Neodarwinismo/Global Warming: la fabbrica del consenso

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Esiste uno strana connessione tra ambiti profondamente diversi come quelli del neodarwinismo e del Global warming: è la metodologia usata per costruire il consenso che li sostiene.

 

Ecco perché lo svelamento delle tecniche usate nel secondo caso è utile a capire quelle utilizzate nel primo

 

 

Era solo di un paio di settimane fa la notizia della lettera dei 16 scienziati scettici sull’origine antropica del Global Warming, ne avevamo parlato su CS-Global warming ed evoluzionismo: storie parallele, specificando che comunque non è a colpi di maggioranza che si stabilisce la verità. Ma l’importanza dell’iniziativa era un’altra, la rottura del consenso agli occhi dell’opinione pubblica, e adesso giunge una notizia a confermare la fondatezza di quella considerazione.

Del collegamento tra le vicende dell’AGW e del neodarwinismo parla anche in un intervento Sylvie Coyaud (alias l’ossimorica ocasapiens) sul sito oggiscienza, nel quale la giornalista e traduttrice transalpina afferma:

Sebbene in USA l’inverno sia mite e il 1. aprile di là da venire, 16 “scienziati scettici”” hanno pubblicato tesi complottiste sugli scienziati stalino-capitalisti, che vogliono dissanguare la plebe a suon di carbon tax mentre si procurano finanziamenti miliardari, e sul riscaldamento globale morto un’altra volta nel 1997. In Italia, i firmatari riscuotono l’ammirazione della militanza cattolico-creazionista.
Oltre al dott. Enzo Pennetta, che su “Critica scientifica” (sic) spera la morte sia foriera di quella del “darwinismo”, su Italia Oggi e gratis su Yahoo-Finanza, la giornalista Alessandra Nucci è entusiasta

 

Come si vede la Coyaud finge di non sapere che il sottoscritto e i frequentatori del blog CS non sono creazionisti, ma la disciplina di partito impone questa terminologia e lei si adegua, nei toni e nelle parole utilizzate si riconosce la lunga militanza ai microfoni di una radio dell’estrema sinistra milanese. La giornalista utilizza i vecchi metodi della denigrazione che George Orwell descriveva così bene nella Fattoria degli animali, libro che denunciava i metodi dell’Unione Sovietica, oggi sono cambiati gli argomenti e gli avversari, ma le origini sono facilmente identificabili. Si tratta di una tipologia descritta con chiarezza dal prof. Giorgio Israel nel suo saggio (la cui lettura raccomando assolutamente) “Chi sono i nemici della scienza?“, da cui estraiamo questo passaggio:

Quel che è rimasto, in tutta la sinistra, è il sentimento che occorre chiudere le porte ai “barbari”, ai “selvaggi”, ai “reazionari”, agli “antidemocratici” […] uno degli aspetti, uno degli elementi fondamentali del minimo comun denominatore di “progressismo” è rappresentato dalla nuova teologia sostitutiva: la fede nella scienza e nella tecnologia, nel progresso scientifico e tecnologico.

“Nemici della scienza” sono tutti coloro che non credono ciecamente nella nuova religione e che osano avanzare una sia pur minima critica delle tendenze e delle realizzazioni pratiche della tecnoscienza contemporanea.

Giorgio Israel, Chi sono i nemici della scienza – Lindau, pag.165

 

E comunque, al di là dello stile sprezzante, la Coyaud sembra accettare il parallelismo tra le vicende legate all’evoluzionismo e quelle legate al Global warming. Ma contrariamente a quanto sostenuto dalla Cayaud, la lettera dei 16 ha suggerito considerazioni molto serie a chi la scienza la fa veramente.

Il 6 febbraio infatti, due giorni dopo, la climatologa Judith Curry, non proprio una scettica, confermava in un suo intervento la ricaduta positiva di un’azione come quella dei 16. In un articolo dal titolo “Consensus or not (?)” pubblicato sul suo sito afferma infatti quanto segue:

La comunità climatica ha lavorato per 20 anni per stabilire un consenso. L’impatto del consenso ha probabilmente raggiunto il picco nel 2006-2007, al momento della pubblicazione dell’AR4. Per gentile concessione delle email della CRU, ora comprendiamo il pasticcio che è andato a creare il consenso. La produzione di un consenso nel contesto dell’IPCC ha agito per iper-politicizzare il dibattito scientifico e politico, a scapito di entrambi. E’ tempo abbandonare il concetto di consenso, che conta molto meno che essere semplicemente nel giusto e degli stessi argomenti che dovrebbero essere al centro di discussione.

