontà di chiarirsi. Certo, frutto di ideologia, ma onesta… E ringrazio oltre che Htagliato che davvero è aperto al dialogo e molto disponibile al confronto, anche GVDR, che dispone di ironia (m’è piaciuto tantissimo il riferimento alla possibile vista acuta di Masiero), sagacia e preparazione.

  6. no, ovviamente. gli animali hanno solo le loro singole storie, vite, sostanzialmente le stesse da sempre, certo non imperi, regni, conquiste, democrazia, guerre, costituzioni, sinfonie, scoperte ecc. dico però che tutto questo si spiega con l’evoluzione culturale (è indiscutibile), che si è sviluppata a partire da uomini primitivi. La questione è la differenza fra i primi uomini primitivi e i presunti affini ad essi (i bonobo, mi sembra di capire; ripeto, comunque presunti per me). Differenza che certo comprende anche la semplice potenzialità di sviluppare tutto quello sopra detto (avendolo l’essere umano sviluppato è evidente che ne avesse comunque le potenzialità), ma che non corrisponde a tutto quello sopra detto, perché immagino che i primi uomini parlassero un linguaggio molto semplificato e non producessero disegni, utensili, organizzazioni sociali nemmeno paragonabili a quelle poi sviluppate dai loro lontani discendenti.

    • “immagino che i primi uomini parlassero un linguaggio molto semplificato e non producessero disegni, utensili, organizzazioni sociali nemmeno paragonabili a quelle poi sviluppate dai loro lontani discendenti”
      Certamente, ma immagino che anche Dante nel primo anno di vita non sapesse parlare, non so se mi spiego.

  7. Sempre divertente Htagliato, tuttavia oltre alla stima per questi ricercatori bisognerebbe avere un po’ di comprensione, perché dopo tutto il tempo speso a osservare queste specie esotiche dal vivo qualcuno chiede loro conto di cosa abbiano concluso e gli devono un po’ condire su quello che hanno rilevato e se questo si rivela essere un’inezia devono mettergliela giù come se fosse una scoperta interessante. Ora, una scoperta interessante non potrà mai essere quella che conferma che gli animali si comportano come tali, ma sempre quella che gli animali si comportano come esseri umani. Del resto questo è un pensiero che ci accompagna sin da bambini: gli animali che parlano come noi, solo con un linguaggio diverso, come si vede nei film di fantasia e nella maggior parte dei cartoni animati. In altre parole si deve continuare a poter credere a questa bella fiaba, un po’ come si fa con Babbo Natale e la Befana, tornare bambini non costa nulla e potrebbe anche far bene, perché in qualcosa l’uomo deve pur credere, non essendo un animale, ossia un essere vivente che si occupa solo dell’immediato.

    • Grazie Muggeridge, sono lieto che si sia divertito. Ha ragione, questi scienziati vanno compresi perché in qualche modo ogni ricerca deve dimostrare che si sia scoperta anche solo una piccola novità.
      Mi piace la sua caratterizzazione degli animali, infatti uno dei mille aspetti in cui noi ci distinguiamo da essi e tutto ciò che potremmo definire “non necessario per sopravvivere”, tipo la filosofia ma non solo quella.

  8. capisco, HTagliato. Dante a un anno non era certo “migliore” di un adulto primitivo, da nessun punto di vista, però era già Dante in potenza. Poi i suoi studi ecc lo hanno condotto alla Divina Commedia. Ecco, torniamo al cacciatore africano di una tribù semiprimitiva (credo che ne esistano ancora, no?). Ipotizziamo che arrivi un precettore occidentale di eccezionale livello culturale (un tuttologo preparatissimo) e capacità di insegnare, del tutto dedito ad educare ed istruire il cacciatore. Il cacciatore diverrebbe dopo una decina d’anni un uomo di buona cultura e capace di un uso raffinato del simbolo? secondo lei, mi sembra di capire, sì. secondo me, pure, a dire il vero. Ma ci sono esperienze concrete in tal senso?

    • “Ma ci sono esperienze concrete in tal senso?”
      Certamente, alcune sono pure importanti dal punto di vista storico, per esempio alcuni colonizzatori compivano la scelta di prelevare dal loro paese “sottosviluppato” un giovane indigeno, istruirlo nel paese colonizzatore e poi riportarlo nel suo paese per usarlo come tramite per la colonizzazione. Mi pare che l’espressione “élite” derivi proprio da tale pratica.

  9. scusi, HTagliato. Forse io sono un po’ tardo e il sì è implicito nella sua risposta, ma quindi il risultato di tali operazioni nel passato coloniale degli europei era positivo? cioè, gli indigeni moderni (assimilabili certamente ai primitivi), presi e istruiti all’europea, diventavano nell’arco della loro stessa vita personale delle persone civili e colte come un europeo medio dell’ottocento?

    • La risposta alla prima domanda è NO nel senso che si trattava di una pratica subdola per cui si dominava meglio su un paese colonizzato usando come dominatori “intermedi” persone che avessero lo stesso colore della pelle, per dividere i colonizzati.
      La risposta alla seconda domanda è SI, gli indigeni moderni sono esseri umani a tutti gli effetti con lo stesso nostro potenziale mentale.

  10. Giuseppe Cipriani on

    Avete mai visto un merlo eccitato dalla paura? Quando schiamazza da par suo per avvisare che un predatore si sta avvicinando al suo nido o ai piccoli all’involo? Ho notato che il verso è tanto più ravvicinato quanto più il predatore è vicino al nido o al piccolo… Non so se sia calzante, ma mi dà l’idea di una certa astrazione: predatore vicino, predatore lontano… Che ne dite?

    • Mi sa che le uniche astrazioni certe sono quelle che facciamo noi quando “umanizziamo” gli animali!
      Una volta presi un gatto prima per le zampe e poi per la coda, la seconda volta miagolò più forte, avrà forse il concetto di “dolore piccolo” e di “dolore grande”?

      • Giuseppe Cipriani on

        Vabbé che devi tener su il personaggio che fa della satira un’arma vincente, ma non ti sembra qui di aver banalizzato oltremodo? Chiaro che se quel gatto l’avessi pigliato per le palle forse t’avrebbe cavato gli occhi senza emettere versi particolari.
        .
        P.s.: probabilmente non hai mai sentito il verso d’allarme di un merlo con nidiata e non hai mai fatto caso alla cosa. O che sia che hai visto troppi cartoni animati di Titti e gatto Silvestro e confondi le osservazioni naturalistiche con la fiction?

        • Non, non credo di aver banalizzato troppo, credo che alcuni umanizzino troppo gli animali.

          • Giuseppe Cipriani on

            Quello è ciò che fanno i merli, e si nota che quello fanno: predatore lontano verso meno frequente, predatore vicino verso frequente. Dov’è che sta l’umanizzazione?

          • L’umanizzazione sta in quello che ha scritto dopo, cioè che il merlo compie l’astrazione “predatore vicino/lontano”. Diciamo più semplicemente che il merlo ci vede bene.

        • “O che sia che hai visto troppi cartoni animati di Titti e gatto Silvestro e confondi le osservazioni naturalistiche con la fiction?”
          Lo dica non a me ma a quelli che considerano il verso “pip” una vocalizzazione precorritrice del linguaggio.

    • Ragionevolmente (e pur non essendo per nulla esperto) penso che sia un pò come per il battito cardiaco: più si avvicina la minaccia, più accelera. Una reazione che non necessità di postulare l’esistenza di alcun livello di astrazione.

      • Nel caso della scimmia di Campbell il maggiore o minore pericolo verrebbe espresso mediante l’utilizzo od omissione di un suffisso, senza quindi ricorrere al maggior o minore volume o intensità della vocalizzazione. Il sistema corrisponderebbe nel nostro linguaggio umano a: “molto-pericoloso” (predatore molto vicino) e: “pericoloso” (predatore in zona).

  11. La cosa notevole delle capacità intellettive dell’uomo è che non sono date una volta per tutte, ma sono “plastiche” ed estensibili, si potrebbe dire “modulari” e pure “collettive” e cumulative nel tempo e nelle generazioni. In altre parole, i personaggi che si sono distinti nel corso della storia dell’umanità per avere contribuito in vari modi a far progredire la società, se isolati o posti in altri contesti culturali, storici e ambientali non avrebbero potuto distinguersi se non forse (se tutto andava bene) per eccellere in qualche normale attività all’interno del gruppo di appartenenza. Anche un numero crescente di persone viventi e la legge dei grandi numeri hanno contribuito a far sì che risultasse più probabile e sempre più frequente avere delle eccellenze nei vari campi. La capacità di trasmettere quanto acquisito in passato alle generazioni future ha prodotto un progresso dell’umanità di tipo esponenziale. Se siamo in media più intelligenti degli uomini del passato non lo dobbiamo quindi tanto ai nostri geni che sono più o meno gli stessi di allora, ma proprio alle caratteristiche del tutto peculiari del cervello umano che viene ritenuto la cosa più complessa e meravigliosa che esista.

  12. @Giorgio Masiero, Chomsky è un linguista, pensatore ed un osservatore politico tra i più brillanti, non credo però abbia grandi competenze come etologo o come biologo, infatti le sue riflessioni partono dall’analisi degli sperimenti di Skinner degli anni ’50, roba un po’ vecchiotta direi… E se poi Chomsky dice che un animale non scrive poesie o non sperimenta con la matematica, afferma una cosa giustissima, perchè effettivamente non si conoscono ancora i meccanismi che portano al cambiamento di stato da istinto animale, consapevolezza di sè ed autocoscienza.
    .
    Io credo che la domanda fondamentale che dobbiamo porci sia questa: può esistere in senso evolutivo un sottile filo che conduce dal non pensiero al pensiero? Prove ovviamente non ce ne sono, ma esistono segnali che suggeriscano che questo filo effettivamente esista? Perchè a pensarci bene il primo esemplare del genere “homo” aveva una consapevolezza di sè così poco sviluppata che non lo avrebbe distinto da alcune specie animali che oggi stiamo studiando. Sappiamo ad esempio che gli animali sognano, con tanto di fasi di sonno rem, e durante il sonno “imparano”, esattamente come noi. Sappiamo che gli animali non fanno ricorso a linguaggi simbolici come il nostro alfabeto (il genere homo impiegò milioni di anni ad arrivare a formularlo), ma sappiamo che usano un linguaggio vocale e gestuale e che alcune specie presentano alcune qualità che fanno pensare che un abbozzo di linguaggio simbolico può esistere anche nella loro natura.
    .
    Ora se qualcuno di voi pensa che il linguaggio evoluto e l’elaborazione di pensieri astratti esiste solo nell’uomo perchè così ha voluto una qualsivoglia entità soprannaturale, dovete apportare le prove di ciò, perchè la scienza, cioè l’unico metodo che abbiamo in comune per affrontare questa questione, sebbene non abbia prove definitive, sta apportando una serie di indizi, quali appunto le osservazioni del mondo animale o le analisi dei biologi sulla funzione che svolgono o hanno svolto certe proteine o enzimi nel nostro corpo, che indicano una precisa strada a seguire, che è quella dell’analisi evolutiva dei singoli passaggi.

