Festival della Scienza, AIDS e preservativi. La scomoda verità.

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durex

Lo sponsor di una sezione del festival della scienza di Genova

 

Cosa c’entra il festival della scienza con i preservativi?

Su Wired uno strano concetto di educazione.

 

Lo dico senza giri di parole: credo che queste insegnanti dovrebbero vergognarsi.

Questa la sentenza apparsa su Wired nell’articolo “Festival della scienza: Aids, preservativi e insegnanti indignati“. Per chiarire di cosa stiamo parlando diciamo subito che gli insegnanti in questione, quelli che secondo l’articolo di Wired dovrebbero vergognarsi, sono quelli che a Genova, visitando una mostra all’interno del Festival della scienza 2014 dedicata all’AIDS, hanno protestato per la sponsorizzazione di quella sezione da parte della DUREX, sponsor che ha per l’occasione posto nello spazio dedicato un contenitore di preservativi da prendere e portare a casa.

Ma vediamo direttamente dalle colonne di Wired qual’è il motivo della condanna degli insegnanti:

Lo dico senza giri di parole: credo che queste insegnanti dovrebbero vergognarsi.
Esistono, nel mondo, delle verità scientifiche.
Una di queste è che l’AIDS è una malattia sessualmente trasmissibile, che colpisce ancora oggi milioni di persone, e che può essere controllata esclusivamente proteggendo i rapporti.
Cioè, usando il preservativo.

La generazione che queste insegnanti stanno facendo crescere tra le mura della loro scuola, non sente quasi più parlare di AIDS.
Rispetto ai figli degli anni ’90, per questi ragazzi (lo dicono molti sondaggi, anche recentissimi) l’uso del preservativo è legato quasi esclusivamente alla protezione da gravidanze indesiderate e, comunque, in crollo verticale: è infatti considerato scomodo, e soprattutto un po’ da sfigati.
Cosa dovrebbero fare delle rappresentanti dello Stato, e della scuola pubblica, davanti a dati così tragici, provenienti da tutto il mondo occidentale (alcuni studi indicano un aumento della diffusione dell’AIDS addirittura superiore al 20% tra i giovani 18-30 anni)?
Io credo – e mi sembra di dire una banalità terrificante – che dovrebbero fare educazione.

Educazione vuol dire spiegare i rischi e le possibili prevenzioni.

Educazione vuol dire prendere coscienza che i nostri giovani imparano il sesso su youporn, dove l’uso del preservativo è praticamente assente, e che nessun adulto li prende mai da parte per spiegare la differenza tra pornografia, amore e sesso.

Educazione vuol dire anche trattare argomenti delicati, importanti, a volte imbarazzanti, perché questo è quello che deve fare un insegnante, se vuole ritenersi tale.

Partendo dalla fine quello che colpisce è che l’autrice dell’articolo che dalla presentazione su Wired è una “Coordinatrice pedagogica” proponga un’idea abbastanza confusa di cosa sia l’educazione, infatti dei tre casi elencati solo uno riguarda l’educazione. Educare da “e-ducere” significa “cavar fuori”, riuscire a portare alla luce le buone inclinazioni della persona, vediamo dunque di quale educazione stiamo parlando.

-“Spiegare i rischi e le prevenzioni” non vuol dire educare, semmai dare istruzioni su rischi e prevenzioni.

-Quando l’autrice afferma “i nostri giovani imparano il sesso su youporn” e poi porta come problema che su youporn non si usano i preservativi, non sta parlando di educazione. Semmai si parla ancoora di “istruire” qualcuno sull’uso del profilattico, non di educare. E quando poi finalmente viene correttamente posta all’attenzione la differenza tra pornografia, amore e sesso non si capisce cosa questo c’entri col preservativo in quanto non contraddistingue uno dei casi rispetto all’altro. In poche parole, il contenitore dei preservativi aiutava a capire la differenza tra pornografia, amore e sesso?

-Trattare argomenti delicati, importanti o imbarazzanti ancora una volta non ha niente a che vedere con l’educazione in sé, semmai con l’approccio che si deve tenere nell’affrontare un argomento delicato: mettere una cesta di preservativi è un modo delicato di affrontare l’argomento sesso?

Non è questa l’educazione. Educare su questi argomenti significa dire che non è l’uso del profilattico a sistemare le cose, educare semmai significa far capire che una vita affettiva non sregolata non solo difende dalle malattie contagiose ma è anche benefica psicologicamente. Il resto è dare istruzioni, è “tecnica”, una tecnica per prevenire malattie che non a caso si chiama “profilassi” da “pro phylax”, custode posto a difesa di qualcosa, da cui “profilattico”.

