La donna che disse no a Truman

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“Guernica” (P. Picasso, 1937)

Due settembre 1945, con la firma della resa da parte del Giappone finiva la Guerra nel Pacifico.

70 anni fa venivano esplose due bombe atomiche contro gli abitanti di Hiroshima e di Nagasaki. Esiste un fine che renda moralmente lecito uccidere l’innocente? e, in secondo luogo, quali erano i fini precisi perseguiti con quell’azione?

 

Il mattino del 6 agosto 1945 alle ore 8.15 un B-29 dell’aeronautica militare americana sganciò una bomba atomica su Hiroshima. L’esplosione avvenne a 580 m dal suolo, con una potenza equivalente a 13.000 tonnellate di tritolo ed uccise sul colpo 75.000 persone, per la maggior parte donne, bambini e anziani. Circa il 90% degli edifici venne raso al suolo, tra cui tutti i 51 templi della città. Padre Arrupe, il futuro generale dei gesuiti, si trovava nella città e racconterà: “Alle 8.15 ero nella mia stanza con un altro prete, quando improvvisamente vedemmo una luce accecante, come un bagliore al magnesio. Non appena aprii la porta che si affacciava sulla città, sentimmo un’esplosione formidabile, simile al colpo di vento di un uragano. Allo stesso tempo porte, finestre e muri precipitarono su di noi in pezzi. Salimmo su una collina per avere una migliore vista. Da lì potemmo vedere una città in rovina: di fronte a noi c’era una Hiroshima decimata. Poiché ciò accadde mentre in tutte le cucine si stava preparando il primo pasto, le fiamme, a contatto con la corrente elettrica, entro due ore e mezza trasformarono la città intera in un’enorme vampa. Non dimenticherò mai la mia prima visione dell’effetto della bomba atomica: un gruppo di giovani donne, di diciotto o venti anni, che si aggrappavano l’una all’altra mentre si trascinavano per strada. Continuammo a cercare un qualche modo di entrare nella città, ma fu impossibile. Facemmo allora l’unica cosa che poteva essere fatta in presenza di una tale carneficina di massa: cademmo sulle nostre ginocchia e pregammo per avere una guida, poiché eravamo privi di ogni aiuto umano. L’esplosione ebbe luogo il 6 agosto. Il giorno seguente, il 7 agosto, alle 5 di mattina, prima di cominciare a prenderci cura dei feriti e seppellire i morti, celebrai Messa nella casa. In questi momenti forti uno si sente più vicino a Dio, sente più profondamente il valore dell’aiuto di Dio, anche se nei fatti ciò che ci circondava non incoraggiava la devozione per la celebrazione della Messa. La cappella, metà distrutta, era stipata di feriti che stavano sdraiati sul pavimento molto vicini l’uno all’altro mentre, soffrendo terribilmente, si contorcevano per il dolore” (Remembering Hiroshima: Pedro Arrupe’s Story, 1985).

Tre giorni dopo, alle 11.02, seguì il lancio da un’altra fortezza volante di un ordigno simile su Nagasaki. Questo esplose 4 km a nord-ovest del punto programmato: l’errore salvò gran parte della città, che era protetta dalle colline circostanti. Solo 40.000 dei 240.000 abitanti di Nagasaki vennero uccisi all’istante, mentre 55.000 rimasero feriti. Per la gravità dei danni provocati all’uomo e all’ambiente, immediati, a lungo termine e permanenti; per le implicazioni morali dell’uso di armi di distruzione di massa rivolto deliberatamente contro i civili; e per il fatto che si trattò del primo e unico utilizzo in guerra di tali armi, i due attacchi di Hiroshima e Nagasaki appaiono gli episodi bellici più significativi dell’intera storia dell’umanità.

11 anni dopo, le autorità dell’università di Oxford, in Inghilterra, proposero di conferire la laurea honoris causa al primo mandante dei bombardamenti atomici, il presidente USA Harry Truman. Suscitando lo scandalo locale della massa dei professori plaudenti e quello globale dei mass media univociferanti, una giovane filosofa con un incarico di ricerca all’ateneo si dissociò dal coro, seguita da tre colleghi: si chiamava G.E.M. Anscombe. Chi era costei?

Gertrude Elizabeth Margaret Anscombe (Limerick 1919 – Cambridge 2001) è stata una delle più profonde pensatrici del XX secolo. Secondo alcuni, la più grande in assoluto tra i filosofi di sesso femminile di tutti i tempi. Ottenuta dopo il baccellierato l’ammissione all’università oxoniense, ella se ne ritirò presto a causa della “aridità filosofica” che a suo dire vi regnava, per trasferirsi a Cambridge. Qui poté seguire le lezioni di Ludwig Wittgenstein, di cui divenne l’allieva prediletta, tanto da esserne nominata esecutore testamentario per la cura e l’edizione delle sue opere, un compito notoriamente arduo per l’interpretazione del pensiero di Wittgenstein.

Per il geniale autore del Tractatus logico-philosophicus (1921), si sa, “i problemi filosofici insorgono quando il linguaggio va in vacanza” e fare filosofia significa prima di tutto curare il modo in cui usiamo le parole per presentare i concetti. Anscombe applicò la terapia analitica ed il rigore del linguaggio appresi da Wittgenstein in tutta la sua sterminata produzione filosofica, che ripercorre la storia della filosofia, la logica, l’etica, la filosofia della mente, la filosofia della religione, la filosofia della matematica e la filosofia politica. Quanto però il maestro viennese usò uno stile criptico e suggestivo, l’allieva di Limmerick si valse invece di uno chiaro e sistematico.

Presento subito al lettore, che non sia un esperto di filosofia analitica e della precisione con cui questa disseziona i concetti, due esempi del filosofare anscombiano riguardanti due aree precipue della filosofia, la gnoseologia e l’etica. Nel suo capolavoro, “Intenzione” (1957), la Anscombe critica il modo in cui i filosofi moderni (da Cartesio in poi) concepiscono la conoscenza, intendendola meramente come attività speculativa, passiva, “incorreggibilmente contemplativa”. Eppure, nemmeno la conoscenza delle nostre stesse azioni noi acquisiamo con la sola osservazione – ella evidenziò –, poiché non è con l’osservazione che conosciamo quali sono le nostre intenzioni, e tra chi osserva e chi intende e agisce c’è una differenza nella “direzione dell’adattamento” dell’azione al pensiero. Prendiamo una persona che scrive qualcosa ad occhi chiusi: forse l’esito non sarà un modello di calligrafia, ma osservando lo scritto tutti possiamo leggere e conoscere ciò che l’autore ha inteso scrivere. Ma questi come sa ciò che ha scritto? Di certo non con l’osservazione. Cosicché, ci sono due modi di conoscere, uno con l’osservazione ed uno senza: se ne trae che ci sono anche due oggetti diversi di conoscenza, uno dei quali non usa il metodo empirico. Elementare. I neuroscienziati a caccia dell’Io volente sono serviti.

Quanto all’etica, il fraintendimento della filosofia moderna non è minore. Concetti come dovere morale, moralmente giusto e moralmente sbagliato si sono ridotti oggi, per Anscombe, a rimasugli senza senso dell’antica idea giudaico-cristiana di Dio che detta la legge. Tolto Dio o tolta la differenza qualitativa naturalmente posta tra l’uomo e la bestia, stante nell’aristotelico concetto di “virtù”, dovere è diventata una parola dalla forza meramente ipnotica, “mesmerica”. I filosofi moderni, tuttavia, hanno cercato di dare contenuti ai suddetti concetti etici sradicati (da Dio e dalla natura umana) e, non riuscendovi, si sono indotti a fornire “un contenuto alternativo, alquanto torbido”, come ad esempio che l’azione giusta sarebbe quella che produce le migliori conseguenze possibili. Sebbene dichiaratamente differenti, di fatto tutte le filosofie morali contemporanee conducono a questo “consequenzialismo”, secondo un termine coniato da Anscombe e divenuto comune in etica. Ma, se così fosse, a proposito di un’azione malvagiamente perseguita ed involontariamente produttiva d’una qualche utilità, dovremmo dire piuttosto che è stata onesta… Con un collega che così interpretava l’etica, Anscombe sbottò: “Io non voglio discutere con lui, mostra una mente corrotta”.

