Teoria dell’evoluzione: il bianconiglio nel precambriano

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Non domandate ad un darwinista cosa potrebbe confutare la sua teoria perché neanche un coniglio nel cambriano sarebbe sufficiente.

Vi propone un paese delle meraviglie pieno di miracoli, ma voi non fatevi distrarre, cercatelo il bianconiglio…

 

 

Chi si interessa di evoluzione seriamente sa che la teoria dell’evoluzione non corrisponde alla teoria darwiniana in quanto la seconda è una possibile spiegazione della prima. Ciononostante l’unico argomento portato dai darwinisti come criterio di falsificabilità della teoria darwiniana è un argomento che invece può falsificare l’idea stessa di evoluzione e cioè il rinvenimento di una specie in uno strato fossile di un’epoca in cui la sua evoluzione non era ancora avvenuta, il caso storicamente famoso al riguardo è la frase di J.B.S. Haldane che indicò il ritrovamento del fossile di un coniglio nel precambriano come un fatto che l’avrebbe fatto ricredere riguardo la teoria dell’evoluzione.

L’esempio sta ad indicare che se si trovasse un reperto che contraddice il corso dell’evoluzione prevista dalla teoria (i mammiferi come i conigli essendo comparsi non prima del Triassico, circa 250 MLN di anni fa, vengono molto dopo il Cambriano, 540 MLN di anni fa).

Ciò premesso, esiste una notizia che i rappresentanti della scienza evoluzionista italiana, sempre attenti ad ogni minimo particolare come ad esempio le dimensioni delle foglie o la rivincita delle rane, si sono ben guardati non solo dal commentare ma anche solo dal pubblicare. Quella di cui parliamo è una notizia molto importante, della stessa tipologia di quella di un coniglio nel precambriano e cioè quella della scoperta di un uomo vissuto prima della “comparsa dell’uomo”, nel caso particolare si tratta del rinvenimento di impronte di una camminata di piedi umani avvenuta circa 5,7 MLN di anni fa, un po’ troppo lontana non solo dai circa 300.000 anni circa stimati dalla comparsa di Homo sapiens ma anche dalla presunta comparsa di ominidi con un piede di tipo umano.

La camminata più famosa finora conosciuta era quella avvenuta nell’attuale località di Laetoli in Tanzania, una camminata fatta circa 3,7 MLN di anni fa da nostri progenitori che avevano il piede come il nostro presentando infatti un alluce allineato (anche se Pikaia lo chiama pollice..). Così Pikaia racconta la cosa:

Le impronte, analizzate mediante scansioni digitali grazie alle quali è stata generata un’immagine tridimensionale, sono molto simili a quelle lasciate dai piedi dall’uomo anatomicamente moderno, con dita corte, talloni larghi così come la pianta e un’arcata longitudinale simile a quella umana. Tutte queste caratteristiche sono tipiche di una specie ormai svincolata dall’ambiente arboricolo e già in grado di stazionare e muoversi in posizione eretta. Ma il tratto più interessante (e più “umano”) è la presenza del pollice allineato con le altre quattro dita del piede, conformazione esclusiva (attualmente) dell’uomo moderno e non ancora presente negli ominidi australopitecini.

Dunque gli australopitechi, comparsi circa 4,2 MLN di anni fa (e che sarebbero i nostri progenitori), non avevano l’alluce umano (allineato), se dunque troviamo un piede con l’alluce umano 1,5 MLN di anni prima dobbiamo dire che gli australopitecini non sono i nostri progenitori, roba da far cambiare nome a interi musei e farli definire di zoologia anziché di antropologia, e non è questione da poco. Insomma, le impronte rinvenute a Creta smentiscono tutte le ricostruzioni sin qui effettuate mandando in cantina Lucy e le sue sorelle e spingendo a cercare una differente risposta al quesito sull’origine dell’Uomo. Se si volesse mantenere invece la narrazione corrente si dovrebbe rappresentare l’evoluzione umana con un’efficacissima e brillante immagine proposta dall’amico Stefano Bataloni alla quale ho aggiunto solo delle didascalie:

L’immagine che mostra l’attuale teoria evoluzionistica riguardo la specie umana alla luce del ritrovamento di Creta è di una forza visiva tale da incarnare la nota frase “una risata vi seppellirà” attribuita all’anarchico russo Mikhail Bakunin (1814-1876).

I biologi evoluzionisti per sfuggire alla sentenza di Bakunin scelgono allora di rifugiarsi presso il filosofo Georg Wilhelm Friedrich Hegel il quale avendo a suo tempo stabilito che il numero dei pianeti del sistema solare doveva essere 6, commentò spudoratamente la scoperta del settimo pianeta (Urano) avvenuta nel 1783, usando le seguenti parole: «Tanto peggio per i fatti se non si accordano con la teoria».

E così accade che i fatti vengono ancora oggi piegati alla teoria facendo ricorso all’argomento delle convergenze evolutive, per comprendere di cosa si tratti facciamo  l’esempio della forma dei cetacei e degli ittiosauri (Treccani):

Quindi, nel caso dei piedi che lasciarono le loro impronte a Creta 5,7 MLN di anni fa, deve essere stato qualche altro animale ad averli sviluppati prima della comparsa dell’uomo. Bene direte, ma dove sono allora i suoi discendenti? Scomparsi senza lasciare traccia presumiamo. Però come siete pignoli, mica possiamo avere tutte le prove, diamine…

NB, per la cronaca fu lo stesso Darwin a proporre questa scappatoia della mancanza delle prove fossili.

Insomma le cose funzionano così, se i reperti confermano la narrazione ufficiale si tratta di evoluzione, se invece la smentiscono si tratta di “convergenze evolutive”. In poche parole se un giorno trovassimo un coniglio tra i fossili del cambriano neanche l’argomento di Haldane varrebbe più, finirebbe per essere classificato come una convergenza evolutiva: una specie fu spinta dalla selezione naturale ad assumere la forma di un coniglio. Facile no?

Sconsiglio quindi di fare obiezioni agli ‘esperti’ della SIBE o di Pikaia, infatti ogni volta che qualcosa contrasta con le loro idee il minimo che possiate sentirvi rispondere è che non siete competenti o, se vi va bene, che non avete capito bene e fraintendete tutto… manco il Berlusca dei tempi migliori usava così bene questa scappatoia. Ma volendo restare in tema di conigli il suggerimento è quello di lasciar perdere quello di Haldane e seguire quello di Lewis Carroll, il Bianconiglio, quello che nel paese di Alice portava a capire le cose al di là delle finzioni:

Nella retorica odierna l’immagine del coniglio bianco sta ad indicare un evento inaspettato che porta alla comprensione di una realtà superiore che scardina in un sol colpo le convinzioni di una vita.

Seguire il coniglio bianco vuol dire fare attenzione a piccoli eventi apparentemente insignificanti…

Quello che Haldane non poteva immaginare è che trovare un coniglio nel cambriano sarebbe stata un’impresa più facile che trovare un darwinista in grado di ammettere le contraddizioni della sua teoria.

 

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Laureato in Biologia e in Farmacia, docente di scienze naturali Nel 2011 ha pubblicato "Inchiesta sul darwinismo", nel 2016 "L'ultimo uomo" e nel 2020 "Il Quarto Dominio".

78 commenti

  1. Ci sono due modi per commentare un paper scientifico. Il primo è quello più serio: si scarica il paper, lo si legge con calma, si cercano eventuali dichiarazioni rilasciate dai suoi autori, ci si documenta e si scrive un articolo dettagliato a riguardo. Il secondo è quello indubbiamente più veloce, ma anche (spesso) più superficiale: si legge il titolo del paper e qualche commento online, e si scrive un pezzo.
    Mi spiace constatare che questo post sembra appartenere alla seconda categoria. Se l’autore avesse letto il paper originale, infatti, non parlerebbe di “scoperta di un uomo vissuto prima della “comparsa dell’uomo””. Chi si interessa di evoluzione seriamente conosce bene la differenza fra uomini e ominini, e l’impronta trovata, secondo una delle ipotesi formulate dagli autori del paper, potrebbe appartenere a un “phylogenetically basal member of the clade Hominini”.
    L’altra ipotesi (definita “not implausible” ma al momento “not positively supported by data from the pedal skeleton of any known European primate”) è che l’impronta appartenga a un “unrecognized primate, potentially unrelated to the Hominini, but possessing overall morphological similarities with this tribe. The hominin-like characteristics, particularly the anterior placement of the first digit, would reflect an example of convergent evolution, a familiar phenomenon in the fossil record”.
    Ciò non sminuisce certo l’importanza della scoperta, che potrebbe avere grandi implicazioni nella ricostruzione della biogeografia degli ominini e dello sviluppo dell’andatura bipede. Ma non si può certo parlare di un uomo esistito prima dell’uomo. Nè, soprattutto, si può paragonare questa impronta alla scoperta di conigli nel precambriano. Sono due casi enormemente diversi.
    E, per inciso, il ritrovamento di un coniglio nel precambriano non è certo l’unico criterio di falsificazione del neodarwinismo. È il più famoso, dato in risposto ai creazionisti, che come tutti sanno negano anche l’evoluzione. Ma ce ne sono molti altri e io stesso ho più volte postato nei miei commenti alcune predizioni falsificabili del neodarwinismo.
    Questo per quanto riguarda la scienza.
    Scrive poi l’autore del post: “esiste una notizia che i rappresentanti della scienza evoluzionista italiana, sempre attenti ad ogni minimo particolare come ad esempio le dimensioni delle foglie o la rivincita delle rane, si sono ben guardati non solo dal commentare ma anche solo dal pubblicare”.
    Tutto questo perché Pikaia — il cui approccio alle notizie scientifiche è il primo dei due che ho descritto in precedenza — non ha ancora commentato la notizia. Il che, per l’autore, diventa una forma di censura, un non parlare di cose imbarazzanti. Piuttosto forzata come interpretazione. Dopotutto, anche CS non commenta mai i tanti studi che corroborano la teoria dell’evoluzione. Dovremmo forse pensare che CS censura ai suoi lettori le scoperte che potrebbero mettere in difficoltà la sua narrazione?