Chiarito che gli insegnanti che hanno protestato non hanno mancato al loro compito di educare, né in verità a quello di dare istruzioni poiché prendere un oggetto da una cesta non istruisce all’uso di qualcosa, puntiamo l’attenzione su quello che è sfuggito all’articolista e che è molto più interessante della cesta di preservativi. All’inizio dell’articolo viene detto:

Tra le tante mostre e laboratori a disposizione di visitatori e scuole, spiccava Out of sight – una galleria fotografica che, con la forza cruda delle immagini, raccontava la tragedia dell’Aids in cinque diversi paesi: Thailandia, Mozambico, Brasile, Ucraina ed USA...

…Cosa dovrebbero fare delle rappresentanti dello Stato, e della scuola pubblica, davanti a dati così tragici, provenienti da tutto il mondo occidentale (alcuni studi indicano un aumento della diffusione dell’AIDS addirittura superiore al 20% tra i giovani 18-30 anni)?

Cinque paesi che ad esclusione degli USA (forse) sono caratterizzati  da vaste e profonde sacche di povertà, paesi dove dietro l’AIDS si vuole spesso nascondere il fatto che la gente muore di povertà, paesi che non sono proprio rappresentativi del mondo occidentale e di certo non sono confrontabili con una realtà come quella italiana. E cosa vuol dire che la diffusione dell’AIDS è in aumento di circa il 20% trai giovani?

Come sempre le cifre vanno verificate, e allora andiamo a vedere cosa risulta dai dati diffusi dall’ISS in uno dei rapporti più recenti (anche se non aggiornato agli ultimi due anni) disponibili.

Il primo grafico è quello relativo alla diffusione del virus HIV per 100.000 residenti:

Come è possibile constatare, dopo un picco verificatosi indicativamente tra il 1985 e il 1992, il contagio è andato diminuendo mostrando una sostanziale stabilizzazione su valori di circa 10 casi su 100.000 individui. Da notare un leggero aumento negli ultimi anni tra la popolazione maschile.

Il secondo grafico è quello relativo all’incidenza dell’AIDS ogni 100.000 residenti:

Anche in questo caso è possibile vedere come il picco sia stato superato essendosi verificato nel 1995, e di come secondo gli ultimi dati i casi di malattia conclamata siano al di sotto dei 2 ogni 100.000 residenti.

Quella dell’AIDS in Italia è dunque un’epidemia sotto controllo, niente a che vedere con i casi dei paesi presi come riferimento dalla mostra fotografica del Festival della scienza. La sponsorizzazione da parte della Durex e l’iniziativa dei preservativi ‘free’ appaiono dunque non particolarmente utili ai fini della prevenzione della malattia, resta la motivazione commerciale che niente ha a che vedere con l’educazione. Quindi lo dico senza giri di parole: quegli insegnanti hanno fatto bene a protestare.

 Ma resta un punto da chiarire, quel leggero incremento dei casi di contagio da HIV negli ultimi anni, orientativamente dal 2008. Per saperne di più andiamo a vedere le diagnosi suddivise per modalità di trasmissione:

Tutte le modalità di trasmissione sono in diminuzione, tranne una: quella denominata MSM. Cosa indica tale sigla? Andano a leggere a pag. 5 dello studio troviamo il neologismo ” Maschi che fanno Sesso con Maschi “. In poche parole secondo i dati diffusi dall’Istituto Superiore di Sanità, l’unico motivo per cui i casi di contagio da HIV sono il leggera ripresa tra i maschi, sono i rapporti omosessuali.

Questo dato è confermato chiaramente anche in un altro grafico:

Quest’ultimo grafico evidenzia come la linea MSM (omosessuali maschi) sia l’unica in controtendenza rispetto alle altre. Al secondo posto viene solo quella denominata IDU (Injecting Drug User), a testimonianza di una ripresa verificatasi in questi ultimi anni nell’uso di oppiacei (eroina – morfina) come testimoniano le cronache.

Andando oltre le apparenze, quello che è successo al Festival di Genova è la cronaca di una legittima protesta da parte degli insegnanti che hanno il diritto di non essere insultati da nessuno.

Su una cosa concordo con l’articolo di Wired, quando è il caso bisogna “trattare argomenti delicati, importanti, a volte imbarazzanti, perché questo è quello che deve fare un insegnante, se vuole ritenersi tale”, e dai dati dell’ISS emerge il fatto che l’AIDS è una malattia sotto controllo ma che vede come punti critici l’incremento nell’uso delle droghe iniettabili e nei rapporti omosessuali maschili.

Insegnanti, poiché da nessuna altra parte viene detto, abbiate il coraggio di spiegare che i rapporti omosessuali maschili sono il maggior fattore di rischio per l’AIDS. Chi non lo fa dovrebbe vergognarsi.

 

 

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Laureato in Biologia e in Farmacia, docente di scienze naturali Nel 2011 ha pubblicato "Inchiesta sul darwinismo", nel 2016 "L'ultimo uomo" e nel 2020 "Il Quarto Dominio".

44 commenti

  1. Ottimo articolo, professore, e anche tempestivo: fosse stato pubblicato dopo la legge Scalfarotto non so se l’avrebbe passata liscia …
    Grazie.