    • Giorgio Masiero on

      Caro Flavio, La invito (ancora una volta) a non attribuirmi pensieri che non ho mai espresso, e a non tirare in ballo (almeno con me) la religione quando si parla – appena – di scienza.
      Sul linguaggio io affermo solo 1) che esso – in quanto creatività infinita (lingua, letteratura, arte, filosofia, matematica, musica, ecc.) – è una caratteristica umana, 2) è avvenuto per un “salto” ed 3) è scientificamente tuttora “un mistero” come ciò sia intervenuto qualche milione di anni fa.
      E’ vero che Chomsky è un linguista, ma se si parla di evoluzione biologica del linguaggio, bisogna fare un lavoro interdisciplinare che metta insieme diverse competenze, comprese quelle di chi sa quali sono le differenze tra il linguaggio umano e quello degli altri animali.
      Per questo ho citato il lavoro, non di Chomsky, ma recente, collettivo, di 8 scienziati (alcuni dei quali darwinisti). Poiché forse Si è distratto, Glielo riscrivo, invitandoLa a studiarlo prima d’interloquire ancora con me a questo riguardo:
      The mystery of Language evolution – di Marc D.Hauser, Charles Yang, Robert C.Berwick, IanTattersall, Michael J.Ryan, Jeffrey Watumull, Noam Chomsky and Richard C.Lewontin, apparso su Frontiers in Psychology il 7 maggio 2014.
      Manca qualche competenza a Suo avviso?

      • Caro Giorgio, l’ultima delle mie intenzioni è attribuirle pensieri non suoi, infatti ho chiesto con molta chiarezza che se qualcuno pensa che l’apparizione di certe caratteristiche sia dovuta a motivi che non hanno a che vedere con la normale evoluzione biologica, sarebbe meglio che lo dica chiaramente ed esponga i motivi per cui lo crede, appunto per sgomberare il campo da equivoci.
        Che poi molti cambiamenti non siano graduali non è una novità, l’apparizione ad esempio di una proteina che permette un maggiore sviluppo cerebrale avviene in maniera immediata: questa proteina oggi non c’è e domani c’è, oppure lo sviluppo del sistema “radar” del pipistrello sappiamo che, sebbene si sia perfezionato nel tempo grazie ai processi di adattabilità, è una caratteristica quasi sicuramente dovuta a un cambiamento subitaneo. Nessuno quindi nega l’esistenza dei “salti”, forse poteva essere un problema per Darwin, ma non certo per noi.

        • Giorgio Masiero on

          La conosce la dottrina tomistica delle cause seconde? Quando si troverà la “spiegazione scientifica” anche di questo problema, Flavio, nessuno sarà più felice di me. Come uomo curioso e amante della possibile ricaduta tecnologica. Come credente invece, la spiegazione scientifica mi lascerà del tutto indifferente, perché rinvierà come sempre in scienza ad una causa, che rinvia ad un’altra causa, che… Chiaro perché la scienza è una cosa e la fede un’altra?

      • Mancano, ad esempio, le competenze dei linguisti evoluzionisti. E mancano totalmente le competenze di linguisti non Chomskyani come quelli già citati (che sono tanti, non frange minoritarie).

        • Ha parlato uno scienziato super partes, né evoluzionista né antievoluzionista, né darwinista né antidarwinista, né chomskyano né antichomskyano, soprattutto uno che si considera sopra Tattersall, sopra Lewontin, ecc., ecc., insomma un prossimo premio Nobel.

          • No, anzi, ammiro e rispetto il loro lavoro. Ma non hanno il monopolio delle ipotesi in campo. E nella scienza non vale il principio di autorità.

        • Caro GVDR, io non discuto le singole competenze (il caso di Chomsky forse è un po’ diverso perchè cominciò un litigio 50 anni fa e quindi continua nella parte…), ma non capisco cosa c’entri l’articolo citato da Giorgio con quanto stiamo dicendo oggi qui. Che non conosciamo gli esatti meccanismi che hanno portato allo sviluppo del linguaggio evoluto è cosa chiara a tutti, dubito però che Lewontin pensi che bisogna cercare al di fuori dell’evoluzionismo o che pensi (come forse alcuni preferirebbero) che è tempo perso dedicarsi a quest’argomenti.

          • Giorgio Masiero on

            Ancora S’inventa i Suoi strawmen, Flavio. Mi dica: dove io, o HTagliato, o Pennetta, abbiamo scritto che per spiegare l’origine del linguaggio umano “bisogna cercare al di fuori dell’evoluzionismo o che è tempo perso dedicarsi a questi argomenti”? è così difficile per Lei ragionare con persone reali (di opinioni qualche volta diverse dalle Sue), piuttosto che con il Suo specchio?

          • Infatti non ho detto che qualcuno di voi tre abbia scritto quanto lei ora riporta in virgolettato, anzi… parlando di virgolettato, l’unica cosa che lei ha scritto al di fuori del virgolettato nel suo primo commento è stato: “I bonobo fanno bip bip, i passeri cip cip, i cani bau bau e i gatti miao miao.”
            Non so, io potrei anche sbagliarmi nelle mie valutazioni e se lei riesce a spiegarmi perchè suscita tanto interesse un articolo marginale di Le Scienze, che tratta di un argomento (le vocalizzazioni degli animali) che è stato sviluppato in maniera abbastanza esaustiva in molti altri studi, sarò ben felice di ascoltare le sue ragioni. Per il momento continuerò a pensare che l’intenzione sia quella di screditare tutto un filone di ricerca per i motivi di cui le scrivevo più sotto.

          • Giorgio Masiero on

            Facciamo critica scientifica, Flavio, come siamo capaci e come ci detta il buon senso.
            Quel “quasi umano” individuato dai ricercatori nei pip dei bonobo, solo perché i bonobo sono nei tempi dell’evoluzione più vicini all’uomo, ci sembra ridicolo. I ricercatori partono dalla vicinanza nella scala evolutiva per dedurre la “quasi umanità” di un grido animalesco e così speculare in maniera sperimentalmente incontrollabile – e quindi non scientifica – sull’origine della vocalizzazione!
            Io trovo invece, personalmente, “più umano” il miao dei mici e il bee degli agnelli, anche se evolutivamente sono specie più lontane dei bonobo da quella umana, ma non mi metto certo a scrivere un articolo scientifico contro l’evoluzione!

          • Non voglio prendere le difese di quello studio, anche perchè non l’ho letto nel dettaglio come sono sicuro non avete fatto nemmeno voi, e non voglio certo suggerirvi una linea editoriale diversa da quella che seguite, ma credo che forse si farebbe miglior “critica” analizzando studi più complessi ed esaustivi.

          • Giorgio Masiero on

            Se non ha letto lo studio, Flavio, come fa a giudicare l’esistenza di “studi più complessi ed esaustivi”? e poi, come fa a “essere sicuro” che io non l’abbia letto, studiato e ristudiato?!
            Mamma mia, quanta fede mal riposta…

  13. Buongiorno.
    Articolo molto satirico e curioso, direi, che conferma le inclinazioni “letterarie” di htagliato (forse merito della discendenza partenopea?).
    Per quanto concerne la questione in sé, ritengo che bisogni concordare sulle definizioni (si nota già e.g. come htagliato e gvdr non concordino sull’impiego della parola “simbolo”).
    Le argomentazioni di htagliato non sono cattive, tuttavia non centrano a mio dire sul punto che io ritengo focale nella questione (che espongo subito), e d’altra parte son logiche le repliche di gvdr, che mi pare però non centrino anch’esse la cosa fondamentale (chiedo scusa, se il mio tono potrà sembrare saccente, il che non è mia intenzione), la quale mi sembra sia stata invece anticipata dall’utente Enrico, ovvero della linea di demarcazione tra il verso inteso come mero riflesso fisiologico ed il verso inteso come manifestazione di una comunicazione simbolica.
    Difatti, mi pare indecidibile sul piano osservazionale ( e ripeto, osservazionale) se e.g. la variazione d’intensità di un verso riferito a diverse qualità e quantità di predatori sia un processo di definizione astratta del pericolo cui si vada fronteggiando, o piuttosto una variazione meramente fisiologica di fronte a situazioni differenti (e da qui sarebbe interessante studiarne le modalità di tali sorte di discernimento). Per tal ragione ritengo che la questione potrebbe risolversi esclusivamente per mezzo di una macchina misuratrice di astrazione, ovvero di “coscienza”, la quale cosa pare inaudita e inconcepibile di fronte alla scienza e alla scientia di cui si dispone oggi; ovvero, la definizione e l’origine del linguaggio simbolico presuppone quella di coscienza umanamente definita. Da ciò ne è quindi che, ad oggi, la questione pare indecidibile.

  14. Grazie dei complimenti, Alio; non la trovo saccente, anzi, ha espresso meglio di me quella specie di “agnosticismo” di cui parlavo (che lei chiama indecidibilità): a rigore non possiamo sapere cosa succede nella testa di un animale, ciò che si può capire è a cosa è associato un dato verso, dire che esista anche un concetto astratto dietro di esso è quasi una fede.

    • Grazie della risposta, htagliato.
      Chissà cosa ne penserà al riguardo gvdr, sempre che possa interessargli il mio commento “profano”.