    PS: Apro una parentesi sull’evoluzione convergente, un fenomeno scientificamente dimostrato, di cui si trovano prove anche a livello molecolare e che, tra l’altro, sembra confermare l’esistenza di quei vincoli fisico-chimici che piacciono molto ad alcuni autori di CS. Come ho spiegato prima, che l’orma sia un caso di evoluzione convergente è solo una delle due ipotesi formulata dagli autori, peraltro la meno probabile. Pennetta invece qui la cita come la pezza principale che i biologi evoluzionisti (che lui ama rappresentare come una casta compatta) hanno messo alla teoria che vogliono a tutti i costi salvare. Dimostrando ulteriormente di aver commentato un paper scientifico senza leggerlo.

    • Enzo Pennetta on

      Vedo un commento corposo che però non risponde al problema di fondo: i piedi con l’alluce parallelo sono comparsi e poi scomparsi, dove avrei fatto confusione tra Uomo e ominini dato che tra l’altro nessuno sa di chi fossero le impronte di Creta attribuite ad ominini solo perché la teoria attuale non prevede un caso diverso? E su questo puoi leggere il paper pure con la lente d’ingrandimento ma il discorso non cambia: alluce (non pollice) paralleo vs alluce divergente. Appare quindi del tutto pretestuosa e infondata l’accusa di non aver eletto il paper.
      Chi erano dunque i nostri antenati, le australopitecine o altri?
      Apprendo poi che voi di Pikaia ci mettete parecchio a leggere e commentare un paper… ma non credo che si tratti di censura, è che proprio non sapete che dire per non crearvi problemi da soli, in questo caso chi non parla non sbaglia.

      • La confusione fra uomo e ominini la fa con questa frase: “Quella di cui parliamo è una notizia molto importante, della stessa tipologia di quella di un coniglio nel precambriano e cioè quella della scoperta di un uomo vissuto prima della “comparsa dell’uomo”, nel caso particolare si tratta del rinvenimento di impronte di una camminata di piedi umani avvenuta circa 5,7 MLN di anni fa”. Per essere corretto avrebbe dovuto scrivere “ominini” invece di “uomo”. Ma non l’ha fatto, e in generale in questo post non parla mai di ominini, che invece sono ampiamente citati nel paper originale. Mi sembra un dettaglio molto più importante di alluce-polluce su cui concentrarsi. Anche la pubblicazione dell’immagine di Bataloni alimenta questa confusione. Per fortuna un altro autore di CS come Vomiero la definisce, giustamente, una barzelletta.
        “Una risata vi seppellirà”.
        La risposta al problema di fondo da lei posto, è che questa scoperta potrebbe mettere in discussione l’ipotesi al momento più diffusa, e cioè che tutti gli ominini si siano evoluti in Africa. Quell’impronta è grosso modo contemporanea di altri ominini (Sahelanthropus e Orrorin) che forse erano già bipedi (ma non sappiamo come fossero i loro piedi). La timeline dell’evoluzione umana non è incisa nella pietra, c’è un intenso dibattito scientifico al riguardo e non ci sarebbe nulla di strano se, in seguito ad altri ritrovamenti, si scoprisse che alcune ipotesi erano sbagliate. Succede di continuo in tutta la scienza! Ben vengano quindi i cambiamenti nei musei e nei libri.
        Il vero problema di fondo è che lei prende questa storia, parla di comparsa dell’uomo prima dell’uomo (falso) e fa un paragone con i conigli del precambriano, come se si potesse mettere sullo stesso piano un’impronta di ominine, contemporanea di ominini che forse erano già bipedi, con l’ipotetico ritrovamento di un fossile di coniglio (il più vecchio è di massimo 56 milioni di anni fa) nel precambriano (finito 541 milioni di anni fa). È uno scarto di mezzo miliardo di anni!
        E su questo assurdo paragone lei costruisce un post in cui accusa i biologi evoluzionisti di usare la convergenza evolutiva per mascherare le contraddizioni della loro teoria. Peccato che — e chiunque abbia letto il paper lo sa — l’ipotesi della convergenza evolutiva secondo gli autori della scoperta è possibile, ma al momento non supportata da altri ritrovamenti. Quindi non ha senso citarla come “toppa” usata da tutti i darwinisti. Lei lo fa lo stesso, quindi i casi sono due: o non ha letto il paper, o è in malafede. Preferisco pensare che non l’abbia letto, sarebbe meno grave.

        • Enzo Pennetta on

          Gli Homininae sono una sottofamiglia degli ominidi e gli Hominini una tribù, Hominina una sottotribù, al di sotto troviamo il genere Homo, questo non esclude quindi che un loro componente sia anche un Homo.
          Lo studio non scende a questi livelli, la mia frase sta a indicare un “ripensamento” dell’evoluzione del piede che emergerebbe non volendo ipotizzare che l’albero genealogico finora adottato possa essere abbandonato.
          La “vignetta” di Bataloni rende molto bene questo problema ma lo fa appunto da vignetta.
          Il paragone con la frase di Haldane non viene usato nel mio articolo per dire che l’evoluzione è confutata ma per dire che non esiste un criterio di falsificabilità e mi sembra che leggendo l’articolo la cosa sia chiara.
          Detto questo mi meraviglio che una notizia di questa rilevanza, trattata di tutti i quotidiani con grande evidenza e suscettibile di “fraintendimenti” non sia stata spiegata dai siti evoluzionisti ufficiali anticipando proprio i possibili errori dei lettori.
          Confermo quindi l’impressione che un certo imbarazzo ci sia.

          • 1) “Gli Homininae sono una sottofamiglia degli ominidi e gli Hominini una tribù, Hominina una sottotribù, al di sotto troviamo il genere Homo, questo non esclude quindi che un loro componente sia anche un Homo.”
            Fra non escludere e dare per scontato c’è un’enorme differenza. Lei, nel suo post, dà per scontato che quell’impronta sia di un uomo, forse perché ciò fa comodo alla sua argomentazione retorica. Ma se lei fosse interessato a dare un’informazione scientifica corretta, avrebbe dovuto precisare che quell’impronta è stata attribuita a un ominine, e che quindi parlare di “uomo prima della comparsa dell’uomo” è sbagliato.
            2) “Lo studio non scende a questi livelli”
            Il paper scende eccome a questi livelli di dettaglio, citando diverse specie di omini, alcune delle quali più o meno contemporanee dell’impronta.
            3) “La “vignetta” di Bataloni rende molto bene questo problema ma lo fa appunto da vignetta.”
            La vignetta suggerisce una sola interpretazione di quella impronta, peraltro insistendo su una rappresentazione grafica erronea dell’evoluzione. Quella vignetta vale solo come barzelletta, ma dal punto di vista scientifico è sbagliata. È un errore che si somma a un errore. Punto.
            4) “Il paragone con la frase di Haldane non viene usato nel mio articolo per dire che l’evoluzione è confutata ma per dire che non esiste un criterio di falsificabilità”
            Se quello di Haldane fosse l’unico criterio di falsificabilità, lei avrebbe ragione. Ma non lo è. Ho più volte presentato predizioni falsificabili del neodarwinismo, basta studiare e le si trova. Questa stessa scoperta dimostra che una delle ipotesi più accreditate sull’evoluzione umana (l’origine africana dell’uomo) potrebbe essere sbagliata. Quindi è falsificabile.
            Come ho già scritto, la storia e la geografia dell’evoluzione umana non sono scritte nella pietra, proprio perché si continuano a raccogliere dati nuovi. Correggerle fa parte del normale processo di ricerca. Come sa chiunque si interessa di evoluzione seriamente.
            5) “Detto questo mi meraviglio che una notizia di questa rilevanza, trattata di tutti i quotidiani con grande evidenza e suscettibile di “fraintendimenti” non sia stata spiegata dai siti evoluzionisti ufficiali anticipando proprio i possibili errori dei lettori.”
            Un esperto di comunicazione come lei dovrebbe sapere bene che i quotidiani arrivano sempre prima dei siti scientifici, visto che la loro priorità spesso è la velocità, a scapito dell’esattezza. Detto ciò, lei sta davvero sostenendo che un ritardo di un paio di settimane da parte di un sito nel commentare una notizia è un evidente segno di imbarazzo? Imbarazzo per cosa, poi, visto che questa scoperta non significa certo che la teoria dell’evoluzione è sbagliata?

