Una modesta proposta

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law

La morale è relativa, leggi dovrebbero essere sempre ispirate a criteri unicamente razionali.

Ecco una proposta di legge assolutamente razionale.

 

Viviamo in un mondo che cambia in fretta e alcuni di questi cambiamenti sono giudicabili come progresso. Il progresso, a sua volta, possiamo considerarlo il frutto della migliore unione tra realismo e creatività: si ottiene un miglioramento quando si sa guardare la realtà per analizzarne i problemi in modo lucido ed onesto e, allo stesso tempo, si sa anche usare la fantasia presente in tutti noi per dare una soluzione ai problemi osservati.
Un’idea progressista può trovare una sua prima forma in un articolo di giornale, in un libro, in un’opera d’arte, ma la storia ci ha insegnato che tutte le idee che sono riuscite a non finire nell’oblio, passando da una forma all’altra, alla fine sono approdate a quella che forse è la più prosaica ma la più importante, la forma di legge. Sarà proprio una proposta di legge ciò di cui si vuole parlare in questa sede, una proposta poco condivisibile a primo impatto ma di cui sarà doveroso mostrarne tutti gli aspetti: la legalizzazione dell’omicidio, vedendone insieme in quali forme si potrà realizzare, i vantaggi che ne ricaverebbe la società e le risposte alle più probabili obiezioni.

Diciamo subito che non si sta parlando di una legalizzazione in toto, ma si prospetta di legalizzare tale pratica solo in determinati luoghi e circostanze stabiliti per decreto e specificati a livello locale. Ecco le due regole principali che caratterizzeranno tale legge:

1) L’omicidio legalizzato potrà avvenire in forma discreta, cioè in un locale comunale, regionale o di altro ente pubblico dove saranno presenti solo l’esecutore, il ricevente e un rappresentante delle forze dell’ordine; oppure può avvenire in forma manifesta, in un locale più ampio (auditorium, arena, se non proprio uno stadio, se i richiedenti del servizio in questa seconda forma fossero in tanti).

2) L’esecutore e il ricevente dovranno essere liberi e consapevoli di scegliere l’atto in questione, inclusa la forma da stabilire tra le due presentate al punto precedente.

Le due regole sovraesposte chiarificano bene lo spirito della proposta di legge che sicuramente scatenerà polemiche nei primi tempi in cui la si discuterà. Rimandiamo per ora la regola 1) per mostrare la portata del significato della regola 2).
Per secoli di storia tutte le civiltà hanno condannato l’omicidio come uno dei reati più gravi commettibili, se non il più grave, in quanto privazione del bene più grande possedibile da un individuo, la vita. Non si può però tralasciare il fatto che le società del passato abbiano considerato reato azioni che oggi non riconosciamo più, come la negazione della divinità del sovrano, la stregoneria e l’eresia, per fare degli esempi. Mentre i nostri predecessori si sono ispirati spesso alla propria religione e/o ai propri presupposti metafisici, noi uomini del XXI secolo siamo tenuti a stabilire criteri più razionali alla base delle nostre leggi, affinché esse siano in grado di tenere insieme tutti i cittadini a prescindere da qualsiasi morale il singolo scelga di seguire.

Il criterio razionale, nel nostro caso, nasce dal definire in modo scevro da pregiudizi morali (e spesso religiosi) l’atto di compiere un omicidio (che in seguito talvolta chiameremo con un’espressione meno carica di derive etiche, ossia “decesso anticipato per altri”). L’omicidio consiste semplicemente in una riduzione repentina del tempo a disposizione di un soggetto ed è quindi assimilabile alla privazione di un bene. Ciò che è all’origine del senso di scandalo intorno a questo tema è che si usa fare sempre il caso particolare, elevato a regola onnicomprensiva, dell’interruzione della vita altrui quando il soggetto ricevente del decesso anticipato è contrario a tale privazione del suo tempo. Non si può non notare però che così come la privazione spontanea di un bene non è già ora perseguitata per legge, così il decesso anticipato per altri assume tutt’altra valenza quando il ricevente lo richiede espressamente.

Mai fu professato principio più grande di “la mia libertà finisce dove inizia quella dell’altro”, ma purtroppo tale massima è stata sempre interpretata come un severo vincolo al proprio modo di agire, anziché come un invito a contemplare dove possono veramente estendersi i confini della propria libertà, senza violare tale principio!
Torniamo al punto 1). Mentre le strutture per gli omicidi discreti dovranno conseguire solamente l’obbiettivo di far valere il diritto alla privacy dell’anticipatore e del suo richiedente, per quello stesso diritto (in questo caso al poter non agire in privato) allora nelle strutture per gli omicidi manifesti si potrà far spazio a tutti quei cittadini che, sempre per libera scelta, previo pagamento di una quota, vorranno assistere a questo futuro servizio pubblico. Si potrà fare in modo che gli anticipatori di decesso godano di tale servizio nei confronti di altri aspiranti anticipatori, stabilendo la priorità temporale di tale atto in base all’abilità nell’usare gli strumenti atti a compierlo: i turni verrebbero stabiliti nel più pieno rispetto della meritocrazia, a maggior ragione se tutti gli anticipatori saranno disponibile ad essere considerati anche i soggetti che subiscono il decesso anticipato (naturalmente a tempo debito).

La legge che proponiamo non vieterà ma anzi favorirà l’avanzamento del servizio dall’”una tantum” al “livello professionale”, includendo naturalmente tutti i diritti (ferie, assistenza medica per partire sempre dallo stesso livello nei confronti degli altri anticipatori…) e doveri (versamento delle tasse e dei contributi) di ogni altra professione.
Siamo così arrivati all’esposizione dei vantaggi. Abbiamo già accennato al ritorno economico della proposta: le strutture per gli omicidi manifesti creerebbero nuovi posti di lavoro tra gestori delle strutture, reparto sanitario, anticipatori di decesso per altri, inoltre gli osservatori paganti delle anticipazioni alimenterebbero una nuova strada per la circolazione del denaro. Pensate a quante anticipazioni di decesso avvengono ogni anno senza che lo Stato ne possa guadagnare!
Siccome però l’interesse economico per noi è solo un’aggiunta, siamo interessati ad esporre i vantaggi sociali. Con un apposito decreto si potrà concedere ai familiari di un soggetto ricevitore dell’anticipazione di decesso un lauto rimborso per aver reso possibile il servizio, garantendo un modo vantaggioso per chi sceglie liberamente di rinunciare alla propria vita di rendersi utile a chi nella sua famiglia opta per una scelta più tradizionalista nella gestione della stessa. Allo stesso tempo il ricevente permetterà a molti individui noti in modo sdegnoso alla società come sociopatici (dovremmo chiamarli diversamente socievoli) e psicopatici (diversamente pensanti) di permettere la realizzazioni del proprio particolare modo di essere, il quale, come già spiegato in precedenza, viene marchiato di immoralità solo perché le circostanze pongono tali soggetti di fronte ad individui che non erano consenzienti all’anticipazione di decesso. Con la nuova legge che stiamo proponendo invece si potrà istituire un registro ufficiale dei richiedenti di anticipazione di decesso e le due categorie di persone prima citate non dovranno più vivere in un Paese che ostacola le proprie inclinazioni.

Altri vantaggi emergerebbero dall’applicazione della nostra modesta proposta, ma riteniamo che il modo più esaustivo per presentarli sia proprio nel dare fin da ora risposte a quelle che sarebbero le più probabili obiezioni. Per comodità immagineremo che tutte le obiezioni vengano poste da un soggetto che pone domande (D) per leggerne quindi le relative risposte (R).

D: Com’è stato possibile formulare una tale proposta mai concepita in nessun altro Stato civile?
R: Effettivamente si tratta di una proposta originale ma che darebbe una buona immagine all’Italia, perché per la prima volta non ci faremo battere da un paese del Nord Europa in materia di progressismo.

D: Perché si dovrebbe legalizzare un atto così immorale?
R: Un atto è immorale o no solo dopo che si sia stabilita un’etica, per cui non si può dire cosa sia “universalmente immorale”. Scopo delle leggi pertanto non è di stabilire una morale comune, che sarebbe una pesante imposizione, ma garantire che ognuno possa seguire la propria nel limite della libertà altrui.

D: Nell’omicidio legalizzato, a dire la verità, non trovo una morale diversa ma al contrario nessun tipo di morale, o sbaglio?
R: Probabilmente dice così perché si sarà così abituato a seguire una particolare morale, probabilmente la stessa che le hanno insegnato i suoi genitori fin dalla più tenera età, che considererà amorale ciò che segue solo una morale diversa. Io non la sto obbligando a seguire la mia morale, ma a permettere a tutti di scegliere autonomamente la propria.

D: Come valuta il problema per cui tale proposta di legge sarà certamente incostituzionale?
R: Non nascondiamo che la nostra proposta sia incostituzionale, infatti il nostro moto riformista si rivolge inevitabilmente anche alla Costituzione. Essa fu il mirabile compromesso tra forze politiche opposte subito dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale e fu il testo perfetto per ricostruire prima politicamente poi materialmente la nazione. All’epoca l’interesse principale era che non si ripetessero mai più gli errori che portarono al fascismo, ma oggi, a Secondo dopoguerra inoltrato, il mondo è cambiato. Noi proponiamo più che una banale abolizione di alcuni articoli della Costituzione, infatti auspichiamo ad una loro evoluzione per spingere l’idea centrale della Costituzione, garantire la libertà democratica ossia politica dei cittadini, verso una libertà di più ampio respiro e di stampo prettamente moderno, la libertà di agire dentro qualsiasi morale.

D: Ha tenuto conto del fatto che in Italia è molto presente la Chiesa e che essa indubbiamente si opporrà alla vostra proposta?
R: Sì, ma non ne siamo preoccupati. Abbiamo i precedenti storici del divorzio e dell’aborto, per cui per quanto possa essere forte l’opposizione di provenienza religiosa sappiamo che la volontà del popolo per mezzo dei suoi rappresentanti è sovrana. Noi rispettiamo la libertà da parte della Chiesa di protestare, ma essa deve rispettare quella della politica di governare. La nostra proposta non è in opposizione ma si fonda sulla libertà, per cui, se verrà approvata, ogni cittadino cattolico che voglia puntare alla santità potrà continuare a farlo (con tutta la mia stima, per giunta). Se posso permettermi un’ultima considerazione, se proprio i più vorranno seguire la propria fede, sarebbe allora meglio per essi non giudicare le scelte che liberi individui compierebbero grazie alla nostra legge, perché sarebbe un peccato contro l’umiltà.

D: Ho il forte sospetto che le strutture discrete e manifeste per l’anticipazione di decesso verrebbero sfruttate da mafiosi o da qualunque altro soggetto che voglia risolvere con l’atto di violenza più grande i propri conflitti col prossimo. Non teme questa degenerazione della sua idea?
R: Ripeto che nel nostro progetto di legge sia gli anticipatori di decesso sia i relativi riceventi sono e saranno esclusivamente consenzienti di tale servizio, inoltre sarà precisato che i latitanti per qualsiasi reato penale non ne potranno usufruire, altrimenti saranno arrestati. Nell’eventualità invece che per esempio un uomo della mafia che però “ufficialmente” non abbia ancora subito una condanna sfrutti il nostro servizio per pareggiare i conti con un proprio rivale, allora si avrebbe il vantaggio che l’anticipazione di decesso avverrebbe in un luogo sicuro e controllato, potendo dire addio all’incubo dei proiettili vaganti e delle vittime innocenti morte per errore.

D: Quest’ultima osservazione che lei ha fatto non assomiglia tantissimo ad un andare incontro alla mafia?
R: Negare la nostra proposta significherebbe continuare a far vivere alla gente la paura di restare coinvolta in una faida tra bande. È proprio da un osservazione oggettiva e non ideologica della realtà che parte tutto ciò che proponiamo.

D: Sono sicuro che molti riterrebbero le conseguenze della sua proposta di legge fortemente anti-educative per le future generazione. Come risponde in proposito?
R: Non sono affatto d’accordo. Scopo dell’educazione, o meglio di quella odierna, non quella dogmatica e autoritaria del passato, è di mostrare con onestà ai propri figli tutti i possibili modi di vivere e insegnargli a scegliere autonomamente. Far credere che esista un solo modo di considerare il bene e il male non sarebbe onesto alla luce del fatto che viviamo in una realtà variegata e multiforme: questo sì che sarebbe anti-educativo.

D: Se ci tenete così tanti alla libertà, come fate a non rendervi conto di come la morte sia in realtà una negazione di ogni libertà?
R: Comprendo e rispetto la sua idea della morte, ma deve accettare il fatto che non tutti la condividono, per cui la nostra legge permetterà a quest’ultima categoria di persone di comportarsi di conseguenza.

D: Ammettiamo pure che passi questa legge, poi dopo a cosa vorreste puntare?
R: Stiamo valutando le varie possibilità per la legalizzazione degli incendi. La società guarda male i piromani per il fatto che in genere le loro azioni siano non regolamentate, benché il loro intento sia solo soddisfare il loro desiderio di ammirare il fuoco. L’ostacolo più grande a questa nuova idea però non è rappresentato dal fatto che sia difficile trovare boschi e foreste che possano essere usati a fine incendiario-ricreativo, e nemmeno il fatto in sé di limitare gli incendi nelle sole zone addette alla legalizzazione degli stessi, ma il fatto che la privazione di alberi, fornitori di ossigeno, e l’influsso di anidride carbonica dovuta al fuoco favorirebbero il riscaldamento globale e i relativi cambiamenti climatici finirebbero col ricadere su tutti, anche su quelli che non ne avranno eventualmente richiesto la realizzazione.

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"htagliato", Fisico della Materia. Vive a Napoli.

213 commenti

  1. htagliato laureato in fisica e studente alla magistrale, che ne dici di finire gli esami?

    • Gli esami non finiscono mai, Giuseppe. Tu li hai finiti? Pensa che l’esame su cosa fosse una famiglia credevo l’avessero dato tutti. E invece scopro che siamo ancora qui a imparare cose mai sentite su cosa sarebbe la famiglia. E nn possiamo sentire questi discorsi? Sento aria discriminatoria nel tuo tono…

      • Mi sono laureato, ho preso il dottorato, fatto un postdoc e ora navigo felicemente verso la disoccupazione… 😀

      • Il punto è che l’articolo mi sembra troppo pretestuoso, ruffiano e un po’ subdolo. Mi sbaglierò io forse…

        • Caspita, tre aggettivi negativi!
          Pretestuoso: certamente la legalizzazione dell’omicidio è un pretesto per toccare vari temi tutti legati dal relativismo e da una male interpretata libertà di scelta. Parlare dei singoli temi poteva essere però poco originale e volevo usare un nuovo approccio: far capire a chi non la pensa come me cos’è quello che provo di fronte a certe legalizzazioni.
          Ruffiano: in che senso?
          Subdolo: abbastanza vero, ho voluto dire ciò che pensavo scrivendone l’opposto.