La “Dragon Lady”, come colleghi e studenti iniziarono a chiamare la nostra eroina mischiando ammirazione a British understatement, cercò la base dell’etica laica nel ritorno ai concetti aristotelici della ragion pratica e della virtù e scoprì l’impossibilità di fondare la filosofia morale senza la filosofia della mente e senza indagare concetti come “azione”, “intenzione”, “piacere” nel loro significato non etico. La conversione al cattolicesimo, avvenuta insieme ad un altro filosofo analitico, Peter Geach, che sarebbe diventato suo marito, innervò il suo aristotelismo con il tomismo. La coppia, oltre a 7 figli, generò un gioiello della filosofia contemporanea: “Three philosophers: Aristotle, Aquinas, Frege” (1976). A questo testo si deve molto se la metafisica è oggi entrata di pieno diritto nella filosofia analitica.

Quando nel 1956 fu avanzata ad Oxford la proposta di conferire a Truman la laurea onorifica in conseguenza della brillantissima chiusura della guerra in Asia provocata dalla sua decisione di usare le armi atomiche contro il Giappone, la Anscombe opponendosi non fece altro che applicare la propria dottrina etica contro il consequenzialismo. Ed usò un suo diritto-dovere, perché come docente in quell’antica università faceva parte della Congregation (l’istituzione medievale che governa l’università), abilitata ad approvare i riconoscimenti a personalità esterne. Così, davanti a tutto il personale accademico ed ausiliario, ella si alzò, recitò la formula latina per chiedere la parola al Chancellor e, avutala, intervenne per motivare il suo dissenso. Illustrò i massacri di Hiroshima e Nagasaki, paragonò Truman a Nerone, Gengis Khan e Hitler, e interrogò i magistri oxoniensi a quali altri mostri sterminatori progettassero di conferire la laurea honoris causa in futuro…

Prima delle considerazioni etiche, Anscombe operò, come si deve in filosofia analitica, una divisione al bisturi tra “merito” e “distinzione”, per spiegare che non basta essere un personaggio distinto, a cagione del proprio incarico di spicco, per meritare un titolo onorifico. Per il capo di una nazione svolgere con cura il suo prestigioso lavoro non costituisce titolo di merito maggiore che per ogni altro lavoratore svolgere onestamente il proprio, umile quanto si vuole. Quanti bravi falegnami e bottegai hanno ricevuto o riceveranno l’honoris causa da Oxford? Pura Etica Nicomachea! Poi la Dragon Lady entrò nello specifico dei modi usati dal presidente Truman nello svolgimento della sua missione nipponica.

Innanzitutto c’è un principio morale che fu violato: non uccidere l’innocente per alcun fine. Richiamando la Lettera paolina dove si legge: “Forse, come alcuni ci calunniano di predicare, dovremmo fare il male perché ne derivi un bene? Su costoro cade una giusta condanna” (Rm. 3, 8), la Anscombe attaccò: “Per me, scegliere di uccidere l’innocente come mezzo per perseguire qualsiasi tipo di fine è sempre assassinio, e l’assassinio è una delle peggiori azioni umane. La proibizione di uccidere deliberatamente i prigionieri di guerra o la popolazione civile non è una bazzecola come il regolamento della boxe: la sua forza non dipende dall’essere stata promulgata in una legge parlamentare, o dall’essere stata scritta, convenuta e sottoscritta dalle parti interessate. E quando dico che scegliere di uccidere l’innocente come mezzo per il proprio fine è assassinio, sto dicendo qualcosa che dovrebbe essere generalmente accettato come corretto. Potreste chiedermi qual è la mia definizione di ‘innocente’. Ve la darò dopo. Ma qui non è necessario, perché con Hiroshima e Nagasaki noi non siamo davanti ad un caso limite: nel bombardamento di queste città si è certamente deciso di uccidere l’innocente per perseguire un fine”. Del resto, non era stato proprio il Presidente USA in carica nel 1939, allora nella sua qualità di comandante in capo di una potenza neutrale, a sollecitare allo scoppio della guerra in Europa l’assicurazione di tutti i paesi belligeranti che le popolazioni civili sarebbero state risparmiate?

È vero che Dio, o l’interdipendenza cieca di tutti gli eventi dell’universo, può trasformare il male da noi operato in bene: ma noi non siamo Dio, né controlliamo l’intreccio degli eventi dell’universo! Noi non possiamo fare il male per conto di Dio o del caso, né il bene che eventualmente ne deriva s’iscrive al nostro merito. Ciò che facciamo, con piena avvertenza della mente e deliberato consenso della volontà, non è mai fatto né da Dio né dall’entanglement fisico, e quel che ne deriva non viene da noi.

In secondo luogo, qual è il fine per cui sono state perpetrate le due stragi degli innocenti dell’agosto ‘45? Qui Anscombe vide uno sfregio sgraziato, quasi invisibile, nella carrozzeria fiammante della macchina dell’informazione allestita dalla disinformazione politica; percepì una piccola nota stonata, quasi impercettibile, nella marcia trionfante concertata dai suonatori della fanfara yankee. Nell’esaminare il fine, Anscombe non si affidò alla dietrologia, non speculò se la decisione di sganciare le atomiche (l’una all’uranio e l’altra al plutonio) fosse stata intrapresa col fine militare di collaudare i nuovi tipi di arma, o col fine politico di mandare un messaggio alquanto preciso agli alleati rivali, i sovietici, sulla potenza americana in vista della spartizione dell’Europa, ecc. No, Anscombe attaccò direttamente il motivo ufficiale addotto dall’amministrazione USA, vale a dire il fine di salvare un maggior numero di vite che il prolungarsi della guerra col Giappone avrebbe inevitabilmente sacrificato, date le condizioni.

È questo il punto chiave: date le condizioni. Prima però di analizzare le condizioni date, Anscombe volle mettere in chiaro una cosa: lei non è un’anima bella mossa da sentimentalismi, né tantomeno una pacifista; anzi il pacifismo è una “falsa dottrina”, poiché lo stato ha “l’autorità di ordinare deliberatamente di uccidere al fine di proteggere la sua gente o di contrastare terribili ingiustizie […], perché la legge senza la forza è inefficace, e gli esseri umani senza legge sono miserabili”.

Le condizioni date (dagli americani ai giapponesi) erano, semplicemente, una resa senza condizioni:

  • Per gli americani il problema non era più, da molto tempo, di sconfiggere i giapponesi. La guerra si era svoltata alle Midway (4-6 giugno ’42), allorché la distruzione della flotta nipponica aveva spalancato le porte all’invasione delle isole del Sol Levante, come e quando gli americani avessero voluto, completati i preparativi. E questi avevano subito un’accelerazione con la disfatta nazista consumatasi nei primi 4 mesi del ’45, che permetteva finalmente di concentrare lo sforzo militare a Oriente.
  • Né per gli americani si trattava di convincere i “gialli” ad un armistizio per trattare la pace. Al contrario, nonostante tutti i tentativi dei giapponesi, perseguiti anche tramite la mediazione russa, erano gli americani a non voler trattare la pace.
  • Per gli americani, prima della pace, doveva essere vendicato il proditorio attacco di Pearl Harbor (7 dicembre ’41). E ciò non poteva avvenire senza un attacco altrettanto vigliacco, ma cento volte più pesante, a rimarcare le proporzioni reali dei contendenti. Quale scelta più felice di Hiroshima, nella cui baia l’ammiraglio Isoroku Yamamoto aveva 4 anni prima brindato al successo del suo piano alle Hawaii?
  • Per gli americani, la parola pace non aveva il significato autentico di contesto armonico pattuito tra popoli, ma piuttosto quello della pax di tacitiana memoria, come equilibrio unilateralmente imposto di egemonia assoluta, in questo caso USA, su tutta l’area pacifica, dall’America alla Cina passando per l’erigendo protettorato sul Giappone assoggettato.