          • Stefano Marchi on

            La teoria dell’evoluzione e’ una congettura perche’ non e’ verificabile sperimentalmente, se vogliamo essere precisi con le parole. Cerchiamo di rimanere con i piedi per terra, a prescindere dalle classificazioni dell’alluce. I ritrovamenti di questi ultimi anni mostrano in modo sempre piu evidente di un nucleo di evoluzione nel mediterraneo diverso dai modelli precedenti. Invece di cercare conclusioni sarebbe bene fare domande. E’ un caso che importanti ritrovamenti siano proprio nelle isole della piu’ grande civilta’ minoica? E’ un caso che lo sviluppo avvenga nelle isole e non nel continente? Leggevo di alcuni studi che mostravano con simulazioni come le mutazioni in solo dieci individui potevano velocemente raggiungere la totalita’ della popolazione. Come sarebbe lo sviluppo in uno scenario di non migrazione? Uno dei grandi limiti dei modelli correnti e’ l’ideologia di una migrazione continua e l’idea che alcune caratteristiche si affermino secondo direttrici costanti nel tempo, cosa che e’ sempre piu’ dibattuta e controversa. Come potrebbe essere l’evoluzione in uno scenario in cui c’e’ forte discontinuita’ nelle modalita’ di selezione, sappiamo che oscillazioni nelle dimensioni degli individui rispondono a questi criteri, ma non sappiamo molto di piu. Quello che invece ritrovamenti di questo tipo mettono in discussione e’ proprio l’idea di un vettore di miglioramento dal primitivo all’evoluto, che e’ una lettura prettamente ideologica. Chiunque abbia esperienza negli algoritmi genetici sa come qualsiasi ottimizzazione e’ necessariamente locale. Da qui la domanda, cosa e’ successo in questi milioni di anni, potrebbe esserci state evoluzioni parallele, isolate? Potrebbero esserci state involuzioni? Non basta leggere i libri dei greci o guardare le colonne dei cretesi per capire che questa continuita’ non esiste? Non erano forse alcune delle tecniche di lavorazione della pietra di Neanderthal fortemente evolute? Cerchiamo di portare la discussione fuori dall’ambiente ideologico e magari riusciremo a ragionare senza dovere difendere la supremazia di un finto modello su un altro finto modello.

          • Enzo Pennetta on

            Il paper scende eccome a questi livelli di dettaglio, citando diverse specie di omini, alcune delle quali più o meno contemporanee dell’impronta.
            Ma se quelle specie di ominini avessero avuto un piede di tipo umano come quello delle impronte in questione (solo un po’ più corte tra dita e tallone) non staremmo qui a discutere di novità.
            Le specie già note non avevano quella caratteristica e quindi il tentativo di ricondurre la scoperta nell’alveo del già noto non può essere accettato.
            Il piede non sappiamo se fosse di un uomo (ma neanche il contrario) ma di sicuro era di tipo umano e questo dovrebbe escludere le australopitecine dal nostro albero genealogico, altro che conferma di quanto era già noto.

          • “Le specie già note non avevano quella caratteristica e quindi il tentativo di ricondurre la scoperta nell’alveo del già noto non può essere accettato.”
            Mi può spiegare come fa a sapere che quelle specie non avevano piedi di tipo umano visto che le ossa dei loro piedi non sono mai state ritrovate? Peraltro, nell’articolo che lei sostiene di aver letto si afferma chiaramente che non si sa praticamente nulla della morfologia dei loro piedi.
            Che poi, a essere precisi, secondo l’interpretazione più probabile quelle impronte appartenevano a un “small, primitive, habitually bipedal hominin with hominin-like pedal digits and ball combined with an ape-like sole lacking a bulbous heel.” Il che dimostra ulteriormente che la vignetta del suo amico va bene giusto per farsi due risate, ma scientificamente parlando è una vera scemenza.
            Io non ho mai affermato che la scoperta conferma quanto era già noto. Chiunque abbia letto con attenzione i miei commenti troverà scritto che queste impronte potrebbero anche contribuire a falsificare l’ipotesi dell’origine africana dell’uomo, al momento la più diffusa. Ben vengano le novità e le scoperte, è proprio così che la scienza procede!
            Il problema del riportare tutto “nell’alveo del già noto” se l’è inventato lei.

          • Mi può spiegare come fa a sapere che quelle specie non avevano piedi di tipo umano visto che le ossa dei loro piedi non sono mai state ritrovate?

            Se questo vale per le posizioni del prof. Pennetta prima ancora dovrebbe valere per le sue o no? Se non sono mai state trovate di che parla scusi?

          • Gentile AndreAX, non mi è chiaro cosa mi stia contestando ma provo comunque a rispondere.
            Pennetta ha scritto che le specie di ominini contemporanei all’impronta di Trachilos non avevano un piede di tipo umano, ma non può saperlo visto che non si sa praticamente nulla della del piede di quelle specie. Quindi la sua affermazione è sbagliata.
            Era questo che intendeva?

          • No se non esiste fossile del suddetto più che la confutazione di Pennetta è la sua posizione a risentirne. Perchè Pennetta non sposando l’impianto neodarwinista non deve far collimare date e fossili con il nuovo dato (l’impronta recentemente ritrovata) mentre lei sì che si ritrova una brutta gatta da pelare.
            Il punto con cui però sono d’accordo con lei e Vomiero è che ci sia solo un momento destruens senza una controproposta effettiva.

          • Da quel che scrive ho l’impressione (mi corregga se sbaglio, non vorrei creare ulteriori fraintendimenti) che secondo lei ai neodarwinisti prema solo di adattare date e fossili in modo che siano in accordo con l’attuale teoria dell’evoluzione. Se ho riassunto correttamente il suo pensiero, le rispondo dicendole che non è così. La ricostruzione dell’evoluzione umana, come qualsiasi altro campo d’indagine scientifico, non si basa su certezze e verità assolute; ogni volta che viene realizzata una nuova scoperta, gli scienziati cercano di capire se questi nuovi dati sono in accordo con le ipotesi al momento più accreditato e, in caso contrario, formulano nuove ipotesi per rendere più attendibile la spiegazione scientifica di un determinato processo.
            Cos’è successo in questo caso specifico?
            1) È stata trovata un’impronta a Trachilos (Creta) che i suoi scopritori ritengono appartenere a un ominino piccolo e primitivo, tendenzialmente bipede, il cui piede ha caratteristiche comuni agli ominini e alle scimmie. Non ci sono basi, quindi, per parlare di “comparsa dell’uomo prima dell’uomo”.
            2) Questa scoperta è molto interessante, perché potrebbe — se confermata da ulteriori ritrovamenti — falsificare una delle ipotesi al momento più accreditate, e cioè che gli ominini (da cui discende l’uomo) si siano originati in Africa e siano rimasti lì per alcuni milioni di anni, prima di disperdersi in Asia ed Europa.
            3) Attenzione però, l’eventuale falsificazione di questa ipotesi non significherebbe che anche il neodarwinismo in toto sarebbe falsificato, ma implicherebbe una revisione della distribuzione storica e geografica delle origini della nostra specie. Ben venga! Lo scopo della ricerca è proprio questo, migliorare la nostra conoscenza di una serie di eventi, in questo caso la nostra storia evolutiva. Ecco perché questa scoperta non è motivo di imbarazzo, come sostiene qualcuno, ma al contrario di grande eccitazione. Nessuna gatta da pelare, insomma.

            Per quanto riguarda il post di Pennetta, mi sono limitato a segnalare alcuni errori:
            a) non è vero che “l’unico argomento portato dai darwinisti come criterio di falsificabilità della teoria darwiniana” è quello proposto da Haldane. Il neodarwinismo ha consentito di formulare parecchie ipotesi, tutte falsificabili, che ho citato in alcuni miei precedenti interventi.
            b) Secondo Pennetta, l’impronta di Trachilos dimostra l’esistenza di “un uomo vissuto prima della “comparsa dell’uomo””. Come ho spiegato prima, l’impronta sembra appartenere a un ominino piccolo e primitivo, tendenzialmente bipede, il cui piede ha caratteristiche comuni agli ominini e alle scimmie. Decisamente non un uomo, insomma.
            c) L’immagine di Stefano Bataloni contiene ben due errori: il primo è la rappresentazione lineare del passaggio da scimmia a uomo — la famigerata marcia del progresso — che è un modo sbagliato di descrivere l’evoluzione per diversi motivi; il secondo è l’attribuzione dell’impronta di Creta a un uomo, come ho spiegato prima.
            d) Scrive poi Pennetta: “i fatti vengono ancora oggi piegati alla teoria facendo ricorso all’argomento delle convergenze evolutive”. È però sufficiente leggere l’articolo degli scopritori dell’impronta di Trachilos per scoprire che la convergenza evolutiva (fenomeno con solide basi scientifiche) è in questo caso considerata un’ipotesi plausibile ma al momento non confermata da nessuna prova. Quindi non è vero che viene usata dai darwinisti per piegare i fatti alla teoria.
            Lascio il link al comunicato rilasciato dall’università cui appartengono gli autori della scoperta, per ulteriori approfondimenti: https://www.sciencedaily.com/releases/2017/08/170831134221.htm

          • Greylines mi perdoni forse mi sto rincitrullendo io, può essere, ma se lei mi dice che i fossili dei suddetti ominini non li avete mentre Pennetta dice che è di un uomo, e di tibie e peroni e astragali e metatarsi per fare un confronto credo ce ne siano, il problema nel produrre una prova per analogia è suo che le manca il fossile per il confronto o no? Inoltre le riporto questo estratto dal link che mi ha lasciato:

            Human feet have a very distinctive shape, different from all other land animals. The combination of a long sole, five short forward-pointing toes without claws, and a hallux (“big toe”) that is larger than the other toes, is unique. The feet of our closest relatives, the great apes, look more like a human hand with a thumb-like hallux that sticks out to the side. The Laetoli footprints, thought to have been made by Australopithecus, are quite similar to those of modern humans except that the heel is narrower and the sole lacks a proper arch. By contrast, the 4.4 million year old Ardipithecus ramidus from Ethiopia, the oldest hominin known from reasonably complete fossils, has an ape-like foot. The researchers who described Ardipithecus argued that it is a direct ancestor of later hominins, implying that a human-like foot had not yet evolved at that time.

            The new footprints, from Trachilos in western Crete, have an unmistakably human-like form. This is especially true of the toes.

