Uomo: il prossimo animale da allevamento

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Quale deve essere la caratteristica fondamentale di un animale da allevamento?

La prima caratteristica deve essere quella di potersi riprodurre a piacimento e secondo le specifiche desiderate dall’allevatore.

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Quando una razza animale da cortile ha raggiunto una richiesta tale per cui diventa necessario l’allevamento e lo sfruttamento massivo ce ne accorgiamo dal fatto che vengono industrializzate le tecniche di riproduzione.

Una delle prime specie ad essere massicciamente impiegata in questo senso è stata quella bovina tanto che ad un certo punto non è più stato necessario l’accoppiamento naturale ma è bastato che un toro da monta si accoppiasse con un simulacro di mucca fatto di metallo e plastica perché il suo sperma fosse disponibile per la fecondazione di decine di mucche che garantissero una discendenza eugeneticamente selezionata.
A questi inganno i tori notoriamente si sono prestati senza opporre alcuna resistenza, ma ad un occhio ancora abituato alla naturalezza delle fattorie questa è parsa una tecnica così innaturale che nella Biennale di Venezia del 1978 un artista, Antonio Paradiso, propose una opera denuncia nella quale vi era proprio l’accoppiamento di un toro con una finta mucca sintetica fatta di tubolari metallici montati su ruote e rivestiti di una pelle (da frisona olandese sembra):

Il toro Pinco

L’opera è stata commentata così su un sito online di arte (Fondazione Noesi):

Spetta ad un altro artista pugliese attivo in quegli anni, Antonio Paradiso, evidenziare in termini più strettamente drammatici (e traumatici), surreali eppure assolutamente effettivi, le mortificazioni inflitte alla natura dalle ragioni del profitto, turbando la quiete pubblica con uno spettacolo che, a distanza di oltre trent’anni, nel corso dei quali si assiste ad un progressivo incremento delle ricerche sugli organismi geneticamente modificati e si perviene di conseguenza alla brevettabilità del vivente, non può che apparire nella sua valenza precorritrice, quello fornito dal possente toro Pinco in atto di montare una vacca meccanica per l’inseminazione artificiale nell’ambito della Biennale di Venezia del 1978. «Sono decenni che i tori non vedono più una femmina vera», commenta all’epoca lo stesso Paradiso esplicitando il senso della vicenda.

La pena di vedere il povero toro incapace di distinguere una mucca vera da una di plastica, o forse la capacità di distinguerla ma l’incapacità di rifiutarla, da parte del toro, indussero l’artista a fare l’opera di denuncia.

Eppure già all’epoca tra gli esseri umani c’era già chi cominciava ad esercitarsi con una femmina di plastica emulando il malcapitato Toro, va detto che quello delle bambole di gomma era un fenomeno alquanto limitato e forse nella quasi totalità dei casi poco più che uno scherzo goliardico. Ma Sembra adesso che nuovi orizzonti si schiudono alla specie umana che finalmente comincia a disporre di sue proprie “mucche” di plastica, ma attenzione si tratta di mucche umane e tori umani di plastica degni delle ben più sofisticate richieste rispetto a quelle della stirpe bovina. Infatti sono adesso disponibili nuovi robot sessuali altamente performanti che potranno soddisfare le voglia di ogni uomo o donna desiderosi di accoppiarsi senza il fastidio di relazionarsi con un altro essere umano, come documentato il seguente breve documentario:

Ma per non essere da meno del Toro Pinco, dobbiamo riuscire a non distinguere il partner finto da uno vero, ecco dunque che una volta che la bioetica ha abbattuto qualunque significato del termine persona, si potranno attribuire ai robot le caratteristiche delle persone umane così che sarà anche possibile contrarre matrimonio con tali robot che, secondo la logica corrente, saranno quindi equiparati ha un rapporto tra due esseri umani, il Parlamento europeo sembra infatti intenzionato a prendere in esame l’idea di riconoscere ai robot lo status di esseri umani (natural persons) con un documento intitolato “DRAFT REPORT“.

Del resto i primi casi di “vero amore” tra una donna e il suo robot sono già sui giornali, come questo di una donna francese riferito sul Mail-online.