  2. Se nel ‘700 qualche demente,spesso in malafede, non avesse iniziando a delirare dicendo “tutto è relativo, tutto è naturale ,è il pensiero che crea la realtà” e trombosi cerebrali simili non saremmo in questa situazione ,nel 2015, dove è possibile anche prendere seriamente in considerazione ipotesi come queste.

    • Che non esistano verità definitive ed assolute è un fatto innegabile, non a caso è un argomento trattato fin dal tempo dei sofisti. In ogni caso non è necessario stracciarsi le vesti o dare del demente a chi ha seguito un determinato ragionamento, perchè in fondo anche gli assolutisti sono relativisti, solo che loro, nel bisogno di giustificare qualcosa, dicono che stanno “contestualizzando”.

      • Giorgio Masiero on

        “Che non esistano verità definitive e assolute è un fatto innegabile”: ecco un perfetto esempio di proposizione autocontraddittoria, e quindi senza significato.
        Un relativista “assoluto” può solo tacere sulla verità.

        • Lei conosce, al di fuori di quelle stabilite convenzionalmente, alcune verità assolute e definitive che siano tali per tutta l’umanità?

          • Giorgio Masiero on

            Io avevo rilevato, Flavio, la contraddizione logica di un relativista che pontificava dogmaticamente di “fatti innegabili”, anziché proporre coerentemente solo la sua opinione.
            Adesso Lei mi fa una domanda, cui potrò rispondere solo quando mi avrà dato la Sua definizione di “verità”. Questo perché non sono sicuro che vi assegniamo lo stesso significato.

          • Capirà in una sola frase non si possono fare tutte le precisazioni del caso, ma credo che lei abbia capito bene cosa intendessi.
            Per il significato della parola “verità” mi basta la definizione del dizionario ed attendo quindi che lei risponda alla mia domanda.

          • Se ho capito bene lei sta dicendo che anche l’individuo più assolutista è per inevitabilità logica un relativista, ovvero tutti siamo inevitabilmnete relativisti. Quindi ciò che si antepone relamente all’assolutismo non è il relativismo, bensì lo scetticismo filosofico. Dico bene?

  3. Credo che questa teoria/proposta parta da un presupposto sbagliato, perchè un omicidio per esser tale necessita di una persona che volontariamente vuole infliggere un castigo o un danno irreparabile togliendo la vita ad un individuo che invece dimostra la propria contrarietà all’esecuzione di tale atto. Infatti non è da considerarsi un’eccezione la morte a seguito di un duello ad armi pari (oggi illegale ma per altri motivi) oppure la morte avvenuta in una battaglia di guerra.

    • Flavio, quando ho letto l’articolo di htagliato ho pensato che fosse più surreale che provocatorio, leggendo il tuo intervento capisco che è invece lungimirante.

    • Flavio, in pratica la mia proposta di legge potrebbe divenire legge se ciò che conta è solo la volontà dell’altro!

      • Se il ricevente, nel pieno possesso delle facoltà mentali, lo richiede espressamente, si entra nella casistica del suicidio assistito, che è una questione già presa in esame e riconosciuta legalmente in vari paesi, quindi ben differenziata dall’omicidio. Se invece ciò che conta è solo la volontà di una parte, allora nessuna legge avrebbe più diritto ad esistere, neanche quella che regola il funzionamento dei semafori, e di conseguenza verrebbe a cadere anche il filo logico che porta a questo ragionamento. insomma, sia in un caso che nell’altro io non vedo dove vi sia l’ispirazione “razionale” di una legge del genere.

        • Flavio, il mio articolo, tra le altre cose, vuole essere anche una critica all’idea che l’UNICA cosa che conti sia la volontà dell’altro e non la sua irriducibile dignità. Preferisco pensare che la vita sia un valore insindacabile e indipendente da cosa l’altro pensi di sé e dalle circostanze. Se vuoi chiamarlo “suicidio assistito” fallo pure, per me è “omicidio del consenziente”.

          • Appurato che non vi è alcuna ispirazione “razionale” in questa proposta ironica e provocatoria, è importante ricordare che l’autodeterminazione dell’individuo è alla base di qualsiasi libertà. Anche l’autodeterminazione religiosa è una di queste libertà e la prova sta nel fatto che una persona è liberissima di voler affidare al proprio Dio ogni decisione al riguardo. Non capisco quindi come il credente possa trasformare la propria autodeterminazione anche in obbligo per gli altri. Questo è il vero controsenso.

          • Penso che una delle condizioni necessarie (ma non sufficienti) perche’ un bene sia disponibile e che questo sia stato creato da chi ne reclama il possesso. La vita non e’ certamente un bene di questo tipo. Se poi si vuole stabilire che la morte sia un bene di livello superiore a quello della vita…

          • Amedeo, detta così la sua definizione presenta un doppio errore: a) se la vita è disponibile per chi l’ha creata allora per assurdo i genitori potrebbero reclamare il pieno possesso su quella dei figli. b) nel caso di un’automobile, la disponibilità del bene può passare di mano in mano,senza che il creatore possa reclamare alcunchè.
            Rimane comunque da spiegare perchè la vita, se giustamente non si può paragonare a un bene come un’automobile, non possa essere un bene disponibile al detentore della vita stessa.

  4. Salve a tutti,
    carina l’ispirazione swiftiana (l’unico autore inglese del ‘700 degno di esser preso in considerazione, secondo me).
    Concordo che in gran parte dei casi il relativismo (a parte il fatto che neghi peraltro se stesso) sia un pretesto per annullare qualsiasi tentativo di critica comparazione antropologica e sistemazione etico-morale.
    Tuttavia ritengo, purtroppo, che non sia più possibile riproporre alcun sistema etico-morale al giorno d’oggi, in quanto penso che la degenerazione contemporanea della concezione umana non prescinda da, come dire, un “fallimento” (mi facciano passare il termine) dei sistemi culturali e filosofici antecedenti al XVIII secolo.
    A quanto pare, nemmeno tutta l’autodeterminazione intellettuale e filosofica della ragione umana è sufficiente a contrastare la naturale spinta entropica universale.

    • Entropia della morale…che cosa terribile! Spero sia solo una tua opinione, forse il nostro è solo un periodo storico come tanti, non per forza la fine di ogni sistema etico.

  5. muggeridge on

    Per me il relativismo equivale alla creazione del vuoto etico e morale e il vuoto, come in fisica, finisce per attirare il pieno dell’integralismo circostante, che è ciò a cui stiamo assistendo. La cosa giusta sarebbe stare nel pieno delle proprie radici e ragioni, ma l’Occidente ha sviluppato questo cancro del relativismo con la conseguente “cupio dissolvi”. “Ormai solo un dio ci può salvare”, che è poi quello che è sempre accaduto…

    • Un relativista è uno passa una vita intera nel trilemma di Munchausen felice delle prime due affermazioni ed incurante della terza.

    • Questa cosa del vuoto etico che si colma in qualche modo me la devo segnare…

  6. Paolo da Genova on

    Capisco l’intento dell’articolo, e lo condivido pure, ma l’articolo è troppo “creativo” e troppo poco “realista”. Magari qualche filosofastro avrà anche proposto una legge simile, ma certi ragionamenti sono troppo astratti per fare presa su noi del popolino. Mi viene in mente a proposito quel tale Peter Singer, che dicono sia il filosofo più influente del mondo, ma che se spiegasse le sue teorie una mattina al mercato, ammesso che si facesse capire, finirebbe cacciato a calci in c…

    • Salve Paolo, penso di capire cosa intende, infatti quando scrivevo l’articolo ho valutato la possibilità di usare, tra i tanti strumenti della retorica, quello del richiamo alle emozioni forti, più adatto ad un vasto uditorio, ma ho optato per qualcosa di più (apparentemente) razionale, per un fatto di gusti personali, perché mi fanno più rabbia quelli che pretendono di essere lucidi e realisti ma in realtà non si accorgono di certe aberrazioni che vanno giustificando, rispetto a quelli che vanno avanti a slogan pubblicitari. Più una tesi la trovo assurda, più sono attratto dalle argomentazioni usate.

  7. Giuseppe Cipriani on

    Beh, ammetto che sulle prime il pezzo m’ha dato il senso dell’inutile, del gioco retorico, di quell’ironia fastidiosa che mira a condurre nella propria stalla le bestie al pascolo, comprese quelle non di proprietà… Battutacce a parte, mi trovo d’accordo che sull’aborto si prende in causa una persona in divenire senza sentire e considerare il suo parere, molte volte decidendo per la sua morte come fosse robaccia… Ma non toccate con gli stessi tasti l’eutanasia, per favore.
    Qui non si tratta di decidere per l’altro, ma per se stessi. Qui non si tratta di imporre qualcosa a qualcuno ma di pretendere che quel qualcuno che pensa che l’eutanasia sia un peccato contro Dio e contro l’uomo si astenga dal pretendere che sia tale anche per chi, messo al muro, non ha risorse sufficienti per continuare a vivere, se non, magari, in modo privo di dignità e in sofferenza continua… Non mescolerei dunque le due cose, assimilandole allo stesso concetto (religioso) di rispetto della vita… Un paese civile non si accanisce coi moribondi pretendendo che vivano fino all’ultimo respiro se per loro quell’ultimo respiro non è degno di tal nome. E qui mi fermo, sapendo che ho toccato nervi scoperti e che chi pretende libertà di opinione/azione su temi così delicati dovrebbe lasciare agli altri le stesse libertà, visto che a lui si lascia la libertà di vivere fin che Dio vorrà…

    • “quell’ironia fastidiosa che mira a condurre nella propria stalla le bestie al pascolo, comprese quelle non di proprietà”
      Che c’è di male a convincere qualcuno ad appoggiare una propria opinione se lo si fa semplicemente scrivendo su un forum? Stiamo in un paese democratico, dopotutto. Noto il fatto che ho delle bestie di proprietà, che bello! Ma chi sarebbero? Pennetta e co.? Dopo glielo chiedo…

      ” che quel qualcuno che pensa che l’eutanasia sia un peccato contro Dio e contro l’uomo si astenga dal pretendere che sia tale anche per chi, messo al muro, non ha risorse sufficienti per continuare a vivere, se non, magari, in modo privo di dignità e in sofferenza continua…”
      Se fosse solo un peccato, allora diresti bene che sarebbe sbagliato imporlo a chi non è credente, ma l’eutanasia (e la sua evoluzione, il suicidio assistito) li consideriamo anche attacchi alla dignità della vita. Nessuno vuole imporre una vita di sofferenze, infatti io non me la prendo con chi soffre ma con chi ci sta intorno: chi non è lasciato solo, chi non è fatto sentire “ormai inutile”, avrà più forze per resistere al dolore (che comunque è lecito ridurre con le cure palliative).

      “Non mescolerei dunque le due cose, assimilandole allo stesso concetto (religioso) di rispetto della vita… ”
      Quindi avevo capito bene, il nostro concetto della vita, molto più intransigente di un Saviano/Pannella che invece crede che in certi casi la vita la si possa interrompere, è di origine religiosa: ottimo, ciò rafforza la mia fede.

      • Bestia forse, proprietà di nessuno… e comunque lo sconsiglierei.
        Per il resto vedo un futuro roseo per le compagnie di assicurazione, niente più vecchi e malati da curare per tempi lunghi, una compassionevole iniezione, la coscienza a posto e tutti a godersi i quattrini.

        • Giuseppe Cipriani on

          Che bravo, prof. ! Che semplificazioni pelose! Chi ha sostenuto quel che ha affermato? Questo, l’ho ormai imparato, è il metodo Pennetta, ma non attacca più. Lasci libera la gente che decide sulla propria pelle, che non ha più dignità, né speranza, manco quella di chi diventa frocio col culo degli altri. E lei e i suoi amici vivete liberi, lo ripeto, finché Dio vorrà, nessuno vi impone nulla.

          • No Cipriani, niente semplificazioni pelose, si tratta solo di vedere più in là di quello che le sirene del politically correct stanno cantando da anni inducendo a credere che la civiltà sia quella e non la difesa e la CURA della vita umana fino all’ultimo.
            La farebbe lei un’iniezione di veleno ad un anziano sofferente o ad un malato terminale?
            Io no, no e poi NO.
            Io difendo la civiltà, quella costruita nei secoli distaccandoci dai barbari e dalle bestie.

          • Giuseppe Cipriani on

            Ecco, vede che riesce a dare alla questione la giusta valenza? Lei è libero di non fare, ma lasci a chi soffre (e non si parla di sofferenza perché ha perso la partita la squadra del cuore) decidere per la propria vita quando questa è diventata una non-vita… Chi è lei per decidere che una persona, dinanzi all’irreversibilità di una sofferenza, deve soffrire ancora (magari a lungo) se non vuol più soffrire? Ripeto, lei è libero di decidere di soffrire finché Dio vorrà, ma non può pretendere che sia questo il pensiero del suo prossimo.

  8. Rispondo qui al commento di Flavio delle 18:28:
    Certo che la mia proposta è ironia e provocatoria! Ci mancherebbe pure che l’omicidio legalizzato sia “razionale” 😀
    Quanto all’autodeterminazione, ovviamente nessuno vuole imporre la propria religione e/o le proprie idee religiose a qualcun altro, infatti il mio discorso si basava su presupposti “laici”, cioè che se l’altro è consenziente, secondo me, non posso comunque fargli del male o permettergli che si faccia del male. In sintesi, credo nell’autodeterminazione ma non nella sola autodeterminazione.

    • Giuseppe Cipriani on

      Tu stabilisci cos’è male per lui? E immagino anche il suo bene… Hai mai conosciuto un malato terminale di alzheimer? O un sedato dalla morfina che il cui cuore non vuol saperne di dargli sollievo? E qui mi fermo.

      • “Io” non stabilisco niente, il mio è un discorso di carattere generale rivolto a chi sostiene la legalizzazione del suicidio assistito, della prostituzione, della cannabis, delle “stanze del buco” ecc…. ossia cose in cui si possono trovare ragioni laiche se non addirittura scientifiche per opporvisi (e quindi, non sono “io” a farlo). Per quanto riguarda i casi drammatici che mi hai citato, ho già scritto che non me la prendo con il malato (ci mancherebbe, non è mica colpa sua se soffre), è l’idea in sé che “per amore della vita ci sono dei casi in cui la vita possa essere tolta” (parafrasando Saviano) che mi preoccupa, perché nei paesi più “avanzati” si è passati dal terminare le sofferenze fisiche con la morte (che comunque capisco che non è una scelta facile) a finire pure quelle psichiche allo stesso modo. Non so se si nota la brutta piega, se la vedo solo io, ne sono contento.