            Ora quello che capisco io è che è stata trovata una impronta di circa 5.7 milioni di anni che ha una “unmistakably human like form” mentre la ex-
            più vecchia di 4.4, ora divenuta più recente, aveva una forma simile alle scimmie. Quindi com’è possibile che in Africa se ne andassero in giro gli australopitechi mentre a Creta 1,2 milioni di anni prima già giravano forme più evolute ed umane che non avrebbero ancora dovuto essere?
            Due possibilità avete o retrodatate tutto e pazienza per il c14 dei fossili che avete già trovato oppure ricorrete alle evoluzioni convergenti. E però perdonate ma avreste il grande grandissimo onere di postulare una causa credibile che possa giustificare una simile discrepanza.

          • In realtà si è generata un po’ di confusione perché a un certo punto io e Pennetta ci siamo messi a parlare di altri fossili di ominini, i cui fossili sono incompleti e privi di piedi. Pennetta aveva scritto che tali ominini non avevano piedi di tipo umano e io gli ho fatto notare che non poteva affermarlo, proprio perché non abbiamo le ossa dei loro piedi né le loro impronte.
            Tornando all’impronta di Trachilos, gli autori della scoperta la descrivono così: “hominin-like pedal digits and ball combined with an ape-like sole lacking a bulbous heel”. Ecco perché non si può parlare di “uomo prima dell’uomo”. Poi certo, questa scoperta potrebbe falsificare, come scrivevo nel commento precedente, alcune ipotesi attualmente accreditate. Per esempio quella secondo cui l’Ardipithecus (impronta “da scimmia”, 4,4 milioni di anni fa) è un antenato diretto degli ominini più recente. O quella dell’origine africana dell’uomo.
            In assenza di ulteriori prove, come spiegano anche gli scopritori dell’impronta, è presto per parlare di evoluzione convergente. Servono altri dati per avere un quadro più completo della situazione. Retrodatare senza tener conto delle datazioni al C14 non è un’opzione, si procede sulla base dei dati.

          • Ok infatti anch’io credo che la retrodatazione non sia una opzione fattibile; sicuramente vi toccherà modificare l’albero, ma soprattutto vi toccherà trovare UNA CAUSA per spiegare una simile discrepanza temporale che spieghi anche il perchè a Creta sì e altrove no, in questo sta l’onere o gatta da pelare che dir si voglia.

          • L’albero è già stato modificato, infatti non lo si chiama neanche più albero 😉
            La ricerca delle spiegazioni è la parte più interessante della scienza! Ora che ci siamo spiegati meglio, capisco cosa intendeva con “gatta da pelare”. Però preferisco definirla una sfida.
            Grazie per lo scambio di opinioni.

          • Enzo Pennetta on

            Ma in ogni caso i passaggi intermedi non avevano più il piede con l’alluce parallelo e quindi l’evoluzione ci ha ripensato per poi riprendere quella soluzione?
            Questo proprio non riesce a vederlo Greylines?

          • Enzo Pennetta on

            So che le australopitecine non ce l’avevano il piede col pollice parallelo e che quindi dovreste smettere subito di metterle nell’abero genealogico di H. sapiens. O no?

          • Ma se anche fosse che si dovrà rivedere l’albero filogenetico, che problema ci sarebbe? Sono state fatte delle ipotesi per spiegare chi discende da cosa e dove si è originata la specie Homo, se i dati dovessero falsificare alcune di esse, si correggerà il tiro e si formuleranno nuove ipotesi, più complete di quelle precedenti. È normale, è così che funziona la ricerca scientifica, che si tratti di fossili, superconduttori, nanoparticelle o supernove. Solo lei ci vede un problema insormontabile.
            Chiaramente, come precisano anche gli autori della scoperta, prima di rivedere la filogenesi serviranno altri dati per poter formulare nuove ipotesi di lavoro.
            Rimane il fatto che
            1) non è vero che la convergenza evolutiva è usata come toppa per giustificare i dati;
            2) la vignetta di Bataloni è doppiamente sbagliata ed è una pessima rappresentazione della scoperta dell’impronta di Trachilos;
            3) parlare di comparsa dell’uomo prima dell’uomo è un errore serio, che ci si può aspettare da un quotidiano più interessato al sensazionalismo che alla scienza, ma non da chi vorrebbe affrontare l’argomento da un punto di vista scientificamente serio.

  2. Fabio Vomiero on

    Io credo che il pezzo proponga una duplice riflessione: da una parte nei confronti dell’interessante articolo scientifico di Gierlinski et al. e dall’altra in riferimento all’annoso dibattito tra darwinismo e antidarwinismo. Della prima questione, secondo me quella più interessante, mi pare si sia già sufficientemente discusso anche grazie agli esperti contributi di Nando e Greylines, che mi pare abbiamo efficacemente sintetizzato i contenuti del paper. Con la dovuta cautela, ci potrebbe essere un nuovo dato paleontologico che potrebbe contribuire a rivedere in parte alcune ipotesi sulle dinamiche biogeografiche, e perché no, magari anche temporali del clade degli ominini, come è normale che sia, se abbiamo in mente che cosa sia in realtà un programma di ricerca scientifica in biologia evolutiva e lasciando perdere naturalmente la barzelletta di Bataloni. Riguardo la seconda, potrei dire che riallacciandomi a quanto appena detto, personalmente mi interessa concettualmente poco sia l’elemento figurato del coniglio di Haldane, diventato oramai mitico, sia la prospettiva di falsicabilità di Popper, principio filosofico, forse altrettanto mitico, che, a mio modo di vedere, non può ergersi a criterio unico, universale e infallibile nello stabilire che cosa sia scienza e che cosa invece non lo sia, anche perché personalmente nutro qualche lecita perplessità sulle reali competenze scientifiche di Popper riguardo la biologia e i sistemi complessi. Ritornando invece al dibattito sul darwinismo e antidarwinismo, che ricordiamolo, nella sua essenza non è mai privo di venature ideologiche, da una parte e dall’altra, credo che il prof. Pennetta abbia giustamente separato le due cose: evoluzione da una parte, come “fatto” scientifico, e teoria darwiniana dall’altra, come possibile spiegazione. Io alla stregua di Larry Laudan, sono molto pragmatico e condivido per esempio questo suo pensiero, anche se la forma andrebbe un po’ rivista: 1) una teoria viene escogitata, in un dato momento della storia della scienza, per risolvere i problemi che in quel momento storico sono centrali nel dibattito scientifico; 2) la teoria scientifica migliore è quella, che in un dato momento storico, risolve più problemi e i problemi all’epoca più importanti. E’ in effetti così che, grossomodo, funziona la scienza. Ora, il programma di ricerca che, partito dal darwinismo lo ha man mano integrato con diversi concetti, meccanismi, spiegazioni, come più volte ricordato anche da Greylines che ne ha anche approfondito i termini, si è dimostrato particolarmente fecondo, e finora, che io sappia, non ha mai dovuto confrontarsi in realtà con dati e/o osservazioni che ne abbiano potuto minare in modo scientificamente credibile e profondo le fondamenta. Ripropongo allora la domanda alla quale non ho mai avuto il piacere di una risposta seria: qualcuno mi saprebbe indicare altre teorie o programmi di ricerca veramente alternativi, scientificamente plausibili e credibili? Perché la scienza si fa anche sul campo e, a differenza di altre discipline, non semplicemente con i voli pindarici della mente/intelletto/ragione, comodamente seduti in poltrona.

    • Sono d’accordo con lei, giusto separare, come ha fatto Pennetta, l’evoluzione come fatto scientifico dalla teoria darwiniana, che al momento rappresenta il programma di ricerca che meglio spiega questo fatto, fondamentale per la comprensione della biologia.
      Mi associo alla sua richiesta relativa a eventuali “altre teorie o programmi di ricerca veramente alternativi, scientificamente plausibili e credibili”.

      • “Perché la scienza si fa anche sul campo e, a differenza di altre
        discipline, non semplicemente con i voli pindarici della
        mente/intelletto/ragione, comodamente seduti in poltrona.”

        Tra quelle discipline da armchair theoretician ci mette dentro anche logica, matematica ed epistemologia, Vomiero?

          • Fabio Vomiero on

            Certo ViaNegativa, io credo che alla fine ognuno di noi segua o insegua i propri gusti. Ma guardi che il mio non è spregio, è critica semmai (certamente magari un po’ provocatoria). Un giorno, come dice lei, spero di avere l’occasione di parlarne con persone come lei e come altri, indubbiamente più esperte di me in ambito filosofico. Mi piacerebbe però che qualcuno, con l’occasione, magari in un articolo, mi spiegasse finalmente e in maniera semplice e chiara, senza tanti giri di parole, di storia, di concetti astratti, che cosa sia oggi, come funzioni (con quali metodi) e a che cosa serva la filosofia come disciplina a sé stante (ascientifica), come io ho fatto, o almeno ho cercato di fare, con la scienza. Il prof.Pennetta mi perdoni per l’OT.

          • I gusti vanno seguiti laddove l’ambito lo consente. La realtà, però, non è materia di gusti soggettivi non disputabili e siccome la filosofia è la ricerca razionale delle cause prime (o, se si vuole ma è la stessa cosa detta in altri termini, la giustificazione razionale delle valutazioni morali), proprio per il fatto che tali cause non sono da noi dipendenti, ne seguirà che la filosofia non è e non può essere, in ossequio al p.d.n.c., questione di gusti personali.

            La “età delle weltanschauung”, per quanto mi riguarda, non è altro che l’età del “giochiamo a fare chi la spara più grossa”. Non è per me.