Insomma, lo strombazzato “maggior numero di vittime salvate” va calcolato non rispetto al fine della pace, che in Asia era a portata di mano da mesi senza più colpo ferire, ma piuttosto al fine del riconoscimento di una potenza illimitata, passante attraverso l’umiliazione dell’avversario.

A conclusione del suo discorso, Anscombe espresse la propria solidarietà al Censor del collegio di Santa Caterina (cui competeva redigere le motivazioni della laurea a Truman), per il pesante incarico di dover dimostrare che “un paio di massacri a credito di un tizio non sono una ragione sufficiente per negargli l’onorificenza; un ragionamento, forse, che non sarebbe stato bene accolto a Norimberga” e si scusò di non poter partecipare alla cerimonia di consegna del titolo: “Avrei paura di partecipare al rito, per l’eventualità che la pazienza di Dio finisse improvvisamente”.

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GIORGIO MASIERO: giorgio_masiero@alice.it Laureato in fisica, dopo un’attività di ricercatore e docente, ha lavorato in aziende industriali, della logistica, della finanza ed editoriali, pubbliche e private. Consigliere economico del governo negli anni ‘80, ha curato la privatizzazione dei settori delle telecomunicazioni, agro-alimentare, chimico e siderurgico, e il riassetto del settore bancario. Dal 2005 interviene presso università italiane ed estere in corsi e seminari dedicati alle nuove tecnologie ICT e Biotech.

82 commenti

  1. Bell’articolo professor Masiero.
    Quando però ho letto: “l’errore salvò gran parte della città, che era protetta dalle colline circostanti…” non sono molto d’accordo. Nagasaki era la città col maggior numero di cattolici di tutto il Giappone, e in quel giorno ne furono eliminati i due terzi. Nel 1929, di 94.096 cattolici nipponici ben 63.698 erano di Nagasaki. Chissà, magari è stato davvero un caso a voler scegliere proprio quella città, ma si sa cos’è il caso…
    A parte questo, un ottimo articolo.
    Una formidabile donna la Anscome, davvero.

    http://www.ilgiornale.it/news/politica/dubbio-atroce-bomba-su-nagasaki-punire-papa-1159529.html

    http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/173602

    • MenteLibera65 on

      L’articolo del Giornale non riporta alcuna prova circa la scelta della città in funzione anti-cattolica, se non il parere di un cardinale.
      Per meglio dire tutto l’articolo cita assolute presunzioni del giornalista e del cardinale stesso, il quale non mi risulta fosse generale amercano o personaggio di spicco durante la seconda guerra mondiale, visto che nel 1945 aveva 17 anni.
      La storia racconta che gli obiettivi della seconda bomba fossero altri, e solo per ragioni tecniche alla fine risultò Nagasaki. Non ultimo motivo fu il maltempo che impedì che la bomba fosse sganciata su Kokura, dopo che l’areo ormai a corto di carburante aveva fatto ben 3 giri sulla città.
      Per quanto riguarda la mera logica e buon senso, pensare (senza averne uno straccio di prova) che in mezzo alla seconda guerra mondiale, con la minaccia comunista-sovietica all’orizzonte, gli Stati Uniti si mettessero ad inimicarsi volontariamente la chiesa cattolica, le centinaia di milioni di cattolici mondiali e le decine di milioni di cattolici americani, è veramente complottismo allo stato puro, da romanzo di appendice.
      Di certo le atomiche furono una dimostrazione di potenza ed onnipotenza americana, rivolte più all’unione sovietica che alla soluzione della guerra in se.
      In ogni caso giudicare oggi (a freddo) la situazione nella quale certe decisioni vennero prese, a valle di 5 anni di guerra e milioni di morti, è una simulazione che andrebbe fatta usando mille cautele, senza sparare sentenze.
      La Anscome fece una analisi fattuale (cioè fondata sui fatti) degli eventi , alla quale va riconosciuta una logica dificilmente attaccabile dal punto di vista dei moventi ultimi che spinsero a tale azione, ed essa stessa ha il merito non secondario di aver vissuto quei periodi e poterli valutare anche dal punto di vista psicologico.
      Tutte le dietrologie ulteriori che vogliono cercare significati ancora più reconditi sono solo illazioni vittimiste da Bar dello sport.

      • Beh, se davvero uno degli “obbiettivi” dello sgancio di quel secondo ordigno fosse stato un certo gruppo religioso (magari per far spaventare e desistere papa Pio XII, a causa delle sue posizioni durante la seconda guerra mondiale) gli USA non potevano di certo pubblicarlo sui giornali. Si immagina le reazioni ?
        Comunque, lei creda un po’ a quello che le pare. Come ha ben scritto si tratta di presunzioni, ma ciò non significa che siano basate su fatti falsi. Una prova c’è, ed è la morte dei due terzi dei cattolici giapponesi.
        Non sarebbe mica la prima volta che il cattolicesimo avrebbe subito un attacco simile. La storia insegna…

      • “In ogni caso giudicare oggi (a freddo) la situazione nella quale certe decisioni vennero prese, a valle di 5 anni di guerra e milioni di morti, è una simulazione che andrebbe fatta usando mille cautele, senza sparare sentenze.”
        .
        Mi sembra una difesa un po’ d’ufficio cavarsela con il legare il giudizio sul crimine di Hiroshima e Nagasaki alle circostanze.
        Senza timore di “sparare sentenze” affermo che si è trattato di uno dei più abietti crimini contro l’umanità di ogni tempo.

        • Paolo da Genova on

          “Giudicare oggi (a freddo) la situazione nella quale certe decisioni vennero prese” OGGI E’ LA REGOLA, alla Chiesa Cattolica si rinfacciano episodi di 1500-1600 anni fà (es. Ipazia)…

        • MenteLibera65 on

          Forse non ho espresso compiutamtene il mio giudizio.
          Io concordo con quello che dice la Anscome, la quale , tra l’altro era contemporanea dei fatti.
          Dico solo che l’umore mondiale del 1945 è difficilmente valutabile oggi, il che non giustifica i fatti ma serve solo descrivere il contesto.
          In ogni caso concordo con te sui crimini contro l’umanità, in particolare sulle due atomiche.
          Vorrei però che tra i crimini verso l’umanità fossero inseriti pure quelli fatti nei secoli in Europa dalle varie fazioni delle chiese cristiane, inclusa quella Cattolica (a partire dalla caccia alle streghe) allo scopo di difendere la fede.
          Pure in quei casi il tanto nominato “contesto storico” non può valere, ed i fatti vanno giudicati per quello che sono.
          Certo che della Bombe Atomiche ci sono le immagini televisive e l’evidenza del fatto, mentre gli eventi di 500 o 1000 anni fa sono sempre contestati da qualcuno che riporta le parole di qualcun’altro etc etc , sicchè alla fine tutto diventa opinabile, e la storia si trasforma in una opinione (vedi massacro di Béziers). La storia sarà anche scritta dai vincitori, ma rispetto agli eventi di 1000 anni fa, chi era il vincitore di quel periodo ? Di certo non erano gli atei…
          Per quanto mi riguarda, ogni uccisione inutile è un crimine. Ed è una aggravante essere autori di questo crimine e pretesi portatori di un messaggio d’amore. In questo caso è un crimine ipocrita, che nulla ha a che vedere con la Fede in Dio e Gesù Cristo.
          Salve!

          • Giorgio Masiero on

            Sorvolando sul resto delle Sue considerazioni, MenteLibera, che mi trovano in gran parte d’accordo, mi ha colpito la Sua dichiarazione che “ogni uccisione inutile è un crimine”. Questo è proprio il genere di giudizi che Anscombe aborriva sul piano etico, bollandoli di consequenzialismo, e che giudicava un prodotto della corrutela morale moderna.

          • MenteLibera65 on

            Grazie Giorgio.
            Potresti approfondire un po meglio il concetto sul consequenzialismo ? Mi riprometto però di approfondirmelo da solo eh..ma mi colpisce molto quello che hai scritto.

          • Mentelibera65, siccome ha usato la parola “utile”, ha fatto intendere che allora esistono le morti “utili” e quelle “inutili”, per cui magari le morti “utili” non vanno condannate.
            Il fatto in sé di regolarsi in base all’utilità, cioè a quali sarebbero le conseguenze di una certa azione, è consequenzialismo.