Il 19 e 20 dicembre scorsi si è inoltre svolto presso l’Università Goldsmiths di Londra il Secondo Congresso Internazionale su “Love and Sex with Robots”, le unioni omosessuali in confronto sembreranno una pratica antiquata degna di vecchi inguaribili romantici e tradizionalisti.
E la riproduzione?
Una volta separata la riproduzione dal sesso e dal matrimonio, mentre gli uomini /donne bovini sì accoppieranno con pezzi di silicone, ferro e plastica, i nuovi esseri umani da allevamento potranno essere selezionati da individui geneticamente desiderabili in base alle classi sociali di destinazione e coltivati in apposite incubatrici come prefigurato in questo video:

https://youtu.be/bPufQqnzEug

Certamente ci sono ancora delle difficoltà da superare ma l’allevamento umano presto si potrà avviare ad essere completo.

A questo punto scegliete se volete essere dei capi di questo futuro (ma già presente) allevamento e poi, se volete, domandatevi chi sono gli allevatori.

#je_ne_suis_Pinco

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Laureato in Biologia e in Farmacia, docente di scienze naturali Nel 2011 ha pubblicato "Inchiesta sul darwinismo", nel 2016 "L'ultimo uomo" e nel 2020 "Il Quarto Dominio".

37 commenti

  1. Sì, la separazione dell’atto sessuale dal rapporto affettivo ha evidentemente uno scopo.
    La vecchia eugenetica torna a galla e noi, mentre gli animalisti alzano alti lai per le povere mucche, oche maiali ecc., non accorgendosi che le stesse tecniche vengono subdolamente introdotte anche per noi (e per loro).

    • Comunque la separazione dell’atto sessuale da quello affettivo già avviene senza ricorrere a questi surrogati. Che poi secondo me una qualche forma di coinvolgimento emotivo subentri sempre, è un altro discorso…

  2. Cacioppo Giuseppe on

    A proposito di questo argomento invito a leggere sul blog di Costanza Miriano un articolo MAGISTRALE scritto da una donna: Silvana De Mari, medico e scrittrice dal titolo “Riportare in vita il padre per difendere i figli”.

  3. Il video della bionda mi ha fatto venire in mente questo passo:

    “L’inferno più infernale che l’immaginazione è in grado di concepire è quello in cui interpretiamo sempre il medesimo dramma, senza nemmeno un camerino stretto e sporco in cui essere umani.
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    Questa è la condizione del decadente, dell’esteta, di colui che sostiene o pratica l’amore libero.
    .
    Trascorrere l’eternità ad affrontare pericoli che sappiamo non possono danneggiarci, a fare voti che sappiamo non possono vincolarci, a sfidare nemici che sappiamo non possono conquistarci: questa è la bonaria tirannia decadente chiamata libertà.”

    Chesterton

    • Non conoscevo questo passo di Chesterton, sembra che avesse già chiara la mentalità figlia della realtà dei nostri giorni.
      Ma non mi stupisce.

  4. il Parlamento europeo sembra infatti intenzionato a prendere in esame l’idea di riconoscere ai robot lo status di esseri umani con un documento intitolato “DRAFT REPORT“.

    Sono un informatico e ho dato una letta al documento (non completa, lo ammetto). Mi pare che l’intento sia ben altro: preoccuparsi di future (ormai certe ,a venire) pervasività nella nostra vita di robot “intelligenti” cioè che prendono decisioni autonome. Il documento discute le enormi (e arcinote) problematiche di carattere legale ed etico che questo comporta nella nostra vita, nei criteri di costruzione di questi robot, nelle responsabilità etica di chi li fa … etc. Il documento mi sembra piuttoto preoccupato di preservare i diritti umani.

    Enzo, puoi dire esattamente in quale passaggio ravvedi “l’idea di riconoscere ai robot lo status di esseri umani “?

    • Fabrizio mi ha battuto sul tempo, anch’io avevo notato che il documento europeo si concentra su questioni importanti tipo le responsabilità civili/penali e le direttive da seguire per la loro programmazione. L’intenzione quindi è di tenere ben distinti robot e umani (non a caso si citano le leggi della robotica di Asimov).
      Altra cosa: quello di cui si parla nel video di Vice non è un robot ma fa sempre parte della categoria “sex doll”. Poi per carità, anch’io li trovo inquietanti, però in ogni caso non si tratta di robot.

      • Se Enzo ha scritto una frase così forte come “l’idea di riconoscere ai robot lo status di esseri umani“ certamente ci sarà stato un passaggio che gli ha fatto pensare questo. Sono curioso di sapere quale sia, aspettiamo fiduciosi una sua risposta.