      • Caro Alio, il tuo non mi pare affatto un intervento peregrino (per quanto accomodante: le obiezioni di Htagliato sono, tecnicamente, sbagliate, o e’ sbagliata la definizione che ha offerto di “simbolo”; nulla di grave, eh, ma non avere una definizione comune dell’oggetto del contendere rende difficile parlarne).
        .
        “linea di demarcazione tra il verso inteso come mero riflesso fisiologico ed il verso inteso come manifestazione di una comunicazione simbolica” <- Assolutamente, questo e' un problema molto importante. Ed e' un problema molto difficile, perche' non esiste "una" definizione di "linguaggio simbolico" e non esiste "una" connotazione di cosa renda speciale il linguaggio umano. Giorgio, Htagliato, Pennetta, sembrano concentrarsi sul fatto che il linguaggio umano usi "simboli", ma sto ancora aspettando di leggere da loro una definizione rigorosa e operativa di "simbolo", che ci permetta di valutare una espressione comunicativa e decidere se si tratti di simbolo o meno. Senza quella, non e' nemmeno possibile porre il problema della verifica empirica se il linguaggio faccio o meno uso di "simboli".
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        "mi pare indecidibile sul piano osservazionale ( e ripeto, osservazionale) se e.g. la variazione d’intensità di un verso riferito a diverse qualità e quantità di predatori sia un processo di definizione astratta del pericolo cui si vada fronteggiando, o piuttosto una variazione meramente fisiologica di fronte a situazioni differenti"
        Lo e'. Il problema, infatti, non andrebbe posto in termini di associazione cognitiva interna (di rappresentazione mentale di uno stimolo), che son problemi filosofici di difficilissima esplorazione (qui lo stiamo facendo veramente alla carlona). Esiste pero' un problema molto piu' semplice (che poi non e' semplice affatto), che e' quello che si pongono tutti gli studiosi di comunicazione animale (e la maggior parte dei linguisti). E cioe' quello della correlazione fra situazione esterna (stimolo) e reazione comunicativa (verso). E cioe', anche se non possiamo stabilire se nella mente di un animale un certo verso ha funzione simbolica, possiamo cercare di osservare se tale verso viene usato in una modalita' "tipica" di un simbolo in un linguaggio come quello umano. Ad esempio, misurando quanti e quanto diversi stimoli producono lo stesso vero (nel caso del predatore quel verso e' associato a stimoli molto diversi fra loro: differenti colori, situazioni ambientali, velocita' di avvicinamento, odori, rumori, …, proprio come ci si aspetterebbe se il verso fosse simbolicamente associato al concetto astratto di "predatore in avvicinamento"). Ed e' in questo contesto che l'articolo da cui prende spunto il post di Htagliato andrebbe, a mio avviso, letto. Non sul piano filosofico del significato di simbolo, ma sul piano osservazionale della corrispondenza fra comportamenti comunicativi.
        .
        P.S. L’imperscrutabilita’ profonda della mente altrui, anche di altre persone, e’ un problema filosofico riconosciuto molto bene da Wittgenstein. Anche per gli altri essere umani la domanda “cosa pensano” e’ indecidibile. Anche per gli altri essere umani non possiamo che accontentarci di valutare la compatibilita’ dei loro comportamenti con una certa teoria della loro mente che ci facciamo.

        • Grazie tante della risposta, Gvdr.
          Concordo che il concetto di linguaggio simbolico sia difficile da definire operativamente e\o formalmente, e che ciò possa impedire di trattare della suddetta questione in termini meramente scientifici.
          Come Lei avrà inteso, anch’io propendo intuitivamente per l’ipotesi della discontinuità ontologica fra le forme di comunicazione animale ed il linguaggio umano (dico intuitivamente, per dire che la mia propensione è “profana”, naif), tuttavia mi reputo aperto a confrontarsi con differenti posizioni, che reputo indispensabili al riguardo di tale dialettica conoscitiva.
          Dettò ciò, vorrei permettermi di fare un’osservazione riguardo al Suo commento: Lei dice logicamente che non esista una definizione operativa di simbolo, e che dunque è ad ora impossibile stabilire un criterio di definizione universale del linguaggio umano in confronto alle varie forme di comunicazione animale; in altre parole, senza definizioni non esistono confronti. Ma poco dopo Lei afferma che la problematica potrebbe trattarsi entro i limiti della scienza cercando di riscontrare una sorta di isomorfismo tra modalità di comunicazione animale e quella umana. La qual cosa reputo una contraddizione, a meno che l’inferenza del mio ragionamento sia errata (dico questo, ripeto, sperando di non apparire saccente).

          • No, io dico che non esiste 1 definizione (ne esiste più di una). E dico che in quasi duecento commenti, questi autori non ne hanno mai delineata una (a parte quella del tutto insufficiente presa dal dizionario, perché si sa, la linguistica è roba facile).

      • P.P.S. In questo post sono intervenuto solo per far notare che la posizione di Masiero, Htagliato e Pennetta NON SONO quelle di un agnosticismo scientifico che considera varie ipotesi.
        .
        Che il linguaggio simbolico sia 1) solo umano, 2) infinitamente creativo, 3) originato attraverso un salto, 3) atomico (“non si puo’ credere a mezzo simbolo”) sono tre ipotesi non dimostrate, non necessarie, e basate su un concetto (“linguaggio simbolico”) che non e’ stato definito esplicitamente da nessuno dei tre che hanno offerto le loro ipotesi.
        .
        Che l’origine dell’evoluzione e del linguaggio sia un (difficile) problema, siamo tutti d’accordo. Del resto, pero’, non chiamiamo “mistero” la massa del neutrino o l’origine dei lampi di gamma. Son problemi, difficili, che vanno studiati.

        • Giuseppe Cipriani on

          Grazie del riassunto GVDR. Senza timore di venir smentito, io credo che tutto si risolva semplicemente considerando che con i presupposti che tu hai riassunto i Nostri preparino il campo alla loro ipotesi di fondo, quella non scientifica e fideistica del finalismo… L’unica specie e blablabla.
          Senza offesa per nessuno, eh. E senza che qualcuno mi dica che faccio la solita sortita fuoricampo religiosa, ché qui nessuno parla di religione, che tutto, qui, viene fatto e detto per puro amore della scienza…
          Vero, verissimo che non si parla di religione direttamente, ma tutto il “mistero”, come lo chiami tu, GVDR, è fondato lì. Chi lo nega è un bugiardo. Del resto, persino un Tattersall viene continuamente tirato in ballo per fargli dire quel che non ha mai detto, basta guardare tutte le sue ultime interviste riguardo al linguaggio umano e a quel che intende lui per meccanismi naturali, gli unici che l’hanno prodotto, sia pure con quella constatazione che qui è tanto cara che è sorto all’improvviso…

          Non fustigatemi, cari amici di CS, ragiono anch’io a buon senso e mi fido anch’io solo di quel che vedo… E mi basta notare, per esempio, le api che sanno distinguere la distanza di un pascolo di fiori e danzano all’interno dell’arnia in modo diverso a seconda di quella distanza per comunicare alle altre bottinatrici quel concetto di distanza… Per carità, non sarà la danza delle ore di umana origine, ma pur sempre danza è. E scusate tutte le provocazioni, ma è anche così che il post di Htagliato va avanti, e avanti il prossimo…
          Buona giornata.

        • Giorgio Masiero on

          La parola “mistero”, Gvdr, a proposito dell’evoluzione del linguaggio, non è stata inventata da noi, ma usata dagli 8 nel titolo del loro paper. Mistero (almeno in questo caso, come in altri di scienza) non significa che il problema non si risolverà mai (anche se ci sono problemi scientifici indecidibili, tuttavia questo specifico non è stato dimostrato tale!), ma solo che non è stato ancora risolto. Chi vivrà vedrà, tutto qua.
          E, quanto alle ipotesi scientifiche per me vanno tutte bene a priori, senza scartarne nessuna. Studiate, cercate…, è il vostro mestiere. Per questo noi contribuenti vi paghiamo. E’ quando, per vari motivi comprensibili ma non condivisibili, le ipotesi si fanno passare per scoperte, e si riempie il mondo delle pubblicazioni scientifiche di spazzatura (così da indurre Stanford, l’NIH,… e le società di venture capital a istituire propri centri “per ridurre lo spreco nella progettazione, conduzione e analisi della ricerca”) che qualcuno (CS nel suo piccolo) cerca di mettere i puntini sulle i. Per rispetto della scienza, non a difesa della religione (che interessa gli interessati solo per il senso ultimo).

          • Per amor di precisione, Lei, come ogni altro contribuente italiano, a me non paga niente. Per ora, il mio lavoro deve soddisfare altri contribuenti.

          • Giorgio Masiero on

            Anche se Lei lavora all’estero, Gvdr, io come taxpayer italiano ho contribuito alla Sua formazione di studio in Italia. Questa è una situazione legittima per Lei e non la discuto, ma è ancora peggio per i contribuenti italiani. Per la precisione.

  15. Giuseppe Cipriani on

    “Ogni periodo storico attribuisce al genere umano un suo proprio tratto che lo distingue dagli animali. Poiché consideriamo noi stessi degli esseri unici, siamo sempre in cerca di conferme”.

    Frans de Waal

    • L’uomo è affatto insicurissimo, tuttavia non reputo sciocca una differenza sostanziale tra il medesimo e gli altri animali. Inoltre, mi pare che in tutta la storia Occidentale la definizione di uomo rispetto a quella di animale sia sempre stata la stessa, con poche variazioni, ovvero quella di animale razionale.

  16. E bravo Acca,
    Un esercizio rigoroso di logica e tagliente di ironia. Come se avessi gustato nu babbá

  17. E’ evidente come la differenza tra l’uomo e gli animali non sta nei sentimenti o nelle passioni ma nella capacità di esercitare “pensiero astratto”. Su come un “linguaggio” (anche in senso lato) configuri il pensiero astratto le discussioni precedenti sono state molto interessanti.
    .
    In realtà prima di arrivare al rapporto fra “accenni” di linguaggio e pensiero astratto sarebbe da tener conto che la differenza fra uomo e animale é soprattutto nella possibilità dell’uomo di fare speculazione all’interno di se stesso (partendo dalla autocoscienza di essere) e nel mutuare le conseguenti risultanze in rapporto alla realtà esterna. Non so se tale constatazione potrà mai trovare ragione esaustiva e definitiva in spiegazioni di tipo biologico-chimico-fisico; se mai questo accadrà, nell’attesa, mi sembra corretta una posizione di “dubbio a priori” e ritenere che l’uomo non possa essere considerato (banalmente… e solo…) come la versione evoluta di qualche mammifero affine.

