Antropofobia: siamo mostriciattoli (abbiamo sterminato i mammut…)

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 Un attacco all’idea stessa di essere umano.

 

 

Sul Guardian un caso di propaganda animalista su uno sfondo paleontologico.

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 Lo spunto per l’articoloIs this all humans are? Diminutive monsters of death and destruction?” dell’ambientalista George Monbiot giunge da una teoria sull’estinzione dei Mammut che individuerebbe nella caccia da parte delle popolazioni umane la causa. Una teoria tutta da verificare e comunque dalle implicazioni discutibili, che però viene ritenuta sufficiente a far dire a Monbiot parole pesantissime su noi stessi che leggiamo il suo articolo:

Vuoi sapere chi siamo? Davvero? Credi di volerlo ma ti dispiacerà. Se hai una qualsiasi forma d’amore per il mondo, questo articolo ti inietterà un veleno, una tristezza che urta l’anima- senza un ovvio antidoto.

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Non ha dubbi George, ci viene a dare una notizia terribile, e lo fa con toni che non ammettono repliche, la verità sull’essere umano ci inietterà nientemeno che un “veleno” dell’anima. Ma qual è questa incombente verità? Eccola dalle stesse parole dell’autore:

L’antropocene, termine oggi in voga tra gli scienziati, è l’epoca in cui viviamo: quella dominata dagli impatti umani sul mondo vivente. Gran parte di essi datano [il suo avvio]con l’inizio della rivoluzione industriale. Ma potrebbe essere iniziato molto tempo prima, con una follia assassina iniziata due milioni di anni fa.

Ciò che avvenne nelle savane africane fu dall’inizio morte: la distruzione dei mondi.

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La rivelazione effettivamente appare forte, due milioni di anni fa degli ominidi di Homo erectus, armati al massimo di asce e dall’incerto utilizzo del fuoco, sarebbero stati nientemeno che “distruttori di mondi”, i mondi in questione sarebbero quelli delle tigri dai denti a sciabola, delle iene giganti e i cani orso:

Prima dell’ Homo erectus, forse il nostro primo antenato riconosciuto e emerso in Africa, il continente abbondava di mostri. C’erano numerose specie di elefanti. C’erano smilodon e altre tigri dai denti a sciabola, iene giganti e creature come quelle di Hunger Games: anficionidi (o cani orso), grandi predatori con zanne enormi.

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Monbiot, che dati i suoi argomenti fa ricorso alla fiction di Hunger Games per esprimersi, sostiene dunque che l’estinzione delle specie da lui elencate sia stata causata dalla popolazione di erectus dell’epoca. Gli elementi per una vera e propria storiella pseudo scientifica ci sono tutti, vediamo allora come viene sviluppata la trama:

Come mostrano i paleontologi Lars Werdelin e Margaret Lewis, la sparizione di gran parte della fauna africana sembra che coincida con il passaggio a un’alimentazione basata sulla carne da parte degli antenati umani.

La grande estensione e lo strano modo in cui avvenne l’estinzione (essa si concentrò sugli enormi animali specializzati che stavano in cima alla catena alimentare) non è facile da spiegare in altri modi.

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E’ davvero incredibile: per Monbiot, ispirato dai paleontologi Lars Werdelin e Margaret Lewis, quella modesta popolazione pre umana avrebbe avuto la capacità di far estinguere i grandi carnivori, un’affermazione che dovrebbe basarsi su prove convincenti. La prova sarebbe nella coincidenza temporale tra il passaggio all’alimentazione carnivora di Homo erectus e l’estinzione dei grandi predatori: gli erectus avrebbero sottratto il cibo alle tigri dai denti a sciabola facendole morire di fame!

Tutte qui le prove: una semplice coincidenza di eventi. Ecco qui di seguito lo schema dello studio di Lars Werdelin pubblicato su Scientific American nell’Ottobre 2013:

monbiot homo carnivoro

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Ma Monbiot non si ferma a citare questo articolo, va oltre e cita la Oxford megafauna conference:

Nella Oxford megafauna conference della settimana scorsa, ho sentito come molti degli scienziati più importanti del mondo in questo campo hanno tracciato una nuova idea dell’impatto umano sul pianeta.

Ovunque noi siamo stati, il genere umano ha cancellato un mondo meraviglioso, cambiando il modo di funzionamento della biosfera. Per esempio, l’uomo moderno arrivò in Australia e in Europa più o meno nello stesso periodo – tra 40 e 50mila anni fa- con conseguenze simili.

