Darwinismo: è ideologizzato e sta perdendo consensi #1 L’ideologia pseudoscientifica

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Tra la fine del 2016 è l’inizio del nuovo anno dal portale dell’evoluzione Pikaia sono giunte due autorevoli conferme a quello che andiamo sostenendo da tempo.

Il primo riferimento è ad un articolo pubblicato il 19 dicembre che è un commento del prof. Telmo Pievani al romanzo “Il mastino di Darwin” di Alessandro Chiometti, una vicenda basata sulla figura di Thomas Huxley, meglio conosciuto proprio con il soprannome di ‘mastino di Darwin’ per via della sua strenua difesa della teoria di quest’ultimo.
Come detto sopra è dalle parole del professor Telmo Pievani (probabilmente il più autorevole esponente del darwinismo nel nostro paese) che apprendiamo come la teoria dell’evoluzione sia stata promossa per supportare dei pregiudizi scientificamente e filosoficamente infondati, nell’articolo leggiamo infatti quanto segue:

“ …il terzo punto di disaccordo tra Darwin e il suo mastino-ma-non-troppo Thomas H. Huxley. Quest’ultimo era persuaso che in poco tempo il darwinismo avrebbe convinto tutti con la forza dell’evidenza empirica e sbaragliato una volta per tutte la teologia naturale, le teleologie, i creazionismi spacciati per scienza. Darwin era invece molto più cauto e pessimista.
Calma e sangue freddo, gli ribatteva nelle lettere. Abbiamo vinto una battaglia, non la guerra.
Ci vorranno generazioni prima che la teoria dell’evoluzione venga metabolizzata nel suo significato più profondo, quello della totale e affascinante contingenza della nostra vita. Ora che è passato un secolo e mezzo da quel dialogo fra i due amici naturalisti, possiamo un po’ amaramente constatare che il vecchio Charles aveva ragione. Ma guardiamo il lato positivo: la difesa di una visione laica, pluralista e razionale della natura è necessaria più che mai.” (quest’ultima frase è in grassetto nell’originale)

Perché parlare di “sbaragliare”? E’ un termine che su Treccani troviamo come “Riportare una netta vittoria militare, rompendo lo schieramento avversario e provocando lo sbandamento delle truppe e dei reparti”.
Quale vittoria doveva riportare Huxley sulla teologia naturale e le teloeologie? Il suo scopo non doveva essere spiegare l’origine delle specie?
E poi Pievani prosegue affermando che il “significato più profondo” della teoria è quello della “totale contingenza” della nostra vita. Un domanda al filosofo Pievani: si può scientificamente dimostrare o negare il finalismo della vita umana?

Ma la risposta la conosciamo ed è un secco e inappellabile NO.

A dire questo no è la filosofia ma semmai ce ne fosse bisogno una forte conferma viene da uno dei più grandi nomi del darwimismo che evidentemente però per certi versi deve essere anche scomodo tanto da essere stato dimenticato quasi del tutto negli ultimi anni, il Nobel per la medicina del 1965 Jacques Monod che in “Il caso e la necessità”, sostiene:

“è impossibile concepire un esperimento in grado di provare la non esistenza di un progetto”

Pag. 25 ed Mondadori -1997

Quindi, contrastando quanto giustamente sostenuto da Monod, sono le stesse parole di Pievani a certificare che la teoria di Darwin è servita principalmente, e ancora serve, al fine di negare una visione metafisica finalistica e non a spiegare scientificamente l’origine delle specie, cosa che di fatto non fa. Un sentito ringraziamento, noi già lo sapevamo e lo abbiamo ripetuto per anni, adesso è ufficiale.

 

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Laureato in Biologia e in Farmacia, docente di scienze naturali Nel 2011 ha pubblicato "Inchiesta sul darwinismo", nel 2016 "L'ultimo uomo" e nel 2020 "Il Quarto Dominio".

39 commenti

  1. stò cò frati e zappo l'orto on

    Sono in molti a ritenere necessario imporre(anche con la forza delle bombe) L’Evoluzionismo ideologico.
    E il lavoro non manca,per esempio perchè non eliminare ancora qualche milione di “arretrati” islamici…..
    Hanno un così bisogno di civiltà…..

  2. Giorgio Masiero on

    Ineccepibile. Caro Pievani, cosa c’entra “la difesa di una visione laica” della natura col metodo scientifico?! Già Mendel è stato uno scienziato che aveva della natura una visione religiosa, pluralista e razionale, e che ha fatto più scoperte (con predizioni e applicazioni) di Darwin.