      • Giorgio Masiero on

        La Anscombe, MenteLibera, si è posta una questione etica, prima che politica: esiste un fine che giustifica l’assassinio di innocenti? E si è risposta di no.
        Ecco, anch’io credo che questa sia la prima domanda che ciascuno di noi, in quanto uomo, si deve porre.
        In secondo luogo, ma solo in secondo luogo (e per chi risponde negativamente alla prima domanda), si è chiesta ai fini della legalità internazionale (convenzione di Ginevra): qual era il fine che si erano dati gli americani con quella doppia strage di innocenti? E la risposta che si è data fu: non la pace concordata, ma la resa incondizionata del Giappone.
        Dei 1.000 professori di Oxford, solo in 3 l’hanno seguita.

        • MenteLibera65 on

          Per morte utile , intendevo quelle uccisioni che vengono fatte per proteggere da danni peggiori (penso alla uccisione di un terrorista che stia sparando sullla folla o simili).
          Tutte le altri sono inutili. Però forse il termine “utile/inutile” non è appropriato. Diciamo “giustificabili/non giustificabili”.

          • Giustificabili moralmente o razionalmente?
            Un cristiano allora può causare una morte utile senza essere incoerente?

          • Mentelibera65 on

            Htagliato, mi sembra che se vai sul catechismo della chiesa cattolica ancora oggi la pena di morte o in ogni caso la morte è giustificabile qualora sia indispensabile a salvare altre vite umane. E se non lo è più in questa edizione, lo era certamente fino a qualche anno fa.
            D’altra parte se lei vedesse qualcuno uccidere 10 innocenti col mitragliatore , e avesse come unica possibilità di fermarlo quella di ucciderlo, che farebbe ? Salverebbe la sua vita o quella di 10 altri innocenti ?
            Salve

          • Giorgio Masiero on

            Non ricordo, MenteLibera, questo passo del catechismo che avrebbe permesso – contro la Lettera ai Romani – l’uccisione di innocenti per salvare un numero (presunto) superiore di vite. Le sarei grato, molto grato, se me lo potesse procurare.
            NB. Gli altri esempi da Lei citati sono esaminati ad uno ad uno in Intention, dove la Amscombe mostra la loro fallacia.

          • Giuseppe Cipriani on

            Senza andare troppo lontani, mi sovviene il racconto della morte di tutti i primogeniti (innocenti) d’Egitto per liberare il popolo d’Israele… Non so quanto sia storico il fatto, mi basta che sia riportato come verosimile e sacrosanto, necessario. E quindi giustificato (dallo stesso Dio che ha dato origine al critianesimo).
            Chiedo come lo si deve/dovrebbe leggere alla luce delle molte considerazioni esposte in questa discussione.

          • Giorgio Masiero on

            L’etica, Cipriani, riguarda la distinzione tra le azioni umane giuste e quelle sbagliate. Ma sempre di azioni umane si tratta. Non delle azioni di Dio (per chi ci crede), che riguardano invece la teologia.
            L’etica laica, per giunta, che è quella trattata in questo articolo nell’ottica di Anscombe, riguarda l’etica fondata su basi filosofiche, non religiose.
            Quindi la questione posta in questo articolo è: è moralmente lecito all’uomo in quanto uomo uccidere l’innocente per qualche fine?
            In filosofia analitica, la questione ha 3 possibili risposte:
            sì, in qualche caso;
            no, mai;
            la questione è priva di senso.

    • Giorgio Masiero on

      Grazie, Salvo.
      I numeri che ho riportato per Nagasaki si riferiscono ai “morti sul colpo”, e non tengono conto di coloro che sono morti nei giorni, settimane, mesi e anni successivi. Già nei primi 2 mesi, la cifra sale a circa 80.000. Per quanto riguarda la fonte, ho attinto all’Atomic Heritage Foundation (http://www.mphpa.org/history).
      E’ vero che Nagasaki e Hiroshima erano tra le capitali del cattolicesimo giapponese, ma non ci sono prove che questo fattore sia stato valutato nelle scelte dell’amministrazione USA. Anche l’ammiraglio Yamamoto del resto era cattolico, come molte delle vittime americane del suo attacco a Pearl Harbor.

  2. Paolo da Genova on

    Grande filosofa, madre di 7 figli, senza paura di fronte al potere, davvero notevole. Hanno dedicato film a donne decisamente meno interessanti…

    • Giorgio Masiero on

      Grazie, Paolo. Le figure che il cinema, e in generale i media, propongono in Occidente come “eroi” moderni, sia femminili che maschili, mi sembrano sul lato morale più negative che positive. Ma forse sbaglio…

        • Giorgio Masiero on

          Mi hai dato un compito troppo facile, HTagliato! Ho qui davanti la programmazione di Sky e nei Top 10 del cinema non riesco a trovare un film, dico uno, che proponga il rispetto della legalità, la non violenza, la moderazione sessuale, la pericolosità della droga e dell’alcol, il disinteresse, l’amore per il prossimo, il non perseguimento del successo a tutti i costi, un senso del vivere, ecc.
          Idem per i Top 10 delle Serie TV.
          Tu vai mai al cinema con fratellini o cuginetti? che cosa gli fai vedere?

          • Ha ragione, violenza e sballo hanno schiacciato in numero quei pochi film che vorrebbero dare una morale.
            Al cinema nemmeno i supereroi sono più affidabili (forse non capirà i seguenti riferimenti ma il senso di ciò che sto per scrivere è chiaro): i film con i supereroi dovrebbero essere indirizzati soprattutto ai ragazzini se non ai bambini, giusto?
            Eppure Ironman non si fa problemi a dire “figlio di p…”, Wolverine è spinto da…boh, volontà di potenza?
            L’ultima versione di Superman è un eroe molto triste e mi chiedo: ma non dovrebbe essere un’attività gioiosa battersi per il prossimo?
            I casi sono due: o i film per ragazzini in realtà sono per nerd ventenni o trentenni, ma allora nella nostra epoca non si vuole mai crescere, oppure i film per ragazzini sono davvero per ragazzini ma allora nessuno vuole più insegnare niente e se ne frega dei cattivi esempi.

  3. Grazie prof.Masiero
    Ricordare Anscombe è necessario.

    Si può citare G.Davila nel paragone Hiroshima Pearl-Harbor “L’atrocità della vendetta non è proporzionale all’atrocità dell’offesa, ma all’atrocità di chi si vendica.”

    • Giorgio Masiero on

      Grazie, Silvio.
      Anscombe è un gigante del pensiero. Cercherò di ricordarla anche in futuro, per altri succulenti episodi!

  4. Ringrazio Giorgio per avermi fatto conoscere questa persona eccezionale della Anscombe.
    Se nel dopoguerra in Europa, anziché dare riconoscimenti al crimine di guerra dei bombardamenti atomici, gli intellettuali avessero preso le distanze dalla condotta USA in Giappone, come fece la Anscombe, e assunto un atteggiamento meno subordinato, oggi forse non saremmo a fare i conti con le guerre che i nostri “alleati” stanno disseminando per il mondo e in particolare vicino l’Europa.

    • Giorgio Masiero on

      Grazie, Enzo.
      Sono d’accordo con te: su un migliaio di professori e ausiliari a Oxford, solo 3 hanno seguito la Anscombe, a prova che l’intellighentija è allineata col potere ovunque, sempre.

    • Siiii… prof. Lei sogna già a quei tempi il modo fi fare stampa alla Hearst nonché Quarto Potere di welles avevano già tracciato ben bene la strada. Anche oggi d’altro canto si vendono non fatti ma storie di fantascienza poiché solo questo possono essere i resoconti degli avvenimenti in Ucraina o in Siria

        • Ah quasi dimenticavo la trama da 007 chiedo a lei ma anche un po a tutti non so se avete notato che ultimamente gli impianti chimici cinesi saltano come petardi a Capodanno fatalità a meno di 24h dalla svalutazione dello yuan e della de-dollarizzazione in quelle aree

  5. Alessandro Giuliani on

    Grazie Giorgio per avermi fatto conoscere una grande pensatrice di cui ignoravo l’esistenza..