    • A proposito, notato il neologismo ” Maschi che fanno Sesso con Maschi “che evita di nominare l’omosessualità maschile?
      Sembra che gli autori dell’articolo si siano autocensurati, un altro caso che Orwell sarebbe fiero di aver intuito.

      • Gia’. E l’omosessualita’ femminile non e’ neanche in lista.
        C’era un episodio di South Park…. ok non lo cito 😀

      • Esiste anche la bisessualità(molto più diffusa dell’omosessualità esclusiva) così come esistono circostanze estreme in cui maschi fanno sesso con maschi per ripiego(vedi carcerati, marinai, soldati, seminaristi ecc..)

        • Buonasera Andrea, per evitare confusioni con l’altro utente con lo stesso nome ho aggiunto una “C”, per ulteriori commenti le chiedo di usare questo nome o di registrarsi con un altro di sua scelta.
          ep

  2. E’ proprio lì il punto: il profilattico non deve essere visto come “una cosa per evitare di avere figli”, ma “una cosa per evitare malattie”.

    Ovvero anche i maschi hanno bisogno di profilattici -_-

    Vergogna pure a te. 😛

  3. Giorgio Masiero on

    Se un’industria di merce X sponsorizza – cioè investe soldi in – un convegno di “scienza”, chi si deve vergognare è una persona che pubblicizza la necessità della merce X come una “verità scientifica”. Tanto più se la merce ha a che fare con la salute. Si chiama (si chiamava una volta?) conflitto d’interessi.

    • L’interesse della casa produttrice che sponsorizza può spingere a presentare la situazione più grave di quanto sia, un conflitto piuttosto evidente.

  4. Mi pare che Wired abbia fatto un guazzabuglio che riesce a propinare solo grazie alla baggianata secondo cui “I bigotti tengono segreti i preservativi ai giovani poverini che così si beccano le malattie”: se a 16 anni non ti viene il dubbio che le malattie sessualmente trasmissibili si trasmettono facendo sesso (“Uhm, chissà se qualcuno ci ha pensato e ha trovato il modo per fare sesso abbassando il rischio di prendersi le malattie? Boooo”) il problema non è di biologia delle superiori, ma di grammatica delle elementari. E infatti i giovani (che non sono stupidi) lo sanno, ma non vogliono usare il preservativo per altri motivi, che Wired conosce (e cita anche), ma poi si perde. E ancora: forse che forse, ma non è che su YouPorn non si fa largo uso del preservativo NON per influenzare il pubblico a non usarlo, ma PROPRIO PERCHE’ le industrie del porno sanno che il consumatore il preservativo non lo vuole vedere usato dagli “attori”? E allora perchè Durex non ha pensato di sponsorizzare direttamente YouPorn? Faceva prima. Il problema ce lo dice – mirabile dictu – sempre Wired, ed è tutto nel fatto che nessuno dice più “la differenza tra pornografia, amore e sesso”, ma io lo vorrei proprio leggere un articolo su Wired che mi spiega cos’è l’amore, sarei proprio curioso…

    • Grazie Marco, i infatti come ben sanno a Wired c’è un complotto da parte degli insegnanti per tenere nascosta l’esistenza dei preservativi agli adolescenti, anzi zitti zitti non ne parliamo se no se ne accorgono…

  5. Diciamo che per quanto riguarda i preservativi il pensiero politicamente corretto ha incontrato il business e, come spesso accade, si è fatto raggirare, dal momento che va proponendo acriticamente da decenni questo rimedio contro quasi tutti i mali dell’umanità.
    Credo che tutte le campagne per inondare i paesi poveri di preservativi (poco utilizzati perché poco graditi) abbiano dietro in qualche modo i produttori di preservativi, bisognerebbe rendersene conto e iniziare a pensare con la propria testa, senza essere condizionati dai luoghi comuni del pensiero dominante, ma questa è impresa che riesce a pochi, anche perché le affermazioni ripetute infinite volte diventano, per i molti che si lasciano condizionare, delle lampanti verità e chi contrasta questi condizionamenti viene additato come “nemico del genere umano” e messo alla pubblica gogna per aver osato contrastare l’ alleanza tra pseudo-scienza e vero business.

  6. Dico la mia…
    Dall’articolo: “la scienza non è un terreno neutrale”.
    Eggia’, ora tutti i Machiavelli si scoprono scienziati, il fine e’ troppo importante..
    AH FANATICI!
    Intanto ho i miei dubbi che sia il posto per fare educazione. Non parlo della specifica educazione sessuale parlo in genere. Cioe’ cosa, se c’e’ la sezione sulla scoperta del fuoco allora stanno li’ ad insegnare come fare un fuoco da campeggio? Non gradisco molto questo approccio bacchettone alla scienza, se e’ cosi’ allora e’ un festival vietato ai maggiori di 18 anni.
    Invece, per criticare la specifica scelta di educazione sessuale sarebbe da valutare negli altri padiglioni se sono cosi’ bacchettoni.
    Ma la mia critica e’ un po’ piu’ generale. Questo scambiare la scienza con la cultura, non so, mi pare fuori luogo anche se ogni padiglione avesse annesso il capannello “pistolotto culturale”. Non ne vedo il motivo.
    Idem per la sponsorizzazione. Questo accade negli altri padiglioni?