    • Gentile professor Masiero, avrei una domanda da farle.
      Una mutazione può indurre la comparsa di una proteina con caratteristiche e funzioni del tutto nuove?

          • Per mutazione genetica si intende ogni modifica stabile ed ereditabile nella sequenza nucleotidica di un genoma o più generalmente di materiale genetico (sia DNA che RNA) dovuta ad agenti esterni o al caso, ma non alla ricombinazione genetica.

          • Giorgio Masiero on

            Poiché il “caso” è solo un’espressione per nascondere la nostra ignoranza sugli agenti fisici specifici che provocano le trasformazioni, io, Tomas, preferirei alla Sua definizione la seguente: “Per mutazione genetica si intende ogni modifica stabile ed ereditabile nella sequenza nucleotidica di un genoma o più generalmente di materiale genetico (sia DNA che RNA) dovuta ad agenti esterni, noti od ignoti, ma non alla ricombinazione genetica”.
            A questo punto, prima di rispondere alla Sua iniziale domanda, Gliene faccio un’ultima: secondo Lei, una mutazione di lettere (dell’alfabeto, comprese aggiunte ed eliminazioni) può trasformare la Divina Commedia di Dante nei Promessi Sposi di Manzoni?

          • Direi proprio di no professore.
            La domanda che le ho rivolto è stata un po fraintesa, le spiego: non sono un esperto in materia, sono un credente come lei, e da un pò di anni che mi informo sull’evoluzione, mi capita spesso di interloquire su internet con evoluzionisti titolati, chiedo spesso un loro parere sull’evoluzione e quindi sulle mutazioni genetiche, una risposta datami di recente è stata quella che una mutazione genetica può produrre nuova informazione. Ma dalle mie modeste conoscenze su tale argomento ho sempre letto che non è possibile.
            Quindi professore ho rivolto a lei questa domanda, in quanto ho potuto notare su CS le sue competenze e il suo modo di approcciarsi su questo argomento

          • Giorgio Masiero on

            Io invece, Tomas, rispondo sì alla mia domanda: con una successione di mutazioni di lettere, aggiunte e cancellazioni si può trasformare la Divina Commedia nei Promessi Sposi. Mi pare ovvio. Ma lo può fare solo una persona intelligente che, lavorando a modificare i caratteri della Divina Commedia, abbia contemporaneamente presente l’obiettivo, IL FINE, cioè il testo dei Promessi Sposi.
            Questo vale anche in natura per il genoma e per le proteine, così da trasformare una specie in un’altra, senza interventi “intelligenti”? Non lo sappiamo. Certamente nessun processo per esclusive contingenza e selezione naturale può spiegare la comparsa di dieci milioni di specie diverse sulla Terra come pensava Darwin… in soli 4 miliardi di anni. Non ne basterebbero neanche 10 miliardi, né 1000 miliardi, ecc. È una dimostrazione matematica, che ho ricordato in diversi articoli.
            Se davvero, come anch’io sono portato a ritenere, le specie si sono sviluppate per trasformazione l’una dall’altra questo può essere avvenuto solo attraverso leggi e meccanismi precisi che ancora non conosciamo.
            Darwin non conosceva la pochezza dei tempi fisici dell’universo, noi sì. Per questo i darwinisti di oggi non hanno scusanti nella loro creduloneria. La fede non c’entra. Molti darwinisti sono credenti, molti non credenti non sono darwinisti! È solo un fatto di scienza…

          • Grazie prof. Masiero.
            Quando lei mi ha chiesto se si poteva trasformare la divina commedia nei promessi sposi attraverso la modificazione e l’eliminazione di lettere, bè io pensavo intendesse “casualmente” (metto le virgolette perché so che la parola caso è meglio non usarla).
            Per logica anche io penso che ci vuole un progettista, una mente intelligente oppure come dice il prof. Zichichi: in colui che ha fatto il mondo.

          • Enzo Pennetta on

            Tomas, non so se lo ha già fatto, ma quando gli interlocutori fanno affermazioni di questo genere domandi di fare l’esempio di un caso preciso e poi vediamo se veramente si tratta di nuova informazione.