Quindi eccoci a ‘rompere il consenso’ a favore di un dibattito e una discussione aperta sulle opzioni politiche e sulla presentazione di argomenti scientifici ottenuti con cura, che forniscano prove pro e contro, con opportuni avvertimenti riguardo alle aree di incertezza e di ignoranza.

Si vede quindi che il consenso costruito intorno all’AGW non era basato sull’inopugnabilità dei dati, che esso era frutto di un’abile opera di persuasione della quale iniziative come il film/documentario “The uncovenient thruth” rappresenta solo la più visibile e scandalosa espressione. Ma il confronto sull’AGW ha dei punti a favore degli esponenti del dissenso:

-Il clima richiama l’attenzione di tutti attraverso i fenomeni meteorologici (specialmente quando sono in controtendenza, come in questi giorni)

-Le implicazioni economiche e politiche dell’AGW sono evidenti

-Qualcuno ancora ricorda quando i climatologi negli anni ’70 prevedevano una nuova era glaciale

-La teoria dell’AGW è recente, mentre su quella neo-darwiniana si sono formate le attuali generazioni di docenti

Come si vede, nel caso del neodarwinismo, la battaglia per ‘rompere il consenso’ è molto più difficile.

Ma è solo questione di tempo, prima o poi anche in questo campo si comincerà a parlare di ‘presentazione di argomenti scientifici ottenuti con cura, che forniscano prove pro e contro, con opportuni avvertimenti riguardo alle aree di incertezza e di ignoranza’.

 

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Laureato in Biologia e in Farmacia, docente di scienze naturali Nel 2011 ha pubblicato "Inchiesta sul darwinismo", nel 2016 "L'ultimo uomo" e nel 2020 "Il Quarto Dominio".

8 commenti

  1. Ho letto una parte del libro di Israel in una biblioteca a Prato, qualche mese fa, e mi sono ripromesso di terminarlo appena sarei tornato. Non sono arrivato a quel passo, ma secondo me, che il suo collega lo abbia scritto o meno, il discorso da fare andrebbe ampliato.
    L’area da cui provengono questi fabbricatori di consenso è, con buona approssimazione, politicamente definibile. Credo che quest’area politica non abbia mai fatto veramente i conti con il passato, e se ad oggi si trova giocoforza inserita in uno scenario democratico, abbia trasferito nella nuova arena gli argomenti usati altrove in altre situazioni. I “nemici del popolo” si sono trasformati in “nemici della democrazia”, chi pensa secondo schemi differenti è un nemico della scienza (riconosciuta universalmente come un valore positivo), quindi NECESSARIAMENTE bollato con epiteti odiosi, come ad esempio “creazionista”. Il fatto che i creazionisti esistano davvero gioca a loro favore… Parallelamente, con grande abilità si impegnano nella divulgazione, reclutando a suon di parole, promesse di un radioso avvenire e insulti contro i nemici nuovi adepti, un po’ come succedeva nel secolo scorso nei paesi contadini, per sollevare una popolazione che nei paesi industrializzati ed alfabetizzati non si era mobilitata più di tanto (al contrario di ciò che pensava Marx).

    Purtroppo, al momento non vedo all’orizzonte qualcosa che possa cambiare i paradigmi.

    • Anche nel campo dell’evoluzione recentemente è accaduto qualcosa di simile con la pubblicazione del libro di J.Fodor e M.P. Palmarini, ma come saggiamente dice Vahrenholt sono molti i nemici in ogni campo, e aggiungo io, sono molto più numerosi.

  2. sono consapevole che il global warming inteso come responsabilità umana sia una bufala. è anche vero, però, che di questi tempi esistono cambiamenti non casuali che inducono alterazioni che ben conosciamo, oltre ad altre insolite come colossali e ripetute morie di pesci e uccelli.
    che tipo di spiegazione date a quello che sta succedendo al pianeta? la domanda è finalizzata al confronto. ripeto non sono per il global warming.
    grazie andrea di chiara

