Luoghi comuni

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Prendo spunto da “Sette luogi comuni sull’Economia”, Andrea Boitani, Laterza, 2017.

A pagina 164 afferma che una riduzione delle tasse sui redditi bassi avrebbe un costo neppure lontanamente compensabile da un aumento delle tasse sui redditi alti. Vero.

A pagina 146 però aveva già affermato che sarebbe comunque auspicabile togliere parecchio all’1% più ricco per darlo al 25% più povero.

Non c’è contraddizione trattandosi di ideologia e non di economia. La mancanza di senso economico è certa, mentre incerte sono le intenzioni che spaziano da giustizia redistributiva a giustizialismo, da captatio benevolentiae a sfogo di invidia.

Il sentire comune è bene espresso così:

Non esiste solo l’economia, c’è anche un problema di giustizia. Mai si è allargato come ora il divario tra i più ricchi e i più poveri. Dal punto di vista economico non conterà nulla, ma dal punto di vista della decenza redistribuire servirà a qualcosa.

 

Il divario tra i più ricchi e i più poveri.

Si ripete che la diseguaglianza è in continuo aumento. Eppure non c’è evidenza.  L’indice di Gini mostra sia aumenti limitati nel tempo sia diminuzioni limitate nel tempo. Sulla base di variazioni centesimali entro il quinquennio che ci dà ragione possiamo dire tutto e il contrario di tutto.

Useremo una distribuzione con indice di Gini 0.4 per chiarire alcuni concetti talvolta ignorati o travisati. Useremo sempre la stessa quantità di ricchezza, distribuita sempre nello stesso modo e allo stesso numero di persone. Vedremo che si può raccontarla in modi molto diversi, anche ingenui, anche maliziosi.

Nell’esempio il 25% di popolazione più povera ha lo 8% di ricchezza quindi 8/25 = 0,32 volte la media, che è 1.00. L’1% dei più ricchi ha il 7.4% della ricchezza totale, quindi 7.4 volte la media. Il rapporto di disparità quindi è 7.4 / 0.32 = 23 volte.

I molto ricchi, 0.1% della popolazione, hanno il 2,4% della ricchezza, 24 volte la media. Rispetto ai soliti poveri, 0.32, il rapporto di disparità è quindi 75 volte.

Senza neppure scomodare il più ricco, basta mettere a denominatore chi non ha quasi nulla per avere un rapporto di disparità enorme.

Al contrario, il 50% più povero ha il 22.4% di ricchezza mentre quello più ricco ha il 77.6 % quindi il rapporto di disparità sarebbe appena 3.5 volte.

Ma allora il rapporto di disparità tra ricchi e poveri quanto è:  3.5;  23;  75; … ?

Un valore non ha senso se non si precisa come è definito ed il suo contesto, cioè quali sono i valori osservati in situazioni normali e quali in situazioni anomale.

Vediamo ora gli effetti a breve di una redistribuzione di ricchezza volontaria e senza costi. Se riguarda tutta la popolazione a ciascuno spetta la media che è 1.00.

Prendiamo invece lo 1% più ricco e mettiamolo assieme al 25% di popolazione più povera obbligandolo a spartire ugualmente:

Ricchezza = 0.074 + 0.08 = 0.154; Popolazione = 0.25 + 0.01 = 0.26; Media 0.59.

I ricchi scendono da 9 a 0.59 mentre i poveri salgono da 0.32 a 0.59.

Trasferendo ai poveri tutta la ricchezza dei ricchi, i poveri salirebbero a 0.62. Trasferendo solo il 20% i poveri passano da 0.32 a 0.37. Aiuta ma non cambia la vita.

Chiarite le idee con l’esempio scolastico vediamo cosa accade con i numeri ISTAT

(StatInBrevePensioni2017.pdf) citati in “Radio Anch’io” del 18/05/2017):

540 pensioni oltre 20 mila euro al mese; 6 milioni di pensoni sotto 1000 E. Quindi la spesa è più di 10.8 milioni per le pensioni d’oro e meno di 6 miliardi per i poveri.

Per i valori esatti si rimanda al tabulato INPS. Qui bastano valutazioni grossolane.

Poniamo 20 milioni + 4 miliardi = 4.020 miliardi per un totale di 6000540 pensionati.