        • Giuseppe Cipriani on

          Si parlava di eutanasia, anche tu col metodo Pennetta, adesso?
          .
          Hai scritto tu, da laico, con ragioni superficiali (basate su che?) “non posso comunque fargli del male o permettergli che si faccia del male”…
          Adesso dici che il discorso è diventato di carattere generale. Meno male, perché in quanto al particolare ci azzecchi come i cavoli a merenda. Quanta retorica trasuda da certe considerazioni, da cui si capisce che non si possiede la minima consapevolezza del grande dilemma di cui si parla… Vivere senza più dignità o morire, metter fine all’assurdo, perdio!
          Pazienza. Almeno s’è capito che qui si esibiscono provocazioni in base alle solite ideologie… però di carattere generale. Amen

          • Nessun “metodo Pennetta”, parlavo in generale con Flavio e di eutanasia con te, Giuseppe. Vogliamo parlare di eutanasia? D’accordo: se il discorso si fermasse solo al problema del dolore fisico, allora le posizioni laiche e cattoliche sono quasi identiche, infatti per un cattolico non si commette peccato se si usano sostanze che attenuano il dolore nella consapevolezza che le stesse causerebbero la morte del paziente, inoltre ambo le parti sono contrarie all’accanimento terapeutiche. Solo lo stacco dell’alimentazione e artificiale e/o la siringa dell’eutanasia sarebbero le uniche differenze, ma non sono insormontabili.
            Il discorso invece del “lasciatemi libero di morire” mi costringe a dover essere “più generale” e a farmi dire “Alt, che libertà è quella di autodistruggerti?” e così si finisce col l’essere contrari anche a droghe legali ecc…
            Il problema in soldoni non è il non conoscere il dramma di cui si parla, ma di vederlo da un altro punto di vista:
            1) non è strano che di fronte ad un dramma la prima cosa che ci viene in mente anziché essere “aiutiamo costui a credere ancora nella vita” diventa “aiutiamo a morire”? Dietro quest’ultima considerazione ci può star benissimo l’empatia, ma anche l’egoismo, il risultato è lo stesso.
            2) I casi drammatici sono comprensibili, basta che non si usino per giustificare anche la libertà di suicidarsi per depressione o altro, allora non vale più la retorica del dolore.

          • Giuseppe Cipriani on

            Ma chi ha parlato di depressione? Sono il primo a giudicare la depressione il male che più di tutti ha bisogno della compassione, della solidarietà e dell’amore che salva. Perché di depressione si muore se si rimane soli… Si parlava di altro. Di fine della vita dignitosa di chi ha mali incurabili e assolutamente distruttivi, mali che minano qualsiasi possibilità di avere speranza, se non quella di morire al più presto, possibilmente subito… Ma lasciamo perdere, va, ché rischiamo di mancare di rispetto nei confronti di chi vorrebbe morire dignitosamente e non sostenuto con slogan lontani anni luce dalla realtà dei fatti.
            Ma tu l’hai conosciuto un male come l’alzheimer? E scusa se insito, ma se giudichi vita quella di un malato terminale con questa demenza, beh, allora forse devi resettarti e riavviare la macchina.

      • Cipriani scrive:
        ” Hai mai conosciuto un malato terminale di alzheimer? O un sedato dalla morfina che il cui cuore non vuol saperne di dargli sollievo”
        Io sì, cazzo, e mai e poi mai mi sarei sognato di fargli un’iniezione di veleno.
        Tu Cipriani, che dici di aver avuto un contatto da vicino con queste persone l’iniezione la vuoi fare?
        Te la senti o sei solo un potificatore da tastiera?

  9. @ Giuseppe Cipriani (5 MAGGIO 2015 21:50):
    Non sei stato tu a parlare di depressione, ma se prendessimo alla lettera il principio “sono libero di togliermi la vita” allora come conseguenza logica anche il suicidio assistito per motivi depressivi sarebbe lecito. Lo so che non è quello che pensi, ma tutto dipende molto da come si argomenta. Se la tua unica premura è la cessazione del dolore fisico, allora posso comprenderti e non è impossibile trovare un punto d’incontro.
    Non ho conosciuto di persona un malato di Alzheimer, ma ho un’idea di quanto sia terribile questa sindrome. Quella di un malato di Alzheimer è giudicabile come vita? Bella domanda. Da cristiano ti posso rispondere “Sì”, perché la persona vale più della malattia di cui è affetta, più di tutti i suoi problemi e di conseguenza anche la sua vita. Se per me i problemi sono più grossi della persona, è giusto rimuoverli con ogni mezzo, ultimo da applicare la morte del soggetto. Se invece per me la persona ha un valore più grande della malattia, allora non ho alcun diritto di togliergliela (e nemmeno lei, a rigore), di conseguenza potrebbe continuare a soffrire, ma non ci sarebbe l’identificazione vita-malattia, persona-sindrome. All’inizio sembra solo un’imposizione, un egoismo, ma alla fine è una vittoria. Alcuni la chiamano “la marcia in più del credente”.

    • “Non ho conosciuto di persona un malato di Alzheimer” <- Ecco, era meglio fermarsi qui. Evitare di parlare di ciò che non si conosce. E soprattutto evitare di esibire l'arroganza per cui si pensa di avere "un'idea" di una realtà che, per fortuna, ci è estranea. La marcia in più del credente, ogni tanto, dovrebbe fare un passo indietro, invece di inciampare e schiacciare tutto, travolta dalla sua fallacia di brutta china.
      .
      Qui nessuno, di sicuro non Giuseppe, sta cercando di arrogarsi il diritto di seminare morte a destra e manca. Perché nessuno, credente o non credente, manca di attribuire valore alla vita, non ama o è sordo al dolore altrui.
      .
      Anche perché le persone affette da Alzheimer non sono tutte uguali, ed è una malattia neurodegenerativa implica che chi ne è affetto non sia sempre uguale. Ed è dunque solo con una insensibilità brutale, imposta forse dalla furia argomentativa, che si può formulare una tale beffarda generalizzazione, inscenare quell'ipotetica sagra dell'omicidio e paragonarla all'eutanasia. L'empatia, caro Htagliato, non è solo del credente (che anzi qui ne dimostra poca) né lo è il rispetto per la vita. E se hai avuto la fortuna di non doverti mai interrogare su quanto profonda e radicata fosse la tua empatia, la fortuna di non aver mai cercato e fallito di riconoscere—nonostante strenui sforzi e dolorose speranze—la persona amata in un corpo distrutto dalla malattia, in una mente incapace di riconoscere se stessa, se credi che chiunque, credente o non credente, sia meno che lacerato dal dolore QUALUNQUE sia la sua scelta, allora forse dovresti evitare di parlare di vittorie, sconfitte, teatri e arguti sofismi . E no, grazie, non ho bisogno che tu mi imponga la tua weltanschauung.

      • GVDR, vorrà dire che rimanderemo la questione a quando mi troverò di fronte ad una persona così malata da indurmi a riflettere sul senso dell’empatia, visto che per molti si può giudicare la scelta di una persona solo dopo aver provato ciò che ha provato lei. Certo, di questo passo non riuscirò mai a valutare tutte le questioni importanti della vita per mancanza di tempo (non ho mai conosciuto una prostituta, quindi non posso giudicare la prostituzione, non mi sono mai fatto una canna, quindi non posso giudicare la legalizzazione ecc….).
        Riuscirò a vedere un volto dietro la malattia (e quindi a desistere dal proporre un’iniezione letale) oppure vedrò solo il dolore e nessun volto? Forse un giorno lo saprò, ma non credo che ciò che proverò sarà il vero discrimine tra l’euranasia e l’omocidio del consenziente. Ciò che proverò sarà importante, ma preferisco ragionare per principi.
        5°: Non uccidere.

        • Giuseppe Cipriani on

          Non essere semplicistico, l’ironia limitala al pezzo… In realtà tu parli per slogan, s’è capito. Meglio che ti fai un po’ di esperienza in più, va… E il comandamento non uccidere non esibirlo come una clava che appartiene solo a voi credenti, visto che è un comandamento che avete seguito per filo e per segno nel corso dei secoli dimostrando quanto ci si crede davvero. Ma questa è un’altra storia, e solo per le generalizzazioni che ho letto qui sopra l’ho tirata fuori.

        • Giuseppe Cipriani on

          Non essere semplicistico, l’ironia limitala al pezzo… In realtà tu parli per slogan, s’è capito. Meglio che ti fai un po’ di esperienza in più, va… E il comandamento non uccidere non esibirlo come una clava che appartiene solo a voi credenti, visto che è un comandamento che avete seguito per filo e per segno nel corso dei secoli dimostrando quanto ci si crede davvero. Ma questa è un’altra storia, e solo per le generalizzazioni che ho letto qui sopra l’ho tirata fuori.

          • L’esperienza di assistere ad un grande dolore la potrei pure fare e sicuramente mi commuoverebbe, ma l’uccisione del malato non la contemplerei affatto perché è una soluzione comoda e barbara spacciata per compassione. La vera compassione è la vicinanza al malato per non farlo identificare con la malattia.

        • “di questo passo non riuscirò mai a valutare tutte le questioni importanti della vita per mancanza di tempo” <- Ma cos'e', diamine, l'album delle figurine panini? Celo celo, manca? E poi quando l'hai completata ricevi un premio in oratorio?
          .
          E se non finisci in tempo dovrebbe essere un problema nostro? Cos'e', aspettiamo che tu abbia finito, e nel mentre evitiamo di soffrire, di rischiare la vita per strada, di lottare con le dipendenze? O vuoi fornirci una lista delle faccende su cui hai gia' la conclusione cosi' possiamo prenderci avanti?
          .
          E chi ti avrebbe dato il compito di giudicare le scelte degli altri? Non ne hai abbastanza con le tue di scelte? No, certo, molto piu' facile condannare la debolezza dei malati terminali, di chi si droga, di chi si prostituisce. Proprio quello che ci si aspetta da un credente "con una marcia in piu'".
          .
          "Ciò che proverò sarà importante, ma preferisco ragionare per principi." <- Gia', e poi sono i non credenti ad essere insensibili calcolatori.

          • È ovvio che non si possono giudicare solo le azioni di cui si abbia fatto esperienza, altrimenti non basterebbe una vita.
            Si possono giudicare le scelte degli altri? Per me sì, le persone non si possono giudicare, ma le loro azioni Sì, perché quelle sono visibili.
            Chi si basa su un principio è un freddo calcolatore? Dipende dal principio, per me il valore della vita di una persona vale infinito e supera ogni disgrazia. Capisco i motivi per cui qualcuno sceglie l’eutanasia ma se un dottore non vuole farla è perché è non uccidendo che dimostri che la vita è non negoziabile, non viceversa. Credo che la dignità deve essere riconosciuta per principio, non dalla cartella clinica.

  10. Basta guardare che succede in Olanda con l’eutanasia legalizzata… l’insieme delle “vite indegne di essere vissute” si amplia sempre più.

  11. n.b. questa è una provocazione.
    La proposta di legge potrebbe essere ben più più drastica: ognuno faccia ciò che gli pare, omicidi, soprusi, stupri, schiavismo e così via.
    Non vedo perché porre limiti etici visto che l’etica è solo una concertazione di verità non assolute o meglio, relative.
    La natura attraverso l’evoluzione agisce così con la selezione del più adatto, o no?
    In fondo l’ISIS, darwinianamente parlando è al top: fanno più figli ed eliminano chi non la pensa come loro.
    Come dare loro torto in un mondo dove il bene e il male sono opinioni soggettive?

    • Beh, è una provocazione che lascia il tempo che trova, perchè è stato anche grazie a quello che voi chiamate “relativismo” che è stata approvata la Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo, che, a parte di non lasciare spiraglio alcuno per la liberalizzazione dell’omicidio o dello stupro, non mi sembra che nessuno voglia modificare se non per estendere maggiormente i diritti, quindi in sostanza per riconoscere maggiori libertà all’individuo e alla collettività, cosa a cui voi vi opponete da sempre, perchè pensate che queste libertà non le debbano definire le persone ma le autorità religiose di turno. Vi consiglio quindi di non estremizzare le vostre posizioni e di tornare coi piedi per terra.

      • A parte il delirio e la solita puerile antireligiosità visto che ci insegni che non esiste una verità assoluta perchè mai si dovrebbe accettare questa dichiarazione dei diritti dell’uomo e non la legge islamica? O la mia, o la tua? O quella di Hitler?

        • Semplice… chiediti perchè 180 paesi hanno condiviso la Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e non imposto una legge religiosa, che è invece ciò che pretendete voi.

          • Prima smetti di confondere islam e cristianesimo meglio è.

            180 paesi hanno condiviso una cosa, tot paesi arabi e africani ne decidono un’altra. Chi ha ragione? La confederazione con più paesi partecipanti?

            O esiste qualcosa di assoluto che vale oltre?

            In un orizzonte ateo perchè non deve vigere l legge del più forte?

      • Questo fatto che la Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo sia derivante dal relativismo andrebbe spiegato molto meglio, perché è sia un controsenso (ognuno ha la sua verità ma i diritti sono universali, ma allora se qualcuno non crede nei diritti che facciamo? E se sono universali, dov’è il relativismo?) sia falso storicamente perché i diritti umani (laici) vengono riconosciuti ad ogni uomo in quanto dotato di ragione (dalla ragione scaturiscono i diritti), non dal fatto che ognuno abbia la sua verità (che a rigore è una cosa che si scontra con la ragione).

        • Fu proprio quello denominato “relativismo culturale” a voler individuare l’esistenza di principi comuni nelle diverse culture e nelle diverse tradizioni.

          • Ah, ora ho capito: si è solo “partiti” dal relativismo ma poi alla fine si giunse a principi comuni. Ottimo, quindi lei apprezza il relativismo come strumento momentaneo per un fine non relativistico, non male.

          • Forse le sfugge che quando si parla di relativismo come concezione filosofica non significa farsi gli affari propri e nemmeno che non possa esistere un consenso comune sui significati e sulla sostanza delle cose. Le consiglio magari un breve ripasso sulla questione.

          • Ministrel, qui c’è qualcosa che non torna, perchè richiamavo l’attenzione proprio sul fatto che la questione era filosofica e non di speculazione ideologica.

          • Non attacca caro.
            Faccia conto di parlare con un ignorante, apra lei l’Enciclopedia che vuole e mi dica a quale corrente filosofica si ispira.
            Son proprio curioso.

          • Casca male, perchè non sono certo tipo da bandiere, non penso infatti che Platone esculda i sofisti o viceversa.

    • Cavolo Aleudin, come sei drastico! Attualmente nel mondo occidentale c’è chi pensa che il bene e il male siano soggettivi, ma almeno sul piano “fisico” siamo ancora abbastanza d’accordo: l’equivalenza dolore=male, piacere=male potrà essere riduttiva per un cristiano ma credo che sia una specie di “morale di default” che vige ancora dalle nostre parti.

      • hai ragione ma pensa ad Attila che diceva “Che piacere provo nel possedere le donne dei nemici e a schiavizzare il loro figli”.

        In assenza di un valore assoluto che vale per ogni essere umano, questo modo di pensare e agire è immorale?