    • Mi permetto di correggerla: se veramente vogliamo mantenere una “posizione di dubbio” dobbiamo semmai ritenere l’uomo “la versione evoluta di un mammifero affine” per il semplice motivo che se l’evoluzione è una realtà, non ha senso pensare che questa sia possibile solo per alcune caratteristiche e non altre.

      • *** … non ha senso pensare che questa sia possibile solo per alcune caratteristiche e non altre. ***
        .
        Appunto. E qui la penso in modo diverso essendo allo stesso modo molto dubbioso che possa accadere (la “spiegazione” dell’autocoscienza…).

        • Allora mi dica qual è la sua ipotesi: com’è nata l’autocoscienza o la complessità del linguaggio di noi umani?

          • Giorgio Masiero on

            Non ce l’hanno 8 tra i maggiori scienziati e la chiede a me, Flavio, che non faccio ricerca scientifica sul campo e mi occupo di finanza?!
            Io approvo a priori tutte le ipotesi di lavoro, evoluzionistiche e materialistiche e non finalistiche, come deve essere per statuto di scienza. E, se avrò la fortuna in vita di conoscerne una suscettibile di predizioni sperimentalmente controllabili (com’è la mia definizione di scienza), sarò il primo – come Le ho detto – ad essere felice per la scoperta. Ma nel frattempo, chiamiamole ipotesi e lasciamo alle riviste di divulgazione i loro titoloni da scoop.

          • L’aspetto fondamentale é la consapevolezza o autocoscienza. Penso sia un modo di “essere” dell’uomo probabilmente privo di “soluzione” deterministica. Cosa più semplice é il discorso della complessità del linguaggio (che nel caso dell’uomo assume connotati diversi forse perché sviluppatosi cronologicamente a “valle” della stessa consapevolezza). Si potrebbe anche pensare che il “linguaggio” di noi umani é diventato via via sempre più complesso proprio perché deve rispondere anche a questa “parte” (forse) precedente dell’essere umano.
            .
            Circa la “nascita” mi pare che nel mondo scientifico si sprecano studi sull’argomento… altro non so. Quel che é importante, a mio parere, (anche in riferimento agli accesi scambi di pareri che caratterizza CS) é una constazione di pura e semplice logica: l’uomo può continuare a studiare e capire la realtà (attraverso la scienza…) ma questo percorso non può considerarsi (a priori) esaustivo (anche nella lunga prospettiva…) perché é illogico pensare che qualcosa di finito quale é l’uomo si evolva talmente tanto da capire il tutto. Mi posso permettere in tal senso qualche atteggiamento “dubbioso” e qualche “preconcetto”, forse sbagliato ma umanamente da rispettare, circa le possibili risposte (almeno nell’immediato) che la comunità scientifica potrà fornire?

          • Caro Beppino, avrà notato che è partito dal dire che mantenere il dubbio è ritenere che l’uomo non possa essere considerato come la versione evoluta di qualche mammifero affine ed è approdato affermando che il suo atteggiamento dubbioso, forse sbagliato ma umanamente da rispettare sarà verso le risposte che la comunità scientifica potrà fornire.
            Come vede, non ha ipotesi alternative a quelle che la scienza può offrire e queste oggi passano tutte attraverso l’idea che l’uomo è la versione evoluta di qualche mammifero affine. Ora capirà il motivo per cui le suggerivo quella correzione. Per lo stesso motivo chiedevo nei commenti precedenti, anche suscitando la contrarietà del buon Masiero, che se qualcuno crede che l’apparizione di certe caratteristiche come la complessità del linguaggio umano fosse dovuta a processi estranei alla normale evoluzione biologica, che lo dicesse chiaramente per poter appunto sgomberare il campo da equivoci.

          • ****sarà verso le risposte che la comunità scientifica potrà fornire…***
            .
            rimanendo nel dubbio che possano effettivamente arrivare 🙂 …
            .

            ****Come vede, non ha ipotesi alternative a quelle che la scienza può offrire****
            .
            non ho mai detto di non aver ipotesi alternative… semmai ho detto che preferisco rimanere per adesso in una posizione di “dubbio” a priori… (sono altri che devono tirarle fuori… voglio essere solo un povero spettatore 🙁 ).
            .
            ***che se qualcuno crede che l’apparizione di certe caratteristiche come la complessità del linguaggio umano fosse dovuta a processi estranei alla normale evoluzione biologica, che lo dicesse chiaramente per poter appunto sgomberare il campo da equivoci***
            .
            Posso concordare per quanto riguarda il campo del linguaggio correlato ad astrazione…. I dubbi contigui al discorso della “consapevolezza” mi trovano particolarmente dubbioso circa il fatto che possa arrivare effettivamente una “risposta” esauriente e conclusiva… In questo senso propendo nell’essere molto meno “sicuro” di persone preparate ed evolute come Lei ma forse con troppe sicurezze a priori in “mamma” scienza. Preferisco appoggiarmi ad una “famiglia” intera fatta da mamma e papà 🙂 . Ciao signor Flavio.

          • Mantenere il dubbio è ritenere che l’uomo non possa essere considerato come la versione evoluta di qualche mammifero affine l’ha scritto lei, non io. Se l’uomo non è la versione evoluta di qualche mammifero affine, che cos’è? Le ho posto la questione ben tre volte, ma vedo che non sa rispondere.

          • *** Mantenere il dubbio è ritenere che l’uomo non possa essere considerato come la versione evoluta di qualche mammifero affine l’ha scritto lei, non io. Se l’uomo non è la versione evoluta di qualche mammifero affine, che cos’è? Le ho posto la questione ben tre volte, ma vedo che non sa rispondere ***
            .
            Sono dunque bocciato per il fatto che per “ben tre volte” ha posto la questione e non ho risposto (o almeno a Lei pare così : ) ? Ma va la….
            .
            Ribadisco certamente di aver le mie idee sull’argomento ma nel contempo ritengo anche di essere perfettamente “rigoroso” se neanche provo a dare una risposta; semplicemente c’é qualcosa che sta a monte e che risulta essere la vera questione (a mio modestissimo parere). La “soluzione” infatti non é nella risposta ma é in quel minimo di logica da applicare a monte della stessa risposta. Perché l’uomo dovrebbe arrivare a capire il tutto (e capire la “propria” consapevolezza sarebbe già qualcosa di veramente importante… in questa ottica) partendo da elementi chimici primitivi come propende a far pensare l’esperimento di Miller? A mio parere c’é qualcosa che é prima e che necessariamente “dovrebbe” giustificare il perché del nostro stato… Tutto ciò si concretizza, ripeto nuovamente (forse per la terza volta 🙂 ) in una condizione di dubbio a priori che dovrebbe renderci, verso la scienza, tutto fuorché cagnetti con la lingua fuori e gli occhi spiritati ad aspettare ansiosamente giorno dopo giorno un “delta” incrementale del nostro livello di conoscenza quando poi é chiaro in partenza che il “complemento” della stessa sarà SEMPRE infinito.
            In buona sostanza, quando la “scienza” comincia ad usare molti “condizionali” per tentare di seminare nuove teorie su qualcosa di non noto o poco noto forse é il caso di essere provocatoriamente “dubbiosi” a priori (specialmente quando l’oggetto del condizionale non deriva da considerazioni esclusivamente deterministiche quanto piuttosto da obiettivi più o meno reconditi del ricercatore, o del divulgatore sicientifico, di voler parare proprio LI la possibile spiegazione).
            .
            E lasciamo stare Dio (che é una cosa seria….) e comunque non lo scomodiamo perché c’entra poco col discorso in atto.

          • Beh, vedo che lei NON considera l’uomo la versione evoluta di qualche mammifero affine, ma NON vuole spiegarci il perchè.
            La mia correzione iniziale al suo commento era quindi corretta.

          • **** La mia correzione iniziale al suo commento era quindi corretta. ****
            .
            Non considero l’uomo una versione evoluta (o almeno “solo” una versione evoluta) di qualche mammifero affine per valutazioni “indirette” di natura prettamente logica.
            .
            Ri-espresso questo, per l’ennesima volta, e per l’ennesima volta precisato che queste valutazioni non mi trovano obbligato a prendere posizione sulla faccenda proponendo altre spiegazioni (anche perché, parimenti, dovrei “condire” le mie considerazioni con una montagna di “tempi condizionali” come vedo fanno tutti i luminari del settore “obbligati istituzionalmente” a prendere posizione) direi che é meglio chiuderla qui e non occupare ulteriore spazio in CS.
            .
            Lei continui a tenere (indirettamente) la “porta chiusa” con le sue ordinarie sicurezze. Io continuerò, molto più prosaicamente, a chiedere oltre qualche “tempo condizionale” dal ricercatore di turno o dal divulgatore scientifico di turno. La scienza é percorso di conoscenza (come abbiamo visto “sicuramente” infinito); forse é meglio navigare a vista con poche certezze piuttosto che divagare nel mare magnum delle possibilità basandosi su valutazioni che alla fine della fiera rischiano di essere caratterizzate da possibile visione ideologica di fondo o, nella peggiore delle ipotesi, da inconscia cocciutaggine personale.

    • MenteLibera65 on

      Se si vuole mantenere una posizione di dubbio, questa deve essere equidistante dalle due posizioni. Se da una parte vi è una indubbia enorme differenza tra l’intelligenza umana e quella degli animali, anche più evoluti, dall’altra vi sono molte similitudini in termini di caratteristiche fisiche ed anche alcune in termini comportamentali (se per esempio prendiamo i cosiddetti “primati”).
      D’altra parte direi che le possibilità non sono 2 ma 4 :
      1) l’uomo si è evoluto totalmente da una specie preesistente
      2) l’uomo si è evoluto da una specie preesistente, ma la scintilla dell’intelligenza gli è stata inoculata da un Dio
      3) l’uomo non si è evoluto : è stato creato così come è oggi da Dio , e questa azione è avvenuta milioni di anni dopo l’estinzione dei dinosauri
      4) l’uomo è arrivato sulla terra da un altro pianeta (il che trasferisce il problema di come sia comparso ai vari Enzo Pennetta , Masiero e Company “extraterrestri”, che creeranno su marte un blog per litigare.. 🙂 )
      Provando a tralasciare l’ipotesi 4 (che in linea teorica andrebbe cmq considerata) delle altre 3 una è certamente vera.
      Quindi chi insiste verso lo scetticismo ad oltranza rispetto ad una di esse, inevitabilmente e consapevolmente accredita una delle altre due.

