Te la do io l’Africa

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Oltre 10 anni fa, quando andai in Etiopia, venni catapultato in un mondo che non aveva niente a che fare con quello che noi conosciamo.

 

Qualcuno potrebbe obbiettare che il televisore era ed è una ottima finestra sul mondo, e attraverso quella osservare con curiosità e attenzione quello che succede dall’altro capo del mondo.

Niente di più fuorviante. Una finestra murata sarebbe più sincera, uno infatti saprebbe di non sapere.

Nemmeno un quadro è lo stesso se visto per televisione o di persona. Eppure crediamo di vedere il mondo attraverso una finestra di vetro pieno, di elettronica.

Un conto è vedere un bambino denutrito che agonizza per qualche secondo – tra una pubblicità e l’altra – un altro conto e starci vicino, a quel bambino, e lui ti guarda. E tu non sai che fare. Lo senti fremere, parli con sua madre e con i suoi fratelli. E non sai che fare. Mentre l’alternativa per chi sta davanti al televisore, c’è. Persino troppo semplice, cambiare canale o aspettare che i tempi televisivi sfumino quell’immagine che ha lo scopo solo di stordire, forse persino giudicata di cattivo gusto, mentre sei a tavola con la tua famiglia.

Ebbene, in quel mondo parallelo ho visto tante cose che mi facevano dubitare di essere nello stesso mondo dal quale il mio Boeing era decollato.

Dopo qualche giorno di disorientamento mi sono ricordato di tanti marocchini, egiziani, tunisini incontrati in Italia anni prima che mi raccontavano dei loro paesi. Erano citofoni umani che mi dicevano chi stava per suonare alla porta.

Ne è passata di acqua sotto i barconi, ora abbiamo di fronte una realtà ancora più apocalittica. O semplicemente, quello che prima succedeva altrove, in posti anonimi, ora succede alle soglie di casa nostra.

E in un’Europa di diritti (per coloro che hanno soldi) succede che tutti si volgono dall’altra parte quando si tratta di aiutare ed essere solidali con chi ha bisogno. L’Italia, in un’Europa di diritti, mi ripeto, è l’unica che ha parlato di valori. In questo caso del valore dell’accoglienza. E lo ha fatto in un momento economicamente molto difficile. Nient’affatto populista. Scelta che ha richiesto attributi, dove il panorama politico italiano sappiamo essere un mercato rionale, dove tutti gridano, dove spesso vige la regola ‘tanto peggio, tanto meglio’. Dove il senso di misura e di responsabilità è merce rara. Da una parte abbiamo chi vuole chiudere le porte (come se ci fossero delle porte) e dall’altra chi vuole accogliere tutti (come se l’Italia avesse infinite risorse).

Il primo gruppo rappresenta il pensiero conservatore, chiuso in difensiva. Dall’altra un pensiero progressista forse troppo idealista. Anton Checov farebbe questo paragone per spiegarsi: “Quando hai sete, credi di poter bere un mare intero. Quando invece inizi a bere, due bicchieri ti bastano”. L’Italia non ha risorse infinite.

Certamente non ci si può voltare dall’altra parte, questo dell’accoglienza è un valore che il Governo Italiano sta orgogliosamente portando avanti, a dispetto di tutta l’Europa, che in ritardo prova ad accodarsi male e alla rinfusa.

E’ innegabile che chi, tra i partiti, ha fatto dei valori tradizionali il proprio cavallo di battaglia ora è nel bel mezzo di un corto circuito: la Chiesa (vista dai progressisti , conservatrice) è la prima a spalancare le porte dell’accoglienza, e l’ospitalità da sempre è un valore italiano, e prima ancora italico. La Lega, ad esempio, lo sa?

E’ di ieri la notizia che la Santanchè voglia un figlio di colore. Adozione o figlio a domicilio con utero in affitto? I conservatori ( non di valori, ma di consenso) pare puntino più sull’esasperazione degli elettori che su progetti lungimiranti o su scelte valoriali.

Stemperiamo un po’ i toni, per riaccenderli subito dopo. Vi racconto una barzelletta:

Un pastore, intervistato una volta da un giornalista, che per l’occasione lo raggiunge nei campi dove è uso pascolare le sue pecore, saluta l’ospite :

-Buongiorno, grazie per aver acconsentito a quest’intervista. Volevo iniziare chiedendole quale fosse la sua pecora preferita.

– La pecora bianca – rispose il pastore senza esitazione.

– Solo quella?

– Bè, veramente anche Gilda, la pecora nera – disse accarezzando Gilda, proprio vicino a lui

– Ah ecco. E la pecora più obbediente?