        • Io sono una schiappa con l’inglese ma, sperando d’esser d’aiuto, azzardo lo stesso un copia-incolla dal documento in questione:
          “Points out that the guiding ethical framework should be based on the principles of beneficence, non-maleficence and autonomy, as well as on the principles enshrined in the EU Charter of Fundamental Rights, such as human dignity and human rights, equality, justice and equity, non-discrimination and non-stigmatisation, autonomy and individual responsibility, informed consent, privacy and social responsibility, and on existing ethical practices and codes;”

          • In quel paragrafo si parla di “principi etici”, ma mica riferiti ai robot in senso diretto (il punto precedente parla delle linee guida per il design e la produzione). Sta dicendo che il “il quadro etico di riferimento dovrebbe essere basato sui principi di beneficenza, non maleficenza e l’autonomia, nonché sui principi sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’UE, quali la dignità umana e dei diritti umani, l’uguaglianza, la giustizia e l’equità, non discriminazione e non stigmatizzazione, l’autonomia e
            responsabilità individuale, il consenso informato, privacy e responsabilità sociale, e su
            pratiche etiche e codici esistenti”.
            In sonstanza sta dicendo che tutto quello che riguarda l’etica legata ai robot (la loro produzione in particolare) deve far riferimento a quelle importanti fonti. Non mi pare poco.

            Grazie dell’intervento, attendiamo il contributo dell’interessato.

      • Questo estratto proviene dall’introduzione del documento, dove vengono elencate una serie di questioni sollevate dai progressi nell’ambito della robotica. “Whether” in inglese significa “se”, quindi non si sta dicendo che i robot dovranno essere trattati come persone naturali e che possano quindi godere degli stessi diritti degli esseri umani. Semplicemente, si afferma che la loro sempre maggiore autonomia ha spinto alcuni a porsi questa domanda. Cosa che ha fatto chiunque abbia visto un film di fantascienza 😉 . Non a caso, infatti, l’introduzione esordisce citando Mary Shelley e il golem di Praga, tanto per inquadrare il problema.
        Però, nel resto del documento non si parla più di robot come persone naturali, anzi si pongono molti paletti e si stabiliscono importanti differenze fra uomini e robot.
        “Robotics research activities should respect fundamental rights and be conducted in the interests of the well-being of individuals and society in their design, implementation, dissemination and use. Human dignity – both physical and psychological – is always to be respected
        La questione dello status legale è relativa al problema della responsabilità di eventuali danni provocati da un robot, tema importante visto che coinvolge anche le assicurazioni.
        In generale, mi sembra che la commissione che ha stilato il documento sia ben consapevole dei possibili problemi sollevati dall’interazione fra esseri umani e robot, e che i diritti e la dignità dei primi siano sempre da tutelare.
        “The JURI Committee believes that the risks posed by these new interactions should be tackled urgently, ensuring that a set of core fundamental values is translated into every stage of contact between robots, AI and humans. In this process, special emphasis should be given to human safety, privacy, integrity, dignity and autonomy.

        • “non si sta dicendo che i robot dovranno essere trattati come persone naturali e che possano quindi godere degli stessi diritti degli esseri umani. Semplicemente, si afferma che la loro sempre maggiore autonomia ha spinto alcuni a porsi questa domanda. ”
          Sarà un fatto di gusti personali, ma per me resta ridicolo anche solo porsi tale domanda. I robot sono macchine programmate; sarebbe come se uno spettatore di un prestigiatore valutasse la possibilità che il coniglio esca fuori dal cilindro per una vera magia.

          • Scusate se mi intrometto. Ma se a lei appare ridicolo porsi cotali domande, la facile soluzione sta nel non porserle. Liberi gli altri di arrovellarsi il cervello. Non mi pare sia necessario privar loro di questo esercizio.

            Che qui poi si parla di diritti e doveri. Quello delle auto a guida autonoma mi pare un problema attuale, e prossimamente pressante. A chi attribuire la colpa di un incidente? All’auto che in autonomia (o almeno quell’autonomia permessa dall’AI) ha preso una decisione sbagliata? Al non-pilota che non ha impedito all’automobile di trovarsi nella situazione di dover prendere quella decisione? Al programmatore che ha disegnato l’AI?

            Insomma, per altri potrebbero essere domande interessanti.

          • Buonasera Valentino, il mio commento non si riferiva al problema dell’attribuzione di responsabilità in caso di incidenti ma solo al passo che ho messo tra virgolette, perché lasciava intendere che si possa con leggerezza confondere l’automatizzazione di una macchina con il conferimento di qualcosa come il libero arbitrio. Parole come “persone” e “diritti”hanno un loro peso non indifferente.