      • Giorgio Masiero on

        Di scientifica, MenteLibera, c’è solo la 1). Resta agli scienziati di chiarire il come.
        E la 1) non è in contrasto, ma compatibile, con la proposizione metafisica 2), perché Dio è per definizione la Causa prima e permanente che mantiene in essere tutti gli esseri contingenti: campi, bosone di Higgs, atomi, batteri, piante, animali e uomo.
        Quindi dov’è il problema? Qualcuno crede che i biologi o i fisici credenti cerchino Dio nei loro studi, o piuttosto non facciano esattamente le stesse ricerche (delle cause seconde) dei loro colleghi non credenti?
        Santo Dio, amici tutti, quando cominceremo a lasciar perdere la religione negli articoli di scienza e parlare solo di scienza?

        • Giuseppe Cipriani on

          Effettivamente di scientifica c’è solo la prima… E tutto il resto è metafisica.
          .
          Mi è poco chiaro, caro prof. Masiero, come lei possa trovare compatibilità tra la mera possibilità naturalistica con un’ipotesi di fede. Che genere di compatibilità può esservi se i due campi sono assolutamente separati? O è vera la prima possibilità, in cui Dio non c’entra, o è vera la seconda in cui Dio c’entra. E’ lei che questo Dio vuol farlo entrare ovunque, mescolando le carte…
          In soldoni, ho capito bene? Sia che tutto sia stato fatto in modo naturale, sia che ci sia stato un Dio a elevarci dalle bestie altre, Dio, causa prima c’entra sempre? Se è così, troppo comodo, amico mio. Capisco che lei riesca a distinguere la scienza empirica dalla metafisica, che ormai ci riesco anch’io, ma se è vera la prima possibilità non può essere vera la seconda, per quanto si voglia tirarla dentro per i capelli palesando una non incompatibilità…
          In soldoni, voi sostenete che non può esistere un “mezzo simbolo”, io sostengo che non può esistere un “mezzo Dio”.

          • Giorgio Masiero on

            Si è mai chiesto, Cipriani, cosa fanno gli scienziati cristiani?!
            Cercano Dio? No, esattamente come i loro colleghi atei cercano le cause naturali. E qui si fermano tutti, il venerdì sera.
            Poi nel week end, gli atei vanno a pescare o a raccogliere ciliegie, mentre i cristiani – in cerca del senso “ultimo” – vanno a Messa. Si chiama, Cipriani, dottrina delle “cause seconde” e risale a Tommaso (XII sec.). C’erano anche allora gli atei, sa?
            In pratica, la differenza è tra chi si contenta delle cause naturali e chi cerca un senso più profondo. Ma fino alle cause naturali siamo tutti uguali…

          • Giuseppe Cipriani on

            D’accordissimo, e proviamo davvero a fermarci SOLO alla scienza empirica, quella che può arrivare a definire SOLO le cause naturali che nessuno può escludere, se non appellandosi alla metafisica, a un consolante senso più profondo…
            Dunque, provo anch’io a ripartire solo da lì: se l’uomo ha il simbolo ed è al momento l’unico mammifero che ce l’ha, ciò non significa nient’altro che ha il simbolo ed è l’unico mammifero che ce l’ha. Tutti cerchiamo il perché e il percome senza secondi fini, e manco tirando in ballo presunti salti ontologici che di scientifico hanno nulla.

          • L’importante, Cipriani, è non far debordare il naturalismo metodologico adottato dalla scienza in quello ontologico, che è una posizione metafisica.

            In questo modo nessuno sarà più giustificato nel dire “la scienza può provare/non può provare un disegno divino“. Speriamo che questa cosa resti ben chiara anche nelle discussioni a venire.

          • Giuseppe Cipriani on

            A me il naturalismo metodologico in fondo sta più che bene, mi soddisfa tantissimo perché produce l’unica forma di conoscenza empirica che conosco (scusate il bisticcio voluto). E qui mi fermo, ché tutto il resto è buio…. Non so se questo, il fermarmi, faccia automaticamente scattare la fase ontologica… ma se è così, davvero mi risulta difficile scindere la cosa.
            .
            E poi, non è vero che la scienza non può provare Dio?

          • Esatto, e nemmeno negarLo.

            Comunque no, arrestandosi dove si ferma lei non subentra automaticamente una posizione metafisica, semplicemente ci si “accontenta” della conoscenza scientifica, senza pretesa di conoscere ciò che eventualmente va oltre a questa.
            La posizione metafisica “scatta” invece quando si ha la pretesa di considerare la conoscenza scientifica l’unico tipo di conoscenza possibile del reale, LA conoscenza tout-court.
            E tale posizione metafisica chiamasi scientismo.

          • Giuseppe Cipriani on

            Esatto, dici? E allora perché più sopra scrivevi:

            “In questo modo nessuno sarà più giustificato nel dire “la scienza può provare/non può provare un disegno divino“.
            .
            Sul resto, la conoscenza del “reale”, intanto glisso per non mettere troppa carne al fuoco.

          • Perchè se sull’esistenza di Dio la scienza è MUTA (nel senso che non rientra nelle sue possibilità esprimersi sulla questione, nè pro nè contra), come si potrà esser giustificati nell’affermare, ad esempio, “la scoperta scientifica X ci dice che Dio non esiste (oppure che esiste)”?

            O forse lei, Cipriani, avrebbe preferito una via a senso unico, dove la scienza non può provare l’esistenza di Dio, ma la può smentire?

        • MenteLibera65 on

          Professore concordo perfettamente con lei.
          Se però l’unica ipotesi scientifica è la prima, a che serve accanirsi in sterili discussioni sulla provenienza dell’uomo da questa o quell’altra specie del passato (sia essa un topo preistorico o una scimmia ?)
          Si è certamente evoluto da una razza inferiore , fino a risalire alle prime specie di vita. Tutto il resto è un dettaglio, che verrà compreso con le ricerche dei prossimi anni o magari mai, ma che non sposta il concetto principale.
          Concorda con me o mi sono perso qualcosa..:?

          • Giorgio Masiero on

            La discussione, MenteLibera, è di tipo epistemologico:
            – noi diciamo che l’evoluzione dalla materia alla vita (abiogenesi) prima, e da una specie all’altra poi, e all’uomo infine, non è scientificamente spiegata dal darwinismo, cioè con gli errori casuali nella replica e con la selezione naturali;
            – i darwinisti invece sostengono che questo basta o comunque risolve in buona parte il problema.
            Si tratta quindi di una divisione meramente filosofica sul significato di scienza che, almeno per quanto mi riguarda, non ha nulla a che fare (come ogni faccenda scientifica) con la religione.

          • MenteLibera65 on

            Professore , magari le posizioni fossero così definite, e tutto il resto fosse comunque dato per scontato! Invece non è esattamente così. Lei ha visto che qui ci si divide anche sul “pip” dei bonomo, ufficialmente per argomentare in modo scientifico il perchè tale verso non può essere un inizio di linguaggio, ma in realtà per contrastare in modo nascosto ogni possibile ipotesi scientifica evolutiva (non neo-darwiniana, ma proprio evolutiva in genere!). Se anche infatti non conosciamo i meccanismi della evoluzione, come possiamo escludere che quella umana sia passata per un essere come il bonomo o il serpente di mare o la lumaca? Quando invece si polemizza e si sbeffeggia ogni ricercatore che tenti, magari a volte goffamente, di rintracciare caratteristiche umane in questo o quell’animale odierno o del passato , la mia sensazione è che in realtà si stia cercando , in modo nascosto , di avvalorare l’idea che l’essere umano NON SI SIA EVOLUTO DA NESSUN ANIMALE, e da nessuna altra specie che non fosse una specie umana a sua volta. Il che non è essere pro-evoluzione, ma pro-altro…

  18. @Giorgio Masiero, infatti, gira e rigira, il problema scientifico altro non è che il pretesto per affrontare una questione ideologica. 🙂
    Io non ho problemi con la causa che sta dietro al fatto che l’uomo sia evoluto maggiormente che il cavallo, anche perchè se fosse stato il contrario, questa questione se la porrebbero ora i cavalli e non noi. Il punto controverso a mio avviso è che per voi cristiani è fondamentale che questa causa si trovi dietro l’angolo e non lontano anni luce. Questo non solo per ovvia comodità, ma per una questione di credibilità, in quanto c’è una tradizione lunga duemila anni che dice che questa causa è così vicino a noi che è venuta addirittura in mezzo a noi. E’ quindi logico che se non si vuole rompere con questa tradizione, bisogna difenderla come si può.
    Le faccio un esempio molto pratico: proprio ieri l’autore di quest’articolo affermava di non conoscere le osservazioni dell’infrarosso che hanno portato non solo ad identificare una discreta quantità di “mattoni della vita” (molecole complesse e amminoacidi) nelle nubi interstellari, ma anche ad osservare la loro produzione in tempo reale. Queste sono notizie molto importanti che infatti determinano addirittura la natura dei programmi di esplorazione spaziale, ma per l’autore dell’articolo, che a quanto ho visto è pure fresco di laurea in fisica, tali notizie non meritano nemmeno esser conosciute. E’ possibile? Io credo che più che mancanza d’interesse, qui si voglia girare la testa dall’altra parte. Per lo stesso motivo anche sulla questione della nascita del linguaggio vedo che si sceglie la strada del mistero a tutti i costi (le diatribe tra Chomsky e Skinner sono dettate da altri motivi), non perchè la questione sia tuttora aperta o le varie ipotesi non siano percorribili, ma perchè conviene far capire che la ricerca su queste questioni non darà mai i suoi frutti. E pazienza se persone come Michael Tomasello, che all’Istituto Plank dirige questo tipo di ricerche, pur essendo sempre stato molto scettico sulle conclusioni degli etologi, ha dovuto ammettere che non ha più senso escludere che possa esistere una linea di continuità tra animale ed uomo anche sulle questioni riferite al linguaggio.