– Quella bianca, indubbiamente.

– E quella nera? Sì, anche quella nera.

– Ah, capisco – disse il giornalista un po’ perplesso

– E la pecora più pasciuta? Lo sembrano tutte. Ma lei ha l’occhio più esperto, mi dica..

– La pecora bianca, non c’è dubbio.

– E quella nera?

– Certo, anche quella nera!

– Mi scusi, ma perché ogni volta che le chiedo qualcosa sulle sue pecore, prima mi dice ‘quella bianca’ e poi quando le chiedo dell’altra, mi dice ‘anche quella nera’?

-Ma è naturale, a quella bianca sono affezionato..

– Ah capisco, mentre invece a quella bianca..

– No no, sono affezionato anche a quella nera.

Questa storiella mi è venuta in mente quando ho sentito Salvini parlare dei campi ROM abusivi. E quando qualcuno gli obiettava che siamo tra i paesi più abusivi d’Europa, lui aggiungeva che la lotta all’abusività era a trecentossessanta gradi.

Non è con la paura che si guida un popolo, anche se Machiavelli mi darebbe tre meno meno.

Sarebbe ideologico e utopistico  pensare di accogliere tutti qui in Italia. Ma non possiamo voltarci dall’altra parte. Non possiamo rinunciare a questo valore che fa di noi degli esseri umani. Il punto è agire in modo che anche altri paesi se ne facciano carico. E in questa direzione si sta muovendo il Governo

I romani facevano strade per comunicare, strade che ancora oggi ci sono e ancora oggi comunicano. I cinesi fecero  la Grande Muraglia, ora diventato un museo a cielo aperto. Anche loro, ora costruiscono strade. Altri muri sono stati costruiti, sappiamo la fine che hanno fatto. Non sono i muri che durano, ma le strade.

Non rimaniamo chiusi nelle nostre tiepide case, dove soffochiamo i nostri cuori. Apriamo le porte, l’aria fresca fa bene. Siamo ancora vivi da aprire le porte?

 

Primo Levi, Se questo è un uomo

Voi che vivete sicuri
nelle vostre tiepide case,
voi che trovate tornando a sera
il cibo caldo e visi amici:

Considerate se questo è un uomo
che lavora nel fango
che non conosce pace
che lotta per mezzo pane
che muore per un sì o per un no.
Considerate se questa è una donna,
senza capelli e senza nome
senza più forza di ricordare
vuoti gli occhi e freddo il grembo
come una rana d’inverno.

Meditate che questo è stato:
vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
stando in casa andando per via,
coricandovi alzandovi;
ripetetele ai vostri figli.

O vi si sfaccia la casa,
la malattia vi impedisca,
i vostri nati torcano il viso da voi.

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Laureato in Biologia tanti anni fa, prima di mettere in piedi una scuola di sopravvivenza va a specializzarsi in terra d'Etiopia per poi tornare e istruire a dovere, insieme a Silvia, 3 piccole amazzoni. Dopo 13 anni in un'azienda di Biotecnologie come Specialist e Line Leader, decide di divertirsi come Direttore Marketing per un noto marchio di gioielli, in attesa di nuove sorprese all'orizzonte.

13 commenti

  1. Paolo da Genova on

    Per risolvere i problemi una pre-condizione è la buona fede e purtroppo, in generale, ma in particolare sull’immigrazione, la buona fede è scarsa. L’Italia parla tanto di accoglienza, si fa “bella” a soccorrere i barconi in mare, ma furbescamente si guarda bene da identificare tutti gli immigrati. Infatti, se li identificasse, in base ai trattati internazionali, qualora costoro andassero in Francia, Germania, ecc. le autorità di Francia, Germania, ecc. avrebbero titolo a rimandarli in Italia, in quanto paese di primo sbarco. La politica dell’Italia è questa: far vedere di accogliere tutti, in omaggio al politicamente corretto, ma sotto banco favorire l’esodo verso i paesi del nord Europa, evitando identificazioni e controlli. E gli altri paesi, ovviamente, ci rispondono con la medesima ipocrisia. Si fanno belli mandando navi e aerei a sorvegliare le nostre coste, mostrandosi ligi ai trattati internazionali, ma di fatto non accolgono nessuno, sapendo bene che fra questi immigrati le persone qualificate sono poche e conoscendo benissimo la politica dell’Italia in materia. Per il bene di immigrati, italiani, nordeuropei dovremmo cominciare a: 1-dirci la verità, 2-cambiare i trattati internazionali, 3-buttare a mare il politicamente corretto. Delle tre cose non so quale sia la meno difficile.