Spartiti in parti uguali fanno 670 E al mese al posto di 667 E ovvero 3 euro al mese in più per i poveri. Per giustizia o vendetta possiamo anche farlo. Ma, se si vuole aiutare i poveri, occorre coinvolgere le pensioni medio alte.

Se poi si vuole una redistribuzione ben più forte di quella operata dalla progressività delle imposte, se si sogna l’uguaglianza, allora ci si deve chiedere, primo: il costo immediato dell’operazione, secondo: le conseguenze non immediate, pudicamente dette effetti collaterali; terzo: quali esempi abbiamo di società felicemente egualitarie. Ci accontentiamo di esempi storici con G < 0.1.

Iniquità delle pensioni d’oro.

Posso invidiare una pensione d’oro ma, per dichiararla ingiusta, devo appurare se chi la riceve prende soldi altrui perchè non ha versato contributi a pareggio, oppure se li ha versati, ma il suo lauto stipendo proveniva da sinecura e favori. In caso contrario devo ammettere che gli sono restituiti soldi suoi.

Primo esempio

Un edile prende 1500 E netti al mese ma ne costa 3000 e vien fatto lavorare per più di 3000, altrimenti non c’é utile e neppure imposte sull’utile. La differenza è fatta da IRPEF, 500 E, e contributi, 1000 E. L’INPS si prende 600 E. In 40 anni fanno 288 mila E. L’edile può vivere 20 anni in pensione con 1200 E al mese. Tutti soldi suoi.

Secondo esempio

Chi ha lavorato solo 20 anni, ha versato la metà dell’edile. Poi ci vorranno 40 anni di pensione, il doppio dell’edile. Costui e costei dovrebbe avere indietro 300 E al mese, giusto un quarto dell’edile. Tutto quello che prendono in più non è roba loro. Metteteci pure l’etichetta che vi pare.

Disparità misurata e disparità percepita.

Consideriamo due società, A e B, con la medesima distribuzione, quindi il medesimo indice di Gini, e medesimi rapporti tra fascia più alta e fascia più bassa. Però il reddito mensile medio sia 1000 E per A e 5000 E per B.

Il 25% dei più poveri in A avrà appena 320 E mentre in B avrà 1600 E.

Miseria per A e agiatezza per B, anche nella fascia più bassa.

Ora immaginiamo che B si impoverisca e scivoli lentamente verso A.

Hai voglia a raccontargli che la disparità non è affatto cambiata!

Se l’utilità marginale decresce verso la ricchezza, vale anche l’opposto: gli ultimi soldi sono più i dolorosi da perdere. In anni di recessione si soffre povertà crescente, e si percepisce disparità crescente. Il meccanismo è facile da comprendere anche senza ricorrere a Pareto (ofelimità) o Weber – Fechner (misure logaritmiche).

Peccato che si dicesse “disparità crescente” anche in anni di espansione.

La spiegazione in quest’ultimo caso è certamente diversa.

Semplificazioni miopi

La redistribuzione della ricchezza economicamente conta davvero poco o nulla? Vero, ma a patto che non abbia costi. Però tutto ha un costo quindi, anche al momento, è una affermazione opinabile. Il momento passa, il futuro non è facilmente predicibile.

Di sicuro una situazione diversa produrrà una ricchezza diversa.

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Luigi Francesco Mojoli è nato nel 1941 a Milano e si è laureato in Ingegneria Elettronica al Politecnico di Milano. Ha pubblicato articoli e libri su problemi delle trasmissioni in Ponti Radio. Ha progettato la tratta radio in visibilità (LOS) più lunga al mondo: 360 km sopra il Mar Rosso, tra Sudan e Arabia Saudita. Ha contribuito alla normativa internazionale sui Ponti Radio (CCIR). Ha progettato i primi shelter a condizionamento passivo. Nel 2011 ha pubblicato "Analisi per adulti. Il senso della matematica oltre la regola della scimmia"

11 commenti

    • LUIGI MOJOLI on

      I criteri estetici sono insindacabili. La schiettezza dei pareri è sempre apprezzabile.

      • GIUSEPPE CACIOPPO on

        Risposta ineccepibile e di grande classe! Trovo l’ articolo, personalmente, molto interessante. Tutti gli entusiasti delle teorie socialmarxiste, a cui purtroppo si sta stranamente accodando la Chiesa tramite l’attuale pontefice, tendono allegramente a ignorare la matematica e le leggi economiche.
        Grazie a tale voluta ignoranza, si vende demagogia a prezzo pieno!