  7. Mi scusi, prof. Pennetta, se cerco di approfittare della sua disponibilità e professionalità. Sarebbe molto interessante se sapesse indicare la REALE CAPACITA’ PERCENTUALE DI PROTEGGERE, dei preservativi, in rapporti sessuali con persone sieropositive. Credo che si aggiri intorno all’80%, giusto? Questo significa che, pur usando il preservativo, una persona sana resterà infettata, mediamente, una volta ogni cinque rapporti sessuali con persone sieropositive. E’ corretto?

    • Sicuramente stai facendo riferimento all’indice di Pearl, ma questo viene calcolato sulle gravidanze e per restare gravide occorre che oltre al rapporto ci sia l’ovulazione, mentre l’Aids con un rapporto lo puoi contrarre sempre, quindi il preservativo è ancora meno protettivo di quanto si voglia far credere.

      • meno protettivo dell’80%?
        Ovvero più del 20% di probabilità di contrazione facendo sesso con il preservativo?

        • Esattamente. Ogni cento rapporti sessuali con persone sieropositive usando correttamente il preservativo, ci sarebbero venti nuove persone infettate.

          • Siamo sicuri? Perche’ vorrebbe dire che senza preservativo, ogni 100 rapporti con persone infette, quel poverino si infetterebbe 100 volte (perseverare diabolicum 😀 ).
            Battuta a parte voglio dire che l’HIV non mi pare abbia “aggressivita’ 100%”, cioe’ non e’ “infallibile”, c’e’ anche il caso statistico di “rapporto con persona infetta, senza preservativo, eppure senza contagio avvenuto”, o mi sbaglio?

          • Siamo assolutamente lontani da una simile possibilità, il rischio di contagio anche senza protezione è piuttosto basso:
            “Il rapporto sessuale ricettivo non protetto con una persona HIV+ ha una probabilità di infezione che varia tra lo 0,3% e lo 0,8% se anale, e tra lo 0,05% e lo 0,2% se vaginale. Il sesso attivo, sia anale che vaginale, ha una probabilità di contagio tra lo 0,03% e lo 0,09%.”
            Siamo facendo una media approssimativa,nell’ordine di un rischio di contagio ogni 1000 rapporti con una persona infetta.

            (Dati:http://www.stopaids.it/prevenzione-hiv/percentuali-di-rischio)

  8. In verità, se vogliamo fare comunicazione scientifica vera(e non propaganda anti-gay mascherata da scienza) , sull’efficacia del condom nel prevenire l’hiv non ci sono dubbi: http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/11687062
    “This review indicates that consistent use of condoms results in 80% reduction in HIV incidence. Consistent use is defined as using a condom for all acts of penetrative vaginal intercourse”

    E non sono i rapporti omosessuali “il maggior fattore di rischio”, ma semmai una vita sessuale molto promiscua in generale, senza adeguato e rigoroso uso del profilattico(un gay che indossa sempre il profilattico correttamente, presumibilmente non rischia più di un etero)
    Quindi se vogliamo fare informazione corretta, l’accento non va messo sull’orientamento sessuale, ma sui comportamenti; la promiscuità è più frequente tra gay e bisex, ma un uomo etero che va a puttane, o pratica scambio di coppia(e altre forme di sesso promiscuo) senza protezioni, non rischia meno dei gay(anche molti pornoattori e pornoattrici etero si sono beccati l’HIV)

    • Non so quanto valido possa essere questo studio, però vedo che parla di “adeguato e rigoroso uso del profilattico”, anche per l’indice di Pearl c’è una bella differenza tra l’uso ‘”perfetto” che darebbe il 2% (98%) e l'”uso tipico” che da il 15% (85%), Ora secondo te l’utilizzo abituale, sopratutto nei paesi in via di sviluppo, è l'”uso perfetto” o quello “tipico” ? Credo proprio che sia addirittura l’uso “imperfetto”, ossia ancora peggiore di quello “tipico” (dal momento che quello “tipico” nelle statistiche comprenderebbe anche quello “perfetto”, seguito da una minoranza di persone ben istruite sull’uso del profilattico). Cerchiamo di applicare un po’ di sano realismo che è più scientifico di tanti studi “a supporto” delle note tesi.