    C’è una ricchezza infinita da trarre da questi pensatori cattolici inglesi: Newman, Chesterton, Belloc, Lewis..e ora Anscombe…si convertono con un ‘itinerarium mentis’ e trovano una sintesi formidabile di fede, ragione e leggerezza di spirito…padri (e anche madri come apprendo ora) della Chiesa in incognito.

    • Mi accodo alle considerazioni di Alessandro. A me in particolare è piaciuta la distinzione tra un modo di conoscere di tipo passivo-contemplativo e quello intuitivo spiegata in modo chiaro.

      • Giorgio Masiero on

        Grazie, HTagliato. Sì, ti capisco: deve essere una bella sorpresa per un fisico scoprire che ci sono delle cose, sotto gli occhi di tutti eppure invisibili, che si conoscono senza poterle osservare!
        Ma “Intention” di Anscombe riserva molte altre sorprese…

    • Giorgio Masiero on

      Grazie, Alessandro.
      E Tolkien dove lo metti? Perché, già che ci siamo, c’è un gustosissimo episodio in cui il teologo Lewis, dopo essere stato trovato in fallo logico dalla Anscombe su un tema molto importante, ha cambiato mestiere dedicandosi – per nostra fortuna – alla letteratura. E in particolare alla letteratura fantastica, insieme al suo amico e fratello nella fede, Tolkien (quello del Signore degli Anelli, Hobbit, ecc.)!
      Ma su questo episodio magari tornerò in futuro con un altro articolo dedicato a Anscombe. Che mente raffinata, che genio, ragazzi!

      • Paolo da Genova on

        A proposito di Tolkien, a proposito degli intellettuali e dei media sempre allineati col potere e a proposito dei temi oggi oggetto di propoganda e di nuove leggi, mi ha colpito una frase che ho letto qualche giorno fà: “tranquilli, la vittoria verrà dagli hobbit”.

        Mi ha colpito, perché amo moltissimo il mondo del Signore degli Anelli (il libro, non il film) e la frase mi ha fatto venire in mente Aragorn e il suo piccolo esercito, circondati e presi d’assalto da un’armata straripante, davanti ai cancelli di Mordor, oramai senza scampo. E la situazione che improvvisamente si ribalta, quando in tutt’altro luogo due piccoli hobbit compiono con sofferenza la loro missione, distruggendo l’Anello dell’Oscuro Signore. Una vittoria ottenuta con mezzi apparentemente folli…

        • Secondo lei chi potrebbero essere gli “hobbit che salvano il mondo” nella nostra realtà?

          • Paolo da Genova on

            Chissà! Sicuramente qualcuno di imprevedibile, o meglio ancora qualche fatto imprevedibile. In effetti, a rigore, nel Signore degli Anelli non sono nemmeno gli hobbit a salvare la situazione, nel senso che Frodo e Sam, solo con le loro forze e la loro volontà, non ce l’avrebbero fatta. Ma arriva Gollum che, pur odiandoli, pur cercando di fare solo il suo interesse, finisce per fare lui, paradossalmente, PROVVIDENZIALMENTE, quello che loro non riuscivano a fare.

  6. Grazie per questo bellissimo articolo e per avermi fatto conoscere questa filosofa!
    Sono rimasto con una curiosità, ovvero qual è la definizione di innocente secondo la Anscombe?

    • Giorgio Masiero on

      Grazie, Giovanni.
      Chi è l’innocente secondo la Anscombe? Bella domanda, che meriterebbe una risposta adeguata: ma questo dei commenti non è il posto giusto, per cui devo rinviarLa al discorso della Anscombe rintracciabile facilmente in internet.
      Se si accontenta di una definizione ultrasintetica, Le dirò che la definizione di “innocente in guerra” coincide per Anscombe con ogni persona “non direttamente dannosa”: tali sono per es. i contadini (anche se col loro lavoro producono le derrate alimentari che mantengono in vita l’esercito nemico) o anche i soldati prigionieri (che scappando potrebbero diventare pericolosi).

  7. Un articolo molto interessante che mi ha permesso di conoscere una donna veramente notevole. Grazie Prof. Masiero!

  8. Piccole precisazioni:

    Stalin sapeva dell’uso imminente della bomba atomica già dall’incontro a Potsdam.

    Poco più di un mese prima dello sgancio delle bombe atomiche sul Giappone, si era conclusa la battaglia di Okinawa, dove il numero di perdite su entrambi i fronti superava quello delle vittime (almeno di quelle “istantanee”) di entrambi i bombardamenti atomici.

    L’occupazione dell’arcipelago giapponese era stato pianificato per l’ottobre del 1945, ed effettivamente non fu messo in pratica proprio in seguito al lancio delle bombe atomiche.

    Nessuna considerazione etica, ma solo oggettività storiche.

    • Giorgio Masiero on

      Grazie, Giuseppe, del Suo contributo, che conferma il giudizio di Anscombe: certamente se il fine Usa era di ottenere la resa incondizionata del Giappone i massacri di Hiroshima e di Nagasaki hanno – militarmente e non moralmente parlando – comportato un risparmio di vite. Non però se il calcolo si effettua al fine di una pace concordata.
      In secondo luogo, mi piacerebbe conoscere la Sua valutazione morale.

      • Guardi professore, sebbene sia consapevole che rispondere ad una domanda con un’altra domanda sia una scelta dialettica discutibile, mi permetta comunque uno strappo alla regola: perché l’uso delle bombe atomiche, pur nella sua tragicità, dovrebbe meritare maggiore sdegno rispetto al bombardamento di Dresda, al massacro di Nanchino o alla strage dei sassoni perpetrata da Carlo Magno? Io guardo alla storia dell’Uomo, e vedo un’unica e lunghissima scia di sangue che si dipana dal paleolitico fino ai giorni nostri. Caino e Abele continuano a dimorare nell’animo di ogni essere umano. Per quanto concerne l’evento specifico dei bombardamenti atomici, la mia valutazione morale non si discosta da quella riservata agli altri eccidi della Storia…

        • Giorgio Masiero on

          D’accordo con Lei, Giuseppe; ma almeno risparmiamoci la laurea honoris causa in questi casi! Che ne dice?

          • Quando quella che si definisce la più grande democrazia del mondo, la stessa che vuole esportare e imporre la sua superiorità morale, quella che adesso proclama la sua “eccezionalità”, si permette di condannare a Norimberga i criminali di guerra dichiarando che invece il suo orrendo crimine è giustificato qualcosina da dire c’è e i paragoni con altri generici episodi di guerra è improponibile.
            Questa non è una vicenda per una discussione accademica, stiamo parlando di un episodio che è all’origine di un espansionismo militare che sta adesso mietendo morti e distruggendo intere civiltà.
            Questa tolleranza verso i bombardamenti atomici, questo distaccato giudizio e tutta questa comprensione sono sorprendenti.