In Europa, dove gli animali avevano imparato ad aver paura della precedente versione dello scimmione bipede, l’estinzione fu graduale. In 10 o 15mila anni il continente aveva perso i suoi mammut, i rinoceronti forestali, gli ippopotami, le iene e le mostruose tigri dai denti a sciabola.

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Insomma in Europa, dove gli animali avevano avuto modo di conoscere lo scimmione versione 1.0, la versione 2.0 portò all’estinzione in modo più graduale. Deve essere andata così, se lo hanno detto alla  Oxford megafauna conference… andiamo allora a leggere cosa dicono gli atti della Oxford megafauna conference:

Leggendo la prima pagina degli abstracts della Oxford megafauna conference, emerge quindi che Monbiot ha capito solo quello che voleva capire, infatti l’estinzione dei mammut, secondo il relatore Adrian M Lister del Department of Earth Sciences, presso il Natural History Museum di Londra, è stata probabilmente causata dalla frammentazione della popolazione dovuta alle variazioni climatiche e che l’idea che sia stata la caccia praticata dall’Uomo a determinarne l’effettiva estinzione è definita “attraente” ma le prove che la caccia ai mammut fosse effettivamente praticata sono limitate, specialmente nelle aree di rifugio del nord, inoltre non esistono prove della presenza di uomini contemporanei dei mammut nell’isola di Wrangel che costituì uno degli ultimi rifugi prima dell’estinzione. Insomma, anche i questo caso l’estinzione dei mammut non può essere ricondotta all’attività umana se non a livello di congettura.

Una congettura davvero fragile prò, non appare assolutamente credibile che sparuti gruppi di uomini e ominidi preistorici possano aver sterminato per le loro necessità alimentari tanta di quella fauna da privarne i grandi predatori, neanche nell’800 e nel ‘900, quando i coloni armati di fucili hanno popolato l’Africa, tigri e leoni sono stati minacciati per la competizione umana sulle prede. Nel Nord America poi i Pellerossa convissero a tempo indeterminato con i bisonti che furono minacciati solo dalla caccia indiscriminata con le armi di fuoco.

Senza contare infine che tra la megafauna estinta va inserito anche il megalodon anch’esso estinto intorno agli 1,8 milioni di anni fa, ma che per evidenti motivi assolutamente non può aver risentito della competizione/presenza umana:

Il Megalodon: anch’esso estinto a causa dell’uomo?

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Ma l’arroganza di Monbiot si spinge fino a capovolgere i punti deboli della sua tesi in conferme:

Alcuni mesi fa, un noto giornale ha dichiarato che le bestie enormi dell’America – i mammut e i mastodonti, bradipi giganti, leoni e tigri dai denti a sciabola, castori alti due metri, un uccello con un’apertura alare di 8 metri- non possono essere stati sterminati dagli umani, perché l’evidenza fossile della loro estinzione precede marginalmente le evidenze dell’arrivo dell’uomo.

Non ho mai visto distruggere un giornale così elegantemente e con fermezza come è avvenuto alla conferenza della settimana scorsa. L’archeologo Todd Surovell ha mostrato che la discordanza è proprio il risultato di ciò che ci si potrebbe aspettare se gli uomini ne fossero i responsabili. La distruzione di massa è facile da rilevare nella documentazione fossile: in uno strato le ossa erano ovunque, nel secondo non ce n’erano. Ma le persone che vivevano in condizioni disagiate con strumenti tecnologici base non lasciano quasi nessuna traccia.

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Peccato che non citi il “grande giornale” a cui si riferisce, viene da pensare che l’articolo in questione non sia stato poi così confutato in modo inequivocabile. E difficilmente avrebbe potuto esserlo se gli argomenti sono quelli riportati. In poche parole si era obiettato che l’estinzione dei grandi animali è stata precedente all’arrivo dell’Uomo e che quindi questo non può esserne stato la causa. Ineccepibile.

Ma ecco il metodo “Darwin” all’opera. Sappiamo che all’obiezione sulla mancanza di fossili delle specie di transizione, necessari a supportare la sua teoria, Darwin rispose che i fossili non si trovavano solo perché come sappiamo non sempre si formano quando un animale muore, quindi è normale che non si trovino. Un vero capolavoro degno dei migliori sofisti: il fatto che un evento sia raro trasforma la sua mancanza totale in una conferma della sua esistenza.

