Lo zeitgeist del “caso”

3

Il caso sembra essere diventato il nuovo paradigma scientifico, una specie di “spirito del tempo”, in tedesco zeitgeist.

 

Il caso come fondamento della realtà, è il ritorno di una filosofia antica che non può pretendere di essere trattata come scienza.

 

E’ di questi ultimi giorni l’attenzione rivolta dalla stampa alle teorie del multiverso proposte dal fisico statunitense Brian Greene, il 13 luglio scorso è infatti stato pubblicato sull’Unità l’articolo “Infiniti mondi paralleli. La teoria del fisico Brian Greene” seguito il 17 luglio da “Se l’Universo non vi piace ce ne sono tantissimi altri” pubblicato sulla Stampa e in cui si informa anche della premiazione dell’ultimo libro di Greene al premio Merck Serono.

Il collegamento tra la teoria del multiverso e il ruolo del caso viene evidenziata nell’intervista su l’Unità:

Ammettiamo che l’ipotesi dei multiversi sia vera, il ruolo del caso nel nostro universo aumenterebbe: non c’è nessun motivo per cui l’universo che conosciamo è fatto così com’è, tant’è vero che ce ne sono molti altri. “Sì è così. Però ci dovremmo essere abituati. La vita stessa è un fenomeno transitorio e raro, anche se fosse vero il multiverso.

Dovremmo essere ben contenti della finestrella di opportunità che ci è stata data, anche perché in termini cosmici si chiuderà presto”. In che senso? “I dati ci dicono che nel futuro le condizioni non saranno tali da sostenere la vita”.”

Dall’articolo purtroppo non è dato sapere quali dati dicano che in futuro (quanto lontano?) le condizioni non saranno tali da sostenere la vita.

Ma il ruolo del caso viene ribadito, anche se in modo meno esplicito, nell’intervista su la Stampa:

«Quando si tenta di misurare l’energia oscura, si approda a valori piccolissimi, davvero minimi. E resta difficile spiegare la peculiarità di quel valore. Ma, invece di provare a dargli un significato a tutti i costi, la prospettiva del multiverso consente di ipotizzare tanti livelli differenti: come risultato, quindi, ci sarebbero tanti habitat fisici, compreso il nostro, il quale, essendo compatibile con la formazione delle stelle e delle galassie, si rivela anche favorevole alla vita come noi la conosciamo».

 

Emerge quindi ancora una volta come una delle ragioni d’essere principali della teoria del multiverso sia quella di spostare l’attenzione dalle implicazioni filosofiche di un principio antropico forte che vede l’universo incredibilmente strutturato per accogliere la vita, ad un principio antropico debole che constata solo la necessità di determinate costanti fisiche e cosmologiche che sarebbero rese statisticamente probabili dato un numero sufficientemente alto di tentativi, un numero che verrebbe reso possibile proprio dall’esistenza di innumerevoli universi.

Le congetture elaborate da Greene prevedono misteriosi urti tra tali universi “dai satelliti potremmo osservare le potenziali collisioni tra il nostro Universo e gli altri, misurando le variazioni di temperatura nello spazio profondo“, insomma non sappiamo nulla della fisica di tali universi però possiamo sapere che possono collidere e quali effetti avrebbero delle collisioni di una fisica sconosciuta.

Ma per definizione l’esistenza di universi paralleli, in quanto paralleli, non sarebbe dimostrabile e la teoria non può essere considerata scientifica, come non può essere considerata scientifica anche per il fatto di non avere in criterio di falsificabilità: quale evento se verificato falsificherebbe la teoria del multiverso?

Il caso è dunque il grande trionfatore della scienza del XXI secolo?

L’astrofisica con la teoria del multiverso e la biologia con la Sintesi Moderna (anche ammettendo tutte le varianti) hanno introdotto nella scienza la non-teoria del caso, la non-spiegazione dei fenomeni naturali, delle non-spiegazioni che si fanno veicolo a livello sociale del non-senso di tutto, anche dell’esistenza umana, che del resto è solo un’esperienza che “si chiuderà presto“.

Ma questa non-scienza non è neanche una novità, è il pensiero di Democrito, una filosofia che vedeva bene nell’ipotizzare l’esistenza degli atomi, ma che invece ipotizzando l’assenza di principi primi come guida dei fenomeni naturali finiva per negare la possibilità stessa della scienza, fatto rilevato da Aristotele.

Il caso come spiegazione dei fenomeni naturali è dunque una negazione della possibilità stessa di fare scienza.

Si va alimentando sempre più una “zeitgeist” del “caso”, un modo di pensare del caso, che va oltre il campo della scienza diventando visione del mondo dell’uomo contemporaneo, una visione che mentre pretende di essere scienza diventa infine profondamente antiscientifica e nemica della scienza.

 Ma ancor peggio, nemica dell’uomo stesso.

.

 

Share.

Laureato in Biologia e in Farmacia, docente di scienze naturali Nel 2011 ha pubblicato "Inchiesta sul darwinismo", nel 2016 "L'ultimo uomo" e nel 2020 "Il Quarto Dominio".

3 commenti

  1. Permettete la battuta di bassa lega: se sono nato dal caso, che caso ci sto a fare su questa terra?

    Il fatto e’ proprio questo: supponendo pure che i multiversi possano esistere, questo pero’ non spiega perche’ io possa farmi una domanda del genere.

    Ma questo voi lo avete gia’ spiegato molto bene (es. I 3 salti dell’essere http://www.enzopennetta.it/2013/01/i-3-salti-dellessere/).

    Certo, alla mia domanda si puo’ rispondere che, visto che non esiste un senso nell’universo, allora anch’essa e’ senza senso.

    Ma allora anche la scienza, come ha ricordato il prof. Pennetta citando Democrito e Aristotele, non ha nessun senso.

    Quello che rimarrebbe sarebbe solo un’esistenza umana totalmente egoistica basata solo sullo sfruttamento dell’intero universo (comprese quindi le altre persone) per l’ottenimento del massimo piacere individuale.

    … ma dove l’ho gia’ sentita questa ?!?

    • “Quello che rimarrebbe sarebbe solo un’esistenza umana totalmente egoistica basata solo sullo sfruttamento dell’intero universo (comprese quindi le altre persone) per l’ottenimento del massimo piacere individuale”
      … ma dove l’ho gia’ sentita questa ?!?

      Amedeo, purtroppo non solo l’abbiamo già sentita, ma l’abbiamo già vista e la continuiamo a vedere.

  2. Giorgio Masiero on

    Al Brian Greene, brillante autore di libri di divulgazione “scientifica” (che io conservo tutti nel reparto di letteratura e poesia della mia biblioteca), faccio replicare il prof. Brian Greene, fisico alla Columbia University e uno dei massimi matematici di teoria delle stringhe e del multiverso. Nel marzo 2011, ad un congresso scientifico a New York, egli iniziò il suo intervento dicendo: “Non chiedetemi se credo alla teoria delle stringhe [e del multiverso, di conseguenza]. La mia risposta sarebbe quella di 10 anni fa: NO. E questo perché io credo solo a teorie che possono fare predizioni controllabili”.

Exit mobile version