          • Ricordo che Donitz (il successore di Hitler come presidente del Reich tedesco) fu mandato al Processo di Norimerga. Egli documento’ come l’ammiraglio Nimitz fece come e peggio di lui…
            Fu assolto con tante scuse…
            🙁

  9. Giorgio Masiero on

    @ MenteLibera65
    Ho cercato di sintetizzare la critica di Anscombe all’etica utilitaristica e al consequenzialismo. Per questa parte La invito a rileggere l’articolo, prescindendo dagli aspetti storici riguardanti l’episodio giapponese. E’ vero però che non ho avuto il tempo di approfondire, se non con un solo cenno, la pars construens dei fondamenti dell’etica laica anscombiana, che si rifa al sillogismo pratico e al concetto di virtù in Aristotele. Per questo, La rinvio al capolavoro “Intention”, di cui esiste anche un’edizione in italiano.
    In sintesi si può dire che l’etica utilitaristica fallisce perché noi non siamo in grado di prevedere né tantomeno di calcolare le conseguenze delle nostre azioni. Anzi, di più, anche dopo molti anni dalle nostre decisioni, in cui la catena di alcune conseguenze si è realizzata, noi non siamo in grado – ad onta di tutta la nostra ibris – di conoscere con qualche minima certezza le cause. Se è vero che un battito d’ali in Cina provoca qualche giorno dopo un tifone ai Caraibi (e la scienza conviene!), che possiamo dire di ogni atto che facciamo?!
    Insomma, ripetendomi: È vero che Dio, o l’interdipendenza cieca di tutti gli eventi dell’universo, può trasformare il male da noi operato in bene: ma noi non siamo Dio, né controlliamo l’intreccio degli eventi dell’universo! Noi non possiamo fare il male per conto di Dio o del caso, né il bene che eventualmente ne deriva s’iscrive al nostro merito. Ciò che facciamo, con piena avvertenza della mente e deliberato consenso della volontà, non è mai fatto né da Dio né dall’entanglement fisico, e quel che ne deriva non viene da noi.
    Se è così, come io ora ho capito, il crimine morale (ovvero ciò che è moralmente sbagliato) è assolutamente indipendente dalle sue conseguenze, il cui insieme nel breve, medio e lungo termine io non sarò mai in grado di conoscere (né tantomeno prevedere).
    Io La capisco, MenteLibera, perché tutti noi moderni siamo intrisi, annegati nell’educazione all’utilitarismo. Per questo da giovane mi sono opposto all’Humanae Vitae, per es., e ho votato a favore del divorzio. Solo molti anni dopo ho capito che lo sfacelo morale in cui ci troviamo, e di cui l’utilitarismo morale e la ricerca egoistica (= che non tiene conto dell’intreccio universale) di una assoluta “libertà” personale è effetto in parte derivato, ha cause lontane da oggi.

    • MenteLIbera65 on

      La ringrazio dott. Masiero del tempo che mi ha dedicato, e certamente leggerò “Intention” al più presto possibile.
      Ritengo però (nel mio piccolo) che agire secondo una morale astratta perchè non si ha la possibilità di comprendere e prevedere le conseguenze a lungo termine delle nostre azioni , non abbia alcun senso al di fuori di una fede religiosa , peraltro fondata su parametri certi ed immutabili. Noi non conosciamo le conseguenze a lungo termine delle nostre azioni sia quando sono fatte seguendo regole morali precostituite, sia quando sono fatte in senso utilitaristico privato. Le faccio un esempio , proprio sul tema del divorzio, sul quale la invito a riflettere : conosco ben 2 coppie formate da un marito che , in un periodo di vita precedente , era sposato in comune con una altra donna. Se non ci fosse stata la legge sul divorzio, questo marito non si sarebbe potuto poi sposare in seconde nozze (in chiesa stavolta) con l’attuale moglie. Da queste seconde nozze (mi passi il termine poco cattolico, ma rende l’idea) sono nati ben 7 figli (3 per una coppia e 4 per un’altra). Le precedenti unioni invece erano sterili, e (vista l’avversione dei coniugi uno per l’altro) anche in mancanza di divorzio legale non avrebbero certo dato frutti e chissà che sarebbe successo. Ora nessuno sa cosa questi 7 figli faranno nella vita. E’ possibile che uno di loro diventi Hitler, o uno di loro diventi San Francesco. E’ però certo che se non ci fosse stata questa “azione” contro quella che sembrava la morale giusta , questi 7 figli non sarebbero nati. E questo è un fatto certo, ed è l’unico che possiamo giudicare. Il resto della catena , riportata dal suo esempio della “farfalla” , essendo fuori dal nostro controllo dobbiamo far finta che non esista, altrimenti diventa un alibi per non assumersi le responsabilità delle nostre scelte , e affidare anche ogni minima azione quotidiana a determinazioni di morale esterne a noi, rinunciando alla nostra complessa umanità.
      Quindi stia tranquillo dottore, votando per il divorzio ha votato per sanare una evidente ingiustizia che per più di 100 anni ha imposto a chi (magari ateo) si sposava in comune di essere assimilato a chi invece , credente, voleva dare al matrimonio il valore cristiano. Malissimo ha fatto la chiesa a sostenere il referendum, che andava ad agire solo sul valore civile del matrimonio e pertanto nulla toccava dei matrimoni cristiani. Non è la legge che può imporre a due persone di stare insieme per sempre, ma la grazia. La legge anzi…impedisce alla Grazia di manifestarsi, e di dare gloria a Dio per questo miracolo morale di due persone che pur potendo separarsi , restatano volontariamente insieme tutta la vita per amore a Dio.
      Salve.

      • Giorgio Masiero on

        Aristotele mostra, MenteLibera, nell’Etica Nicomachea, che si può fondare una morale laica sulla specificità della natura umana ed il concetto di virtù. Nessuna base religiosa. Quindi non è scontato che l’unica etica laica deve essere di tipo utilitaristico. Questo è ciò che insegna anche l’Aquinate ed è l’insegnamento etico – laico – di tutta la vita di Anscombe. Questo in generale.
        Quanto all’impossibilità di calcolare tutte (o anche solo in minima parte) le conseguenze dei nostri atti, a me pare una cosa ovvia, fin dallo studio della fisica classica (per il cosiddetto caos deterministico), ancor prima della meccanica quantistica. Io mi rallegro per i 7 figli dei suoi amici in seconde nozze, naturalmente. Ma nessuno di noi sa, né io né Lei né nessun altro può calcolare, quali sono le conseguenze sociali a lungo termine di aver reso prima possibile legalmente il divorzio (A), poi reso legalmente possibile il divorzio breve (B), prossimamente reso possibile legalmente il matrimonio omosessuale (C), più tardi, perché no in nome dei diritti civili delle persone?, la poligamia (D), ecc., ecc. E se questa incapacità reale di calcolare le conseguenze sociali è vera, su che cosa fondiamo l’etica?
        PS. Aspetto cortesemente che mi mostri quale catechismo della chiesa cattolica giustificasse, contro la Lettera ai Romani, l’assassinio di innocenti allo scopo di salvare un maggior numero di vite.
        PS2. La ringrazio dell’attenzione. Discutere con Lei è sempre stimolante, ne ricavo sempre un insegnamento personale; anche se mi piacerebbe che fosse più analitico nella discussione. Per es., la pena di morte, come ben spiega Anscombe ed io ho ripreso nell’articolo, può avere giustificazione e non ha nulla da spartire con l’uccisione di innocenti. Quindi non tiriamo in ballo inutilmente anche la pena di morte.

        • MenteLibera65 on

          Professore….Mi scusi…ma dove ha letto che io sostengo che la chiesa giustifica l’assassinio di innocenti?
          Penso che questa volta o ha letto troppo rapidamente i mie post, o mi sono spiegato davvero male!
          le riporto quanto ho scritto :
          “Per morte utile , intendevo quelle uccisioni che vengono fatte per proteggere da danni peggiori (penso alla uccisione di un terrorista che stia sparando sullla folla o simili).”
          Ugualmente la chiesa giustificava la pena di morte quando orientata ad impedire che un criminale compisse altri crimini gravi.
          Si parla dell’uccisione di colpevoli , non certo di innocenti.
          Io ad htagliato ho posto la domanda di quello che farebbe se vedesse una persona sparare sulla folla, e avesse la possibilità di fermalo uccidendolo.
          Questo perchè lui sosteneva che provocare una morte utile (esempio l’uccisione di un assassino mentre sta compiendo i suoi assassinii, allo scopo di salvare altre vite umane, quelle si innocenti), fosse comunque in contrasto con i comandamenti.
          Ripeto , e l’ho scritto prima : l’uccisione di un innocente NON è mai giustificabile.

          • Giorgio Masiero on

            Se Lei, MenteLibera, non si riferiva all’uccisione di “innocenti”, non c’era nemmeno bisogno che tirasse fuori la questione. Qui si parla solo di uccisione d’innocenti. L’uccisione da parte dello stato di colpevoli di gravi reati non è mai stata dichiarata immorale dalla chiesa.