          • Fabio Vomiero on

            Per gusti intendevo predilezione mia per la scienza e sua per la filosofia, per esempio. Ma se vuole le anticipo intanto qualche obiezione, poi eventualmente rimandiamo il discorso a tempo debito. La filosofia è la ricerca razionale delle cause prime, lei dice, immagino soltanto con l’onnipotenza del pensiero. Ma ne siamo proprio sicuri? E come mai allora, per ognuna di queste cause prime, in filosofia, ci sono argomenti razionali a favore e altri altrettanto razionali a sfavore? Come mai i 2500 anni di storia della filosofia hanno portato sempre e soltanto a differenti e contrastanti risultati, proprio come dire che ognuno in fondo ha la propria filosofia, così come ognuno ha la propria religione? E se più che di espressione della ragione si trattasse di espressione del nostro pregiudizio e delle nostre convinzioni soggettive? E mi chiedo, ad una persona intelligente e colta come lei, non conosco il suo background ma mi sembra di capire che sia proprio un filosofo, non le vengono mai in mente questi pensieri critici, per esempio, così come io, onestamente, non ho mai negato i limiti della scienza?

          • Questa volta le rispondo io in maniera provocatoria, Vomiero: le obiezioni che propone sono note, ma sono anche quelle che di solito vengono presentate (e risolte) al capitolo 0 delle introduzioni ai corsi di filosofia sistematica.

            Comunque, senza entrare nel dettaglio che qui non è cosa, rispondo semplicemente che non esistono solo le filosofie, ma esiste anche la filosofia: esiste una vena profonda da cui le filosofie traggono linfa, e nella ricerca della verità esse si incontrano molto di spesso di quello che appare ad una lettura superficiale, cosicché i contrasti tra di esse presentati nella storia sono molti di meno di quanto ci si possa immaginare.

            Ma rimandiamo pure a tempo debito.

            PS. La ricerca delle cause prime tramite l’onnipotenza del pensiero, come dice lei, la chiamo razionalismo rispetto al quale io mi trovo agli antipodi.

  3. Assolutamente condivisibile tutto quanto detto nell’articolo.
    É sempre la solita storia, ossia il peccato originale dell’evoluzionismo, talmente praticato che ormai è un meccanismo automatico : dare per scontata l’evoluzione, poi , qualsiasi dato emerga, trovare a ritroso una spiegazione compatibile con la teoria. Non si capisce mai dove l’evoluzionismo si metta in gioco: Greylines dice che se una previsione sui fossili è smentita, nessun problema, si aggiorna la datazione e buona notte.E’ implicito che in questo modo le teoria è metafisicamenre inscalfibile, non può perdere mai.
    E la convergenza evolutiva è proprio uno di questi stratagemmi ex post: ci hanno ripetuto fin
    alla nausea che gli uccelli derivano certamente dai dinosauri perchè hanno molti tratti in comune con essi, poi quando si scoprono gli innumerevoli marsupiali ( lupi persino!) repliche quasi perfette di altre specie, ma senza derivazione comune, ecco, ex post, la spiegazione che risolve tutto : evoluzione convergente, e la prova qual è ? la riscontrata assenza di comune discendenza con
    modificazioni, che è la definizione stessa dell’evoluzione!!!!

    • Gentile Magris, posso chiederle quali sono le motivazioni che la portano a credere che la convergenza evolutiva sia uno stratagemma, e non un fenomeno scientificamente fondato? In un commento a un post precedente le avevo dato una spiegazione di questo fenomeno (per il quale esistono molte prove, diversamente da quanto afferma lei) e avevo messo un paio di paper a sostegno della mia tesi. Può gentilmente fornirmi delle evidenze scientifiche a sostegno della sua?

      • Gentile Greylines, da come parla sembra che nessuno sia autorizzato ad esprimere opinioni e dubbi sull’evoluzionismo, se non corredandole da paper peer reviewed su riviste evoluzioniste! La ringrazio comunque molto per gli articoli che mi ha linkato, che sto leggendo attentamente.
        In ogni caso, per tornare all’evoluzione convergente, se la teoria è cosi solida, dovrebbe essere facile , anche nei limiti di spazio di un blog, darne una sintesi chiara e convincente: ebbene, nel precedente post, mi risponde “… organismi diversi che vivono in nicchie ecologiche simili si trovano ad affrontare “problemi” simili ed è possibile che sviluppino soluzioni simili a tali problemi. ”
        Questo è il classico ragionamento a ritroso : lei definisce la nicchie ecologiche come “simili” solo dopo aver constatato l’evoluzione convergente, non il contrario, come dovrebbe essere. Quando lei parla di una “nicchia ecologica” determinata, è in grado di descriverla, dipingerla, rappresentarla in qualunque modo, al fine di paragonarla con altre e fare previsioni? ? Lei è in grado di descrivere e paragonare le nicchie ecologiche del lupo placentato e di quello europeo, al fine di stabilire che si tratta di evoluzione convergente? O inverte il ragionamento, dicendo che , visto che si sono evoluti in mondo simile, certamente hanno condiviso nicchie simli? Quale sarebbe la “nicchia” che pipistrelli e uccelli hanno condiviso in passato ?? Viene il sospetto che, usata cosi, la nicchia ecologica sia solo una parola vuota, una astrazione mentale che si crea nella testa, per spiegare ex post un fenomeno. E stessa cosa per la selezione naturale : lei dice che “Le ali di pipistrelli e uccelli non sono quindi dovute al fantomatico “puro caso”, ma a un processo di selezione naturale che ha favorito lo sviluppo di tratti adatti al volo, in quanto vantaggioso in determinati contesti ecologici.”
        Di nuovo per lei, se i pipistrelli hanno le ali, vuol dire che “evidentemente” la selezione naturale ha favorito quei tratti specifici. Tutto a ritroso, tutta pura tautologia: se si ragiona cosi, si fa storia ( importante disciplina) ma non scienza. Per finire, quando parlo di puro “caso ” non parlo di eventi random, ma di meccansimi non guidati, siano essi deterministici, random ,o una mescolanza dei due.
        Dobbiamo qui chiederci, quindi, che probabilità ci sia, in un meccansimo non guidato ( e solo in questo senso “casuale”) che strutture incredibilmente simili vengano ad esistere nel mondo biogico, e non limitarsi a dire che se è successo , vuol dire che poteva succedere, perchè un ragionamento tale, nulla spiega.

        • Chiunque può esprimere qualsiasi dubbio, ci mancherebbe! Però se si fa una discussione scientifica — che si parli di evoluzione, fisica delle particelle o sintesi biochimiche — portare prove a sostegno delle proprie argomentazioni è la prassi.
          Per quanto riguarda la sua domanda, mi rendo conto che parlare di nicchie ecologiche può aver generato un po’ di confusione, ma le assicuro che due nicchie non vengono definite simili dopo aver constatato casi di evoluzione convergente. Forse è meglio parlare di “problemi simili”, che quindi possono portare a sviluppare “soluzioni simili”.
          Per esempio, se consideriamo animali diversi che vivono in ambienti acquatici, è possibile che sviluppino strutture simili — simili dal punto di vista funzionale, non uguali morfologicamente — per muoversi in tali ambienti, anche senza essere filogeneticamente “imparentati”. L’ecolocazione si è evoluta nei pipistrelli e nei delfini, e sono stati identificati i geni mutati che avrebbero reso possibile questo caso di convergenza.
          Per quanto riguarda la questione tautologia, tenga conto che con “i più adatti”, Darwin non indicava coloro che sopravvivevano, ma coloro che ci si poteva aspettare che sopravvivessero in base ai loro tratti. In questo caso si tratta di una previsione che, se confermata, non è quindi una tautologia. Inoltre, la sopravvivenza non riguarda necessariamente il singolo individuo, ma il contributo ereditario che lascia alle successive generazioni.
          Lei infine si chiede che probabilità ci siano che strutture simili evolvano indipendentemente in un meccanismo non guidato. In uno dei due articoli che le avevo postato si parla dei vincoli che esistono a livello molecolare. E oltra a essi esistono vincoli fisici e chimici di vario tipo. Ciò significa, semplificando molto, che le forme che si possono formare non sono infinite, ma che alcune di esse sono più probabili di altre.

  4. Giorgio Masiero on

    Pregiudiziale ad ogni dialogo è la condivisione del significato delle parole.
    È largamente condivisa tra i lettori di CS, critici compresi, la distinzione tra evoluzionismo e darwinismo (= teoria dell’evoluzionismo), anche se purtroppo permane nella maggior parte della letteratura, scientifica, scolastica e divulgativa, la confusione dei due termini.
    Mi pare invece che anche tra i lettori di CS, critici e non, permanga una confusione sulla parola “evoluzionismo”. L’ “ismo” sta proprio ad indicare che anche l’evoluzione (interspecifica) è una teoria, una congettura, un’ipotesi scientifica, e non un fenomeno osservato. D’altra parte non mi risulta che la trasformazione di una specie in un’altra sia mai stata osservata!
    Sarebbe costruttivo di ulteriori progressi nelle nostre discussioni se tutti, darwinisti e non, concordassimo su ciò, senza più parlare di “evoluzione come fatto”.

    • Io concordo con lei, Masiero, ma aggiungerei che è lo stesso termine “evoluzione” ad esser fuorviante, basti vedere Darwin quanto reticente era ad usare tale vocabolo che infatti ai suoi tempi aveva un significato totalmente diverso da quello che avrebbe poi assunto. In ogni caso, basta intendersi.