  5. Dunque, in questa dichiarazione d’intenti ove si parla di etica, di “diritti umani”, di “non discriminazione” eccetera, a “chi” o a “cosa” ci si riferisce?
    Scusate, ma oltre ad esser schiappa in inglese sono anche un po’ duro di cervice…
    Ovviamente senza intenzione di rubar la scena all'”interessato” che tutti oramai si attende come il famoso “Godot”…

    • Per esempio alle responsabilità legali e civili: un robot può essere ritenuto responsabile di un eventuale incidente? Se una macchina senza pilota investe qualcuno, di chi è la colpa? E quali sono le responsabilità etiche di chi progetta, costruisce e usa un robot? Si parla inoltre di diritti di proprietà intellettuale, utilizzo dei dati raccolti da robot, questioni legate all’occupazione e via dicendo.

      • Oltre ad essere schiappa e duro di cervice, sono scarso anche in materie giuridiche e mi domando cosa c’entrano codeste responsabilità personali civili e penali derivanti dall’uso di macchinari con l’etica dei “diritti umani” condita coi gran paroloni come “discriminazione” e “stigmatizzazione” di cui sopra.
        A me pare che la volontà concepire la macchina come persona umana (e, conseguentemente, viceversa) sia lampante in queste deliranti dichiarazioni d’intenti stile Star Trek Next Generation.
        Poi, se a qualcuno piace tanto traversare questa valle di lacrime arrampicandosi sugli specchi per negare l’evidenza, io ci posso fare poco.

        • Gentile Sentenza, posso chiederle dove vede, nel documento di cui stiamo parlando, la lampante volontà di concepire la macchina come persona umana?
          Come ha già spiegato bene Fabrizio, discriminazione e stigmatizzazione non sono riferiti ai robot ma a chi li programma che, giustamente, dovrebbe rispettare determinati principi etici.
          Un robot è una macchina che, in determinati ambiti, è in grado di agire autonomamente. Questa autonomia potrebbe portare un robot, proprio in quanto non-umano, a violare alcuni diritti. Per questo è necessaria una regolamentazione dei robot, che poi mi sembra essere lo scopo che si prefigge il documento europeo.
          Posso infine chiederle chi è che si arrampica sugli specchi pur di negare l’evidenza?

          • Mi scusi, ma la mia capacità di astrazione giuridica è limitata (come tutto il resto) e non arriva agevolmente a concepire circostanze nell’ambito delle quali si possa ragionevolmente affermare che sia possibile discriminare o stigmatizzare un programmatore.
            Mi rileggerò Asimov.

          • Un robot o una AI potrebbero prendere decisioni o intraprendere azioni che, a loro volta, potrebbero risultare nella discriminizzazione o stigmatizzazione di alcune persone.
            Non si tratta quindi di discriminare o stigmatizzare un programmatore, ma di evitare che il frutto del suo lavoro possa in un qualche modo discriminare o stigmatizzare qualcun altro.

          • La fantasia al podere(*).
            (*) Non è un refuso: si vuol intendere proprio l’appezzamento di terreno coltivabile di cui si occupa il colono, ovvero colui che esercita la nobilissima arte di zappare la terra.

  6. Vedo che, come altre volte, c’è chi usa gli articoli non per ragionare sulle questioni proposte ma per giocare a fare le pulci su singoli passaggi.
    Nell’articolo viene detto:
    “il Parlamento europeo sembra infatti intenzionato a prendere in esame l’idea….”, ripeto “prendere in esame l’idea”, non un progetto di legge, e di questo si tratta come confermato successivamente.
    Concordo quindi con quanto detto da Sentenza e Htagliato e mi spiace che abbiano dovuto perdere tempo ad evidenziare ciò che era evidente.

    • Quello che lei ha citato è uno dei 26 punti che compongono l’introduzione del documento europeo, nel quale gli autori inquadrano il tema. In quel punto si dice che l’autonomia dei robot ha sollevato la questione della loro natura alla luce delle esistenti categorie legali: vanno inclusi in una di quelle esistenti o bisogna crearne una nuova? Essendo scritto in burocratichese, il documento elenca le categorie esistenti: persone naturali, persone legali, animali, oggetti. Il che è ben diverso dal sostenere, come fa lei, che “il Parlamento europeo sembra infatti intenzionato a prendere in esame l’idea di riconoscere ai robot lo status di esseri umani (natural persons) con un documento intitolato DRAFT REPORT”.
      Anche perché il termine “natural persons” ricorre una sola volta nelle 22 pagine del documento, nell’introduzione da lei citata, ma non negli statement finali (nei quali, fra le altre cose, si sottolinea l’importanza di regolamentare i robot in modo che non possano ledere la dignità umana e altri valori morali).
      In sostanza, lei ha citato una singola riga di un documento europeo a sostegno della tesi forte che presenta nell’articolo, quando in realtà il suddetto documento giunge a conclusioni ben diverse, che ribadiscono l’importanza di impedire che errori o leggerezze nella programmazione e nell’uso di robot e AI possano avere impatti negativi sull’uomo, a livello fisico, psicologico, etico e morale.