        • MenteLibera65 on

          A…dimenticavo professore: E’ dall’inizio del mondo qualcuno cerca di studiare ed imporre una “etica” laica. Il problema è : chi dovrebbe essere a dare la patente etica alle cose?
          Ci hanno già provato in Unione Sovietica a fare uno stato improntato su una etica “laica”, imposta dall’alto.
          Possiamo parlare di quello che vogliamo, ma i principi etici o vengono da Dio o vengono dall’uomo. E se vengono dall’uomo ci sarà sempre un altro uomo che potrà dire che sono sbagliati. Questa cosa si chiama libertà.
          Nel suo caso, in particolare, mi sembra però di poter dire che la sua etica è tutt’altro che “laica”, ed è invece derivata da quella cristiana, del cui modo di pensare siamo, d’altra parte, immersi fin da quando nasciamo, nel mondo occidentale (ancora per poco temo).
          Il timore per le tante conseguenze dei cambiamenti in atto è ovviamente legittimo, ma è anche opportuno valutare come tanti cambiamenti siano già accaduti nei comportamenti umani degli ultimi 200 o 300 anni, e valutare in modo obiettivo (e non ideologico) se complessivamente si viva meglio oggi o 300 anni fa, da tutti i punti di vista, e non soltanto estrapolando singoli punti che (presi da soli) sembrano peggiorativi.
          Salve

          • Giorgio Masiero on

            No, MenteLibera. La morale aristotelica dell’Etica nicomachea non si fonda su nessuna religione. E questa è la mia morale, laica, né religiosa, né utilitaristica.
            Non conosco la Sua cultura filosofica, ma forse La sorprenderà apprendere che ci sono molti filosofi non religiosi eppure di etica non utilitaristica.

          • Giuseppe Cipriani on

            Finalmente lo dice anche il prof. Masiero…
            .
            Ci può essere un’etica senza Dio, con buona pace di quelli che mi hanno sparato addosso quando, in tempi relativamente recenti, sostenevo su queste pagine la dignità di un’etica di questo tipo, contrapponendola a quella di matrice religiosa che, sembravano dire quelli, era l’unica che aveva valore.

          • MenteLibera65 on

            Non esiste una Etica senza Dio. Esistono MOLTE Etiche senza Dio! Quello che per qualcuno è moralmente valido, per altri è invece eticamente scorretto. E così via.
            E questo indipendentemente dai grandi pensatori e filosofi del passato,
            Tra l’altro mentre dal punto di vista religioso è abbastanza probabile che molte persone al mondo si attengano scrupolosamente ai dettati etici di una qualche religione nella propria vita quotidiana, è abbastanza improbabile che al giorno d’oggi ci siano molte persone che applichino in ogni azione della loro vita le indicazioni etiche derivanti da questa o quella teoria di qualche pensatore umano, financo Aristotele.
            E poichè è dai singoli comportamenti quotidiani di tutti noi, miliardi di persone, che progressivamente dipendono i cambiamenti del mondo, direi che la filosofia ha sempre meno possibilità di influenzare realmente la vita di tutti i giorni e che pensare ad una etica comune sugli aspetti sessuali, famigliari, etc etc, non sia soltanto utopico, ma sia anche l’applicazione concreta di quel “pensiero unico” che , a parole, su questo sito si vuole tanto ostacolare.

          • Masiero, lei si ritrova in quanto ha scritto Cirpriani nel post delle 15.26 qui sopra?

          • Giorgio Masiero on

            @ Cipriani
            Sono d’accordo con Lei che si possa fondare un’etica su principi puramente laici. Un esempio è l’etica aristotelica nella quale mi riconosco. Però noi due non siamo (forse) d’accordo sulla stessa etica, perché abbiamo (forse) opinioni troppo diverse sulla specificità della natura umana.
            @ MenteLibera
            Ciò che ci divide è la concezione diversa dell’uomo, cioè pura filosofia. Nessuna scoperta scientifica ci divide, né dividerà mai l’umanità. “La logica interna dell’attività scientifica non è qualcosa di vitale; quella della cultura, invece, sì. La scienza non presta attenzione alle nostre urgenze, ma segue la strada delle sue specifiche necessità” (J. Ortega y Gasset, Misión de la Universidad).
            Ci pensi, MenteLibera: da quando dialoghiamo, abbiamo discusso di altro se non di filosofia?!
            Per questo io, all’opposto di Lei, penso che il destino dell’umanità dipende solo dal gioco futuro, reciproco delle culture (al plurale) umane, non della tecnoscienza (al singolare) comune a tutte.

          • MenteLibera65 on

            Dott. Masiero, il problema non è quello che pensiamo o che diciamo qui, ma quello che facciamo nella nostra vita privata quando siamo fuori di qui, e quando decisioni che in teoria riterremmo eticamente corrette si scontrano con la nostra convenienza di qualunque tipo (economica, sentimentale, sessuale, faccia lei…)
            Tra l’altro In mancanza di un Dio, l’autoassoluzione rispetto ai propri comportamenti diventa uno strumento talmente forte da minare alla base ogni tentativo di coerenza
            Con questo non sto accusando nessuno, ma prendo soltanto atto della complessità umana, che è talmente vera da aver spinto centinaia delle menti più illuminate e geniali della storia a dedicare tutta la propria vita per capirci qualcosa, ed a spingere in futuro altre migliaia di menti a fare lo stesso, a conferma che il mondo , come la morale, è in divenire.

          • Giorgio Masiero on

            Nella mia etica, la morale non evolve, MenteLibera, perché la natura umana non cambia. Si limiti a parlare per Sé in questioni filosofiche, come io parlo per me.

          • Giuseppe Cipriani on

            Prof. Masiero, pur capendo quel che intende dire con la sua morale che non evolve, vien facile pensare che invero la sua morale non si sia formata tutta a un tratto bella confezionata e completa, quindi in un certo qual senso si è evoluta, formata, perfezionata (lei stesso ha ammesso di aver avuto un’altra morale riguardo a questioni che oggi è sicuro di aver ben compreso e definito)… E non credo che sia finita ancora, come può pensare di aver raggiunto il nirvana della sua morale?

          • MenteLibera65 on

            @MASIERO : Non intendevo affatto discutere sulla sua di morale, ma della morale in generale. Ora però che me ne ha dato lo spunto, trovo che l’appunto che le ha fatto Giuseppe Cipriani non faccia una grinza.
            Lei stesso ha raccontato di aver avuto altre idee in passato su temi specifici come il divorzio e l’humane vitae. Come può quindi dire che la morale personale non può evolvere? Può con certezza affermare oggi che mai lei cambierà idea di nuovo in futuro? E può affermare in tutta onestà che quando aveva idee diverse, lei era consapevole che le sue idee fossero dannose per la società? Io invece penso che lei fosse sinceramente convinto di agire in giustizia per il bene suo e comune, esattamente come ne è convinto oggi che ha cambiato idea.

          • Giorgio Masiero on

            @ Cipriani, MenteLibera
            Io, come tutti, posso cambiare in futuro le mie idee, come le ho cambiate nel passato. Ma, come dite, non parliamo di me, ma di natura umana e di etica (che è la filosofia della morale).
            La natura umana è sempre la stessa, nessuna evoluzione, almeno da che c’è una storia scritta: stesse passioni, stessi desideri, ecc.
            E anche le etiche laiche, a mio avviso (oggi sono più consapevole rispetto al passato, per studio ed esperienza), sono sempre le stesse (quella di Epicuro e quella di Socrate), essenzialmente due contrapposte: una fondata sul concetto di virtù ed una sull’utilitarismo.

          • Giuseppe Cipriani on

            Era lei, Masiero, che parlava di SUA etica e di una morale che non cambiava… Adesso sostiene che si possono cambiare le idee, perfetto, ma se sono dettate dalla sua etica e applicate a una morale sotto forma di “idee”, allora il cane si morsica la coda: se la natura umana non cambia, per forza a cambiare sono le regole (leggasi morale) che la guidano, così com’è avvenuto anche a lei… Cos’è che mi sfugge?