    • Giorgio Masiero on

      Il punto controverso a mio avviso è che per voi cristiani è fondamentale che questa causa si trovi dietro l’angolo e non lontano anni luce“: evidentemente Lei, nonostante i miei avvisi, pretende di leggere i miei pensieri meglio di me stesso! Cosa vuole che Le dica? Continui così, se la cosa La fa felice.
      PS. Da un aminoacido al microbo c’è infinita più strada che da un pezzo di pirite ad una Ferrari. Gl’infrarossi hanno creato la vita? contento Lei. Io ho scritto 4 articoli sull’abiogenesi, e non ho nulla da aggiungervi.

      • Mi sembra che lei prenda le cose un po’ di petto. Io racconto con tutta sincerità quali sono le impressioni quando mi trovo a discutere con i credenti e so che lei è molto attento a non scivolare sull’ovvio, ma credo che l’esempio che le ho fatto sia abbastanza significativo.
        .
        Gli infrarossi non possono creare la vita perchè sono un metodo d’osservazione. Non ho nemmeno parlato di cosa crei la vita, perchè questo ancora non si sa, ma solo quali sono gli indizi su cui si sta lavorando oggi e su cui si stanno investendo molti sforzi e discrete somme di denaro.

        • Giorgio Masiero on

          Onestamente, Flavio, non capisco l’importanza di questa scoperta della visione all’infrarosso. I “mattoni della vita” li ha prodotti ancora 50 anni fa Miller con qualche scossa elettrica, gli aminoacidi si son trovati dappertutto (nelle comete, ecc.)… Però può darsi che mi sbagli: perché non ci scrive un articolo per CS, così che tutti possiamo capire l’importanza di questa scoperta?
          Buona notte, a domani.

          • Liberissimo di non ritenere importante la scoperta secondo cui dall’esplosione di una nova verrebbero create molecole organiche complesse ipso facto, cioè nel giro di pochi giorni, non posso però fare a meno di notare che la maggioranza della comunità scientifica non sia dello stesso avviso.

          • Ma, caro Flavio, se, tanto, l’apparire della vita è puramente casuale, che ce ne può calare che ci siano questi frammenti che appaiono qui o lì in supernove? Tanto il “link” tra questi mattoni e la vita non esiste oggettivamente, visto che è il “caso” che condurrà da un mattone al seguente.

          • Caro Simon, curiosità e fantasia sono due bellissime qualità. Bisogna però sapere in quale specifico contesto si può ricorrere a una o all’altra.

          • Cosa c’entrino curiosità e fantasia in un discorso scientifico questo me lo dovrai ancora spiegare. Al massimo possono essere moventi psicologici del singolo scienziato, non certo una spiegazione scientifica.
            Ma di che stai parlando?

          • La curiosità è quella che può continuare a provare una persona anche qualora sapesse che siamo frutto di un fatto puramente casuale. La fantasia è invece utile per alimentare e mantenere viva la curiosità ma non per inventarsi risposte di comodo.

          • Un sistema assolutamente casuale non porta on sé nessun desiderio di curiosità in quanto non c’è ratio nel caso, niente da capire, niente da scoprire e un discorso di sola immaginazione non è un discorso scienifico ma solo una favola… come lo è, quindi, il darwinismo.

          • Questo lo dice lei. Ci sono fior fiore di scienziati che s’emozionano come bambini a scoprire le varie possibilità combinatorie della materia e senza per questo tirare in ballo questioni filosofiche di alcun tipo.

          • In quanto scienziato mi interessano le leggi della natura, cioè i comportamenti della natura che , per l’appunto, deviano dal caso. Questo è interessante.
            Non è una pagina bianca che è interessante, ma i segni che vi sono scritti e che la fanno deviare dalla sua bianchezza.
            Adesso, se a te interessa la pagina bianca, libero a te: ma non chiamarlo curiosità scientifica.

          • Simon, le ripeto che è lei che pensa che se la materia si trasforma ed evolve per le semplici possibilità combinatorie, allora la ricerca perderebbe senso e diventerebbe una cosa vuota e noiosa. Sarà il suo caso ma non quello della stragrande maggioranza degli scienziati che invece trovano più che apassionate il proprio lavoro.

          • Caro Flavio,
            guardi che le semplici combinazioni “casuali” non hanno nessun interesse di per sé, da esse non si può dire nulla di interessante. Esse vanno da essere studiate per identificare i casi dove appunto tale casualità NON appare, cioè le deviazioni.
            Non è interessante sapere che una popolazione data segue una distribuzione normale (gaussiana) in tutto, ma è interessante quando NON la segue: lì comincia il discorso scientifico perché solo lì che risiede informazione.
            La non informazione non genera informazione.

  19. Una cosa è certa: chi ha sposato il principio antropico nelle “scienze” sono proprio coloro che cercano di eliminare la specificità dell’attore “uomo” nell’universo.

    Infatti, in un modo molto divertente e perfettamente contraddittorio, ogni volta che si scoprono un paio di ossa un po’ anziane in qualunque buco del mondo esse vengono sistematicamente descritte come appartenenti a dei cugini che hanno un antenato comune con l’umanità: già, infatti, trovare l’antenato dell scimpanzé in quanto tale, o di un marsupiale qualunque, non ha nessun interesse di per sé, e per aver qualche rinomata internazionale e qualche pubblicazione un po’ più citata bisogna avere per forza un legame con l’homo sapiens sapiens in un modo o in un altro.

    È esattamente come questa storia del “pip” di Htagliato: che dei bonobo facciano pip in qualunque circostanza è la cosa la più banale che sia, visto che lo fanno indiscriminatamente, però di per sé non è interessante allora bisogna stabilire un’analogia, anche se tirata per i capelli del (assenza di ) buon senso, con il linguaggio umano.

    Eh si, questo perché per “dimostrare” (si fa per dire) che l’essere umano è un prodotto del caso bisogna che tutto sia in relazione con l’essere umano: cioè, secondo questi ragionamenti bislacchi, de facto. è la centralità dell’essere umano in quanto oggetto di ricerca che spiegherebbe il caso.

    A me sembrerebbe invece che sarebbe molto più semplice dire che il caso ha voluto che il bonobo faccia pip, che gli scimpanzé si grattano le pulci, che le giraffe hanno il collo lungo, etc: ma perché sempre voler stabilire un legame genitoriale tra questi elementi aldilà della classifica morfologica e funzionale che se ne può fare? Queste sono le sole affermazioni falsificabili, come sono falsificabili meccanismi bio-chimici.

    O allora siamo in presenza di moltissima disonestà intellettuale sul piano scientifico: in altre parole finché non si è capaci di proporre proposizioni popperianamente falsificabili, la si smetta di presentare le congetture (neo-) darwiniste e le loro cugine come discorso scientifico.

    Fin al quel giorno facciamoci ancora bellissime risate colle pretese di vedere premesse di linguaggio umano nei pips dei bonobo che nulla hanno a che vedere con l’umano.

    • Il ricercatore darwinista si condanna da sé a causa delle sue amate ipotesi (caso e selezione naturale) a fare retrodizioni, invece delle predizioni che fanno le altre scienze. In fondo cos’è la selezione naturale se non la madre di tutte le retrodizioni?
      E quando gli chiedi ai Greylines e ai Gvdr una predizione del darwinismo ti rispondono con l’autorità di Popper, come se il Popper che ha cambiato idea non potesse sbagliarsi un’altra volta come ha detto da vecchio di essersi sbagliato da giovane, quando chiamava il darwinismo una metafisica.
      Amici darwinisti, una predizione please.

        • Boh, io c’ho altro da fare. Enzo, Giorgio, H: o tenete a bada questi commenti con attacchi e offese personali o non lamentatevi se io non vi considero più interlocutori interessanti.
          .
          Simon, bastava mi rivolgessi la domanda, cosa che non hai mai fatto.

          • Giuseppe Cipriani on

            Caro GVDR, non per difendere te che non ne hai certo bisogno, ma noto che Simon in quest’ultima discussione è passato facilmente dalle stelle alle stalle, perdendo il suo proverbiale e compassato tono… Pazienza.

      • Per stasera è prevista pioggia sulla zona di casa sua. Lei è in grado di prevedere dove cadrà la prima goccia?

        • Un sistema indeterminato, cioè non prevedibile, non significa che sia casuale, caro Flavio.
          Ad esempio, proprio i sistemi meteorologici, sono perfettamente deterministi (cioè seguono leggi fisiche perfettamente determinate) ma i loro comportamenti sono imprevedibili.
          Ci sono alcuni concetti circa caso, prevedibilità, determinazione e indeterminazione che devi ancora lavorare caro Flavio. 🙂

          • Infatti a Wil ho posto un caso facile, che concettualmente potrebbe essere in grado di prevedere, ma non certo “tecnicamente”…

          • Mentre io ti sto parlando di casi che sono perfettamente determinati e in principio, intrinsecamente, indipendentemente da ogni tecnologia presente o futura, ma che sono imprevedibili, come, ad esempio, sistemi molto lontani dall’equilibrio termodinamico.

          • Wil chiede una previsione evoluzionistica, cioè ad esempio sapere come muterà un gene, che è questione per il momento impossibile da detreminare. Possiamo quindi stare tranquilli che evoluzionismo o genetica continueranno ad essere scienze anche senza poter fare grosse predizioni.

          • La questione è sapere se è un meccanismo deterministico ma imprevedibile oppure se è puramente casuale: nel secondo caso non puoi fare proposizioni popperianamente falsificabili. Mentre nel primo caso invece si perché potrai almeno definire delle probabilità che esse saranno falsificabili.

          • Glielo ho già spiegato prima, quello che pone lei è un falso problema: se di un processo si conosce la ragione e la necessità si parla di determinismo, altrimenti, senza stracciarsi le vesti, si attende d saperne di più. Non è invece che lei, nei casi dove non si conosce ragione e necessità, se inventa la risposta a suo uso e consumo? Saprebbe ad esempio dirmi perchè i geni mutano? Qual è la ragione e necessità che vi sta dietro?

          • Flavio,
            quando non si conoscono le cause, non si dice che è “il caso”, o “la fatina” si dice che “non si sa”, “è un enigma”, “è ancora da indagare”. Così ragiona chi pensa da scienziato.

            Quindi smettiamola con voler dare valenza scientifica a favole che introducono caso e fatine capricciose.

            Quanto al determinismo questi esiste quando un ente è sottomesso a leggi naturali ben precise ma se il determinismo è necessario alla prevedibilità esso non è sufficiente. Cioè ci sono sistemi perfettamente deterministici ma intrinsecamente assolutamente imprevedibili (un esempio possibile è quando le equazioni non sono integrabili).