    • L’80% di riduzione mi sembra un dato significativo, ma non troppo. Se qualcuno mi dicesse che – per esempio – facendo base jumping ho l’80% di possibilità di non farmi nulla ed il 20% di uccidermi o farmi malissimo ed io non voglio correre il rischio direi che l’unica scelta razionale sarebbe quella di astenermi dal fare base-jumping (un’attività che deve essere eccitantissima ma che a queste condizioni non vale la pena di essere fatta). Con l’HIV invece succede quella cosa strana che – secondo alcuni – chi invita a correre il rischio del 20% è visto come il salvatore dell’umanità e chi invita ad astenersi (dai rapporti sessuali promiscui) e fare altro (avere rapporti con una persona solo dopo averla scelta per la vita ed averla conosciuta profondamente) è ritenuto responsabile di milioni di vittime. E basandosi su questo pattume mentale ci scrivono pure centinaia di articoli livorosi (un anziano tedesco che vive ritirato in vaticano ne sa qualcosa)! Valli a capire!

      • Certo che per appassionati di scienza ne capite ben poco di quello che leggete quando si tratta di articoli o si tratta di masticare numeri….

        80% è la riduzione sull’incidenza totale, non l’efficacia dell’uso del preservativo e lo scrive pure esplicitamente che quella non la può calcolare.

        Ovvero se ad esempio si ha il 20% di contrazione per altre vie, verticale, iniezioni, scambio accidentale di sangue….etc… (numero che guardando sopra non mi pare così sconsiderato, fra l’altro)
        Avere una riduzione dell’80% presso gli utenti preservativo implicherebbe una efficacia del 100%.

        D’altronde anche la probabilità di trasmissione per sesso non protetto non è lontanamente vicina al 100%, e le due probabilità, di efficacia e di trasmissione, si moltiplicano, quindi la risultante è piuttosto bassa.

        Fra l’altro perfino la Chiesa Cattolica ammette l’uso del preservativo nel caso in cui uno dei coniugi abbia contratto HIV o altre malattie sessualmente trasmissibili, secondo voi lo farebbe in caso di insicurezza? -_-

        • Hai ragione Andrea, dalla fretta avevo letto la percentuale e non mi ero soffermato sul significato della stessa. Dall’articolo in effetti non si deduce quale sia l’efficacia percentuale del preservativo nell’abolire il rischio di contrazione dell’HIV nel singolo rapporto sessuale ed è vero che in linea teorica potrebbe anche essere pari al 100%. Detto questo, considerando come sempre possibile l’eventualità di un impiego non corretto e/o di una rottura, non sarebbe forse più utile innanzitutto per la prevenzione dell’aids insegnare a non avere rapporti con il primo che capita, piuttosto che dire “scopate a destra ed a manca ma usate il preservativo”? Con i miei figli, di sicuro, opterò per la seconda alternativa (che alla lunga mi sembra anche la migliore per il benessere psicologico della persona – anche se nel mondo d’oggi è considerata da sfigati -, ma questo è un altro discorso).

          • Sicuramente, ma una cosa non esclude l’altra. Anzi.

            Bisogna insegnare a usare il preservativo COMUNQUE, anche col partner più fedele, almeno finché non si ha la certezza, almeno per tempo e sintomi o meglio per test, di non correre alcun rischio.

            Ma l’efficacia e l’importanza del preservativo non possono essere negate e, nei paesi in cui questo è endemico, devono essere diffusi, assieme a una corretta informazione ed educazione sessuale, per combattere la malattia.

            Non è giusto distribuirli a pioggia credendo che il problema si risolva in questo modo naiv. È necessaria una sinergia fra l opera di “evangelizzazione” della fedeltà coniugale e dei rapporti, assieme alla utilizzo del preservativo non solo come contraccettivo ma anche come protezione. ABC è stata la strategia per diverso tempo. negare la loro importanza è pazzesco.

  9. Pingback: AIDS, preservativi e se… “ZITTO CHE CI SONO I BAMBINI!” | Fonduta-blog

  10. Leggere studi di questo tipo, capirli e tradurli è uno dei miei lavori, quindi, Andrea, tengo a precisare che tutto quanto da te spiegato sopra lo avevo letto e capito, ma le mie critiche restano in piedi perché non riguardano questo aspetto, ma proprio l’uso “perfetto” (consistent, in inglese) o meno del preservativo. Per me l’uso non è “consistent” nella maggior parte dei contesti e non lo è certamente nei paesi in cui l’Aids è davvero un problema enorme. A me poi non risulta proprio che la Chiesa consenta l’uso del preservativo se un partner è infetto, mi sarò perso qualcosa, ma una decina di anni fa ricordo proprio che erano forti le polemiche a questo proposito, poi è possibile che qualche missionario o anche qualche monsignore si siano espressi diversamente in merito, ma questa non dovrebbe costituire la posizione ufficiale della Chiesa. E direi anche giustamente, perché il rischio per una coppia con un componente infetto resta comunque significativo e l’Aids non è una malattia da poco, ma è tuttora considerata mortale.
    Tieni conto che nello studio da te postato si conclude dicendo che il preservativo è solo “poco meno effettivo” contro l’HIV che in funzione antigravidanza, questo perché 80% è inferiore a 85%, ma 85% è l’indice di Pearl con uso “non consistent” , mentre nello studio da te postato quell’ 80% è dato da uso “consistent” che se adottato per evitare la gravidanza darebbe un ben più elevato 98% (c.v.d).
    Se poi c’è riferimento all’indice di Pearl questo significa che si tratta di rischio ridotto “per anno” quindi una coppia stabile negli anni ha comunque un rischio molto più elevato di trasmissione, “rischio” che su un numero congruo di anni può diventare praticamente una certezza di trasmissione (e anche per questo, ricordo, la Chiesa si opponeva a questa possibilità…).