        • Mi spiego meglio: escludendo i casi limite delle persone veramente immorali, ho notato che anche i relativisti/nichilisti più convinti almeno un loro principio in realtà lo seguono, cioè identificano il bene con ciò che è salutare e piacevole e il male con l’opposto e lo garantiscono anche al prossimo (non come Attila). È su questioni non banali come appunto eutanasia, suicidio assistito (e amore verso chi odia e numero di volte in cui è lecito perdonare) eccetera che nascono le differenze. Questo non è relativismo puro ovviamente…ma meglio così, vorrà dire che a volte “l’incoerenza” è cosa buona.

          • io sono assolutamente d’accordo con quanto hai scritto, il fatto è che non sopporto sentire che non esistono valori assoluti e poi, sempre dalla stessa voce, avere lezioni di morale.
            Ben pochi “atei” hanno il coraggio di arrivare alle estreme conseguenze di quello in cui (non) credono.

          • Caro Htagliato, finchè continuerete con la solfa che solo all’interno di un sistema metafisico può esistere la morale, l’etica o la saldezza dei principi, non caverete un ragno dal buco.

          • Caaaspita, questo si che è interessante!
            Come fondi la tua “morale”, Flavio?
            A me pare mediante una metafisica che implicitamente accetti e che nemmeno conosci, ma magari mi sbaglio…
            tsk

          • Ministrel, decisamente si sbaglia. Se pensa che solo all’interno della metafisca può esistere ciò di cui parliamo porti delle argomentazioni a sostegno, perchè purtroppo non dispongo del dono della lettura telepatica.

          • E’ davvero straordinario!
            Faccia conto di parlare con un ignorante (E DUE!)
            .
            Mi dica come fonda la sua etica e, se davvero non ci sarà una metafisica implicita (ehm, chi sa di cosa sto parlando, prego di trattenersi dal ridere!), cambierò idea senza farle perdere tempo mettendole links esplicativi che, ovviamente, non leggerebbe…

          • La mia etica si fonda su tanti principi, sicuramente uno dei più importanti è l’empatia naturale che provo verso ciò che mi circonda e la consapevolezza che il nostro futuro dipende in buon modo dalle nostre scelte e dalle nostre azioni. Ovviamente il discorso è lungo, ma veramente non capisco dove vuole andare a parare…
            .
            Ora però risponda alla domanda, che per terza volta pongo: perchè solo all’interno della metafisca può esistere l’etica?

        • Giuseppe Cipriani on

          ALÈUDIN – PREGHIERECORTE,

          tra una preghiera e l’altra, ti prego di non dimenticare che etica e morale non appartengono solo ai credenti… Dai, su, evolviamoci un pochettino almeno su questo fronte.
          Attila?! ma va a pregare, va!

          • Cipriani, posto che dice una cosa esatta quando afferma che l’etica non appartiene alle sole persone religiose, le domado: dato un orizzonte morale ateo-relativistico, su quali basi Lei ritiene sia possibile (ammesso che lo ritenga possibile!) fondare un’ etica forte (=un’etica che non sia in continua evoluzione rispetto ai propri contenuti e che costituisca una “obbligazione morale” – che è l’elemento indispensabile a qualsiasi etica e a qualsiasi legislazione positiva che ne derivi)?
            Insomma, Lei ritiene possibile evitare quel volontarismo gnostico per cui si “vuole” un certo valore (anche se quel valore è pura invenzione intellettualistica o puro capriccio, priva di fondamento reale) stante il fondamento metafisico a cui fa riferimento? E se lo ritiene possibile, potrebbe anche solo tratteggiare l’eventuale soluzione della difficoltà? La ringrazio.

          • Giuseppe Cipriani on

            Non sono bravo a rispondere a domande/questioni così complicate. Io, da agnostico spirituale, come amo definirmi, adotto una ricetta semplice: cerco di fare il bene più che posso, in soldoni cerco di amare il mio prossimo (non è detto che ci riesca, ma ci provo).
            Fare il bene fa bene (e non occorre definire cosa è bene, si sente!), l’ho sperimentato.
            Fare il male, fa male (e non occorre definire il male, si sente!), l’ho sperimentato.
            Tutta qui la mia ricetta, senza dettami di un’etica forte che sia imposta dall’alto…
            Scusa se ho semplificato, ma è così che cerco di vivere a costo di risultare talvolta un sanguigno che fa il contrario di quel che vorrebbe se gli prendono i cinque minuti…

          • Va bene Cipriani, io però non le ho chiesto la sua personale ricetta per il “buon vivere” (e come nota a margine è bene dire subito che è fuori di discussione che una prassi morale sia possibile anche per l’ateo: lo sappiamo tutti!).
            Chiedevo, piuttosto, come l’ateo-relativista, possa giustificare/fondare razionalmente le sue scelte: Lei fa capo ai suoi sentimenti, ma capisce che questi possono differire (enormemente!) rispetto a quelli di qualsiasi altra persona e che quindi non possa darsi un “criterio” simile (=emotività, in questo caso) per fondare il tipo di etica a cui accennavo sopra. Quindi o ne cerchiamo un altro oppure ci arrendiamo e ammettiamo che -dato l’ateismo- una fondazione razionale/oggettiva non è possibile…

          • Giuseppe Cipriani on

            V-
            parlami della tua etica forte condivisa con il gruppo… E fammene un esempio applicato al tuo stile di vita.

          • Una cosa alla volta. Cipriani.
            Mi sta quindi facendo capire che conviene con l’ultima affermazione del mio precedente commento? Cioè, ha già abbandonato la speranza di trovare quel famigerato criterio di cui le chiedevo? Magari può chiedere “l’aiuto del pubblico”… sarei curioso, infatti, di leggere come la pensano altri utenti al riguardo.

          • Giuseppe Cipriani on

            Dico di più, ogni etica oggettiva, darsi delle regole etiche, anche quelle frutto della religione, è pur sempre soggetta all’interpretazione umana, all’applicazione personale… Non trovo differenze, se non nell’applicazione personale… Per questo ti chiedevo di darmi un esempio concreto di come applichi al tuo stile di vita l’etica oggettiva a cui fai riferimento tu.

          • Fare il bene

            Eeeeh, caro il mio Giuseppe, questa è una bella petizione di principio. La morale si fonda sul bene? Cosa è la morale? “Fare il bene!”. Well, il problema è questo: cosa E’ BENE?!

          • In realtà Cipriani l’ha detto cosa sia il Bene (etico) secondo lui: fare ciò che si “sente” (=emotivismo).

            In ogni caso, Cipriani, nell’ultima riposta commette l’errore di confondere l’esistenza di valori morali oggettivi con la loro conoscenza adeguata da parte dell’uomo. Nessuno infatti sostiene che, nell’ambito di un etica forte (con fondamento metafisico essenzialista, ad esempio), non ci sia spazio di “manovra” che tenga consideraazione della contingenza delle situazioni (anzi), ma capirà che un conto è muoversi nell’ambito di un territorio ben delimitato da solidi princìpi (=oggettivi) e tutt’altra cosa, invece, muoversi in una “terra di nessuno”, dominata da quanto più soggetivo esista: le proprie sensazioni.

            Ora, introdurre un discorso propriamente etico, senza aver quantomeno discusso la parte filosofico-antropologica non ci porterebbe lontano (è necessario infatti dare un fondamento teoretico alle domande chi è l’uomo? perchè l’uomo?) : ogni esempio rimarrebbe “sospeso” a mezz’aria in assenza di una base su cui possa risposare solidamente.
            Ed è per questo che, qui, preferisco limitare la discussione alla “pars destruens”, se così vogliamo chiamarla.

  12. muggeridge on

    Beh, questa di Flavio è apolegetica del laicismo bella e buona (visto che qui molti non gradiscono il termine, ma gisuto quando è riferito al cristianesimo…). Semplicemente la Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo non è pensabile senza il cristianesimo , solo che qui si conosce il cristianesimo solo attraverso la critica allo stesso…
    Personalmente ho le carte in regola con l’esperienza di malati terminali, ma questa esperienza va nella direzione opposta alla loro eliminazione, so però che questa argomentazione vale nulla per chi crede che le scelte si attuino giusto a livello individuale, però se vale nulla perché l’avete utilizzata con tanta veemenza contro Htagliato ? Penso giusto per provare a segnare un punto a vostro favore nella discussione, quindi non per fini nobili. Dietro all’eutanasia i fini infatti non sono tanto nobili:
    A livello storico nasce appunto dagli sforzi di un medico inglese per schivare questioni assicurative;
    A livello etico morale è stata preceduta da decenni dagli interventi del sempre diffamato Pio XII sulle cure palliative (quando i laicisti nostrani se ne fregavano altamente della questione, non avendola ancora individuata come arma anti-cristiana…non sono sempre dei fulmini, ma poi si applicano alla causa con vigore e recuperano il tempo perduto):
    A livello sociale si è diffusa con la laicissima e falsissima questione della “bomba demografica” che ha portato a una “cultura dello scarto” in cui il malato, ma anche il semplice vecchio, è inutile e quindi è meglio che sia eliminato, così stiamo più larghi tutti e stiamo meglio. Questa cultura è stata inculcata in profondità in tanti che sono quindi spinti a farla finita per non disturbare chi sta bene drenando risorse alle restanti vite “degne di essere vissute”;
    A livello di fede, non esistono analoghi “atti caritatevoli” nei riferimenti cristiani. In pratica il laicista moderno rilegge la parabola del buon Samaritano, con quest’ultimo che per evitare le sofferenze del moribondo lo finisce al posto di farlo curare;
    A livello personale ho invece letto su questo blog l’assurda critica ai miracoli perché bloccherebbero la ricerca, questa era appunto una cosa assurdamente anticristiana, ma è invece palese che l’eutanasia non incentiva per nulla la ricerca nelle terapie del dolore e negli sforzi della scienza (da sottolineare) per rendere migliore il fine vita. E’ la solita eterogenesi dei fini con i laicisti che finiscono per frenare la ricerca scientifica e riportare la società a stadi meno evoluti (i “bei tempi” in cui i deformi e gli infermi si eliminavano senza che qualcuno osasse opporsi all’andazzo).

    • Le ricordo solamente che due delle principali istanze dei diritti civili moderni, cioè l’abolizione della pena di morte ed il suffragio universale sono maturati a seguito di istanze laiche e nel seno di quell’illuminismo che alcuni descrivono come “periodo più buio della storia”. Riguardo il suffragio universale le ricordo poi che la Chiesa si era ufficialmente opposta, Papa Pio X infatti affermò che «la donna non deve votare ma votarsi ad una alta idealità di bene umano». Lasciamo quindi le battaglie ideologiche agli ideologizzati, io non vengo a dire che la Chiesa sia l’origine di tutti i mali, ma per favore cerchiamo di non tergiversare la storia.

      • muggeridge on

        Una visione molto ristretta e a uso ideologico del cristianesimo, ma dimenticavo che lei è quello che per dimostrare che la Chiesa si oppone alla scienza va a pescare una trasmissione TV spagnola di 40 anni fa, condannata da un vescovo che “sicuramente aveva l’appoggio del papa…”….
        E’ del tutto ovvio che al di là della conduzione degli affari statali (quindi degli aspetti secolari), peraltro al pari di tutti gli stati contemporanei, da parte della Chiesa, l’abolizione della pena di morte (piuttosto tardiva nel mondo occidentale e ancora incompleta) è implicita nel comandamento “non uccidere” che non è affatto di derivazione laicista. Quanto al suffragio universale (pure molto tardivo da parte degli stati laici) deriva ovviamente dall’uguaglianza tra uomini e tra sessi che per primo ha proclamato il cristianesimo. Ovviamente e senza dubbi.
        Il laicismo non è che un tentativo, abbastanza maldestro, di voler superare il cristianesimo in “bravura” e “bontà” per eliminarlo. Senza il cristianesimo la lotta per i poveri e gli oppressi, cara ai progressisti, non ci sarebbe mai stata, peccato che questa lotta in queste mani sia diventata spesso violenta e causa a propria volta di oppressione e ulteriore povertà. Non ci sono valori laicisti che prima non siano stati cristiani, anche se il laicismo li stravolge spesso deformandoli sino a renderli irriconoscibili agli occhi delle masse che sono in gran parte manipolate dagli stessi media laicisti.

        • Concordo con quanto scritto da Muggeridge. Mi permetto di aggiungere che la filosofia (d’origine anglosassone, dire anzi nordamericana) che prevale nelle scelte sociali ed etiche degli ultimi 30-40 anni é quella del più banale e semplice “utilitarismo” (ovviamente “affermatosi” anche a seguito della definitiva e acquisita democrazia in quasi tutti i paesi occidentali che porta al concetto di “politica” funzionale soprattutto al voto e che solo nel “ritorno” del voto trova sussistenza operativa e culturale); utilitarismo ormai “limitato” solo dal noto concetto che é permesso tutto purché non vengano toccati i diritti di chi porta consenso (se poi qualche categoria di persone per vari motivi non può o non riesce a dar voce ai propri diritti non resta altro che soccombere… di esempi ce ne sarebbero a bizzeffe).
          Ovviamente la mia non e’ una critica al suffragio universale che anzi, é la maggior conquista degli ultimi decenni particolarmente nelle società occidentali. Resta il fatto che ormai tutto é “teoricamente” lecito e possibile, basta che chi subisce o soccombe, ad esempio a seguito dell’introduzione di una certa Legge, non sia nella condizione di poter prendere posizione ovvero sia messo nella condizione di non poter dir la sua qualora potenzialmente nella condizione di farlo.

        • Lasciamo la storia in pace, perchè tre fatti non si possono negare:

          – la Chiesa ebbe occasione di censurare, su ordine dello stesso Papa, l’evoluzionismo perchè in contraddizione con l’interpretazione religiosa del mondo.
          – la Chiesa impiegò parecchio tempo a condividere le istanze degli illuministi a favore dell’abolizione della pena di morte. Non è infatti un caso l’ultima esecuzione in Vaticano di pena capitale avvenne ben un secolo dopo la pubblicazione del libro “Dei delitti e delle pene “, che come ben sappiamo rientrava nell’Indice dei libri proibiti.
          – Papa Pio X disse senza troppi giri di parole che le donne non avevano diritto al voto.

          Ora se vuole possiamo tornare al relativsmo, che come ben potrà notare nulla ha a che vedere con l’apolegetica che, in maniera abbastanza controproducente, ha tirato in ballo lei.

          • Le prime due sono affermazioni molto (ma molto…) discutibili mentre la terza ha un fondo di verità anche se la posizione di Pio X va inserita in un contesto non direttamente legato alla discussione sul diritto al voto delle donne. In particolare, in quel periodo, va ricordata la posizione di molti intellettuali cattolici (ad es. Don Sturzo) che proprio del voto femminile fece oggetto di battaglia “politica” propositiva; pochi sanno invece che, sempre all’inizio del secolo scorso, furono proprio le sinistre storiche ad opporsi all’apertura del voto alle donne perché “circolava voce” che il mondo femminile “risultasse numericamente” molto vicino alla Chiesa.