      Trovo strana la sua insofferenza nei confronti di chi pone domande e solleva obiezioni, così come trovo strana l’idea che rispondere a tali obiezioni sia una perdita di tempo. Soprattutto in un sito che si prefigge di ospitare dibattiti e di fare critica scientifica, due contesti nei quali obiezioni, rigore e precisazioni sono fondamentali. E soprattutto da parte di una persona che è sempre pronta a fare le pulci alle posizioni altrui.

      Sentenza, sbaglio o colgo un certo disprezzo nei confronti di chi pone domande e solleva obiezioni?

      • Greylines, leggo sempre con molto interesse i suoi interventi a difesa del darwinismo, poiché penso che bisogna considerare con molta attenzione le argomentazioni di chi la pensa in maniera diversa dalla nostra. Mi scusi per la franchezza ma mi sembra che questa volta (a differenza del suo solito) non colga il punto: lo scritto in questione NON va letto come di solito leggiamo gli articoli scientifici specialistici, dove ogni frase va pesata e considerata letteralmente per quello che dice e niente di più; lo scritto è invece essenzialmente un documento politico, i cui scopi politici sono quelli di suggerire, abilmente e subdolamente, quanto paventato da Pennetta e altri, creando un clima ideologicamente propizio allo scopo. Vedrà che sicuramente ne seguiranno degli altri, sempre più espliciti. Vedo arrivare implacabile come un treno l’accusa di complottismo. A parte il fatto che a pensar male … eccetera, ho purtroppo constatato nella mia ormai non breve vita di non aver mai sbagliato nel sospettare di secondi o terzi fini i politici.

        • Gentile Cordani,
          Nessuna accusa di complottismo, ci mancherebbe! E grazie per la franchezza, che è sempre utile per andare direttamente al punto. Che, come giustamente dice lei, è politico.
          Però la finalità politica del documento in questione non dovrebbe essere dedotta solo da una riga di introduzione su 22 pagine, ma dall’insieme delle conclusioni cui gli autori giungono. E da questo insieme emerge un quadro che a me sembra andare in una direzione ben diversa da quella paventata da Pennetta, e cioè che la ricerca e lo sviluppo di robot e intelligenze artificiali deve venir regolamentato proprio per evitare eventuali danni agli esseri umani, dal punto di vista fisico, psicologico, etico e morale.
          Io capisco il clima di sospetto, specie quando non ci si fida di certe istituzioni, però da lì ad affermare con certezza quali siano gli obiettivi di un documento ce ne passa.
          Anche perché un conto è il commento di un lettore che esprime la sua legittima diffidenza, un conto è un articolo che presenta un’opinione personale (l’Europa sta valutando di equiparare i robot agli esseri umani) come una certezza. Che a sua volta viene usata per confermare un quadro narrativo più grande.
          Anche nel fare controinformazione ci vuole rigore.

      • Egregio Greylines, “disprezzo” è una parola grossa,
        Direi più propriamente “moderato dileggio”.
        Ma la cosa riguarda le obiezioni e non “chi” le solleva.
        Insomma per le zecche in me prevale di gran lunga la compassione.
        Infatti bisogna avere l’anima proprio nera per non figurarsi almeno un pochino quanto deve esser duro convivere con l’ansia di delegittimare il prossimo, specie quando tale ansia è patologica sino al segno di porre in secondo piano la ridicolaggine dei pretesti che si usano…

      • Quello che continua a sfuggire a Greylines è il fatto che il solo essere inserito nel documento del concetto in questione è una notizia.
        Siamo passati dalla non esistenza di un’ipotesi alla sua citazione il che dal punto di vista di un avvocato potrebbe non implicare nulla ma da quello di persone attente a dove soffia il vento vuol dire qualcosa.
        Le faccio una domanda Greylines, secondo lei la coscienza è una caratteristica emergente della complessità dei sistemi neurali?

  7. Claude Liszt on

    Capisco che al Parlamento europeo i governi nazionali “spediscono” non la seconda o la terza fila dei loro politici, ma forse la quinta se non la sesta fila (quindi lascio immaginare l’«alta qualità» che si “concentra” a Bruxelles), se la notizia risultasse almeno verosimile è allora assodato che in quelle stanze trascorrono il tempo a guardare film di fantascienza…

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