    • L’hai capito benissimo lo studio devo dire: Ll’indice di Pearl è su base annua e questo sarebbe un’efficacia normalizzata su 100 anni.
      La “certezza di trasmissione” su base sessuale è assolutamente smentita da questo studio (e altri) che ha conclusioni decisamente più positive delle tue personali.

      Sì hai perso 10 anni comunque date le dichiarazioni di Benedetto XVI. In ogni caso non è granchè importante clinicamente ciò che la CC fa o pensa, ma a testimonianza che pure i più ideologicamente contrari di quando in quando si piegano alle evidenze, tranne che qua… 😛

      • Inoltre mentre questo indice tiene conto che esiste una probabilità consistente di infezione attraverso altri mezzi, la probabilità di concepimento per via non sessuale mi risulta piuttosto bassa tale da influire nell’indice di Pearl. 😛

    • Dirò qualcosa di molto politicamente scorretto ma matematicamente corretto: di fronte ad una malattia che ha una percentuale di trasmissione di un 1/1.000 e di fronte ad un’incidenza tra la popolazionequi in Italia (non siamo in Thailandia o in Ucraina ecc…) di 1/10.000, mi troverei ad affrontare con un rapporto non protetto un rischio di 1/10.000.000 (leggasi una probabilità su dieci milioni), quindi su una base puramente statistica io non userei alcuna precuazione.
      Ed è esattamente quello che fanno le persone comunemente e come vediamo le cifre del contagio restano basse, quindi l’allarmismo dello stand della Durex è solo una manovra di marketing che da insegnante non posso avallare.

      • Ma non si parlava di paesi in via di sviluppo?

        Comunque è proprio questo modo di pensare decisamente parziale che genera i picchi di contagio periodici per AIDS, specialmente fra gli omosessuali.

        Il diffondersi di epidemie non segue propriamente la statistica equiprobabile.

        • Nel seguito della discussione si era parlato dei paesi del Terzo mondo, io sono tornato sull’episodio della sponsorizzazione di Genova.
          Riguardo ai paesi in via di sviluppo riporto dei dati significativi segnalati in un articolo di Lucetta Scaraffia:
          .
          Il preservativo, in Africa, non è usato nel modo “perfetto” – l’unico che garantisce il 96 per cento di difesa dall’infezione – ma nel modo “tipico”, e cioè con un utilizzo non continuato e non appropriato, che offre solo un 87 per cento di difesa, e per di più dà una sicurezza che può essere pericolosa nel mettersi in rapporto con gli altri: come si sa, l’aids non si trasmette solo attraverso il rapporto sessuale, ma anche per via ematica; basta quindi un’abrasione, un po’ di sangue, per aprire la possibilità di contagio. Bisogna anche ricordare, come è scritto sulle puntigliose istruzioni d’uso delle scatole di preservativi, che questi si possono danneggiare facilmente con il caldo – sono di lattice! – e se vengono toccati con mani non lisce, come quelle di coloro che fanno lavori manuali.
          Ma le industrie farmaceutiche, tanto precise nel segnalare questi pericoli, sono poi le stesse che appoggiano la leggenda secondo cui la diffusione dei preservativi può salvare la popolazione africana dall’epidemia: e si può facilmente immaginare che ogni idea per diffonderne l’uso sia accolta con vero giubilo dai loro uffici commerciali.
          .
          L’unico Paese dell’Africa che ha ottenuto risultati buoni nella lotta all’epidemia è l’Uganda, con il metodo Abc, in cui A sta per astinenza, B per fedeltà e C per condom, un metodo certo non del tutto aderente alle indicazioni della Chiesa. Persino la rivista “Science” ha riconosciuto nel 2004 che la parte più riuscita del programma è stata il cambiamento di comportamento sessuale, con una riduzione del 60 per cento delle persone che dichiaravano di avere avuto più rapporti sessuali e l’aumento della percentuale dei giovani fra i 15 e i 19 anni che si astenevano dal sesso, tanto da scrivere: “Questi dati suggeriscono che la riduzione del numero dei partner sessuali e l’astinenza fra i giovani non sposati anziché l’uso del condom sono stati i fattori rilevanti nella riduzione dell’incidenza all’Hiv”.

          http://www.vatican.va/news_services/or/or_quo/commenti/2009/067q01b1.html

          • Leggi il mio commento poco sopra citavo appunto il metodo ABC.

            Qua sembra che piace spingere su A.B. e si cerca l’arrampicata sugli specchi per negare C.