        • LUIGI MOJOLI on

          Grazie, fanno piacere anche gli apprezzamenti. Sul prezzo pieno concordo ma, dato che sono ottimista per natura, aggiungerei prezzo nascosto.
          Un mucchio di cose sembrano gratis ma non è vero, le abbiamo già pagate a prezzo pieno, talvolta esoso e fuori mercato, ma non in chiaro.
          Siccome sono anche simpatico per naturale inclinazione, ma per modestia cerco di nasconderlo, propongo di calcolare quanto abbia speso il conte Leopardi per l’educazione dei suoi tre figli, con un solo istitutore. Poi si confronti con 135 mila euro per un diploma e 235 mila euro per una laurea. Tutto stimato per difetto.

          • Non mi ricordo se le ho posto già la vexata quaestio ma lei è keynesiano? A giudicare dall’approccio sì ma tutto può essere magari è un austriaco con una incontenibile passione per la matematica XD.

          • LUIGI MOJOLI on

            Non ricordo neppure io se me lo ha già chiesto. Risponderò, ma provo un senso di fallimento quando dal calcolo della traiettoria del pallone si passa a chiedersi di che squadra era il calciatore. Keynes non mi entusiasma. Boitani ha scritto un libro che è utile leggere. Io, almeno, l’ho trovato utile. Se due tifosi di squadre diverse convengono che quella cosa lì è un pallone, ci si può credere, almeno fino a prova contraria. Quanto a Vienna, vado pazzo per le palle di Mozart e ho molta stima di Von Mises. Quasi tutti hanno passione per la matematica, nel senso che patiscono molto a causa sua. Io la uso per capire. Ma non mi aiuta a capire quanto la sua domanda è spiritosamente provocatoria.

          • No nulla di provocatorio, non voleva essere un appiccicare le etichette. Per me dire SONO QUESTO O QUELLO è un modo sintetico e chiaro di trasmettere il suo più o meno quadro coerente sull’argomento. Ideologia insomma in un mondo che ha seppellito anche le idee. Io, ad esempio, sono un austriaco riguardo all’oggetto dell’articolo; per la precisione un anarcocapitalista cattolico.

  1. Fabio Vomiero on

    Io invece trovo l’articolo molto interessante e, premesso che non me ne intendo molto di economia e di politica, mi pare vada a smontare matematicamente il luogo comune che togliendo ai ricchi si possa far stare molto meglio i poveri. Riguardo l’equità o meno delle pensioni poi, certamente se uno ha versato tanto è giusto prenda tanto e viceversa, se tutto avviene con il metodo contributivo. Non credo infatti sia questo un caso di inequità, semmai i problemi sono altri…

    • LUIGI MOJOLI on

      Grazie per l’attenzione. L’iniquità nelle pensioni d’oro c’è quando mancano i due presupposti che ho citato, primo: copertura data dai contributi di categoria e, secondo: che allo stipendio abbia corrisposto un lavoro vero ed efficace, visto il livello. Requisiti che sono mancati spesso, e.g. super pagati amministratori di fallimenti. Per le pensioni di latta chiamiamoli pure trasferimenti di reddito, ma non credo che siano stati sempre giustificati. Il muratore non fa un lavoro meno usurante e meno pericoloso della maestra di una volta. Con i bambini di oggi forse sì, ma non si danno nuove baby pensioni.

      • GIUSEPPE CACIOPPO on

        Bisogna dire che tutti i pensionati della pubblica amministrazione, e sono milioni, hanno usufruito fino a pochi anni fa del metodo di conteggio retribuitivo. La pensione veniva rapportata all’ ultimo stipendio, spesso vigeva la norma della promozione finale ai fini dell’ incremento pensionistico. In ogni caso tale metodo ha fatto sì che la maggior parte delle pensioni degli statali non corrisponda, alcune nemmeno alla lontana, all’ entità dei contributi versati !!! Non parliamo poi delle pensioni (baby) elargite dopo 16 di lavoro, pagate a pensionati poco più che quarantenni! Il tutto a scapito e sulle spalle delle prossime generazioni. Dunque non solo pensioni d’ oro, ma anche d’ argento e di bronzo. Premi per tutti… venghino..signori venghino!!!

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