          • Grazie professor Pennetta del suo suggerimento.
            Le dirò che a volte trovo inutile controbattere contro certe persone che siccome hanno una laurea in biologia esigono che l’evoluzione sia ormai un fatto. Io non essendo assolutamente un esperto ho dovuto conoscere un pò di nozioni di base e poi ascoltarmi qualche conferenza su YouTube (Prof. Zichichi, prof. Umberto Fasol, anche lei prof pennetta, etc etc).
            Da poco ho conosciuto questo suo sito e mi sto impegnando molto ad apprendere sempre di più.
            Cordiali saluti

  3. Il finalismo è una categoria umana (così come il “caso”), utilizzata dalla mente per “sistemare” gli eventi, naturali e non. Già il concetto di causa in realtà non trova più posto nella scienza, intesa nelle sue molteplici varianti metafisiche e aristoteliche. La Fisica poggia sulla Matematica, e in Matematica esiste il concetto di relazione (o funzione ecc.) ma non il concetto di causa che, ripeto, è metafisica. Diciamo che un corpo si muove da A a B perchè, ponendo uguale a zero la variazione della sua azione, ottengo l’equazione del moto corrispondente alla sua reale traiettoria nello spazio delle fasi, fine. Nella mia visione filosofica l’Universo è un “tutto” di cui la Fisica definisce l’insieme delle relazione che intercorrono tra le parti costituenti questo tutto, che poi si voglia associare una finalità a questo insieme di relazione è una scelta, una scelta umana. Ho finito il pippone.

    P.S. Gli agnostici sono atei pigri.

    • Per completare il suo “pippone”, le chiedo cosa ne pensa invece del concetto di “contingenza”, cioè se questo invece è ammissibile nel contesto scientifico; se sì, in che senso e se no, se vale per la contingenza quanto ha detto per il fine, la causa e il caso. Grazie.

      • L’agnosticismo, come mostrato da Russel, è una posizione filosoficamente debole, perchè un reale agnostico dovrebbe esserlo per tutto: io non posso dimostrare la non-esistenza degli elfi, dunque non posso escluderne a priori l’esistenza. D’altra parte, anche dire che l’ateismo è una forma di fede è una sciocchezza semantica ed etimologica, prima ancora che filosofica. Un ateo non è uno che nega l’esistenza di Dio (qualunque cosa significhi questa parola), ma ne fa semplicemente a meno: a-teo, cioè senza Dio, un po’ come quando Napoleone chiese a Laplace dove fosse Dio nel suo trattato di meccanica celeste, e questo rispose che non ne aveva avuto bisogno. Differenza sottile, ma sostanziale. Ma si sa che il proselitismo sta a cuore soprattutto a coloro che si accompagnano al tipico zelo dei detentori della Verità. Gli atei si fanno fondamentalmente i fatti loro, tranne un ristretto manipolo di chiassosi agitatori che, per lo più, vogliono vendere libri.

        • Ora non ho ben capito cosa c’entri il proselitismo, fatto sta non è intellettualmente onesto dire che un ateo è qualcuno che “fa semplicemente a meno” di qualcosa, perché così si veicola l’dea che credere in dio sia uno sfizio, un superfluo cui si può rinunciare, mentre la realtà mostra che non è così. E’ come dire che un sordo non è un menomato bensì uno che semplicemente fa a meno dell’udito, il che evidentemente è una sciocchezza. E lo dico da sordo (metaforico) che si danna perché non riesce a sentire quasi nulla, ben sapendo quale bellezza si perde non potendo udire (ecco perché l’agnostico è un credente fallito). Se invece, come parrebbe dalla citazione di Laplace, ti riferisci all’assenza di dio nell’impianto del metodo scientifico, allora temo che siamo proprio fuori strada.

          • @ Gianni Zero e Giuseppe:
            l’argomento dell’articolo non è il confronto “Ateismo VS Agnosticismo VS Teismo”.
            Non dico che l’articolo di Enzo non sfiori questi argomenti, (anche se è successo perché la parola “agnosticismo” è presenta nel testo di Pikaia) ma cerchiamo di restare su Darwinismo, Darwin, Huxley e Pievani.