            Ma la C di condom, rimane, ed è stupido negare la sua importanza.

      • La tua valutazione è corretta, ma anche se l’HIV nell’immaginario collettivo è quella che fa più paura, esistono anche altre infezioni sessualmente trasmissibili, molto più facili da contrarre e per niente piacevoli, come la Clamidia!
        Quindi nel sesso occasionale con persone sconosciute, non è mai una cattiva idea usare il profilattico, anche perché malattie a parte, è l’anticoncezionale più efficace dopo la pillola!

        • Se il discorso è relativo all’HIV delle altre considerazioni non dovremmo tenerne conto, la mostra era solo sull’AIDS.
          Se però vogliamo estendere il discorso hai ragione, ma allora mi sembra che il problema sia la promiscuità sessuale, la tendenza ad avere rapporti occasionali con sconosciuti, e questo sarebbe il vero aspetto su cui fare educazione, il profilattico è solo un aspetto sanitario.

  11. Mi spiace Andrea, ma non trovo riscontro su quanto affermi in merito a Benedetto XVI e all’affermazione sull’uso nelle coppie a rischio HIV (piuttosto c’è evidenza del contrario):
    http://www.lastampa.it/2010/11/20/italia/cronache/il-papa-apre-all-uso-del-preservativo-consentito-in-situazioni-particolari-NUHmdvZvaEMYJENcGqO2RO/pagina.html

    Forse il tuo era un “wishful thinking”….(pronto a ricredermi se mi linki la “dimostrazione” di quanto affermi…)

    Quanto allo studio forse devi inquadrarlo tu meglio (oltre a leggere cosa afferma esattamente nelle conclusioni l’abstract dello studio stesso):

    https://www.medinstitute.org/faqs/what-is-meant-by-consistent-condom-use/

    (qui trovi anche altri studi più recenti che non la fanno assolutamente così “facile” sul rischio di contagio con il condom).

    • Su dai, che devi inquadrare. Paragonare il numero “80%” di questo studio con un 80% nell’indice di Pearl è sbagliare di diversi ordini di grandezza.

      Così come le conclusioni in quanto la effectivness del profilattico come preventivo tiene conto del fatto che si può contrarre HIV in altri modi, mentre la effectivness del profilattico come contraccettivo non può tenere conto che si può concepire in altri modi.

      Inoltre il tuo dubbio sull’uso corretto o meno questo studio include i due con l’incidenza statistica che si verifica. Include solo gli “always” users al massimo, e questo aspetto non è investigato in questo studio, ma è banalmente estrapolabile ed inoltre è un aspetto che è correggibile semplicemente smttendo di remare contro e sostenendo a gran voce la sua importanza, per evitare la brillante idea “evabbeh, per stavolta mi affido alla fortuna” che qualcuno sopra stava cercando di diffondere.

      Quella che cerchi è la efficacy, che tuttavia dicono esplicitamente che non è calcolabile.

      Infine una riduzione dell’80% a livello epidemologico del livello di contagio di una malattia mortale è altissimo.

      Altri studi, recenti quanto vuoi, di nuovi sono concordi nel dare un’importanza chiave al profilattico, una Review del Lancet recentemente ribadiva proprio il concetto… c’è spazio per delle revisioni ma negarla è fare fantascienza.

      Ma vabbeh colpa mia che sto qua a correggere le castronerie…

      • Non credo che le cose stiano così come le metti tu perché semmai la castroneria è aver tradotto male quel “100 person-years” parlando di 100 anni (magari per 100 persone).
        invece si tratta o di 1 anno per 100 persone o di 100 anni per una persona (il plurale in inglese è dovuto a quel 100):

        https://www.ctspedia.org/do/view/CTSpedia/StudyIncidencePersonTime

        “An example: If the incidence rate of the event was 35 per 100 person-years, you can have anyone of the following combinations
        100 person-years could mean 100 persons followed for 1 year or
        50 persons followed for 2 years or
        200 persons followed for 6 months or
        Many other combinations of persons and years whose product equals 100.”

        Questo è esattamente analogo all’indice di Pearl:

        http://en.wikipedia.org/wiki/Pearl_Index

        …e questo spiega anche perché lo studio da te citato si conclude così:

        “Thus, condom effectiveness is similar to, although lower than, that for contraception.”

        Frase che altrimenti non avrebbe alcun senso.

        Come ti dicevo sopra, tradurre studi scientifici e capirli è un mio lavoro e se li traducessi alla tua maniera, da tempo avrei perso questo tipo di lavoro…

  12. So cosa sono i 100 person-year,leggendo il tuo commento di sopra avevo considerato l indice di Pearl come normalizzato a uno e non a cento, errore mio.
    Allora appunto non ha completamente senso il tuo commento riguardo alla “quasi certezza nella arco di una vita”,né per quanto riguarda la contraccezione né per quanto riguarda questo studio.

    Tuttavia appunto rimane il fatto che questo indice tiene in considerazione efficace il fatto che AIDS si contrae in altri modi, ed in quel senso va letta quella frase, non appunto sulla efficacy del preservativo.