Allo stesso modo Monbiot e l’archeologo Todd Surovell  vengono a dirci che proprio poiché le popolazioni umane erano appena arrivate, e “vivevano in condizioni disagiate”, non ne troviamo traccia, e questo confermerebbe la loro presenza.  Signori questa è la scienza…

 In conclusione quello che possiamo davvero ricavare dai dati presentati è ben diverso dalla propaganda di Manbiot:

1- L’estinzione dei grandi predatori e dei grandi animali in genere non è riconducibile a cause umane, sia per via della ridotta popolazione umana nei periodi interessati, sia per l’assenza di prove della stessa presenza umana in quei contesti. (Così come non è sostenibile l’estinzione dei Neanderthal da parte dei Sapiens).

2- L’estinzione dei mammut è stata causata dalla frammentazione in gruppi molto piccoli, proprio come potrebbe essere avvenuto per i Neanderthal.

3- In quest’ultimo caso viene confermata l’ipotesi che i meccanismi darwiniani portano all’estinzione e non all’evoluzione (come esposto qui su CS recentemente “Neanderthal, Denisova e Sapiens: i meccanismi darwiniani portano all’estinzione, non all’evoluzione.“)

 Ma dall’articolo pubblicato sul Guardian esce tutta un’altra storia, una storia di propaganda animalista e antropofobica, una propaganda che viene accettata in modo acritico e diventa base indiscutibile per giudizi gravi, come quelli che si possono leggere neigli oltre 1200 commenti a seguire l’articolo. Basta riportare il primo (condiviso da 139 persone): Boycott the human race.

Per Monbiot andrebbe ipotizzato il reato di istigazione all’antropofobia.

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Laureato in Biologia e in Farmacia, docente di scienze naturali Nel 2011 ha pubblicato "Inchiesta sul darwinismo", nel 2016 "L'ultimo uomo" e nel 2020 "Il Quarto Dominio".

15 commenti

  1. Comunque c’è un aspetto positivo in questa triste e sconcertante vicenda: gli animalisti antropofobi sono condannati, dalla loro stessa ideologia, all’autoestinzione.

    • I teoria sì, in pratica ho l’impressione che loro si ritengano portatori di una mutazione che li rende buoni e che la loro bontà si manifesti con il desiderare, e forse agire in favore, dell’estinzione dei sapiens cattivi, che sono i non animalisti.

  2. Due considerazioni paradossali: accettando il darwinismo fino in fondo, dov’è il problema? Fingiamo che Monbiot abbia ragione (ignorando la mancanza di prove in merito): è successo quello che si racconta dai tempi di Darwin, è comparsa (per caso e necessità) una specie più adatta e ha sbaragliato la competizione al vertice della catena alimentare. A me sembra darwinismo al 100%, di cosa si lamentano? Perchè dovremmo – se fosse vero – sentirci in colpa?
    Seconda considerazione (sempre, mi sembra, ultradarwinista): se elimiamo qualsiasi differenza tra l’uomo e gli altri animali, e quindi ogni ruolo di custodia del creato, perchè dovremmo crearci qualche problema, una volta raggiunto il dominio sull’ambiente, a spadroneggiare come se non ci fosse un domani? Che responsabilità abbiamo nei confronti delle altre specie? Nessuna che non ci siamo dati da soli, senza che nessuno ce lo chiedesse. Abbiamo solo l’interesse alla sopravvivenza della nostra, e nulla più. Ma, obietteranno gli ambientalisti, l’uomo è diverso perchè è consapevole. E’ diverso? Allora stiamo segando il ramo dove siamo seduti..

    • Ragionamento che non fa una piega.
      Delle due cosa una sola può essere vera, o siamo superiori e allora responsabili, o siamo come tutti gli altri animali e quindi chi se ne frega dei mammut & Co.
      E invece no, il bipensiero, quella grande intuizione di Orwell, regna sovrano, per cui in base alle convenienze si può pensare che una volta siamo responsabili degli animali e un’altra che siamo sullo stesso piano.
      Una volta eliminata la capacità critica nelle persone e sostituita con l’emotività gli si può far credere tutto quello che si vuole, anche cose contraddittorie.