    • Caro Paolo, chiediamo che anche gli altri facciano qualcosa, e menomale. Già accoglierli, rifocillarli, rivestirli, non mi sembra lavarsene le mani. Facessero anche gli altri quel che facciamo noi. Per risponderti, credo che cambiare i trattati sia lambizione più grande. Ma come facciamo a capovolgere il trattato di Dublino. Che anche noi avevamo firmato? Sigh!

      • Paolo da Genova on

        Non voglio sembrare cinico, ma anche l’accoglienza ha i suoi interessi, fa girare una parte di economia, cooperative, appalti pubblici, ecc. La soluzione più “semplice”, sicuramente la più rapida, sarebbe occupare militarmente le coste libiche. Sarebbe una soluzione temporanea, d’accordo, ma almeno manderebbe un segnale. Tuttavia è pure la soluzione più improbabile, dato che: 1-l’Italia da sola non ce la farebbe, 2-nessun paese avrebbe interessi e attributi tali da aiutarla, 3-in ogni caso al primo morto, militare italiano o civile libico non importa, scoppierebbe un tale casino politico che a confronto è meglio l’immigrazione selvaggia (con questa a rimetterci sono immigrati e italiani, cioè poveracci, col casino politico a rimetterci sono “lor signori”).

      • Senza dimenticare le iniziative dei singoli cittadini. Nel mio ufficio, quotidianamente,, assa qualche disperato sceso dai barconi e sia io che il mio collega cerchiamo sempre , con tutti i limiti del caso , di aiutare questi poveri disperati .

    • “Buona fede” dell’Italia che “si fa bella” a soccorrere i barconi ma riducedendo all’osso le procedure di identificazione; infatti identificando immediatamente e da subito tutti gli immigrati i nostri cari Paesi “amici”, con cui condividiamo il consesso europeo, “ce li manderebbero indietro”. Quindi la “figuretta” sarebbe “al solito” quella della nostra cara “italietta”. Conclude Paolo che dovremmo cominciare a 1) dirci la verità, 2) cambiare i trattati e 3) buttare al mare il politicamente corretto.
      .
      Premesso che 1) non ha senso (su un fenomeno del genere, neanche volendo si potrebbe nascondere la “verità”), come non ha senso 2) in quanto semplicemente “non può verificarsi”, almeno nel breve termine, mentre 3) dice tutto e niente perché operativamente non porta da nessuna parte, insomma tutto ciò premesso mi vien da pensare che la vera “figura porca” sia proprio quella degli vari stati “utilitaristi” e “pragmatici” del nord europa, paladini dei diritti più o meno “civili” ed “avanzati” ma che poi messi alla prova unica cosa che sanno fare é scaricare le responsabilità o, nella migliore delle ipotesi, prendere tempo perché si sa che “prima o dopo la situazione nel nord africa e medio oriente dovrà pur cambiare”.
      .
      Fra le altro cose non so se possa considersi più “colpevole” l’Italia a non “eseguire” celermente le procedure di identificazione (del resto mi pare che di motivazioni “oggettive” per contestare l’assioma ce ne siano a bizzeffe…) o siano più colpevoli i tanto “amici” e “contigui” stati del nord europa che, “da subito” e “senza ma”, potrebbero benissimo assumersi quote di profugi da accudire e gestire.

      • La val d’aosta non accoglie 79 migranti “perché ne ha già ospitati 62” scrive Gad Lerner oggi su Facebook. Salute e complimenti!

      • Paolo da Genova on

        Per “dirci la verità” (1) intendo che Italia, Francia, Germania, ecc. dicessero onestamente: “non vogliamo immigrati, se non istruiti e produttivi”, perché questa è la sostanza, senza tanti giri di parole. E questa verità, che davvero è sotto gli occhi di tutti, chi la dice?

        Per “buttare a mare il politicamente corretto” (3) intendo che le azioni seguano in modo coerente quanto la ragione e la morale, unite e non separate, dettano. Oggi si pensa una cosa, se ne dice un’altra e se ne fa un’altra ancora, perché l’essenza del “politicamente corretto” è proprio questa, l’ipocrisia elevata a sistema.

        “Cambiare i trattati internazionali” (2) e/o un’azione militare in Libia sarebbero alla fine logiche conseguenze dei punti (1) e (3) precedenti. Ma è ovvio che non succederà mai. Oggi vogliamo tutti sembrare buoni, quando nella realtà nessuno lo è, anche il bene che si fa ha sempre qualche secondo fine. Non ha senso chiedere ai nostri governanti di fare quello che nemmeno noi facciamo.

  2. Metto subito le mani avanti perché l’equivoco su questi temi è dietro l’angolo, quasi un riflesso pavloviano: non sono per nulla razzista, fascista, leghista o nazionalista.