    Non andiamo a parlare di lavoro che ho già abbastanza bassa considerazione della qualità della vostra comprensione scientifica senza tirare in ballo professionismi.

    Hai letto male su diversi livelli a quanto pare, fattene una ragione.

    • “…ho già abbastanza bassa considerazione della qualità della vostra comprensione scientifica”
      Andrea, con questa frase ha fatto un pessimo servizio alla scienza e all’informazione scientifica, il suo interlocutore tra l’altro si qualifica professionalmente non meno competente di lei e viene dileggiato nel peggior stile da internet.
      Questo è un atteggiamento arrogante e fa malissimo all’immagine della scienza, mi dispiace che non se ne renda conto.

      • E’ buona norma per chi fa questo mestiere, quando ci sono dubbi sugli abstract, andare a reperire lo studio completo per chiarire questi dubbi, lo studio è reperibile in rete ed è questo:

        http://apps.who.int/rhl/reviews/CD003255.pdf

        Come si può vedere viene confermato quanto sono andato affermando sopra, in particolare vorrei far notare che l’ordine di grandezza per la prevenzione contro l’HIV e la contraccezione è esattamente lo stesso (ma era già chiaro dalla frase conclusiva dell’abstract).

        Mi soffermo ancora su un passaggio significativo di questo studio che si trova proprio alla fine del paragrafo sui risultati (Results):
        “A worst case scenario, using upper confidence limit for the always users and the lower limit for the never users, estimated effectivness at 34,5%. Thus, effectivness is approximately 80,2%, but may be as low 34,5% or as high 94,2%”

        Diciamo che questo passaggio rivela che lo studio è “assertivo” giusto nell’abstract e correttamente più probabilistico nel testo vero e proprio. Non è una sorpresa per chi, come me, ha che fare spesso con queste “meta-analisi” , vale a dire analisi statistiche di altri studi che presentano grossi problemi di standardizzazione dei dati (che qui sono ben espressi negli altri paragrafi dello studio). Per questo ho messo in dubbio da subito l’attendibilità di uno studio di questo tipo (è un tipo di studio con cui ho a che fare spesso, ma ho anche la fortuna di poter disporre della consulenza di una persona con dottorato di ricerca in statistica biomedica, che mi ha insegnato da quel dì a riconoscere i vari “tranelli” statistici che sono piuttosto diffusi nella documentazione scientifica).

        Credo che tutti i dubbi che ho sollevato sull’efficacia del preservativo contro l’HIV risultino confermati da questi approfondimenti e ad ogni modo non posso concordare con chi ha fatto tutte queste affermazioni rivelatesi poi infondate (dalla posizione della Chiesa in merito, al reale significato dei valori utilizzati, all’ordine di grandezza tra i tipi di prevenzione…), se non altro perché per arrivare a conclusioni corrette bisogna almeno partire da premesse corrette, altrimenti solo per un caso davvero fortuito si può arrivare a conclusioni che abbiano una qualche validità.

      • Non sono io ad aver scritto:

        “Se poi c’è riferimento all’indice di Pearl questo significa che si tratta di rischio ridotto “per anno” quindi una coppia stabile negli anni ha comunque un rischio molto più elevato di trasmissione, “rischio” che su un numero congruo di anni può diventare praticamente una certezza di trasmissione”

        Dato che il rischio di trasmissione è circa il 2% (10, maaaassimo 20 in caso di uso non proprio) ogni 100 anni uomo, o Muggeridge pianifica di essere sessualmente attivo per 10 mila anni o la frase di sopra indica che non ha capito un tubo, e di nuovo il commento seguente ribadisce la comprensione quantomeno parziale dell’argomento statistico.

        Se anche la qualifica professionale fosse “non meno della mia”, la cosa non sarebbe da lodare ma un’aggravante, per questo preferisco si evitasse di tirarla fuori come badge d’onore.

        • Mi spiace, ma non hai letto tutto quanto ho postato sopra, in parole molto povere l’indice di Pearl e analoghi dicono che su 100 donne che usano “per un anno” il preservativo in modo “perfetto” (consistent) circa 2 rimangono incinte, ma l’uso normale (non consistent) porta a far sì che circa 15 donne “in un anno” restino incinte. Il preservativo è notoriamente un anticoncezionale non molto affidabile.
          Nello studio da te postato si dice, in parole sempre molte povere (p.7 Author’s Conclusion) che applicando lo stesso criterio alla trasmissione dell’HIV: “Condom effectivness is similar to, but somewhat – less effective -, than for pregnancy”. Che è poi quanto ho sostenuto io dall’inizio, ossia che per restare incinte è necessaria la combinazione con l’ovulazione, ma per trasmettere l’HIV non serve nemmeno questa coincidenza . Ora, sei tu che sostenevi il contrario e che hai postato questo studio a supporto di quanto affermi…queste sì che sono aggravanti….

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