    • Prof. Masiero mi perdoni ma, tenendoci su un piano puramente concettuale, se togliamo l’evoluzione interspecifica del concetto di evoluzione che ci resta? Evoluzione di chi, evoluzione di cosa in cosa? E’ solo un guscio vuoto che non descrive nulla.
      Io avevo inteso che su CS si desse “per scontata” l’evoluzione o evoluzionismo, che mi
      pare debbano essere necessariamente sinonimi, quale ipotesi più probabile della complessità della vita sia pur ignorandone i meccanismi. Davo cioè per scontato il fatto che almeno i lettori più accorti nei loro ragionamenti o ricerche ponessero una causa materiale e quindi osservabile e replicabile (non oggi e non ancora forse…) altrimenti resta (SOLO ED ESCLUSIVAMENTE in ambito scientifico) valido il pronunciamento del primo Wittengeist DI CIO DI CUI NON SI PUO DIR NULLA BISOGNEREBBE TACERE. Volendo con ciò dire che non ha senso cercare con metodo scientifico cause che esulano dal dominio dello stesso. La TRE ad esempio resta una ipotesi interessantissima a mio avviso perchè cerca per l’evoluzione cause evoluzioniste, spero di aver reso cosa voglio dire.

      • Giorgio Masiero on

        Non ho capito, AndreAX, se Lei è d’accordo o no con me che l’evoluzione è una congettura (scientifica, suscettibile di falsificazione) e non un fenomeno osservato (né tantomeno un “fatto” storico).

        • La risposta è NI… per due motivi:
          1) Mi pare di ricordare che lei avesse in precedenza in altro intervento definito L’EVOLUZIONE UN FATTO ma a questo punto ricordo male (a scanso di equivoci concordo che sia almeno una congettura scientifica).
          2) Se con evoluzione intendiamo la somma di macro e micro dove deve essere osservata almeno una delle due per dare sostanza all’osservazione allora la risposta non può essere che SI direi; non posso cioè osservare il fenomeno nella sua interezza ma almeno in parte sì molto banalmente penso alla resistenza antibiotica acquisita da una colonia batterica in placca di petri per mutazione spontanea.

          • La “evoluzione come fatto” sarebbe la successione diacronica di specie sempre più complesse che si evince dalla registrazione fossile.

            Uso il consizionale perché, a mio giudizio, nemmeno questo è un “fatto”, propriamente parlando, giacché una definizione simile fa necessariamente capo a ulteriori teorie (es. geologiche). Insomma, il vero fatto è il ritrovamento di fossili di specie diverse.

          • Ok e io questa definizione se era quella del prof. Masiero, l’ho premesso non ricordo precisamente, la accolgo in toto mi sta benissimo.

          • Giorgio Masiero on

            1) Si ricorda male;
            2) Mi hanno insegnato che l’antibiotico non crea nuove specie di batteri, ma solo cambia (ovviamente) i rapporti delle popolazioni esistenti a favore delle popolazioni che meglio gli resistono.

          • ALT! Mi sta confondendo. Quindi si dà per errata anche la microevoluzione? Perchè avevo capito che la affermavate tra microorganismi, il che effettivamente mi è sempre parso in contraddizione. Per me se non esiste in micro non esiste neppure in macro visto che il meccanismo è quello ad di là della complessità che passa tra una parete batterica resistente ai betalattamici e un arto superiore. Questo per l’ovvio motivo che l’informazione passa sempre dal DNA ed è principalmente là che andrei a cercare una qualche noxa in grado di generare nuova info.
            Per quanto riguarda il punto due non si tratta di creare nuove specie di batteri ma nuovi caratteri! Scusi ma se una colonia batterica in coltura era sensibile a penicillina G e il giorno dopo non lo è più al netto di bias (contaminazioni etc…) è intervenuto qualcosa o no?
            Faccio un pò l’avvocato del diavolo pur non essendo il darwinismo il mio credo, ma per amor di logica e verità e per meglio capire dove si trovano le rispettive parti. Vorrei, quindi, far notare che anche qualora esistessero individui resistenti all’antibiotico all’interno della popolazione, che vengono semplicemente selezionati dalla pressione indotta dallo stesso, questo modo di ragionare dovrebbe applicarsi per ogni singola molecola con cui i suddetti batteri si trovino a interagire! Così però si dovrebbe postulare una rete di interazione informativa tra molecole talmente complessa che volendo stimare con un numero il tempo necessario per realizzarla, penso ci ritroveremmo un esponenziale non poi troppo distante da quello che, in un suo altro esempio prof. Masiero, lei citava per un polipeptide di 200 aa; cioè maggiore dell’età dell’Universo. Pena altrimenti l’implicita affermazione che esiste un meccanismo casuale che genera ex novo informazione.
            Io vorrei un chiarimento da lei, che è voce autorevole in CS, a come si guarda alla diversità in micro che è un sistema molto più semplice da descrivere ed osservare del macro.

          • “se una colonia batterica in coltura era sensibile a penicillina G e il
            giorno dopo non lo è più al netto di bias (contaminazioni etc…) è
            intervenuto qualcosa o no?”

            Sì, sono stati eliminati i batteri non resistenti all’agente chimico e sono rimasti quelli che per X motivi già presentavano i tratti che li rendevano resistenti (e nel frattempo si sono anche moltiplicati).

          • Almeno legger tutto…

            Vorrei, quindi, far notare che anche qualora esistessero individui resistenti all’antibiotico all’interno della popolazione, che vengono semplicemente selezionati dalla pressione indotta dallo stesso, questo modo di ragionare dovrebbe applicarsi per ogni singola molecola con cui i suddetti batteri si trovino a interagire! Così però si dovrebbe postulare una rete di interazione informativa tra molecole talmente complessa che volendo stimare con un numero il tempo necessario per realizzarla, penso ci ritroveremmo un esponenziale non poi troppo distante da quello che, in un suo altro esempio prof. Masiero, lei citava per un polipeptide di 200 aa;

            Esistono antibiotici di sintesi cioè che non esistono in natura; mi spieghi come sia possibile che all’interno della popolazione batterica possano esistere DA SEMPRE batteri resistenti a molecole PRIMA ANCORA che l’uomo inventasse la suddetta molecola?

          • Io ho letto, ma la risposta è la stessa di cui sopra.La presenza di quei tratti antibiotico-resistenti viene spiegata con la mutazione casuale, la quale, come di solito viene ripetuto, può essere nociva, neutrale o favorevole.
            Ora, se alcuni batteri si ritrovano, per loro gran fortuna, mettiamola così, ad aver sviluppato (casualmente) certi tratti resisteranno all’antibiotico, gli altri no, e alla fine si moltiplicheranno quelli resistenti che saranno quindi “immunizzati”, per dir così.

          • Sì ok ma questo vuol dire riconoscere il processo darwinista di mutazione casuale e selezione naturale, sebbene limitandolo al batterio. Credo sia comprensibile, per quanto non osservabile, che stabilito ciò si cerchi di applicare la medesima logica anche ad organismi più complessi di una colonia batterica. Questo per l’ovvio motivo che il DNA è il codice informativo UNIVERSALE tra la materia vivente. Quindi mi confermi che c’è questo iato micro macro, dove in micro si riconosce il darwinismo ma in macro no? Per me è illogico te lo dico da subito o è valido ed è valido sempre anche se non capisco come o non è valido e non è valido mai.

          • Io non riconosco nulla, volevo rispondere solo alla prima domanda posta, ossia “se una colonia batterica in coltura era sensibile a penicillina G e il
            giorno dopo non lo è più al netto di bias (contaminazioni etc…) è
            intervenuto qualcosa o no?”

            Invece il perché siano già presenti i tratti che rendono i batteri resistenti all’antibiotico è un’altra questione ancora a cui in effetti non è necessario rispondere per capire come mai cambino i rapporti all’interno della popolazione batterica esposta all’antibiotico.

          • E no invece è necessario eccome appurare se tra i batteri ci sono già resistenti o se invece i resistenti compaiono dopo in ambiente controllato!!! L’esperimento serve proprio a dirimere questo!

          • Ma se non fossero già presenti quei tratti favorevoli i batteri morirebbero, presumo. A meno che non si voglia avanzare l’ipotesi che, ad es., alcuni batterii li sviluppino una volta a contatto con l’antibiotico. I biologi di CS potranno dire qualcosa al riguardo, spero.

          • Dipende dalla distanza dal dischetto dell’antibiotico (penso alla colonia in placca) più distante sei meno antibiotico c’è quindi mi aspetterei che a concentrazioni dannose ma non letali i batteri possano sopravvivere. Cmq qui finisce che faccio il difensore darwinista quando in realtà mi premeva capire come fosse possibile affermare in micro quel che poi si nega in macro, ecco se c’è o non c’è questa discrepanza.

          • Ciò non renderebbe ragione dello sviluppo dell’antibiotico-resistenza da parte della popolazione batterica nel suo complesso, cosa che invece resterebbe meglio spiegata da una progenie che ha ereditato i caratteri favorevoli dei batteri sopravvissuti.

          • Perche “l´evoluzione” che si vede nei batteri é limitata. Non si creano nuevo strutture. Nel famoso esperimento di Lenski il batterio perde a capacitá di regolare da quale fonte ottenere carbonio. non crea un nuovo metabolismo. Le batterie che degradano il nylon modificano la struttura di enzimi che metabolizzano gruppi chimici simili al nylon. Behe a fatto il conto di quante generazine di plasmodium ci vogliono perche appaia la resistenza al medicinale. E quelle mutazioni sono solo due, se ci volessero di piú non apparirebbero nel tempo di questo pianeta.

          • Guarda che non sono un darwinista a scanso di equivoci, anzi i miei interventi sono mirati proprio a capire con che modalità descrivete i fenomeni micro. Questo perchè ritengo che non possa esserci iato micro/macro mentre spesso vedo che in ambito micro c’è un riconoscere il meccanismo di mutazione che poi si nega dopo.
            Inutile poi interpretare la mutazione solo come loss of function cioè come destruente l’informazione; vero che si può acquisire resistenza anche così ma allora le betalattamasi? Insomma fatemi capire come guardate al micro.