            Cioè non è perché non sai prevedere qualcosa che ci devi per forza mettere un caso soggiacente e il discorso scientifico ha da occuparsi delle cause soggiacenti e non del caso che tanti si inventano come foglia di fico per nascondere la propria ignoranza da un lato e, dall’altro, per portare avanti discorsi ideologici che nulla hanno a che fare colla scienza.

    • Caro Simon, qui la questione non è “dimostrare” che l’essere umano è frutto del “caso”, ma il prendere atto che negli ultimi due secoli la ricerca scientifica ha preso una strada ben determinata, che è quella di osservare e studiare le possibilità combinatorie della materia, che sono in molti casi appunto aleatorie. Se lei conosce altre teorie o ipotesi di peso ce le faccia conoscere.

        • E’ lei che ha scritto che c’è chi, seguendo ragionamenti bislacchi, vorrebbe dimostrare che l’essere umano è un prodotto del caso. Non so, ci faccia qualche esempio più chiaro, così evitiamo fraintendimenti.

          • Ti ridò il succo con altre parole, così potrai rileggere, finalmente capendolo, quel mio intervento lì: sembra strano che questi difensori della teoria del caso come “motore” dell’evoluzione vedano elementi che condurranno in seguito all’apparire del fenomeno umano in tutto quel che pretendono scoprire, mostrando così che, de facto, hanno una concezione finalizzata dell’evoluzione, in contraddizione coll’ipotesi di base.
            L’atteggiamento intellettualmente sensato per loro sarebbe di dire: (1) toh qui i bonobo fanno “pip”, punto e basta, (2) toh’, la mandibola di quel scimmione è fatta cosà, punto e basta, (3) toh, questo rodente potrebbe essere un antenato di tale primato, punto e basta. Perché, tanto, non c’è connessione causale tra questi elementi tutti rilegati tra di loro solamente dal “caso”.

          • Giuseppe Cipriani on

            Certo, Simon, che dopo tutto quel che si è detto sul CASO, anche qui su CS, sei rimasto alla preistoria del concetto, fermo immobile nel tuo pregiudizio, che sti poveri limitati di darwinisti siano convinti che il caso è quella cosa che si spiaccica in fondo ai barili, come i crauti… Poveri noi. Promosso in fantasie e metafisica, anche di alto livello, ma bocciato sulla conoscenza elementare del darwinismo (che poi è solo una parola, che vi eccita e vi porta a straparlare talvolta)…
            Non ti rendi conto che tu, e quelli come te qui su CS concentrati (che sia un caso di selezione naturale? come la intendete voi naturalmente!), con sto mantra sul CASO offendete primariamente la vostra di intelligenza?
            Eh, sì, quando ci vuole ci vuole… Ma scusate tanto tutti quanti.

          • Beppe, scusa ma dov’è il tuo ragionamento? Dove ti contrapponi razionalmente alla mia domanda/ commento?
            Esplodi e perdi sangue freddo: ma quali sono i tuoi argomenti civili?

          • Giuseppe Cipriani on

            Scusa tu, Simon, ma se i tuoi argomenti sono il mantra caso-caso-caso e “il darvinismo l’è tutto una favola”, che ti aspetti?

          • Caro Giuseppe, può aiutarmi lei? Tra mandibole di scimmione, ossa ammuffite o il fatto che qui si dice che non bisognerebbe perder tempo nello stabilire i rapporti di parentesco tra uomo ed altri animali… io del commento di Simon non riesco proprio ad afferrarlo. Forse bisognerebbe cominciare col capire cosa sia questa “teoria del caso”. Lei la conosce? A me non risulta che esista una teoria scientifica che porti quel nome…

          • Giuseppe Cipriani on

            No, non esiste proprio questa teoria… Se non nella mente di chi critica un darwinismo di comodo, uno zimbello che nulla ha a che vedere con quanto quotidianamente si studia e si indaga in tutti i laboratori del mondo evoluzionista…

  20. Mi si concedano un paio di considerazioni a partire da quanto letto nei vari commenti.

    1. Della “conoscenza animale” possiamo parlarne per analogia rispetto alla nostra e siccome sappiamo che, nel nostro caso, per compiere determinate operazioni (es. associare due oggetti o associare un oggetto ad altro, ad esempio un suono) non è necessario far ricorso alle operazioni dell’intelletto propiamente dette (apprensione-giudizio-ragionamento) – perchè sono possibilità che rientrano perfettamente nell’ordine della sensibilità – non si capisce perchè voler postulare operazioni intellettive del nostro stesso tipo (ma diverse in grado) anche negli animali sub-umani. Così facendo stiamo postulando più enti di quanti ne siano necessari alla spigazione (“quod potest compleri per pauciora principia, non fit per plura”). Insomma, non ce n’è bisogno e insistendo in tal verso si fa qualcosa di ingiustificato.

    2. Sulla definizione di “linguaggio simbolico” credo ci sia stato un qualche fraintendimento. Inizierei col notare infatti che la definizione di “simbolo” riportata dalla Treccani rimonta alla teoria classica del segno, dove questo è inteso come “id quod ducit in cognitionem alterius”, ossia una cosa che ne fa conoscere un’altra. Quindi il simbolo è un segno.
    Ora di segni ve ne sono di diverso tipo, ma la distinzione fondamentale è tra segni convenzionali e segni naturali: i primi associano per convenzione significato e significante (es. i colori del semaforo al transitare o all’arrestarsi) mentre i secondi li associano per natura (es. il fumo all’incendio, quando il segno non è immagine della cosa significata ma ne è l’effetto, oppure la statua alla persona quando il segno è immagine della cosa significata).
    Il linguaggio umano, dunque, ricade fondamentalmente nel gruppo dei segni convenzionali, sebbene presenti anche un aspetto sotto il quale è possibile considerarlo un segno naturale: per natura l’uomo associa una parola (=suono che significa un concetto) a un concetto mentre per convenzione associa una particolare parola-suono (piuttosto che un’altra) a un certo concetto (es. acqua, water, wasser etc.)

    Quindi il linguaggio umano utilizza segni-simboli, nel senso sopra detto per quanto personalmente più che di linguaggio simbolico, preferirei parlare di “linguaggio logico”, non intendendo – qui – il linguaggio proprio delle scienze logiche, bensì una “espressione, oggettivata in simboli, di conoscenza razionale (universale e necessaria) dell’essere delle cose definite attraverso quel linguaggio”. Ed è proprio questa capacità che ha permesso e permette all’uomo di produrre cultura, lavoro e progresso ossia intelligenza “cristallizzata” in diverse forme (arte, religione, filosofia, scienza, politica, etc.). C capacità che – sotto questo aspetto- è irriducibile agli altri animali sub-umani.

    Comunque infine sarà sufficiente mettersi d’accordo sui termini, potendo tranquillamente chiamare “linguaggio simbolico” quello che ho qui definito come “linguaggio logico”.

    • Giorgio Masiero on

      Ha espresso, ViaNegativa, due importanti considerazioni, molto utili, almeno per me. Perché non ne fa un articolo per Cs, così che stabiliamo un punto fermo sulla cosa?

  21. @ Simon
    “concezione finalizzata dell’evoluzione”
    “Perché, tanto, non c’è connessione causale tra questi elementi tutti rilegati tra di loro solamente dal “caso”.

    La selezione naturale segue le regole di adattamento all’ambiente, per cui sopravvivono gli individui che hanno caratteristiche più congeniali con l’ambiente, e sopravvivendo si riproducono e trasmettono le nuove caratteristiche. Il caso è riferito solo alle mutazioni. Studiatelo almeno il darwinismo prima di criticarlo, ma lei non ha letto neanche il mio post di stamattina, figuriamoci in un Paese dove si legge poco, se tanti di voi si prendono la briga di approfondire, poi vi meravigliate che su altri siti ridono di voi.

    • Giuseppe Cipriani on

      Carmine ciao, sono d’accordo che spesso qui su CS si hanno posizioni talebane contro il darwinismo; pure d’accordo che il pregiudizio è un difetto non solo del fronte nostro (come dicono loro), ma anche del fronte loro (come diciamo noi).
      Mi sembra però ingiusto avvalorare/rimarcare il fatto che su altri siti si rida di CS… Te lo dico per esperienza: in media c’è più onestà intellettuale qui che altrove, che la perfezione purtroppo non esiste. Anche tu, ritengo, puoi dire di aver ricevuto qui sempre un trattamento rispettoso. Non sempre capita questo altrove, dove appena dissenti un po’ diventi subito uno zimbello e via discorrendo…
      Io penso che chi ride di CS o è in malafede totale, o non conosce bene CS e il suo curatore… Che ho imparato a conoscere giorno dopo giorno, mese dopo mese, anno dopo anno. Se è vero che qui la battaglia è aspra e i toni anche duri, è pure vero che il rispetto per la persona non viene mai meno… Su questo, immagino, puoi concordare anche tu che, da quanto si intuisce, sei un sanguigno che sa contenere i toni, rispetta e si fa rispettare.

      • @ Cipriani

        Giuseppe sono d’accordo su tutto ciò che dici. Io te e Flavio siamo come ospiti autoinvitatisi alla cena con delitto, dove la vittima da ammazzare è il darwinismo, ma è chiaro che dobbiamo essere grati a Pennetta.

      • @Pennetta

        Dott. Pennetta ho già risposto a Simon che il mio post era in reazione al suo discorso sul riso di ieri. Nessun sito è stato creato per ridere di voi, se qualche utente sparso eccede nel sarcasmo è responsabilità sua, può succedere qui come da altre parti.
        Da parte mia la ringrazio di ospitare anche utenti dissidenti come me o altri.