          • Della prima questione ne abbiamo parlato l’altro giorno e ci sono documenti storici che non si possono negare. Che l’abolizione della pena di morte nel nostro ordinamento giudiziario sia venuta da istanze illuministe e laiche, mentre il Vaticano faceva spallucce (lo stesso Ratzinger più di due secoli dopo lasciò intravedere libertà d’opinione ai cattolici) è un fatto. Idem per quanto avvenuto con il suffragio universale. Che poi ci siano state dimostrazioni trasversali, a favore o contrarie, su questo ed altri argomenti, è vero, ma ciò dimostra perfettamente come i valori di cui si parla siano appunto relativi e non assoluti.

          • muggeridge on

            I fatti come glieli hanno raccontati…
            Diciamo che al laicista forse non sfugge che la Chiesa sarebbe andata in malora come stato e quindi anche come Chiesa se avesse fatto quello che gli stati laici contemporanei, molto repressivi, non facevano. La cosa è comprensibile perché il laicista vorrebbe eliminare la Chiesa e si dispera del fatto che questa non si sia già eliminata da sé. Poi il laicista informato o presunto tale, fa finta di non discernere tra gli atti politici dei papi e le questioni di fede. Ovviamente farà finta di non sapere che esisteva un “braccio secolare” e farà credere che l’infallibilità papale riguardi ogni affermazione dei papi, quando è invece limitata alle questioni di fede e solo quando il pontefice si esprime solennemente “ex cathedra” per definire dei dogmi (che non sono i casi elencati sopra).
            Il laicista poi sarà sempre relativista, tranne che nel giudizio sulla storia della Chiesa e dei cattolici dai quali pretende un comportamento identico e aggiornato ai tempi nostri per tutte le epoche storiche, in questo solo caso diventa assolutista e severo giudice degli uomini del passato. In altre parole rifiuta il relativismo quando tratta questioni di storia, che è invece l’unico campo in cui sarebbe corretto utilizzarlo, trattandosi piuttosto di necessaria contestualizzazione per non rendere tutto anti-storico (e’ con questo tipo di approccio che in qualche sussidiario a uso delle scuole statali si potevano leggere delle perle del tipo: “Gli egiziani che costruivano le piramidi erano degli sfruttatori perché non riconoscevano i sindacati” ;-).

          • Muggeridge, quando ci sono documenti scritti nero su bianco, lo spazio alle interpretazioni personali è praticamente nullo.
            La prego poi di non abusare del termine “laicista” perchè non tutti i fautori dello Stato laico sono degli odiosi fanatici, come d’altronde non lo sono i fautori dello Stato democratico, che infatti non vengono da lei definiti “democracisti”. Lasciamo quindi i termini volutamente dispregiativi al di fuori dei dibattiti seri.

          • Ministrel, al posto di tempestare con un’infinità di link che ovviamente non leggerò, suggerisco anche a lei di fare interventi concreti e non polemiche politiche.

          • E’ proprio come diceva: quando ci sono documenti scritti nero su bianco, lo spazio alle interpretazioni personali è praticamente nullo.
            Questo che lei li legga o meno, Flavio…

          • E’ una brutta abitudine intromettersi in un discorso senza sapere da dove procedeva. Facciamo così: se ha delle informazioni che smentiscono che i documenti di cui parliamo sono falsi o vanno “contestualizzati” (per non dire “relativizzati”) le apporti senza troppi giri di parole, perchè nei link da lei segnalati non c’è nulla di questo. Per essere chiari: dove si parla del vescovo di Barcellona?

          • Non è questione di “relativizzare” documenti, ma di sapere cosa significa LEGGERE documenti storici.
            Lei è letteralista come un credente della Bible Belt, solo che i suoi “libri sacri” sono altri.
            Legga quel che le scrive muggeridge sotto
            PS: “Ogni documento utile per la scienza storica va letto e interpretato nel proprio contesto storico come è conosciuto in quel momento dalla medesima scienza”: questo è l’archetipo del primo capoverso di ogni librettino di storia che si rispetti… su quali libri si è formato se non contenevano questa ovvietà?!

          • La cosa divertente è che parla di un fatto storico senza sapere neanche di quale si tratti, la lascio quindi ai suoi voli pindarici.

  13. Giorgio Masiero on

    @ Flavio
    Onestamente, quando Lei mi ha chiesto se conosco “al di fuori di quelle stabilite convenzionalmente, alcune verità assolute e definitive che siano tali per tutta l’umanità”, non pensavo che Si riferisse al significato di verità contenuto nei dizionari, altrimenti Le avrei risposto subito che alcune verità sono per es. che 1) Lei ed io siamo due persone che si sono incontrate in questo blog, 2) da un paio di giorni stiamo ragionando sulla verità, 3) al primo giorno, l’Expo a Milano ha avuto 200.000 visitatori (circa), 4) la distanza tra Terra e Sole è di 150 milioni di km (circa), ecc., ecc.
    Le ripeto, comunque, il mio ragionamento iniziale. Lei non può affermare come “innegabile” l’inesistenza di verità assolute. Per la ragione serissima – che Lei certo comprende -, che così dicendo afferma a Sua volta una verità assoluta, e quindi Si contraddice. Capisco che sia difficile per Lei riconoscerlo: ma anche Lei crede in qualche verità che considera assoluta. Come i relativisti possano negare il loro bi-pensiero, io non capisco.

    • Caro Giorgio, la correzione linguistica l’accetto di buon grado, sostituiamo quindi “innegabile” con “tangibile”, “fondato” o quant’altro. Il succo dela questione rimane però lì…
      Penso poi che fosse chiaro che le “verità assolute e definitive” a cui ci riferivamo fossero quelle ritenute tali dalla religione ed anche di queste parlano i dizionari, la domanda rimane quindi valida e dato che non rilevo risposta giungo alla conclusione che verità assolute non ne possiamo nè stabilire nè individuare. Esattamente come dicevo all’inizio.

      • Giorgio Masiero on

        Non è un problema di termini, Flavio. Il Suo lapsus rivela che Lei crede veramente al fatto che non esistano verità, al di fuori delle proposizioni protocollari, e questa negazione – lo riconosca o meno – non essendo una proposizione protocollare dimostra la contraddizione logica, insuperabile del relativismo!
        Per il resto, Lei parli per Sé, tanto più che da relativista può solo parlare per Sé se vuol essere coerente, e non solo per prendere atto del mio credo diverso dal Suo. Io credo nella verità, in ogni aspetto del reale, non solo nel soprannaturale. Per es., nel mondo matematico: forse non dimostreremo mai la congettura di Goldbach, però come diceva Goedel (che in logica e matematica batte sia me che Lei), ‘Ogni numero pari > 4 è la somma di due numeri primi’ oppure no. Quindi la verità esiste in aritmetica.
        Se Le ho posto quella domanda sulla verità, non era per evitare di risponderLe, ma al contrario per avviare un certo ragionamento dialogico. Pazienza, magari ci sarà un’altra occasione. Buona sera.

        • Caro Giorgio, anche un relativista può esprimersi con un’espressione del tipo: “è assolutamente vero…” o un materialista parlare della “bell’anima” di una persona. Lasciamo quindi i giochi logici e affrontiamo il nocciolo delle questioni, che magari otteniamo risultati più concreti…
          Poi le ho già detto che accetto la critica, ma non trova forse più degno di nota il fatto che il mio interlocutore avesse definito “demente in malafede” chi ha seguito un ragionamento portato avanti da eccellenti pensatori attraverso migliaia di anni di filosofia? Quindi, non credo che qui nessuno sia campione assoluto di coerenza. Il discorso sulla verità assolute o relative lo lasciamo ovviamente per altra occasione. Buona serata anche a lei.

          • Giorgio Masiero on

            Buongiorno, Flavio.
            Offendere non è bello e Lei ha la mia solidarietà. Con i violenti non si dialoga perché sono essi a rifiutare il dialogo.
            Però anche cambiare sempre il discorso non è bello in un dialogo. Lei mi aveva chiesto degli esempi di verità assolute e definitive. Non ho capito se è soddisfatto degli esempi che Le ho portato (e che potrei estendere agli altri mondi reali).

          • Non sono un esperto in matematica e quindi è possibile che mi perda qualcosa, però la “verità” da lei citata vale anche in un sistema di numerazione binaria o comunque su base non decimale? Dico questo perchè se ci spingiamo a fare un parallelismo tra i diversi sistemi di numerazione e le diverse culture o convinzioni filosofiche, vediamo che ogni verità è tale solo all’interno del proprio sistema. Infatti anche quelle verità che poi dovrebbero essere il vero oggetto della nostra discussione, come ad esempio l’odio e l’amore, rappresentano sempre posizioni relative, perchè determinate dalla posizione, dalla sensibilità e dalle convinzioni dell’osservatore. Non è quindi fuori luogo affermare che fino ad oggi non ci siamo ancora imbattuti con una verità che possiamo dire assoluta e definitiva.

          • Credo che il problema principale sia definire cosa si intenda per relativismo. Lei Flavio, cosa intende per relativismo? Considera anche le verità scientifiche come relative?

  14. Cipriani aspetto una risposta alla mia domanda:
    ripensi alle persone che ha conosciuto malate di alzheimer o di tumore alla fase terminale, lei lo infila l’ago della siringa col veleno e lo inietta o no?

    • Giuseppe Cipriani on

      Cos’è, prof.? L’ultima soddisfazione che t’è rimasta in vita?
      .
      Parlo per me. Sono certo che dinanzi a una sofferenza troppo grande non avrebbe senso soffrire per la gloria di chiunque, e vorrei avere al mio fianco chi si prende cura, con empatia e amore, delle mie volontà estreme…
      Per la stessa ragione, se negli occhi di chi amo trovassi in quel momento estremo il moto di una preghiera che chiede compassione, pietà, capacità di porre fine al dolore che violenta la sua non-vita, sarei in grado di esaudire quella volontà, con tutto l’amore del mondo.
      Altro che compassione per il dolore dell’altro, per insegnarli che lui non si identifica con la malattia… E andate a dirlo, se ne avete il coraggio, a chi senza morfina urla come un cane.

      • Gli ultimi giorni di mio padre sono stati la sua lezione di vita più grande.
        Ha insegnato a tutti cosa significa “fortezza”.
        Porca puttana, un grande: il più debole e fiacco, steso sul letto incapace anche di parlare, era il più grande di tutti in quella stanza.
        Questo non è fare le cose “per la gloria”.
        E’ essere quello per cui si è chiamati: Essere Uomimi e con i CONTROCAZZI!

        • Giuseppe Cipriani on

          Benissimo, auguro a tutti coloro che sono dotati di FORTEZZA di lasciare il segno tangibile che tuo padre ha lasciato a te, e mi levo il cappello… Ma non pretendiamo, per favore, che tutti abbiano tale dote e che in quel momento si possa anche essere deboli e pretendere rispetto per una scelta che non ha nulla a che vedere con l’interesse personale che sarebbe sempre e comunque vivere felici… Amen

          P.s.: ti offendi se ti dico che dai l’impressione anche tu di essere come quel tale che si dichiara frocio, ma col culo degli altri?

          • Questo “Amen” mi appare un poco stonato; scusi se mi permetto ma… sta “cadendo in basso” signor Cipriani, e forse anche di molto.
            .
            Spero comunque sia permesso di “pensare” in modo diverso rispetto alle persone come Lei caratterizzate da etiche molto utilitaristiche senza nel contempo dover subire insensibili e asettiche argomentazioni prive di umanità o rispetto. A mio parere, ad esempio, nessuna persona dovrebbe acquisire il diritto di chiedere alla società di attuare la propria morte nella misura in cui dovere imprescindibile della società stessa é migliorare l’esistenza di “ogni” persona garantendo, nei limiti del possibile, “sicurezza”, “lavoro” e “salute” durante la propria vita. Se per qualche persona si concretizzasse l’eccezione (ufficialmente = eutanasia) sarebbe comunque un FALSO DIRITTO in quanto vorrebbe dire semplicemente che la società non ha adempiuto, o non é riuscita ad adempiere, ad alcuni dei sui doveri primari: ad esempio garantire un percorso naturale, dignitoso ed indolore verso la morte in quanto evenienza ineluttabile alla fine della vita ovvero evenienza ineluttabile al termine di una malattia con decorso mortale.

          • Ti offendi se ti dico che di fronte ad uno che chiede di morire, io Prego per lui, mentre di fronte ad uno come mio padre io chiedo a lui di pregare per me?

          • Giuseppe Cipriani on

            Perché dovrei offendermi, Minstrel… Te l’ho detto, dinanzi alla figura di tuo padre mi levo il cappello. Anch’io ho avuto un padre migliore di me.

      • @Cipriani
        “Cos’è, prof.? L’ultima soddisfazione che t’è rimasta in vita?”
        Cosa vuol dire? Sei rimasto così senza argomenti che non sai fare altro che sbraitare?
        Rispondi senza giri di parole per una volta: un’iniezione di veleno a tuo padre la faresti?

        • Giuseppe Cipriani on

          Se non hai voluto capire quel che ho scritto è un problema tuo, e mi spiace per te che ti limiti così tanto. Se invece davvero non hai capito, allora mi spiace, ma continua a essere un problema tuo e a quest’ora della sera non so che farci. Notte.

          • Rispondere chiaramente con un crudo sì o un no, ad esempio.
            Se vuoi nasconderti dietro risposte tra le righe per me è già un indice chiaro che quello che dici in realtà ripugna anche te.
            Dormici sopra e ascolta la tua coscienza.

          • Giuseppe Cipriani on

            Caro Enzo, chi ti ha fatto pensare che l’eutanasia sia un passaggio dolce o non sia? Una cosa che o si fa volentieri, pieni di gioia e felicità, oppure che non s’ha da fare?
            .
            Quante cose ti ripugnano, eppure le fai perché devi farle? O sei così fortunato che tu compi solo azioni edificanti?
            .
            Vabbé che voi dell’etica forte avete tutto scritto e codificato, ma dove vivi?

          • Perché DEVI farlo?
            Dove è il BENE in questo atto?
            Cosa è il BENE dunque?

          • Caro Enzo, chiesdo scusa per l’intromissione, io non sono Giuseppe e quindi non posso rispondere per lui, parlo quindi per me. Se un amico morente e sofferente mi chiedesse nella piena facoltà delle sue capacità mentali, quindi con la sua dignità integra, di fargli un’iniezione, non mi sottrarrei dall’aiutarlo.

          • Flavio, la teoria è una cosa la vita un’altra, tu sei giovane e spero che non abbia visto morire un genitore o altre persone molto vicine.
            Cipriani sì ed è per questo che quel sì non riesce a dirlo.

          • Nessuno in particolare, semplicemente perchè questi sono i discorsi che finisco col fare con gli amici. Poi non dico che tra teoria e realtà non ci sia un oceano di mezzo o che tutti i casi siano uguali, però ricordo che questa riflessione la feci quando lessi la storia di Ramón Sampedro e pensai che non avrei avuto problemi a portargli io il bicchiere di veleno che lui era impossibilitato a procurarsi.