          • Appunto la mia spiegazione andava in quella direzzione. Il caso della batalattamasi é simile a quello della resistencia del plasmodium della malaria o la nylonasa piccole modificazioni su strutture giá esistenti. E anche tutto da dimostrare che siano aleatorie. Si stanno scoprendo processi di addattazione codificati nel DNA. Estrapolare che questi meccanismi abbiano portato dalla bateria alla balena tutt´al pliú é un ipotesi indimostrabile.

          • Fabio Vomiero on

            Io credo che AndreAx si chiedesse giustamente se i “tratti” di resistenza all’antibiotico siano intrinseci o in qualche modo compaiano ad un certo punto. In realtà esistono sia resistenze intrinseche per una data specie di batterio, sia resistenze acquisite. L’acquisizione di una resistenza ad un determinato antibiotico è sempre correlata ad una modificazione genomica, generalmente di uno o più geni, la quale produce variazioni fenotipiche che si traducono sostanzialmente in una delle seguenti “vie fisiologiche”: produzione di enzimi inattivanti il farmaco, modificazione del bersaglio su cui agisce il farmaco, diminuita permeabilità al farmaco, sviluppo di una via metabolica alternativa a quella inibita del farmaco (La Placa-Microbiologia medica). Il fatto che una determinata specie sia prima costantemente sensibile ad un farmaco e poi ad un certo punto cominci a sviluppare un qualche tipo di resistenza ci suggerisce che il “tratto” sia stato in qualche modo acquisito (ad esempio nel caso della meticillino-resistenza). E come. Si conoscono anche in questo caso diverse possibilità. La prima è la classica mutazione casuale favorevole (una o più di una), le altre sono legate allo scambio di tipo coniugativo o ad una sorta di trasposizione veicolata da plasmidi e da batteriofagi (virus) che sono in grado di diffondere il carattere tra le specie. In ogni caso il meccanismo “darwiniano” a mio modo di vedere è comunque rispettato: variazione genica da una parte e pressione selettiva dall’altra, in questo caso rappresentata dall’antibiotico.

          • No io come funziona la resistenza ad un antibiotico lo so (Oh! La placa che ricordi…). La mia era una domanda retorica volta a sottolineare che quando si critica il darwinismo poichè non riesce a far collimare la probabilità delle mutazioni casuali (trascuro volutamente la coniugazione batterica per circoscrivere) coi tempi ed è vero, tuttavia non si elimina con ciò la complessità sottostante l’osservazione; essa permane e cambia veste.
            Eh infatti se anche si preferisse postulare l’esistenza di soggetti intrinsecamente resistenti all’azione di un antibiotico, che semplicemente seleziona una frequenza minoritaria ma già presente, e al più si tenesse la mutazione casuale come forza destruente ma non generante l’informazione, la complessità non scompare mica. Anzi ci si ritrova davanti lo stesso muro, esemplificato dal dover postulare a monte l’esistenza di soggetti GIA’ resistenti ad antibiotici di sintesi, creati cioè dall’uomo mediante chimica combinatoriale, PRIMA ancora che gli stessi venissero creati. E’ un assurdo logico mi auguro si intenda.
            Questo mi porta a considerare, alla luce delle reciproche manchevolezze che ci troviamo ancora in una fase descrittiva, dove più che cercare le cause, sarebbe meglio trovare un modo di osservare meglio il fenomeno. Da ultimo l’osservazione parziale non implica il non saper nulla e non poter far nulla di conseguenza, assolutamente no, basta volare più bassi, circoscrivere il dominio, per rendere gestibile in ambito scientifico parte del fenomeno.

          • Sono sulle stesse posizioni di Masiero a grandi linee. Trovo che non ci sia un tempo sufficiente perché l’universo generi la vita mediante mutazioni casuali. Mi riferisco al largamente discusso paradosso di levintal. Lei osserva una proteina oggi e si interroga sul suo passato cerca un dominio sequenze altamente conservate in altre specie presenti in altre proteine con altre funzioni compie cioè a ritroso quegli step che portano alla sua osservazione. Ebbene le singole probabilità non vanno tra loro addizionate ma moltiplicate provi e veda che numero le vien fuori poi lo paragoni col massimo tempo a sua disposizione che è l’età dell’universo. E vede non vale parallelizzare spostare cioè il discorso su chaperonine perché è un po come dire che il mondo poggia sul grande elefante che poggia sulla grande tartaruga che poggia sul grande ippopotamo etc…. Se ho mal interpretato mi fica pure

          • Abbiamo già fatto questa discussione diverse volte. Il paradosso di Levintal parte da un assunto errato, ovvero che un polipeptide possegga tutti i gradi di libertà immaginabili, mentre non è così.

            Questo perchè le proteine non si sono evolute indipendentemente, né le une dalle altre, né dall’ambiente in cui si trovano, che per quanto complesso e di difficilissima ponderazione, rende molto difficile per proteine anche solo leggermente differenti di adattarvisi. L’ambiente introduce vincoli molto stretti ad una struttura che non si è evoluta dal nulla ogni volta, ma a partire da proteine a loro volta esistenti, presumibilmente più corte e semplici. Lo spazio del grafico di Ramachandran, oltre gli allineamenti multipli di sequenze confermano questa idea.

            Gli aminoacidi proteinogenici sono solo una piccola minoranza di quelli esistenti, ma codificarne più di 22 sarebbe stato complesso per una tripletta di DNA mantenendo una minima resistenza alle mutazioni (diverse triplette codificano per lo stesso aminoacido). Lo studio della biologia permette di constatare alcuni dei vincoli, che spiegano come la vita esista e come l’esplorazione di tutte le possibilità non avvenga allorchè una prevale sulle molte altre, possibilmente per caso. Si pensi alla chiralità degli aminoacidi, per cui non c’è una ragione per cui il mondo non è specularmente D dove gli enantiomeri sono L e viceversa, ma sta da una parte dello specchio anziché dall’altra.

            Lo stesso identico paradosso lo si potrebbe formulare per ogni specie, perchè il numero teorico di possibili organizzazioni dei miliardi di cellule che ci compongono è bel oltre i gradi di libertà di un polipeptide. Eppure le forme di vita sul pianeta non sono infinite e le ragioni le si intuiscono quando si osserva il destino di un essere che diverge troppo rapidamente dalla sua specie, in quelle che anzichè essere varianti, possono essere classificate come malformazioni perchè introducono uno svantaggio.

          • Ma infatti il discorso sulla proteina era proprio per circoscrivere; la storia dello svantaggio (o vantaggio è lo stesso) è però sempre in relazione all’ambiente e non alla velocità in sè con cui si diverge dalla specie.

          • Se considerassimo la formazione di una singola proteina complessa come l’emoglobina, che se non ricordo male ha 574 amminoacidi, solo tramite mutazioni puntiformi (sostituzione di una sola “lettera” del DNA), che avvengono con la stessa probabilità, in un contesto totalmente privo di qualsivoglia interazione, allora sarei d’accordo con lei.
            Però:
            – esistono diverse categorie di mutazioni, non solo quelle puntiformi;
            – le mutazioni non avvengono con la stessa frequenza, che varia non solo da specie a specie [1], ma anche fra gruppi diversi della stessa specie [2] e, addirittura, in siti diversi del genoma dello stesso individuo [3];
            – le mutazioni non sono indipendenti fra di loro [4];
            – non si può non considerare le interazioni con le altre molecole circostanti e in generale con l’ambiente, che costituiscono un vincolo non da poco;
            – fare i conti su una proteina complessa moderna è sbagliato, poiché si dà per scontato che le proteine ancestrali fossero complesse come quelle moderne, il che è piuttosto inverosimile;
            – fare i conti su un singolo “tentativo” di assemblaggio di una molecola è altresì sbagliato perché di simili tentativi ne avvengono miliardi simultaneamente [5], il che cambia (e non di poco) il calcolo della probabilità di ottenere una determinata proteina.
            Lei cita il paradosso di Levinthal. Ebbene, quel paradosso ha senso se si immagina che una proteina, per ottenere una determinata conformazione, esplori tutte le configurazioni possibili, che in effetti sono un numero enorme. Ma sappiamo, e lo stesso Levinthal ne era consapevole, che in natura il folding delle proteine non funziona così. Esistono vincoli geometrici, fisici, chimici e strutturali che riducono drammaticamente il numero di configurazioni possibili, rendendo la velocità di questo processo ampiamente compatibile con la vita [6, 7].

            [1] https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/23077252
            [2] http://www.nature.com/ng/journal/v43/n7/full/ng.862.html
            [3] https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/24214343
            [4] https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC4220723/
            [5] http://www.cell.com/cell/pdf/S0092-8674(00)81263-5.pdf
            [6] http://www.tandfonline.com/doi/abs/10.1080/07391102.2002.10506851
            [7] http://pubs.acs.org/doi/abs/10.1021/ed300302h?journalCode=jceda8

          • Greylines devo spulciare gli articoli prima di darle una risposta sensata se si accontenta di un commento a caldo però direi che:
            1) Tutto il discorso sul tipo la modalità e la relazione delle mutazioni è volta a parallelizzare “la capacità di calcolo”
            2) Che le proteine ancestrali fossero meno complesse della emoglobina io sono d’accordissimo altrochè; Levinthal l’ho citato proprio per questo. Il verso dell’analisi che fa lei è da oggi a ieri cioè è ovvio che se si ritrova l’emoglobina tra le mani in qualche modo le è arrivata, mi pare una tautologia; ma il verso in cui hanno agito mutazione e selezione è dallo ieri a oggi o se preferisce dal semplice al complesso; E sarebbe in realtà anche ben più complesso di così perchè ogni step intermedio ha un suo senso nell’interattoma in cui è calato quindi altro che diminuire la complessità… oh lo ha detto lei non si può non considerare le interazioni con le altre molecole circostanti e in generale con l’ambiente, che costituiscono un vincolo non da poco
            3) In chiusura mi sembra di intravedere qualcosa della TRE di cui sicuramente avrà sentito parlare in questo sito.