  3. Alessandro Giuliani on

    Caro Andrea,
    ti dico come la vedo io, chiaramente è una vista parziale ma, lavorando al dipartimento ambiente dell’ISS, una certa idea me la sono fatta anche di prima mano.
    Allora che lo sviluppo tecnologico ed industriale apporti grossi guai all’ambiente è incontrovertibile, il carico antropico sulle foreste, sulle acque interne e sul mare attraverso l’inquinamento ha portato (ed ancora porta e porterà purtroppo) a gravi danni ecologici, diminuzione della biodiversità, ed anche a conseguenze sulla salute dell’uomo. Non c’è nessun dubbio su questo, l’erosione dei suoli, la scarsissima qualità dell’aria delle nostre città (ed ancor più di quelle di Cina ed India dove impianti industriali obsoleti e totale deregulation complicano di molto le cose) stanno lì a dimostrarlo con tanto di statistiche epidemiologiche su malattie polmonari, eventi cardiovascolari avversi ecc. ecc.
    Si parla di disastri ecologici che avvengono un pò ovunque (e quindi da questo punto di vista possono essere considerati ‘globali’) ma che hanno una genesi locale (insomma il globale è la somma di tanti ‘eventi locali’). Il riscaldamento globale è qualcosa di molto diverso e si può (anche se in maniera un pò rozza) esemplificare con il cosiddetto ‘effetto serra’ e cioè l’amplificazione antropogenica della concentrazione di CO2 nell’atmosfera dovuta ai combustibili fossili, il fatto che nella nostra atmosfera ci sia della CO2 è un fenomeno naturale e cruciale per la vita del nostro pianeta: il fatto che la CO2, essendo relativamente impermeabile alla radiazione infrarossa, rallenti il raffreddamento notturno della superficie terrestre rende il clima mite e adatto alla vita (quando si esagera si arriva all’atmosfera di Venere che assicura una sgradevole temperatura di circa 600 gradi centigradi ai poveri venusiani..(i venusiani è bene sottolineare che non esistono, tranquillo Enzo, è solo un artifizio retorico..).
    Ora non è del tutto chiaro se questo fenomeno di aumento della CO2 atmosferica (documentato dai carotaggi in Antartide) sia di origine antropica o no (un’eruzione vulcanica come quella del Pinatubo scarica in atmosfera quantità inimmaginabili di CO2..) o appartenga a dei cicli naturali.. ma effettivamente sembrerebbe che ci sia un trend a salire della temperatura media globale. A ben vedere (come tutte le medie) non sappiamo neanche se abbia senso parlare di media, se cioè la media sia solo un entità teorica dovuta all’operazione matematica di sommare tante osservazioni e dividerle per il loro numero ma che a parte questo non sia spia di nessun fenomeno coerente ed individuabile, mentre invece la cosa meterorologicamente rilevante potrebbe essere la variabilità locale di alcuni luoghi che si riscaldano ed altri che si raffreddano. Tanto per fare un esempio, in un lavoro a cui ho partecipato in qualità di statistico:

    http://www.mendeley.com/research/breaking-down-the-climate-effects-on-cod-recruitment-by-principal-component-analysis-and-canonical-correlation/

    abbiamo visto come una fase di riscaldamento dopo il 1970 nel mare di Barents (che si somma ad altre fluttuazioni di temperatura dovute ad altri fenomeni legati a dei cicli noti nella circolazione atmosferica) avesse RESO PIU’ FREDDA l’acqua del mare (non è un paradosso semplicemente se la temperatura dell’aria si scalda, il ghiaccio si scioglie ed il mare quindi si raffredda ma questo ti fa capire come bisogna andare con cautela in queste cose)e le popolazioni di merluzzi ne avessero scapitato con una riduzione abbastanza netta.
    Quindi il riscaldamento avrebbe provocato nelle popolazioni di pesci gli effetti negativi del raffreddamento…
    Insomma guai alle semplificazioni sciocche, quello che però non dobbiamo dimenticare è che il nostro modello di sviluppo è nemico dell’ambiente (anche se non necessariamente attraverso il riscaldamento globale) e che la nostra scienza deve recuperare un enorme gap conoscitivo perchè nonostante le ciance di sistemi ecologici non ne capisce (quasi) un tubo..il perchè sia così è un discorso lngo ma qui non abbiamo lo spazio per farlo. Il rischio è che il global warming sia l’ennesima ‘false flag’ che alzi una gran caciara nascondendo problemi seri e locali su cui invece dovremmo impegnarci seriamente perchè già sappiamo essere veri e documentabili.

  4. Carissimo Alessandro, se la conclusione di questo tuo intervento non fosse stata già scritta qui sopra, ne avrei fatto un articolo da pubblicare!

    Mi riferisco precisamente al punto in cui dici:
    “…quello che però non dobbiamo dimenticare è che il nostro modello di sviluppo è nemico dell’ambiente (anche se non necessariamente attraverso il riscaldamento globale) e che la nostra scienza deve recuperare un enorme gap conoscitivo perchè nonostante le ciance di sistemi ecologici non ne capisce (quasi) un tubo..il perchè sia così è un discorso lngo ma qui non abbiamo lo spazio per farlo. Il rischio è che il global warming sia l’ennesima ‘false flag’ che alzi una gran caciara nascondendo problemi seri e locali su cui invece dovremmo impegnarci seriamente perchè già sappiamo essere veri e documentabili.”

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