        • Giorgio Masiero on

          Scrive il fisico Giuseppe: “La Fisica poggia sulla Matematica, e in Matematica esiste il concetto di relazione (o funzione ecc.) ma non il concetto di causa che, ripeto, è metafisica”.
          Scrive il fisico Born (Nobel per la Fisica 1954): “The statement, frequently made, that modern physics has given up causality is entirely unfounded. Modern physics, it is true, has given up or modified many traditional ideas, but it would cease to be a science if it had given up the search for the causes of phenomena.”
          Chi ha ragione tra i due? Certamente Born. Ovviamente la matematica non contiene il concetto di causa, mica è una scienza della natura la matematica. Ma la fisica contiene la grandezza tempo, t, che si misura in secondi. E finché ci sono fenomeni fisici soggetti al secondo principio della termodinamica, cioè irreversibili, la freccia del tempo induce un’asimmetria in certe relazioni, o trasformazioni, fisiche
          A -> B
          nelle quali A è causa fisica di B perchè condizione necessaria e precedente temporalmente all’accadimento di B.
          PS. Le cause filosofiche sono altra cosa, e non c’entrano con la fisica. Ovvio.
          PS2. Chiedo scusa dell’OT, ma non potevo lasciare senza risposta la boutade di Giuseppe.

          • A parte il fatto che non ho la presunzione di equipararmi a Born o a chicchessia, ma guardi che quando parlo di causa, la intendo specificatamente nell’accezione metafisica del termine, e quindi la sua connessione col finalismo. E’ ovvio che se in un atomo un elettrone passa da un livello energetico all’altro a seguito dell’assorbimento di un fotone, dico che la causa di quel passaggio è stata l’assorbimento del fotone stesso. E comunque la frase di Born è utilizzata a sproposito, perchè con quel passaggio Born rispose a coloro che parlavano impropriamente della meccanica quantistica e del principio di indeterminazione. Io intendevo ben altro.

          • Giorgio Masiero on

            Adesso, Giuseppe, Lei cambia le carte in tavola, piuttosto di riconoscere che ha sbagliato a confondere il concetto quadruplice di causa con quello specifico di causa finale. E allora, non per Lei che ha capito bene di cosa discutiamo, ma per gli altri lettori, spiegherò:
            1. Lei aveva scritto un falso sillogismo, questo: poiché la fisica si poggia sulla matematica e nella matematica non c’è in concetto di causa, allora neanche in fisica esisterebbero cause, ma solo relazioni.
            2. Il concetto di causa in filosofia è quadruplice (efficiente, materiale, formale e finale) e solo quello finale è espunto dal metodo delle scienze naturali (ma non da quello delle scienze giuridiche, per es.!).
            3. Born è chiarissimo: anche la fisica moderna è studio di “cause” di fenomeni. A chi si rivolge Born? Anche a quelli come Lei, che scrivono – in un attimo di distrazione – che il concetto di causa è (solo) metafisico.

    • Quindi i filosofi che sostengono la validità del realismo moderato sono da considerare oramai completamente sorpassati? Io credo che nella scienza e nella filosofia non possano esistere questioni da considerare chiuse per sempre. Siamo solo uomini, la nostra capacità di comprensione è limitata… Comunque, prima di sostenere in maniera così categorica queste sue visioni, perché non prova a leggere senza pregiudizi questo libro? A me pare che sostenga delle tesi ben fondate.
      http://www.edizionistudiodomenicano.it/Libro.php?id=422
      Cordiali saluti!
      P.S.: complimenti al Dott. Pennetta per questo bellissimo articolo!

      • Io sono un realista, nel senso che penso che effettivamente esista una realtà fisica al di là dei nostri sensi. La ringrazio per il testo consigliatomi.

          • Significa che io scelgo arbitrariamente prima cos’è reale e cos’è irreale così poi posso credermi un “realista” in funzione di quest’ arbitrio.

  4. Il termine “sbaragliare” a mio avviso, dal punto di vista di Pievani è corretto, non è raro usare tale termine per dire che una teoria scientifica, una moda, un prodotto o anche una filosofia prende il posto delle altre.
    La frase può essere anche letta come una rivincita ideologica ma siamo nel campo dell’interpretazione personale, dovremmo chiedere a lui.
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    Concordo pienamente sulla impossibilità di dimostrare o negare il finalismo della vita umana.