  15. L’articolo di Htagliato è indubbiamente efficace dal punto di vista retorico. Si tratta di una provocazione ma dal punto di vista argomentativo vale poco, perché con giochi logici del genere si può dire tutto e il contrario di tutto.
    Detto questo, ho una domanda, in primis per Htagliato e Pennetta (ma anche per gli altri che sono intervenuti): chiaramente l’articolo è una critica al “relativismo culturale” (qualunque cosa voglia dire), quindi immagino che sosteniate l’idea di una morale assoluta. Vorrei sapere da cosa deriva, per voi, questa morale assoluta. Ho letto Htagliato citare il quinto comandamento, quindi suppongo che questa morale abbia un’origine religiosa, giusto?

    • Se all’opposto della morale relativa c’è senza dubbio la morale assoluta non c’è dubbio che ambo sono errate e irrealiste.
      La morale cattolica è invece una morale oggettiva la quale rifugge assolutismo e relativismo per confarsi alla situazione reale.
      Non confondiamo la morale cattolica con quella kantiana o qualunque approccio deontologico.

    • Salve Greylines, sono contento che dal punto di vista della “forma” il mio articolo le sia piaciuto, i contenuti ovviamente erano provocatori, per cui il loro effetto dipende moltissimo dal modo di pensare di chi legge.
      Rispondo alle tue domande: la “mia” personale morale è di natura religiosa (si era capito e non lo nego), mentre la morale assoluta che implicitamente viene sostenuta dall’articolo non è religiosa, anzi, l’articolo vuole essere un invito affinché tutti gli individui di tutte le religioni/filosofie di vita della società facciano del loro meglio per trovare una morale che sia quanto più condivisa possibile ma anche quanto più profonda possibile. Il messaggio che volevo dare è che il relativismo culturale può essere una filosofia che si può diffondere facilmente tra molti, perché per definizione lascia ognuno nella propria morale come atomi separati e l’unico vincolo è la libertà dell’altro, ma nella mia “modesta proposta” ho voluto ingigantire i paradossi di un’etica basata solo sul “non urtare” le scelte dell’altro.
      Auspico che la coscienza di ognuno parta invece non solo dal principio di autodeterminazione ma anche da quello per cui la salute, la vita e la dignità del prossimo siano più importanti di ogni circostanza e di quello che quest’ultimo pensi di sé. Accettare quest’idea però ha il lato negativo che si rischia facilmente di apparire antipatici e insensibili, perché dovrai “rompere un po’ le scatole” a quello che vuole farsi una bella canna ma non puoi non fargli sapere che si sta bruciando il cervello, a quello che non si sente in colpa ad andare a prostitute e tu gli fai notare che stai trattando una donna come una cosa, e infine a quello che vuole includere la morte come soluzione ultima al dolore fisico e tu vuoi fargli capire che anche tu sei contrario al dolore ma sulla morte la pensate diversamente (evitiamo di litigare sugli esempi strappalacrime, perché se fosse solo per quelli, potrei facilmente trovare un compromesso ma poi il piano inclinato non è una “nostra” invenzione, in Olanda è una realtà).

      • Ma la questione è “far sapere” quali sono le conseguenze fisiche dell’assunzione di droghe? O il poter “far notare” cosa sia la mercificazione del corpo e dei sentimenti nel caso della prostituzione? O “far capire” che sulla morte si possono avere opinioni diverse? Se fosse così, caro Htagliato, la penseremmo esattamente nello stesso modo, peccato però che per voi non si tratti solo di richiamare l’attenzione sull’importanza di questi aspetti ma di far divenire obbligo di legge quelle che sono le vostre personali volontà. Altro che informare, far notare o dire la propria… Vede ora l’enorme contraddizione del suo ragionamento?

        • Ha ragione, Flavio, se dipendesse solo da me, andrei oltre il semplice informare: se una cosa è sbagliata, è sbagliata e non va permessa.

          • E qui la pensiamo molto diversamente: per me è sbagliato giocare d’azzardo, fabbricare armi, fare le corna al/alla consorte, vivere in una dimensione edonistica, non permettere alle donne diventare sacerdoti, cercare conforto nell’ambizione economica, pensare nell’interesse personale e non in quello collettivo e mille altre cose ancora… ma mai e poi mai mi sognerei di vietarle per legge.

      • Ribadisco che l’ho trovata efficace come provocazione ma vuota come contenuti, perché costruisce uno strawman contro cui è facile scagliarsi. Peccato che la realtà sia più complessa e che ridurre certe posizioni a un’etica “basata solo sul “non urtare”” significhi banalizzare le idee che non si condividono pur di far sembrare migliori le proprie. Discutibile anche il mettere insieme canne, prostitute ed eutanasia, facendo di tutta l’erba un fascio.
        Hai definito il tuo pezzo un “un invito affinché tutti gli individui di tutte le religioni/filosofie di vita della società facciano del loro meglio per trovare una morale che sia quanto più condivisa possibile ma anche quanto più profonda possibile”, e hai anche scritto “Auspico che la coscienza di ognuno parta invece non solo dal principio di autodeterminazione ma anche da quello per cui la salute, la vita e la dignità del prossimo siano più importanti di ogni circostanza e di quello che quest’ultimo pensi di sé.”
        Benissimo, ci può stare la ricerca di un compromesso fra queste due posizioni ma, a parte il fatto che toni e contenuti non mi sembrano esattamente quelli dell’invito (in pratica cerchi di “demolire” retoricamente, e solo retoricamente, una posizione che non condividi), a me sembra che chi si oppone sempre e comunque a eutanasia, aborto e via dicendo voglia eliminare, sempre e comunque, l’autodeterminazione dall’equazione. Appellarsi, come fai tu, alla coscienza di ognuno significa che ognuno debba poter “scegliere”. Ma se la scelta non c’è allora c’è poco da auspicare.
        Insomma, come si fa a trovare una morale il più possibile condivisa? Mettendo paletti e dicendo che affidarsi all’autodeterminazione significa aprire la strada all’omicidio legalizzato? Perché questo – semplificando, proprio come hai fatto tu – è il messaggio che mi arriva dal tuo articolo.

        • Una volta mi capitò di vedere alla TV un film molto curioso. Una certa organizzazione veniva pagata da una persona A per poter “fare caccia grossa” cercando di uccidere in ambito urbano una certa persona B. L’organizzazione proponeva a B un affare del tipo: “se riesci a sopravvivere 24 ore ti riempiamo di soldi” elencando nel contempo una serie di circostanze e possibilità che potevano aumentare la probabilità per B di rimanere vivo.
          .
          Per quale motivo una società come la nostra, ormai basata su individualismo, relativismo morale e soprattutto tanto utilitarismo finalizzato alla soddisfazione dei “diritti” indipendentemente dalla valenza etica degli stessi “diritti”, non dovrebbe legalizzare un simile gioco che permette ad A di divertirsi (sicuramente) ed a B di diventare ricco (forse)?

          • Tutte le libertà hanno un prezzo e se ci sono degli idioti che vogliono giocare alla roulette russa, facciano pure… Non vedo però l’utilità di estremizzare sempre così tanto i discorsi, perchè se dobbiamo sempre trovare l’esempio estremo finiremo con il proibire ogni cosa, anche la panna sul gelato perchè può procare ostruzione arteriale.
            Ci sarebbe poi il discorso sul vero significato e utilità delle leggi, ma questo richiederebbe uno spazio a parte.

          • <<>>

            Non c’é nessun intento di estremizzare i discorsi, e come al solito si gira intorno senza affrontare il problema. La domanda é molto semplice e la ripropongo: per quale motivo una società come la nostra, basata su individualismo, relativismo etico/morale e soprattutto tanto utilitarismo non dovrebbe legalizzare un simile gioco che permette ad A di divertirsi ed a B di diventare ricco?

          • Beppino, le rispondo brevemente, ma come ho detto prima questo richiederebbe un discorso a parte: non tutte le leggi sono necessariamente giuste.

          • ****Beppino, le rispondo brevemente, ma come ho detto prima questo richiederebbe un discorso a parte: non tutte le leggi sono necessariamente giuste****
            .
            Devo dedurre che secondo lei sarebbe giusto legalizzare il gioco “chiépiùfortefamorirel’altro” fra A e B?
            .
            Inoltre, se la premessa é che “tutte le leggi non possono essere necessariamente giuste” vuol per caso arrivare a dire che non subire una legge “ingiusta” non può che essere il risultato di un semplice e banale momento di sfiga?

          • Beppino, lasciamo la la sfiga a parte. Le leggi possono essere inevitabilmente ingiuste ma migliorabili. Cominciamo da lì.

          • ****Beppino, lasciamo la la sfiga a parte. Le leggi possono essere inevitabilmente ingiuste ma migliorabili. Cominciamo da lì.****
            .
            Va beh, ho capito… e’ inutile insistere.

        • “Insomma, come si fa a trovare una morale il più possibile condivisa? Mettendo paletti e dicendo che affidarsi all’autodeterminazione significa aprire la strada all’omicidio legalizzato? Perché questo – semplificando, proprio come hai fatto tu – è il messaggio che mi arriva dal tuo articolo.”
          È vero, è il primo messaggio che arriva dal mio articolo ed è quello che penso. Non dico che già oggi esista l’omicidio legalizzato, ma il suicidio assistito gli assomiglia molto e stiamo solo nel 2015.

          • L’eutanasia non è suicidio ma omicidio perché l’azione letale non la compie chi morirà.
            La richiesta di essere uccisi non cambia il fatto ultimo che sia un altro ad uccidere.

          • Insomma dovremo presto abituarci ai buoni nei film americani che alla richiesta “uccidimi” del cattivo di turno , anziché dire “mai” diranno “con cosa?”…
            La definitiva caduta degli dei marveliani.

          • La differenza esiste in quanto nell’omicidio la persona assassinata non è consenziente. Poi, se si vuole fare di tutta l’erba un fascio, tanto vale equiparare l’omicidio doloso a quello colposo, ai suicidi, ai suicidi assistiti, alle negligenze che causano la morte, eccetera, ma non credo andremo da nessuna parte…

          • @Htagliato
            Quindi confermi la mia impressione, e cioè che il tuo non era un invito a trovare una morale condivisa ma un’affermazione netta su cosa non è morale.
            Ma allora mi chiedo: chi stabilisce se una cosa è giusta o sbagliata? Perché la morale tua e di molti altri che sono intervenuti è giusta, mentre quelle di tutti gli altri sono sbagliate? Chi decide che il dolore (non solo fisico, non farla semplice) di una persona vale meno della “sacralità” della sua vita?

          • @Flavio, non è il consenso o no che fa l’omicidio, “omicidio” è etimologicamente l’uccisione di un uomo, a prescindere dalle motivazioni, in assoluto.
            La tua è la a-morale conclusione di chi non ha come postulato il “non uccidere”.

          • Il dolore (non solo fisico, non farla semplice) DI CHI, scusami?!
            Mio padre non è morto per il dolore, anzi sentiva poco credimi; oggi giorno le terapie del dolore fanno “miracoli”.
            E dormiva, esausto. E quando si svegliava, sorrideva.
            Ripeto la domanda: di chi è il dolore (non solo fisico, non farla semplice) di cui stai parlando Beppe?!?

          • Enzo, etimologicamente è così, per questo ho parlato di omicidio colposo, doloso ed altre categorie nella soppressione di una vita umana. Ora mi accorgo che avrei dovuto inserire nella lista anche l’assasinio, lo faccio ora.

  16. Giuseppe Cipriani on

    Abbiamo nel nostro piccolo dimostrato come funziona la politica, come vanno i lavori parlamentari quando c’è da approvare una legge… Una modesta proposta che vuol diventare legge per tutti assume la veste di una merce civetta che serve ad attirare i gonzi per discutere di quel che la modesta proposta vuol invece denunciare: il fatto che al mondo ci sia gente che la pensa diversamente non va bene, tutti la dobbiamo pensare allo stesso modo e in campo di etica e morale la scuola buona o solo quella che sappiamo, tutto il resto è fuffa, relativismo da quattro soldi che si sconfessa da solo, perché se anche uno dicesse tutto è relativo fino a prova contraria, troveremmo sempre quel sofista di professione che crede nella Verità e che affermerebbe qui non ci siamo, qui s’è detta una castroneria… Pazienza. A forza di emendamenti, compreso questo mio ultimo intervento, ne fanno più di 100 e non s’è concluso nulla… Sì, proprio come in parlamento quando si discute a iosa di leggi e leggine a suon di parolacce, accuse, prese di posizione, distinguo, cazzi e controcazzi, comandamenti e indicazioni di principio, fino a dimostrare l’unica verità (che sia relativismo anche questo?): che siamo poveri cristi tutti quanti e che l’unica differenza non la fa ciò che pensiamo ma ciò che facciamo, se poi è coerente con quanto pensiamo è solo valore aggiunto, ma deve farti sentir bene, davvero bene dopo che hai fatto quel che hai pensato. Notte a tutti brava gente.

  17. L’etica è simile ad un sistema logico matematico dove si devono scegliere dei postulati che una volta stabiliti faranno discendere una serie di proposizioni coerenti (anche se per il principio di incompletezza potrà sempre esserci una proposizione indecidibile).
    Postulati differenti porteranno a proposizioni differenti (vedi geometria euclidea e geometrie non euclidee), ma coerenti ciascuna al proprio interno.
    Detto questo i postulati da cui tutto il resto può derivare potrebbero essere:
    Non uccidere
    Non rubare
    Non mentire

    Secondo punto, se i postulati fossero variabili non sarebbe più possibile avere un’etica ma delle etiche relative che in realtà avrebbero come primo e unico postulato quello che afferma che non esistono postulati oltre il primo.
    Quindi, nel relativismo l’etica dipende dal postulato che si sceglie di volta in volta, una coerenza momentanea in base alla volontà del momento, cioè non può esserci etica.

    • Infatti l’etica è cambiante nel tempo e nei luoghi ed anche le religioni, che si fanno portatrici di una morale assoluta, non ne sono esenti. Oggi ad esempio tra un cattolico nordamericano e uno italiano o un altro filippino ci possono essere delle differenze anche sostanziali, figuriamoci quindi tra diverse religioni o ideologie o ancor più tra le diverse epoche storiche.

      • Confondi le interpretazioni dei postulati con l’inesistenza degli stessi, tutti i cattolici, ma anche gli ebrei riconoscono i 10 comandamenti, le differenze come dicevo potrebbero essere solo nell’interpretazione.
        Un’etica mutevole invece mi autorizza a farmene una personale, cioè a fare quello che mi pare.

        • Ma cos’è l’etica, se non interpretazione? Vedo poi che c’è una certa tendenza a considerare il relativismo come se fosse la culla dei capricci personali, quando non è per nulla così, infatti se parliamo delle teorie “ad hoc” sappiamo benissimo che quando l’obiettivo è giustificare un determinato comportamento, è facile accampare argomentazioni da qualsiasi posizione filosofica si assuma. Insomma, i furbi sono furbi ovunque e lo siano o no coscientemente. Poi lei può anche dire che più spazio è concesso all’interpretazione personale e più è facile commetere errori ed effettivamente la cosa potrebbe anche esser vera, non a caso si dice che la libertà bisogna sapersela guadagnare e, come la storia insegna, non è nemmeno esente dal pagamento di dazio.