    • Giorgio Masiero on

      Il ragionamento di Marco è logico, matematico: da A deriva B. E’ l’n-sima versione dell’aporia fondamentale del darwinismo, quella cui Darwin stesso era infine pervenuto col suo famoso dubbio in età avanzata.
      E poiché in logica da una premessa falsa consegue, come noto, qualsiasi proposizione, in particolare sia C che not(C), il principio di non contraddizione non vale in quella filosofia. Come ragionarci allora?!

      • La demolizione dell’istruzione come cultura a favore delle abilità operative (che tra l’altro non ci sono) ha reso possibile far passare questi obbrobri logici.

    • LawFirstpope on

      Ottima osservazione Marco.
      Pensa che prima di leggere i commenti ne volevo scrivere uno uguale al tuo! 🙂

  3. Il senso critico andrebbe insegnato a scuola, ma da liceale notai due ostacoli al suo sviluppo: 1) lo studente deve prima studiare bene un argomento se dopo vuole fare un’analisi critica, altrimenti criticherebbe senza una base, ma non tutti studiano con passione; 2) l’insegnante pone la crtitica come una cosa già fatta, un paragrafo in più a fine capitolo che a molti sembra solo una cosa in più da studiare, che non saprebbero fare propria.

    • Ciao, il senso critico va spiegato a scuola, e se non lo fanno le maestre, lo dobbiamo fare noi. Due settimane fa in terza elementare ho fatto un incontro di due ore su cosa é la vita e come nasce. Ho mostrato le cellule dei ragazzi (con un microscopio che avevo portato) e la loro complessitá. Poi ho chiesto loro di fare una casetta di Lego che avesse ogni parete un colore uniforme. Un gruppo agitava un sacco nero con dentro tantissimi Lego, un gruppo costruiva la casa con le mani e gli occhi bendati, il terzo gruppo la costruiva con occhi liberi e mani. Il senso critico dei ragazzi é stato molto stimolato quando, dopo un quarto d’ora, hanno visto il risultato dei Tre gruppi. E l’anno prossimo, oltre le elementari, anche medie e superiori. E voi cosa aspettate? Buon lavoro!! 😉

      • Io ho veramente compreso la complessita’ della vita, della cellula, e in particolare dell’uomo, quando, mio malgrado, mi sono trovato a girare per ospedali e ho notato quanti specialisti ci sono per ogni singola ghiandola, ogni singolo tessuto del corpo umano, e quanto ancora purtroppo siano poco o punto efficaci le cure per esse (e quindi qaunto sia comlicato studiarle e capirne il funzionamento).

  4. Vincenzo Ferrara on

    Monbiot dovrebbe ritornare a scuola, possibilmente indicherei far ripartire il suo percorso dalla 3° media, anche se ahimè non so se la razionalità sia apprendibile. Il problema è che le lobbie animaliste (si, parliamo di vere e proprie lobbie), muovono ingenti quantità di denaro (oggi più di ieri) e ciò si riflette in un ampliamento esponenziale ed in ogni settore di tutte le più astruse teorie contro l’essere umano che oggi come oggi vanno molto di moda e che trovano terreno fertile, guarda caso, in tutta quella parte della popolazione (ovvero la maggioranza) che non ha le minime conoscenze biologiche ed ecologiche di base.
    Sia chiaro il mio discorso non vuole giustificare l’operato malsano dell’uomo che invero spesso è stato distruttivo e deleterio ma sempre condannabile e spesso condannato proprio in virtù della superiorità morale dello stesso uomo, ci mancherebbe altro.
    Questa ondata di “antropofobia” sovente violenta mi porta a notare una cosa, tutti i comportamenti di animalisti, vegani, antropofobici radicali provengono da persone che puntualmente vivono in città altamente industrializzate, usano manufatti prodotti dall’uomo e non certo dalle scimmie (cellulari, auto, vestiti) eppure puntualmente sterminerebbero dall’oggi al domani l’intera razza umana perché “crudele e malvagia”. Si rasenta anche qui e forse ancor in maniera più lampante l’orwelliano bipensiero.
    Ma sinceramente con l’articolo del mammut abbiamo raggiunto il paradosso, della comicità…ovviamente…

    • Vincenzo, d’accordissimo con la tua conclusione, l’articolo è un esempio di comicità involontaria, ma il fatto che questa comicità venga invece presa sul serio fornisce la misura della mancanza del senso critico di cui si parla sopra.
      E questo, al di là dell’antropofobia, è il terreno di coltura che unisce diversi temi d’attualità.

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