            PS: mi piacerebbe una puntualizzazione da parte del prof @Giorgio Masiero

          • Capisco benissimo che ci voglia tempo a leggere articoli scientifici e fa piacere vedere una simile disponibilità da parte sua, quindi vanno benissimo le sue osservazioni a caldo.
            1) Non vedo cosa ci sia di sbagliato nel tenere conto che miliardi di reazioni del genere avvengono simultaneamente e con frequenze diverse, e che quindi ciò influisce sulla probabilità di ottenere un dato risultato. Un calcolo del genere su una singola molecola che si assembla nel vuoto tramite modifiche puntiformi totalmente random è ben poco verosimile come modello.
            2) È vero che l’interattoma è un sistema ben più complesso di una singola molecola, ma l’interazione con altre proteine può facilitare la formazione di determinate strutture, oppure impedirne altre. Senza contare i vincoli fisici e chimici interni a una proteina, che fanno sì che diverse configurazioni non si formino mentre altre sì. Tutti questi elementi riducono le possibili conformazioni, rendendo il meccanismo del folding — nel caso del paradosso di Levinthal — molto molto più veloce. Cosa che in fondo ipotizzava lo stesso Levinthal.
            3) Conosco il modello proposto da Damasco e Giuliani (non lo chiamo TRE perché loro stessi nel loro paper lo descrivono come un modello e non una teoria, cosa che in effetti non è). Non vedo però cosa c’entri in questo caso.

          • Mi riferivo alla storia dei vincoli e dell’interattoma la TRE (la chiamo così solo per semplicità non la considero una teoria neppure io) fa largo uso dell’ambiente circostante ecco questo intendevo, un punto di contatto insomma.

          • Il discorso dei vincoli e dell’interazione con l’ambiente è stato ripreso, e in maniera molto più approfondita, in diversi campi della biologia evolutiva, come l’evo-devo per esempio.

          • Me lo chiedo anche io se i tratti favorevoli siano già presenti o se c’è una relazione tra la comparsa di quelli e l’esposizione all’antibiotico. Però il tema da me seguito negli interventi precedenti è il seguente: indipendentemente dal come compaiano certi tratti, lo sviluppo dell’antibiotico-resistenza in una popolazione batterica esposta all’azione dell’antibiotico sarà dovuto, in ultima istanza, alla pressione selettiva esercitata da quello perché tenderei ad escludere (sbagliando, magari) che quei tratti possano comparire nell’intera popolazione contemporaneamente o quasi. Non ho sostenuto né più né meno di ciò. Si può concordare con quanto ho scritto, Vomiero, o dico male?

          • Fabio Vomiero on

            Direi di sì Via Negativa, forte pressione selettiva causata dall’esposizione all’antibiotico. Lei parla giustamente di popolazione che in biologia ha un significato ben preciso e si intende un gruppo di individui della stessa specie che si trovano assieme nello spazio e nel tempo e hanno quindi possibilità di interagire tra di loro. In questo caso basta anche che soltanto una cellula acquisisca il carattere di resistenza per mutazione o un altro meccanismo che abbiamo descritto, per far sì che la popolazione batterica, ad esempio quella patogena nel corso di un’infezione umana, in un primo tempo venga quasi del tutto distrutta dall’antibiotico, ma poi quella cellula sopravvissuta grazie al suo altissimo potenziale riproduttivo (una cellula batterica si divide in due cellule figlie in un tempo dell’ordine delle decine di minuti, dando luogo ad una curva di crescita esponenziale) possa essere in grado di dare vita ad una nuova popolazione resistente. E’ in questo senso che viene inquadrata tutta la problematica relativa all’uso massiccio e/o inadeguato degli antibiotici in medicina e zootecnia. Questo almeno in linea teorica, in pratica, una o poche cellule batteriche residue, in genere vengono eliminate dal nostro sistema immunitario senza problemi. A meno che non ci sia un qualche problema del sistema immunitario come nel caso di infezione da HIV o di qualche altra malattia debilitante e allora il fenomeno descritto potrebbe anche acquisire un significato concreto. Ma mi sa che io, lei e AndreAx siamo andati un po’ fuori tema.

          • È vero, siamo OT, ma grazie per questa risposta Vomiero che da una parte approfondisce le mie (scarsissime) conoscenze di microbiologia e dall’altra, per mia consolazione, le conferma.

          • Giorgio Masiero on

            Io chiamo macroevoluzione, AndreAX, una trasformazione da una specie ad un’altra, indipendentemente da quale sia la dimensione degli individui della specie. Dei batteri esistono molte specie diverse. È mai stata osservata una trasformazione da una specie di batteri ad un’altra? O è stata solo osservata, sotto la pressione di antibiotici, un cambiamento di popolazione di specie diverse già tutte presenti?

          • Ma prof. per lei resta l’evoluzione l’unica congettura plausibile per spiegare la complessità della vita? Perchè se no ci resta solo la metafisica creazionista e ve lo segnalo per ravvivare un pò l’alveo delle metafisiche cause c’è anche chi crede si sia l’esperimento genetico di non meglio precisati visitatori spaziali (moltiplicando per due la complessità di un universo già stretto!)

          • Giorgio Masiero on

            Sì, l’unica che obbedisce il criterio di parsimonia. Preferisco però chiamare la congettura “trasformazione”, piuttosto che evoluzione, perché le micromutazioni postulate da Darwin mi sembrano una serie di miracoli.

  5. Federico Colonna on

    non capisco perchè non cercate di spiegare queste anomalie nel modo più ovvio … qualcuno ha inventato la macchina del tempo e la sta usando!

  6. Temo sia sfuggito il mio commento in un precedente post sull’argomento. Lo ripropongo qui in caso qualcuno volesse prendere in considerazione cosa hanno detto gli autori del lavoro citato.

    E’ importante, da un punto di vista evoluzionistico, sottolineare che questa scoperta non cambia significativamente il tempo di evoluzione degli ominidi, ma piuttosto la loro morfologia e la loro località.

    Il bisogno quindi “fare salti” non è tanto cronologico ma piuttosto spaziale, riguardo le migrazioni del periodo messiniano dei tempi geologici: un periodo eccezionale alla fine del Miocene in cui il mar mediterraneo si sarebbe prosciugato per qualche tempo (geologico), permettendo migrazioni straordinarie.
    Consiglio la presentazione dell’autore dello studio Per Erik Ahlberg : goo.gl/RMYQAu

    Gli autori affermano in modo chiaro che l’età delle impronte non è un problema e l’ipotesi più probabile è che le orme Trachilos siano state lasciate da un membro filogeneticamente alla base del clade degli Hominini.
    “The age of the Trachilos footprints, though strikingly early, IS NOT PROBLEMATIC for this hypothesis: assuming an age of slightly more than 5.6 Ma (Fig. 14), they are approximately coeval with Orrorin and somewhat younger than Sahelanthropus ( Sénut et al., 2001; Brunet et al., 2002 ; Almécija et al., 2013).”
    (aggiungo il maiuscolo per enfasi, così che sia chiaro).

    La ragione per cui nessun esperto parla del problema è perchè il problema non esiste. Il ritrovamento semplicemente a fare ipotesi sui piedi di Orrorin e Sahelanthropus (dei quali mancano ossa delle estremità) sottolineando che ha un effetto dirompente più biogeograficamente che evoluzionisticamente.

    • Chiedo scusa per non aver “espanso” i commenti per verificare che in effetti il mio commento precedente era stato preso in considerazione.

      Seguo e sottoscrivo la discussione portata avanti da Greylines, che sta molto efficacemente evidenziando la scarsa scientificità e l’atteggiamento ingiustificatamente polemico dell’autore del blog, che confonde una questione spaziale per una temporale.

    • Enzo Pennetta on

      Veramente non vedo come non cambi il tempo dell’evoluzione se il piede ad alluce parallelo tipico di Homo compare prima di Homo.

      • Quello che lei non vede, come non ha mai ancora visto nessuno, è quando l’alluce parallelo sarebbe comparso. Non può esserci un “prima” se non c’è un “quando”.

        Lei, come tutti, non ha mai visto gli alluci di Orrorin e Sahelanthropus (dove le prima indicazioni di locomozione bipede datano a oltre un milione di anni prima di Trachilos), che sono potenziali progenitori di Homo sapiens e Trachilos, quindi non può dire nemmeno che prima di Trachilos non ci fosse già un ominide con l’alluce parallelo. L’ipotesi era già in discussione e ora si definisce meglio.

        L’ipotesi che corrisponde a 5.6 milioni di anni fa, se in effetti le orme di Trachilos sono di un progenitore di Homo sapiens, non crea dunque paradossi sui tempi evolutivi della nostra specie, come evidenziano gli autori dello studio che in una riga rendono il suo testo e la nostra discussione superflui, ma piuttosto su dove questa evoluzione sia avvenuta per la prima volta.

        Leggo altri suoi interventi e confermo che le orme di Trachilos inducono a ipotizzare che reperti più recenti riconducibili ad una diversa morfologi plantare siano più probabilmente coevi del nostro progenitore che progenitori diretti. Ancora una volta, nessun problema di tempi, ma di spazio e relazioni parallele.

  7. Giònni Smìtti on

    Fan-ta-sti-co. Leggo sempre volentieri il Bianconiglio Blog, ma questa volta, beh, questa volta si ride talmente di gusto da sentirsi leggeri leggeri, in perfetta armonìa collo mondo tutto se posso brancaleonare pìcca.

    Un caro saluto.

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