          • Giorgio Masiero on

            Le sfugge, Cipriani, la differenza tra l’etica in cui uno crede ed il comportamento morale che uno ha. Si chiama peccato.
            A 12 anni,credevo nell’etica appresa alla scuola di catechismo, anche se mi capitava spesso di comportarmi in modo opposto. Ero un piccolo peccatore.
            Oggi, a 67 anni, dopo una certa evoluzione personale, mi ritrovo con la stessa etica, però con la consapevolezza che la legge di Mosé che mi hanno insegnato da bambino è la traduzione in forma di “comandamenti divini” di una legge – come ben spiega San Paolo nella Lettera ai Romani – che è iscritta nei cuori di tutti gli uomini. Si chiama coscienza. Naturalmente anche oggi il mio comportamento morale non è sempre coerente con la mia etica. Con i lettori di CS, per es., mi capita di peccare per poca pazienza, troppa superbia, arroganza malcelata, e poca carità.

  10. Ben ritrovati tutti. Sempre interessante il prof. Masiero. La questione morale delle atomiche non ha turbato solo la Anscombe all’epoca, ma qui è sviscerata in modo “professionale” tutta la questione etica riguardante quelle storiche e tragiche decisioni, che restano sempre d’attualità, anche quando gli effetti dovrebbero essere minori. Penso alla questione dei migranti, chi sbraita contro l’accoglienza non ha molte soluzioni alternative, ma probabilmente ne ha una, quella, diciamo, del “colpirne 1 per educarne 100”, cara al terrorismo nostrano degli anni ’70. Usando il pugno duro, sino a provocare alcune inevitabili morti, si ritiene di evitare molti più morti nel tempo, ma sopratutto di porre fine con l’uso di un minimo di forza al fenomeno migratorio. La stessa Anscombe prevede l’assassinio per proteggere una collettività e ristabilire la legalità. Sostanzialmente mi trova d’accordo e sempre per questioni di attualità: il Papa che ha chiesto scusa ai valdesi (e questi che non hanno accettato le scuse perché i danneggiati non sono più qui presenti…). Furono gli stati dell’epoca coi loro eserciti ad agire contro i valdesi, non credo avessero bisogno delle indicazioni della Chiesa per farlo, ma l’ordine pubblico e la sicurezza degli stati stessi e dei cittadini, secondo il concetto del tempo, erano considerati ad alto rischio con la diffusione delle eresie. Diciamo che rigettando (giustamente) il pacifismo si apre comunque una breccia nell’intransigenza della condanna verso la decisione degli USA di ricorrere all’atomica per porre fine alla guerra, ossia, chi prese la decisione avrebbe sempre potuto dire che doveva colpirne uno per educare tutti i restanti, nonché futuri, malintenzionati e quindi salvaguardare al meglio da altri maggiori pericoli la collettività di cui era responsabile.

    • MenteLibera65 on

      Eccellente intervento Muggeridge (e tu sai che in passato abbiamo polemizzato su altri argomenti).
      Mi trovi d’accordo su tutto.
      Pensa che in privato avevo invitato Enzo a fare un intervento su come i mezzi di informazione trattavano l’affare dei migranti. E questo in tempi in cui ancora non eravamo all’apice dell’emergenza, penso fosse fine giugno.
      Leggo in giro post terribili su questa vicenda dei migranti , dove gente che si professa “cristiana” teorizza veramente il “colpirne 1 per educarne 100” , convinta di proteggere l’europa dall’invasione musulmana, mentre Cristo chiede di proteggere gli uomini dagli altri uomini che li uccidono.

    • hi sbraita contro l’accoglienza non ha molte soluzioni alternative, ma probabilmente ne ha una, quella, diciamo, del “colpirne 1 per educarne 100″, cara al terrorismo nostrano degli anni ’70. Usando il pugno duro, sino a provocare alcune inevitabili morti, si ritiene di evitare molti più morti nel tempo, ma sopratutto di porre fine con l’uso di un minimo di forza al fenomeno migratorio.

      CAZZATE. (mi scusi Pennetta, ma quanno ce vo’ ce vo’)
      Basta riportarli da dove sono venuti un paio di volte. Dopo si spargera’ la voce.
      Proprio come era successo, guarda un po’, tra il 2008 e il 2011. Con i due “puzzoni” al comando di Italia e Libia. Senza nessun morto.

    • E’ la solita lagna da piagnone finto-cattolico tanto per addosso alla Lega…
      Mannaggia… questi si fanno 3000 Km tra pericoli vari, pagando fior di quattrini, che nel loro paese vivrebbero da nababbi, e NESSUNO va dai loro cari fratelli musulmani in Iran, Arabia Saudita, Qatar, ecc, ecc., dove ci sono quelli che viaggiano su Mercedes fatte tutte d’oro!
      Tutti qua vengono, dal grande Satana Occidentale, gli facciamo schifo, ma tutti qua vengono.
      Beh, tutta l’Africa in Europa, (men che meno in Italia) non ci sta.
      Basta con ‘sto ricatto: o ci mantenete a vita o moriamo mettendoci sulla vostra coscienza.
      Costruite un paese migliore come hanno fatto i nostri nonni e i nostri padri, invece di fare i piagnoni.

      • Che loro siano vittime di interessi anglo americani è ormai chiaro, che lo siamo anche noi “piccoli” europei (cioè chi come me non conta nulla) è meno evidente. Si pretende da noi una capacità di analisi, sintesi, comprensione, accettazione, sopportazione e soprattutto si pretende che paghiamo in termine di soldi e che portiamo pesi sociale che i nostri benpensanti farisei non si sognano di toccare nemmeno con un dito…
        Ve lo vedete Bergoglio a Santa Marta piena di mussulmani che si fanno mantenere? Per non parlare della Boldrini.
        Noi hobbit non andiamo in giro con le scorte e vorrei portare il crocefisso al collo come spesso faccio senza essere sputata da una povero africano con uno sguardo allucinato di puro odio quando me lo ha visto attaccato alla collana…a Varese…ma chi viene qua è esentato dalla conoscenza della filosofia dei nostri grandi pensatori. Siamo noi che dobbiamo accettare la loro cultura….

      • Piero, io sarei il “piagnone finto-cattolico” che dice “cazzate” contro la Lega ? Può essere, ma non mi riconosco in questo profilo, ossia né nel “piagnone” e neppure nel “finto-cattolico”, anche se di sicuro trovo da sempre la Lega una cosa indecente (pur essendo lombardo, anzi, proprio perché lo sono, diciamo che qui l’ho conosciuta bene…).
        Dicendo che non c’è soluzione dico una cosa piuttosto scontata, tanto che spesso mi sorprendo a desiderare un Salvini al comando… a fare la figura che si merita ampiamente.
        La situazione attuale non è certo quella di prima, però possiamo concordare che almeno un “puzzone”, quello libico, potevano lasciarlo al posto in cui stava. Per Assad ci sarebbe ancora tempo….
        Per il resto proprio perché l’emergenza attuale non è quella di prima, i paragoni sono campati per aria (ossia, nel tuo gergo, sarebbero vere “cazzate”) e non è che una Lega di nuovo al governo possa far resuscitare i morti…
        Quanto al fatto che stiamo ulteriormente islamizzandoci con queste nuove migrazioni, sono completamente d’accordo con te, ma da aspirante vero-cattolico dico anche “sia fatta la Tua volontà” e accetto questa “croce”, perché so che il Signore scrive dritto sulle nostre righe storte (un atteggiamento molto meno “piagnone” rispetto a chi ha sempre paura degli altri e del futuro…)

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  12. Incredibile questa figura di donna e grazie al prof. Masiero di avermela fatta conoscere. Non avendo il tempo e forse nemmeno la preparazione per leggere direttamente i libri della Anscombe, mi potrebbe, prof. Masiero, suggerire qualche sua monografia? Grazie.

    • Giorgio Masiero on

      Grazie a Lei, Anna.
      Le posso suggerire “G.E.M. Anscombe, The Dragon Lady”, di Elisa Grimi, edizioni Cantagalli. E’ un libro recente (2014), in italiano, e fornisce una panoramica a 360° della vita e del pensiero di Anscombe, non solo attraverso i suoi scritti, ma anche attraverso il ricordo di chi l’ha conosciuta.

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