    • Salve Alèudin,
      il problema del termine “sbaragliare” non è tanto la sua applicazione dal punto di vista linguistico, quanto piuttosto l’idea sottostante che la teoria di Darwin non sia stata apprezzata dal suo mastino come un qualcosa “per”, in particolare per comprendere meglio la natura, quanto un qualcosa “contro”. Quando l’atteggiamento è un “noi contro loro” si rischia di ritenere tutto ciò che è l’opposto di un’idea dell'”altro” come buono per questa sola ragione e non per un’eventuale maggior vicinanza ad uno scopo super partes (che in questo caso è la spiegazione dell’origine delle specie).
      Credo che quello che Enzo abbia voluto segnalare è l’origine di quell’atteggiamento che induce a fare una serie di confusioni, per esempio si confonde una spiegazione naturalistica con una spiegazione scientifica, una spiegazione indipendente dal concetto di fine come una spiegazione contraria al finalismo, una spiegazione naturalistica con una spiegazione atea e così via.

      • Sì, l’avevo inteso, la questione è che per uno come Pievani spiegare l’origine della specie e l’affermarsi della teoria darwiniana scalzando le altre (più o meno religiose) sono un tutt’uno inscindibile.
        In sintesi lui dice: una teoria scientifica spazza via teorie non scientifiche.
        Il problema è che dopo pretende di usare la scienza per scalzare anche la filosofia/metafisica/teleologia, il che non è possibile.

    • Giorgio Masiero on

      Ha ragione Pennetta: il termine “sbaragliare” è un autogol di Pievani (come quello di Boncinelli che Einstein si può discutere, Darwin no) perché ogni teoria scientifica è una vittoria provvisoria (o di Pirro) – mai una vittoria finale, com’è nel significato di sbaragliare – nel processo cumulativo, per successive falsificazioni, che caratterizza le teorie della scienza naturale.
      Pievani (e Boncinelli) dimostrano che il darwinismo (almeno come lo intendono loro) non è una teoria scientifica, ma un sistema metafisico. Autocontraddittorio, aggiungo io, come capì Darwin in età tarda.

  5. Mi scuso per la mia domanda sicuramente OT. Nell’intervento di Pennetta si parla di “Telmo Pievani (probabilmente il più autorevole esponente del darwinismo nel nostro paese)”, riportando una opinione che mi sembra ampiamente condivisa. Poiché di Pievani ho sempre visto citati solamente i suoi libri di taglio decisamente divulgativo — proprio per questo sono stato in grado di leggerli — mi chiedo se l’autorevolezza di cui sopra derivi solo da questi ultimi o anche (come dovrebbe essere) da “influential articles” pubblicati su prestigiose riviste internazionali. Mi piacerebbe sentire il parere di esperti del settore, io non lo sono di certo.

    • A me piace molto Massimo Pigliucci, italiano anche lui. Lo conoscete? Che ne pensate?

  6. Buonasera a tutti, è da poco che ho conosciuto questo sito, e volevo fare i miei complimenti per la bontà degli articoli che offrite.

  7. A riguardo consiglio una lettura del solito esilarante Tom Wolfe -Il regno della parola.
    Sembrerebbe proprio ideologia e non scienza il darwinismo.

  8. Pievani vuol far capire che il “mastino di Darwin” non era tenuto al guinzaglio dallo scienziato, ma andava per i fatti suoi su almeno tre questioni. La prima sul gradualismo è del tutto scientifica, la seconda, sul senso morale, distingue e distanzia gli uomini da tutti gli animali e rende Huxley meno materialista e pessimista sull’uomo rispetto al suo amico Darwin , infine la terza è di natura ideologica e verte sulle “magnifiche sorti e progressive” del darwinismo, ma non si capisce cosa c’entri con la teoria evoluzionista. In pratica Pievani esordisce dicendo che Huxley contraddice l’amico su “tre punti essenziali della teoria evoluzionista”, ma il terzo non è un punto, tanto meno essenziale, della teoria stessa, solo una divergenza sul successo futuro del darwinismo. Al momento a sentire Pievani la spunta Huxley sulla prima, Darwin sulla seconda e la terza, ma la seconda, quella sul senso morale dell’uomo è discutibilmente scientifica e verificabile, pertanto il match si chiude con un sostanziale pareggio, mentre l’articolo si chiude con l’immancabile fervorino laicista che è garanzia che non stiamo trattando di scienza.

  9. Enzo scusami,comunque non so se capita solo a me ma il contatore dei commenti,relativo agli ultimissimi articoli rimane bloccato (il meno recente a 27-35) e l’articolo su Tom Wolfe stabile a 0.

    • Enzo Pennetta on

      Non saprei, non ci capisco molto di questo nuovo sistema!
      Aspetto che legga la cosa il webmaster e veda di cosa si tratta.

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