    E’ importante riconoscere che non si può mettere tutto sullo stesso piano: una cosa è il clandestino profugo dal Centro Africa che fugge letteralmente dalla morte, e un’altra è lo zingaro che culturalmente è formato in modo tale da essere un parassita del sistema sociale in cui è collocato: la cultura economica dei rom è infatti di tipo parassitario dato che ripropone il modus operandi di “caccia e raccolta” tipico degli aborigeni in Paesi industrializzati tramite l’uso di sussidi statali, elemosina, furti e racket a danno di chi li accoglie e li tutela.
    Per il primo ho tutta la comprensione possibile e se avessi le facoltà economiche gli darei personalmente la possibilità di vivere dignitosamente e autonomamente dai sussidi statali. Per il secondo non c’è aiuto che tenga, la sua cultura lo rende un parassita dell’organismo sociale che non solo è inutile alla collettività ma è un peso sia per lo Stato che per i loro vicini… Non sarà colpa del singolo zingaro ma basta studiare ricerche antropologiche su di loro per scoprire come il furto verso chi non è rom non sia considerato deviante da parte loro, ma una pratica assolutamente normale.

    Non è una questione di accoglienza buonista o di razzismo populista, ma di una necessaria integrazione che se viene rifiutata necessita di un comportamento analogo da parte delle Istituzioni.

    • accoglienza e legalità. Ci si può tendere. Grazie del tuo intervento, Luciano.

  3. alessandro giuliani on

    Un dramma nel dramma è il malcelato odio della nostra borghesia semicolta e moralmente ineccepibile per l’Italia per cui trapela un ipocrita amore per gli immigrati in funzione di un malcelato odio per quegli ignoranti di Italiani che si rifiutano di pendere dalle loro labbra.
    Questo deteriora la situazione fomentando guerre fra poveri. ..

  4. Francesco Fabiano on

    Caro Alessandro, il vero dramma e’ dimenticarsi di essere umani. Implacabili con gli straccioni e timorosi con i potenti. A che ci serve avere una “marcia in più” se la nostra auto resta chiusa nel box?

  5. Quanti milioni di poveri o disperati può accogliere dignitosamente l’Italia? Quanti milioni di poveri o disperati vorrebbero venire in Italia?
    L’unico modo per far cessare le morti in mare è istituire un servizio gratuito di trasporto dalle coste nordafricane a quelle italiane, ma questo aumenterebbe grandemente i flussi migratori.
    Una soluzione “pulita” che coniughi accoglienza e realismo senza “effetti collaterali” negativi non la vedo in giro, però una decisione va presa, ben sapendo che dall’Europa non c’è da aspettarsi nulla. L’Europa è “madre di parto e di voler matrigna”, purtroppo.

  6. Chi sostiene che bisogna aiutare questa gente sul posto e cioè eliminare le cause che li spingono ad emigrare ha ragione ma dice un’ovvietà utopica.
    Purtroppo il nostro modello economico si basa sullo sfruttamento delle risorse dei paesi del “terzo mondo”, termine desueto ma che capiamo tutti.
    Questo sfruttamento si realizza con una colonizzazione economica che si realizza con il ricatto della tecnologia, l’ammortamento dei suoi costi o la vendita a prezzi altissimi della stessa, ovvero la vendita a costi ragionevoli di tecnologie obsolete; lo sfruttamento della forza lavoro, con il solito sistema che anche da noi stabilisce che “al contadino bisogna dare il minimo possibile” e si sposta il valore dalla produzione al terziario e/o dalla produzione di base a quella avanzata (trasformazione); lo stabilire il prezzo secondo parametri non congruenti con le realtà e le esigenze dei paesi produttori; la rivendita a prezzi alti dei prodotti derivati dalla trasformazione delle materie prime; l’utilizzo massiccio di regimi in esenzione fiscale che poco o nulla lasciano al paese; la corruzione e la complicità dei governanti locali.
    E’ chiaro che questo sistema confligge con i concetti di aiuto e di sviluppo locale per cui non si realizzerà mai.

    Queste persone, quelle che costituiscono la “carne da barcone” hanno il problema di essere poveri con l’aggravante di essere anche “negri”; nessuna speranza per loro.
    Per il primo principio di uguaglianza (tutti gli animali sono uguali) è giusto che anche noi diventiamo poveri come loro visto che far diventare loro “ricchi come noi” comporterebbe l’infrazione del secondo principio di uguaglianza “Alcuni animali sono più uguali degli altri”.

    Alla fine il sistema è sempre lo stesso, quello del debito inestinguibile.

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