    • Carmine,
      puoi immaginare tutte le mutazioni che vuoi ma se queste vanno contro le leggi della termodinamica cioè, in particolare, non ottimizzano la produzione di entropia, esse sono destinate a sparire immediatamente. In seguito nella relazione tra individuo mutato ed il suo ambiente la “soluzione” che madre natura provvederà sarà una che massimizza questa produzione e questo non avviene sempre colla vittoria del più adatto: la nozione di vittoria del più adatto ha senso in sistemi termodinamici chiusi, dove il più forte, il più grosso è quello che vince. In sistemi aperti sono le strutture cooperative che vincono, quindi non individui in quanto tali, ma strutture più complesse.
      Il caso non esiste: esistono leggi della natura e qualunque processo evolutivo deve per forza soddisfare ad esse, ed in particolare a quelle della termodinamica: quindi al più presto la si smette con le favole (neo-)darwiniste e al più presto ci si concentra su un discorso davvero scientifico, senza il deus ex machina del caso, il più presto le teorie dell’evoluzione assurgeranno a discorso scientifico.
      Quindi studiati il discorso scientifico, caro Carmine, prima di stare a criticare, visto che non hai neanche letto quel che ti si dice: è questo tipo di approccio come il tuo che fa dire che i (neo- )darwinisti credono in favole non scientifiche e che i loro siti fanno ridere chi di scienza se ne intende.

      • @ Simon

        Simon quando posti argomenti tecnici i tuoi post sono più graditi, non come quello di ieri quando hai parlato di riso. E’ a quello che ho reagito, cogliendo l’occasione che tu non pare abbia realmente compreso il darwinismo. Ma in particolare ho voluto difendere il valore storico e scientifico dell’anatomia comparata, qui non centra niente il caso anzi, è una disciplina bellissima proprio perché razionale.
        Poi chiarisco che il mio non era un attacco personale, se ti fossi offeso ti chiedo scusa.
        Sulle questioni avremo modo di discutere.

        • I miei interventi sono sempre “tecnici”, compresi quelli sul riso e anche quando espressi in modo super light.
          Il riso è uno dei modi di argomentare possibili quando si è di fronte a delle tesi contraddittorie: permette di evidenziare immediatamente quel che, a volte, centomila discorsi non riescono a fare per l’incapacità dell’interlocutore di rendersi conto delle inconseguenze delle proprie proposizioni.

  22. Giorgio Masiero ha scritto:
    “Santo Dio, amici tutti, quando cominceremo a lasciar perdere la religione negli articoli di scienza e parlare solo di scienza?”
    .
    Non solo mi associo, ma sto prendendo in considerazione la possibilità di regolamentare le discussioni in tal senso.

    • Giuseppe Cipriani on

      Se lo farai, mi fido di te, Enzo. E proprio per questo immagino che regolerai in ugual misura tutti gli interventi, indipendentemente dalla campana che suonano… Magari perderemo un po’ di freschezza e spontaneità, ma con dei paletti saremo TUTTI più bravi.

      • Sì, Giuseppe, perché il punto non è che si parli pro o contro la religione, ma il fatto che in questo modo si snaturano le discussioni. Prendiamo questo caso ad esempio, il punto è se il pip sia o no un accenno di linguaggio, e su questo si dovrebbe discutere senza tirare sempre in ballo la religione.
        Mi sembra di essere in uno di quei bar dove, da qualunque discorso si parta, alla fine ci si ritrova a parlare di calcio…

    • Caro Enzo, temo che sia impossibile trattare temi scientifici quali l’evoluzionismo, le questioni eticamente sensibili, i reperti miracolistici, l’omosessualità, gli argomenti storici, la geopolitica, la filosofia, ecc, ecc… senza entrare nelle implicazioni ideologiche delle varie parti in gioco.

      • Flavio, certamente se l’articolo offre in sé spunti che si ricollegano alla religione gli interventi su tale argomento saranno pertinenti, ma si tratta di casi limite, in realtà neanche sulla Sindone si dovrebbero leggere considerazioni teologiche o simili, si dovrebbe parlare solo di archeologia, poivsu temi come l’evoluzione la peculiarità di CS vuole essere quella di non debordare dalle argomentazioni tecniche o sociologiche del darwinismo sociale per finire su aspetti legati alla religione, se non per ribadire che i due campi sono distinti e fare inferenze nei due sensi è errato.
        Questo vale anche per temi come la manipolazione delle notizie o l’omosessualità nella visione sociologica attuale, gli aspetti religiosi non sono quelli che riguardano un sito che si chiama Critica Scientifica.
        Per i discorsi sulla religione ci sono altri siti, una volta c’era una bella realtà chiamata UCCR, poi non so cosa gli è successo, comunque ce ne sono sicuramente altri, per non parlare delle numerose pagine di facebook, per chi vuole le possibilità non mancano.

        • Enzo, qual è il punto in comune tra tutti quelli che firmano gli articoli di CS? La fede religiosa. E non a caso i temi affrontati riguardano nella maggior parte dei casi questioni controverse per la religione o controverse nel rapporto con le altre forme di pensiero. Le faccio un esempio: in un argomento estraneo a queste controversie, cioè il Global warming, in un sito esclusivamente scientifico ci si aspetterebbe di trovare un’intervista con qualche esperto in materia, invece io come prima cosa m’imbatto in un articolo dal titolo: Il Papa e il Global Warming. Se poi faccio una verifica ed inserisco la parola “Papa” nella casella di ricerca , mi appaiono ben 61 risultati, per la parola “Chiesa” 95 risultati, per medicina 80, neuroscienze 39, Einstein 53, Gesù 31, Cristo 35, scienziato 158, sacerdote 25, medico 48 e fede 224! Insomma, per esser un sito scientifico direi che si spazia abbastanza! Con questo non voglio criticare le vostre scelte, anzi… io trovo spunti interessanti e penso che tutti stiamo imparando qualcosa dalle nostre discussioni. Se mi permette però un consiglio, le direi di non nascondervi, perchè non trovo niente di strano nel fatto che vogliate difendere la dottrina o la posizione della Chiesa sui diversi argomenti sensibili, principalmente scientifici ma anche di altro tipo. Troverei invece molto strano se, pur continuando su questa linea, non vorreste riconoscere i vostri propositi.

    • Il problema che incontrerai, Enzo, è che la nozione di caso addotta da questi signori è infra-scientifica, in quanto non falsificabile per definizione. Come le regolamenterai queste discussioni?
      😉

      • Ciao Simon, sull’argomento “caso” si può discutere fino alla noia (limite che per me personalmente è già stato superato) .
        Se si vuole esprimere il concetto che il ritenere il caso come possibile agente dietro un fenomeno inspiegato, e contro ogni calcolo delle probabilità, significa farne una credenza religiosa, questo non è parlare di religione ma proprio il contrario, cioè denunciare che si va oltre il campo della scienza pensando di fare ancora della scienza.

        • Giuseppe Cipriani on

          Che ne dici Enzo, non si potrebbe anche regolamentare che definire il darwinismo una religione è scorretto e irrispettoso quanto definire la vostra posizione scienza creazionista?
          Perché se invece certi slogan continueranno a essere consentiti, allora non vedo il motivo di tanti paletti, visto che il confine netto tra le questioni scienza e fede non l’ha stabilito ancora nessuno, almeno in una discussione a livello amatoriale come questa.

          • Il darwinismo non è di certo una religione, ma è una favola: cioè non spiega niente ma ha sempre bisogno di colpetti di bacchetta magica per far avanzare il proprio discorso (il misterioso caso, la fata selezione cieca come la Fortuna, etc).

            Però ce ne sono tanti che fanno di questa favola una religione.

            La sola soluzione è lasciar perdere la favola e cominciare a fare scienza per davvero.

          • Giuseppe Cipriani on

            Oh, è arrivato il solutore del problema… Amici scienziati tutti, di tutte le parrocchie, che ancor credete alla favola di Darwin e a tutte le successive evoluzioni della stessa, voi che magari della stessa avete fatto la vostra religione, ascoltate tal Simon de Cyrène, che ha la soluzione giusta che nessuno aveva pensato: cominciare a fare scienza per davvero. Se mi permetti questo è patetico (fase delle stalle, eh?).

          • Giuseppe, come ho ribadito più sotto, è da sempre che diciamo che per affrontare la questione dell’origine delle specie bisogna abbandonare le favole darwiniste il cui elemento di base sono le mutazioni casuali.
            Sono anni che parliamo di “Just so stories” alla Kipling, perché adesso questo atteggiamento verso Simon?

          • Giuseppe Cipriani on

            Mutazioni casuali? Pensa che persino io ho capito che quando si parla di mutazioni casuali si intende anche che non sono finalistiche, non che sono saltate fuori dal cilindro del grande prestigiatore.
            Verso Simon uso la satira che ti è tanto cara talvolta.

        • Giuseppe Cipriani on

          Che ne dici Enzo, non si potrebbe anche regolamentare che definire il darwinismo una religione è scorretto e irrispettoso quanto definire la vostra posizione scienza creazionista?
          Perché se invece certi slogan continueranno a essere consentiti, allora non vedo il motivo di tanti paletti, visto che il confine netto tra le questioni scienza e fede non l’ha stabilito ancora nessuno, almeno in una discussione a livello amatoriale come questa.

          • Giuseppe, attribuire al caso un potere onnipotente è una credenza miracolistica, dire religiosa effettivamente sarebbe concedergli troppo.
            Quindi possiamo dire che effettivamente il darwinismo non è una religione ma una credenza miracolistica, una favola se vogliamo, come dice Simon.
            Ma non capisco la tua reazione, è dalla nascita di CS che lo diciamo.

          • Giuseppe Cipriani on

            Scusa, Enzo, a questo punto ritengo che anche tu sia in malafede: caso onnipotente non lo dice nessuno dei darwinisti, se intendiamo con darwinisti tutti gli scienziati che mettono assieme la ricerca sui fronti delle diverse materie che compongono il puzzle dell’evoluzione… Se tu sostieni che si tratta di caso onnipotente credo che sei il primo a non crederci, ché se ci credi allora devi un pochino tornare a studiare… il caso in questione.
            E su prese di posizione come questa, dogmatiche e con le fette di salame sugli occhi, per me perdete molti punti di credibilità.

          • Giuseppe, il termine caso onnipotente non lo usa nessuno dei darwinisti, e ci credo!
            Si tratta evidentemente di un modo ironico per indicare che ad esso si attribuiscono eventi miracolosi, il verificarsi di combinazioni la cui improbabilità sfida l’età stessa dell’universo, è un po’ come quando Fred Hoyle sfotteva Lemaitre chiamando la sua teoria “Big bang”, il grande botto…

          • Giuseppe Cipriani on

            Bon, il darwinismo oggi, dopo 150 anni di studi è arrivato a credere ad eventi miracolosi…
            Voglio essere altrettanto superficiale, per non dire banale: ce n’è abbastanza per mettere su una bella discussione scientifica, eh?

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