          • L’uomo é animale consapevole. Penso che gli illuminati illuministi che frequentano questo sito siano d’accordo. Inoltre l’uomo non é essere “solo” animale in quanto “essere” dotato di autocoscienza critica e capacità speculativa indipendente dalle condizioni fisiche al contorno (c’é “sotto sotto” una ineluttabile ed imprescindibile “piccola” differenza rispetto agli altri animali evoluti…). Anche in questo penso che gli illuminati illuministi citati siano d’accordo.
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            Ne consegue che l’etica, e quindi le regole condivise della convivenza fra gli esseri umani, non può che essere considerata anche, e forse prima di tutto, ciò che differenzia la bestia dall’uomo.
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            La prima (la bestia) deve soggiacere alla legge cardine della natura: sopravvivere; tutto semplice e non c’é altro… Il secondo (l’uomo) deve (dovrebbe) rispettare/essere guidato da una serie di leggi e prescrizioni un tantino più intelligenti e profonde (altrimenti che senso avrebbe la consapevolezza).
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            Il carattere specifico dell’uomo é l’umanità e l’umanità porta a concludere che un essere umano deve (dovrebbe) rispettare i suoi simili e, tra le altre mille conclusioni, deve (dovrebbe) soprattutto lavorare affinchè i più deboli della sua specie abbiano una possibilità di vivere dignitosamente se non almeno di sopravvivere (non fare agli altri quello che non vuoi sia fatto a te…).
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            Nel nostro tempo (oramai) comanda il principio “utilitaristico”, spesso fine a se stesso e “regolato” solo dal fatto che le norme etiche “nuove” non devono compromettere interessi e diritti di chi consapevolmente li accampa. Non c’é altro e niente altro può regolamentare l’ineluttabile aumento della pendenza del più volte citato “piano inclinato” che a sua volta regola l’emanazione di nuove scelte etiche.
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            Di conseguenza é possibile eliminare un essere umano in formazione prima ancora che nasca (perché di fatto non può prendere posizione sul suo destino…); di conseguenza é possibile ipotizzare l’ufficializzazione di nuove forme di fare coppia per fare figli (non interessa a nessuno quale sia il miglior modo per fra crescere i figli e non interessa a nessuno se gli stessi, una volta adulti, non abbiano la possibilità di conoscere l’origine biologica del proprio essere, senza poi contare l’importanza della “condivisione completa” del patrimonio genetico fra figli e genitori); di conseguenza é possibile pensare ad una regolamentazione del suicidio assistito (si chiama libertà o diritto ma in realtà é solo l’ammaino bandiera di quello che dovrebbe effettivamente fare la società… dare a tutti la possibilità di morire dignitosamente, senza soffrire e soprattutto con testimonianza per gli altri); di conseguenza é possibile “dare licenza” all’utilizzo della sessualità degli altri a proprio favore indipendentemente da dignità e decoro degli altri stessi; ecc. ecc.
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            In buona sostanza una etica conseguente ad una “interpretazione”, una etica relativistica figlia piu’ della “bestia” che dell'”uomo” in quanto regolamentata, in buona sostanza, da quel “qualcosina” in più costituito solo da un banale principio di rispetto (relativo) del diritto altrui e solo quando questo “altrui” riesce ad estrinsecare ed accampare il suo stesso diritto. Insomma siamo, con tutto rispetto del caso di specie, tornati all’anarchica legge del più forte (o della jungla) con buona pace della quintalata di arzigogoli speculativi e seghe mentali destinati solo ad annacquare la consapevolezza di quella che effettivamente é la nuda e semplice verità.

          • Non sono d’accordo, l’etica non è interpretazione.
            L’interpretazione è un momento diverso ed è lì che c’è il rischio di una forzatura di comodo in base agli interessi particolari, ma si tratta di una cattiva applicazione della ogica, ecco perché deve esserci un’abitudine alla logica, “adaequatio rei et intellectus”.

          • Enzo, essendo l’etica una branca della filosofia penso ci sia poco da discutere sul fatto che sia o no un’interpretazione.
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            Beppino, la sua è un’analisi completamente erronea: “Nel nostro tempo comanda ormai il principio utilitaristico”. Mai come oggi si sono difesi i diritti delle persone ed in particolar modo di quelle più deboli, c’è sicuramente molta strada ancora da percorrere, però è innegabile che molti miglioramenti sono avvenuti nel corso di questi ultimi secoli.

          • Flavio, puoi essere libero di SCEGLIERE i postulati, poi c’è l’interpretazione.
            La filosofa opera in entrambe le fasi.
            Ma a mio parere i postulati non uccidere-non rubare-non mentire, più che postulati dovrebbero essere considerati assiomi.

          • Anche volendo portare il discorso morale nel campo della scienza e tener per buono il parallelismo coi postulati, il suo esempio è comunque sbagliato perchè abbiamo visto che anche i casi delle tre affermazioni: “non uccidere, non rubare e non mentire” non sono da considerarsi verità assolute perchè anche all’interno di uno stesso sistema (ad es. il cattolicesimo) si può permettere oppure proibire la stessa azione, dipendendo dal luogo, dalla circostanza o dall’epoca storica. Nessuna verità assoluta e definitiva dunque.

          • ****Mai come oggi si sono difesi i diritti delle persone ed in particolar modo di quelle più deboli, c’è sicuramente molta strada ancora da percorrere, però è innegabile che molti miglioramenti sono avvenuti nel corso di questi ultimi secoli.****

            Senza scomodora “gli ultimi secoli” mi limiterei agli ultimi decenni. 1 miliardo di procurati aborti “legali” e “contabilizzati” é il miglior indicatore di come la comunità umana abbia effettivamente percorso la strada di difendere i diritti dei più deboli. Oppure senza scomodare la “delicata” normativa sulla legalizzazione dei procurati aborti (madre di tutte le derive etiche massimaliste ed utilitaristiche …) vediamo di citare una legge, una procedura, una politica ineluttabilmente e unilateralmente (e possibilmente senza secondi fini) destinata alla effettiva protezione dei più deboli. Vedrà che sotto sotto scoprirà solo “briciole”, solo provvedimenti di facciata ed inconcludenti, ovvero, nella migliore delle ipotesi scoprirà che ci sono deboli di serie A e deboli di serie B ed immancabilmente col “guadagno”, ancorchè collaterale, del/dei “potente/i” di turno.
            .
            Insomma, il pieno compimento della “legge del più forte” (detta anche “legge della bestia”), magari riveduta e condita di tanti “se” e tanti “ma”, ma sempre legge del più forte rimane, correlata a dinamiche di facciata destinate solo a mettere la polvere sotto il tappeto. Ecco, mettiamola così…, forse possiamo dire effettivamente di aver ottenuto i tanto decantati “miglioramenti” col trucco più vecchio del mondo: nascondendo la polvere sotto il tappeto, tanto solo l’apparenza può farla da padrone nel nostro tempo (con buona pace della coscienza collettiva del nostro tempo). Del resto, come é arcinoto, sono chi vivrà… vedrà. O no?

          • Beppino, cosa vuole che le dica… lei faccia la sua lotta per far inserire nella Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo anche la difesa dell’embrione fin dal momento della fecondazione, rimane comunque un fatto (innegabile) che tre, quattro o cinque secoli fa se la sognavano una Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo.

          • *** rimane comunque un fatto (innegabile) che tre, quattro o cinque secoli fa se la sognavano una Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo***
            .
            Va beh, anche qua non si va avanti… Pazienza. Ho scoperto però che ci possiamo consolare: oggigiorno sappiamo cosa succede all’altra capo del mondo in un decimo di secondo e le tecnologie ed i progressi della scienza garantiscono “potenzialità” inimmaginabili anche solo qualche decennio di anni fa, qualora si abbia a cuore di aumentare il bene comune ed aiutare i meno fortunati o chi non é in grado di prendere posizione, ma i termini di paragone e valutazione “spendibili” sono Carte di intenti e di buoni propositi . Continuiamo a mettere la polvere sotto il tappeto.

  18. muggeridge on

    Mi sfugge del tutto questa continua speranza e pretesa di Cipriani che qui si “concluda qualcosa” e che questo spazio sia l’analogo di un parlamento da cui debba pervenire una conclusione definitiva. Anche nei migliori parlamenti (quindi escludiamo pure quello italiano :-), alla fine si vota e passa la posizione della maggioranza, ma non è che gli altri, le opposizioni, rinuncino a pensarla diversamente. A maggior ragione qui che ragione ci sarebbe di omologarsi tutti o di cercare una concordia di facciata ? Nei commenti a un articolo poi, che sono secondari allo stesso, anche se rappresentano il dibattito e l’esercizio della libertà di pensiero e di parola.
    Per amore del confronto e del dibattito dico invece: “meno male che differiamo nelle posizioni !” altrimenti sai che noia pensarla tutti allo stesso modo o provare a convergere su una posizione condivisa per essere “costruttivi” e magari “produttivi” (a che scopo ?).
    Nel merito invece dico che pensarla diversamente va benissimo, ma che io la penso in questo modo perché sinché si resta nel pensiero non c’è nulla di effettivamente negativo, ma se quel pensiero poi si traduce in leggi riguardanti la vita il negativo ci può essere eccome se con queste leggi si eliminano delle vite. Non è come pensarla diversamente, chessò, sul fatto che sia più buona l’amatriciana o la carbonara. Quindi non è che la dobbiamo pensare tutti allo stesso modo, ma semplicemente se c’è qualcuno che con il proprio pensiero può contribuire ad eliminare delle vite, io non posso che oppormi, è un mio diritto, ma soprattutto un mio dovere verso quei valori che ritengo importanti.

    • Giuseppe Cipriani on

      In realtà intendevo proprio quello che intendi tu… Qui non si concluderà mai nulla, c’è solo il battibecco continuo, il muro contro muro, il galletto di turno che fa chicchiricchì, e poi tutti a pensarla come suggerisce la loro etica e coscienza…

  19. Giuseppe Cipriani on

    A proposito dei postulati dell’etica…
    .
    Come mai, visto che i postulati forti che derivano dai comandamenti non li decide Pennetta ma la Chiesa, fino a non troppo tempo fa la stessa ammetteva la pena di morte?
    C’era un boia, di nome Mastro Titta, che è stato pensionato dal papa (http://it.wikipedia.org/wiki/Mastro_Titta) dopo una vita operosa dedicata a togliere la vita ai condannati… Alla faccia dell’etica forte, quella che non cambia, eh?

    • Questione di interpretazioni, come ho detto più sopra, interpretazioni errate e condivise dal mondo intero, ma da un pezzo non è più così. La la Chiesa era soprattutto ospedali, università, assistenza per tutti, ricerca della bellezza architettonica.
      Ma vedo che l’importante per lei è sparare sulla Chiesa origine di tutti i mali, Dawkins le fa un baffo.
      Le lascio l’etica laica e le sue ideologie del XX secolo, se la goda.

    • muggeridge on

      Beh, se è per quello, prima di Mastro Titta ce ne erano degli altri di boia e poi c’è la famosa Inquisizione dei famosi roghi agli eretici. Quello che manca completamente però a chi tira fuori queste cose e crea le relative “leggende nere” anticattoliche è la prospettiva storica. Come detto sopra, fanno i relativisti a tutti campo, ma non riescono a capire i tempi passati e giudicano severamente gli uomini del passato, senza nemmeno pensare a come saranno giudicati loro dai posteri (che avranno ancora altri criteri di giudizio). Sopra ho parlato di “braccio secolare”, ma nessuno pare saperne nulla, quando ormai anche negli storici laicisti distinguono doverosamente su amministrazione dello stato (pontificio) e Magistero. I papi come sovrani sono criticabilissimi dal cattolico e non sono certo infallibili, ma questo non lo si vuole capire. Ad ogni modo chi ama la storia non ha difficoltà a collocare le decisioni politiche in prospettiva storica: lo stato della Chiesa non poteva certamente essere amministrato con criteri diversi da quelli in uso negli stati laici contemporanei (pena la sua scomparsa, che è poi quello che auspicavano i nemici della Chiesa). Lo stato è il “guscio” che ha portato la Chiesa sino ai nostri tempi e il credente non può che essere grato di questa funzione protettiva che si è svolta nei secoli, perché solo così ha potuto conoscere la fede.
      Del resto la più grande applicazione della pena di morte è stata proprio quella coeva portata avanti con la ghigliottina, questa ha fatto registrare in pochi anni il triplo delle esecuzioni di sette secoli di Inquisizione (spagnola, più che romana) ! Eppure abbiamo visto sopra che i laicisti sbandierano la primogenitura sui Diritti dell’Uomo e in particolare sull’abolizione della pena di morte. E’ proprio il caso di dire “da che pulpito!” e pure “la solita fregatura” ai danni dei molti che non si interessano di storia e che si bevono tutto quello che viene loro propinato dagli anticattolici.
      PS: Ovviamente i documenti “scritti nero su bianco” e le relative estrapolazioni sono un modo di fare la storia a uso solo dell’ideologia, non è certo ricerca storica seria.
      Quanto all’uso del termine “laicista”, è del tutto legittimo, io infatti sono “laico” non essendo un sacerdote e intendo contrastare l’ennesimo scippo da parte degli anticattolici di termini appartenenti alla Chiesa per usarli contro di essa. Quindi mai e poi mai potrei parlare di “pensiero laico”, anche perché essendoci dietro a questo un’ideologia, è del tutto corretto usare il termine “laicismo” e “laicista” (rifiutando così la “lingua di legno” di orwelliana memoria).

      • Che la Chiesa applicasse la pena di morte non è una “leggenda nera”, così come non lo è il fatto che Mastro Titta, non per iniziativa propria ma su ordine delle autorità vaticane, applico ben 527 volte la pena di morte, dopo che Beccaria scrisse il suo illuminante (e proibito) libro Dei delitti e delle pene. Idem dicasi per gli altri esempi che abbiamo fatto prima.
        Ma quello che fa veramente a pugni con la ragione è il voler accusare qualcuno di non saper relativizzare e allo stesso tempo negare valore al relativismo e tutto ciò… da un’ottica decisamente relativista! Perchè ora non può negare che anche lei, giustamente, cerca di comprendere la storia a partire dal contesto culturale, politico, sociologico, religioso di una determinata epoca e di un determinato luogo, che è esattamente quanto predica il relativismo.

        • C’é una enorme differenza fra “relativismo” legato ad una analisi storica e “relativismo” legato ad un processo di definizione di nuove o diverse norme e/o procedure etiche…

          • Come é possibile avere basi comuni se diversi sono i campi di attuazione e, soprattutto, di valutazione? Inoltre il relativismo storico é una necessità, quello etico casomai é una possibilità.

      • Condivido ogni commento, anche precedente a quest’ultimo, di Muggeridge !

  20. @ Greylines 7 MAGGIO 2015 00:05:
    Attenzione, indicare dei “paletti ” fa parte della costruzione della morale comune.
    “Ma allora mi chiedo: chi stabilisce se una cosa è giusta o sbagliata?”
    Nessuno in particolare, chiunque accetti come primo principio la sacralità della vita e per secondo, in ordine di importanza, l’autodeterminazione. Più siamo e meglio è, non si tratta di trovare l’autorità, il “chi”, ma il criterio.
    “Perché la morale tua e di molti altri che sono intervenuti è giusta, mentre quelle di tutti gli altri sono sbagliate?”
    Non era mia intenzione parlare della morale degli altri commentatori perché il mio articolo era rivolto a chi segue come principio la sola autodeterminazione. Quest’ultima da sola è sbagliata perché rende accettabile l’omicidio e/o il danno del consenziente senza perdere di coerenza, in ogni circostanza, non solo nei drammatici esempi che faceva Cipriani. Per i problemi delle morali degli altri veda lo scambio di commenti Flavio-Masiero e Giuseppe-Pennetta.
    “Chi decide che il dolore (non solo fisico, non farla semplice) di una persona vale meno della “sacralità” della sua vita?”
    Di nuovo, il punto non è il “chi” perché nessuno vuole basarsi sul principio di autorità, è una valutazione delle conseguenze logiche di un certo modo di pensare: se esiste il “diritto di morire” allora dall’eutanasia si passa inevitabilmente al suicidio assistito e chissà, tra 100 anni, ai gladiatori spontanei del mio articolo.

    • “se esiste il “diritto di morire” allora dall’eutanasia si passa inevitabilmente al suicidio assistito e chissà, tra 100 anni, ai gladiatori spontanei del mio articolo.”
      Questa non è logica, ma retorica. Legittima, ma chiamiamola col suo nome. Dire che il diritto di morire apre la strada ai gladiatori spontanei è un’assurdità, che funziona bene per una provocazione ma, ripeto per l’ennesima volta, non come vero e proprio argomento.
      Chi sostiene eutanasia o diritti simili non chiede l’anarchia, il far-west della morte: qualunque legge su questi temi deve essere trattata con la massima delicatezza e attenzione possibile, e se ci sono degli esempi sbagliati è bene criticarli. Ma da qui a dire che nessuno dovrebbe poter scegliere perché la vita è sacra sempre e comunque, c’è una bella differenza…

      Che poi, da come li dipingete, sia nell’articolo sia nei commenti, i sostenitori di queste leggi sembrano dei barbari privi di morale, pronti a trucidare storpi, vecchi e bambini in nome del loro progressismo.

      Parlando di principi considerati assoluti, ho visto citare tre dei comandamenti (non uccidere, non mentire e non rubare). Perché, per esempio, “non mentire” e “non rubare” sì, e “non lasciar soffrire” no? Perché la menzogna o la violazione della proprietà privata valgono più del dolore?
      Se per una persona la vita è diventata sofferenza la soluzione è continuare a fargli provare questa sofferenza?

      • “Questa non è logica, ma retorica.”
        Replico: questa non è retorica, ma è cronaca. In Olanda si iniziò con la sola eutanasia per i casi drammatici, poi è diventato una prassi per i malati di tumore, poi si è passati al suicidio assistito. Ognuna di queste tre fasi inizialmente era guardata da molti come un’aberrazione, poi, diciamo così, il cuore della gente si è “abituato” alla nuova mentalità. Se per lei solo l’eutanasia ha una sua logica mentre le cose venute (e che possono venire in seguito) no, benissimo, sarebbe molto per me se tutti quelli che non la pensano come me almeno la pensassero come lei; ma purtroppo non è così, ma non deve guardare alla mia retorica ma alle possibili derive di chi ha creato “il diritto di morire”.

        “Se per una persona la vita è diventata sofferenza la soluzione è continuare a fargli provare questa sofferenza?”
        No, il fatto è che si cerca di combattere la sofferenza senza combattere la vita, perché “la malattia” è sofferenza, mentre che lo diventi la vita non è detto, è un altro discorso (perché la vita è fatta di corpo, ma anche di mente e…anima), e dovremmo lottare per farlo capire, o almeno io la trovo una cosa molto nobile e da promuovere, anche scientificamente (dopotutto, l’eutanasia, sul piano medico, non risolve la malattia, risolve il malato). Per favore, non riproponga la questione che bisognerebbe lasciar decidere al singolo, perché ne stiamo parlando da tre giorni, siamo troppo distanti su questo punto: per me una scelta è tra due alternative, ma l’uccisione del sofferente è una possibilità del tutto assente (moralmente) quindi il diritto di scegliere non esiste affatto (per me).

  21. Ottimo articolo. Provocatorio al punto giusto, e vedo che i laicisti non stentano nel dire la loro. La quale è una buona cosa, ovviamente.
    Dopo tutto è così che ci vuole la società odierna: uniformati al pensiero laico. A proposito. Sarei curioso di sapere cosa ne pensano i vari laicisti del sito su pratiche come l’aborto; la fecondazione eterologa – e quindi il relativo scarto che ne consegue se la prole risultasse “difettosa” ; omogenitorialità e “teoria del gender”.
    Dato che queste cose vanno di pari passo con la cultura dominante che è libera da “vincoli” religiosi e, quindi come l’eutanasia, si può avere il diritto di essere contrari o favorevoli a tali “diritti”.
    Io la vedo più come l’ennesimo tentativo malthusiano. Prof. mi corregga se sbaglio…

    • Grazie del complimento, Salvo. Certamente il prof. Pennetta confermerà lo zampino del malthusianesimo nelle idee “più progressiste” del nostro tempo.

  22. Giorgio Masiero on

    @ Flavio
    Un numero è una oggetto (universale), la sua rappresentazione un’altra cosa (convenzionale). Io posso scrivere il numero “cinque” in diverse rappresentazioni, decimali o no: per es. 5 (decimale), oppure V (romano), oppure 101 (binario), oppure O (arabico), ecc., ma sempre del numero “cinque” si parla.
    NB. Si capisce che Lei non è un matematico. Consiglio: non provochi mai un matematico chiedendogli dell’esistenza di verità assolute e definitive. Potrebbe chiederLe la dimostrazione dell’Ultimo teorema di Fermat!

    • Infatti dicevo che potevo interpretare male… Ricordo che in un’altra discussione una persona riuscì a portare come unico esempio di verità assoluta l’asserzione filosfica: “Io sono”. Oggi ho scoperto che un’altra verità assoluta è che il numero “uno” indica la quantità minima di unità e così fino a seguire il discorso sui numeri primi. Devo però dire che non è che abbiamo avanzato molto sulla discussione di quelle verità assolute che sarebbero rappresentate dal “non uccidere, non rubare e non mentire”, soprattutto dopo che abbiamo visto che anche al di là dell’atto interpretativo, ognuna di queste azioni può essere allo stesso tempo ammissibile come non ammissibile anche all’interno di una stessa religione. Lei almeno si è sforzato di citare questi tre comandamenti, però da lì non ci siamo mossi, mentre Giorgio non è andato più in là di quella congettura matematica. Continuo infatti ancora a non capire come possano servire questi esempi per dimostrare le supposte verità assolute e definitive della religione.

      • Giorgio Masiero on

        @ Flavio
        A me interessava solo mostrare due punti.
        1. Anche i cosiddetti relativisti credono in proposizioni non protocollari, pena l’autocontraddizione. Lo stesso fervore con cui Lei sostiene in questo blog le Sue tesi lo dimostra, perché Lei per primo mostra di credere nelle Sue tesi. Un relativista puro e duro si asterrebbe dall’intervenire, giudicando ogni tesi e la sua contraria – a cominciare dalle proprie – pareri interscambiabili, da usare di volta in volta secondo la convenienza. Gli antichi sofisti lo hanno insegnato quando, a pagamento, sostenevano un giorno A e l’altro not(A).
        2. Esistono in ogni campo verità. L’ho mostrato nel mondo comune e nella matematica, ma “posso andare più in là” ogni volta che Lei alzi l’asticella: in logica, in filosofia e in metafisica, anche se la cosa richiede un’adeguata preparazione (ben superiore a quella richiesta per la matematica!). In etica per es., c’è almeno un principio che ritengo “naturale”, cioè universale e assoluto, ed è il seguente: non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te.
        Per finire, aggiungo che il passaggio dal teismo della metafisica aristotelica alla metafisica tomistica e al cristianesimo non avviene per dimostrazione, ma per grazia di Dio. Ogni uomo ha il dovere di continuare a cercare la verità e di comportarsi secondo quel (minimo) comandamento etico naturale, ma trovare la verità (che poi è una persona: Gesù) non dipende solo da lui.

        • Giuseppe Cipriani on

          Senza tanti giri di parole, io reputo ancora più completo quanto riporta il Vangelo: Fai agli altri ciò che vorresti fosse fatto a te… Questo è un ambito in cui Gesù Cristo ha superato la regola d’oro, che pure è notevole.
          .
          Quando mi riferisco, in toni polemici, a quanto è chiaro il Vangelo, mi riferisco proprio a frasi inequivocabili come questa… Lo chiedo a chi crede, da parte di un agnostico spirituale che di frasi come quella cerca di nutrirsi: come si fa a disattenderle coscientemente?

          • Si chiama concupiscenza, Giuseppe, è quella cosa per cui sai bene cosa sia il Bene ma compi il Male perché spesso esso è rappresentato dalla strada più facile (la porta larga), oppure perché sei convinto che stia provenendo dalla tua coscienza e invece viene dalla tua pancia (la natura umana corrotta). Fortunatamente c’è la possibilità di pentirsi, chiedere il perdono e non ripete l’errore. Personalmente, è per questo che per me stesso non ho voluto abbracciare una morale soggettiva, per paura che direi di fare una cosa perché “sento che sia la cosa giusta” e invece sto facendo semplicemente quello che voglio. Se la morale è oggettiva sono più sicuro di sapere se sto progredendo spiritualmente oppure no. Naturalmente anche le morali soggettive possono essere molto belle, ma come ognuno ha i suoi gusti di gelato, così ci sono anche i gusti etici. Discorso a parte per quanto riguarda i temi politici controversi (eutanasia, aborto, legalizzazione delle droghe…) ma almeno stiamo in un paese democratico per cui tutto si può risolvere in un voto parlamentare e/o referendario e non alla maniera dell’ISIS.

          • @Htagliato
            E come faccio a capire se una morale è oggettiva? Cosa la rende tale?

  23. Giuseppe Cipriani on

    Ah, adesso il prof. Pennetta cambia (quasi) registro!
    .
    L’etica forte è forte, ma c’è sempre qualcuno che l’interpreta male… Povera etica forte malcompresa. Guarda caso, l’interpretano male anche gli stessi che la propugnano e dovrebbero applicarla coerentemente.
    Tutto è relativo anche qui, insomma: e se qualcuno sfugge ai dogmi l’è solo colpa sua che interpreta male, un poveretto che fa diventare soggettiva un’etica oggettiva, e forte, che rappresenta, sola, la Verità, quella con la “v” maiuscola. Mentre tutte le altre etiche non si reggono da sole e sono, neglette, etiche di poveretti che dovrebbero come minimo buttarsi nel fosso e fare gli Attila di turno, chè per queste povere etiche di serie B, dicono gli esperti, tutto è consentito.
    .
    In soldoni, anche voi etici forti mostrate le ferite che appartengono al genere umano tutto, vi manca la coerenza, ma è solo perché non applicate l’etica vostra e siete dei poveri peccatori, pronti a chiedere perdono e sempre perdonati, perché si condanna il peccato e non il peccatore.
    .
    Ma così va, perché meravigliasi? E voi etici forti, provate a farvi un esame di coscienza e analizzare come applicate nel vostro stile di vita quell’etica che vi dovrebbe indicare la via… (la verità e la vita)…

    Ah, dimenticavo, gli uomini sono tutti peccatori e anche quelli dell’etica forte, dinanzi alla realtà, applicano etiche di serie B, pronti però a dire che loro, i depositari della Verità, sanno come ci si deve comportare… Andate a farvi benedire, va.
    .
    P.s.: A quelli che dicono che bisogna contestualizzare dico che il Vangelo non l’è mica difficile, per chi ci crede: non bisogna uccidere. Perciò, anche se contestualizzi, chi ha ucciso qualche secolo fa, l’ha fatto e basta, non giustificate le ciofeche, per favore.

    • Giuseppe Cipriani on

      Ribadisco: coerenza ci vuole. E a chi propugna l’etica forte chiedo un esempiuccio di come la pratica applicandola al proprio stile di vita.
      Voglio proprio vedere, nella pratica, dove sta la differenza con l’etica di serie B.

    • Dopo questo sfogo, Cipriani, le critiche che ho portato alla sua attenzione nei commenti precedenti rimangono comunque inscalfite.
      Spero che almeno di questo abbia preso atto, al di là dell'”ironia” sull’etica forte…

      • Giuseppe Cipriani on

        Mi aspettavo anche una risposta su quell’aspetto che chiedevo di chiarire. Delle volte rispondere a domande dirette come la mia aiuta a capire se l’etica forte la predichiamo o la facciamo.

        • Le ho già detto il perchè mi sarebbe pressochè impossible rispondere in maniera adeguata nello spazio limitato dei commenti di un blog.
          Il mio consiglio, se lo accetta, è questo: posto che per criticare un argomento, una teoria, un intero sistema filosofico, etc. bisognerebbe aver prima capito bene ciò di cui si sta trattando, perchè non si forma su un qualche manuale di filosofia morale che faccia capo al sistema etico qui accennato? Ne esistono di eccellenti.
          Giusto per iniziare a mettere a fuoco l’argomento, cosicchè la prossima volta possa formulare domande/critiche in maniera quantomeno sensata, disponendo finalmente di basi appropriate per affrontare la discussione.

  24. @ GREYLINES on 7 MAGGIO 2015 21:25:
    “E come faccio a capire se una morale è oggettiva? Cosa la rende tale?”
    Una morale è soggettiva quando i suoi principi li stabilisce il soggetto (per esempio “non faccio questa cosa perché va contro le regole che mi sono dato” oppure il più semplice “faccio questa cosa perché sento che mi fa bene e che fa bene agli altri”).
    Una morale è oggettiva se i suoi principi li ha stabiliti un’autorità (per esempio Dio per i credenti) o un criterio considerato più grande della propria volontà (come per esempio la morale di Aristotele, basata sul praticare le virtù perché portano alla felicità, oppure la morale kantiana, basata sul riconoscere ed eseguire gli imperativi categorici, che per lui erano cose che si dovevano fare per realizzare l’adeguamento della natura umana al proprio fine, la ragione). Quindi in linea di principio una morale può essere oggettiva senza essere religiosa.
    Esistono morali oggettive che mi piacciono (la cristiana) e che non mi piacciono (lo stoicismo), morali soggettive che mi piacciono (il buddismo, tranne per qualche dettaglio che ora ometto) e che non mi piacciono (l’edonismo annacquato di certe persone della nostra epoca).

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