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    “The Economist”: esercizi di neolingua malthusiana

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    By Enzo Pennetta on 2 Giugno 2013 Geopolitica ed Economia

     

    Con una manipolazione dei fatti degna del romanzo 1984 di Orwell, “The Economist” inventa una finta vittoria sulla povertà nel mondo.

     

    Mentre le politiche internazionali spingono consapevolmente verso la fame intere popolazioni, si dichiara di aver combattuto per il loro sviluppo.

     

     “L’Economist: la povertà ha i giorni contati“, questo è il titolo con il quale il Corriere della Sera ha riportato il servizio pubblicato sull’autorevole settimanale economico il 1 giugno scorso:

    Nell’arco di 20 anni il numero dei poveri sull’intero pianeta si è quasi dimezzato, passando da 1,9 miliardi di persone a 1,1. Lo sostiene il servizio di copertina dell’ultimo numero dell’ Economist citando a sua volta dati dell’Onu.

    La notizia sarebbe davvero importantissima, in pratica l’umanità nonostante le grandi difficoltà di questi ultimi 20 anni sarebbe riuscita ad ottenere il clamoroso risultato di aver quasi dimezzato la povertà. Ma come si è già detto altre volte, la scienza, o qualunque altra disciplina, può ingannare pubblicizzando i risultati e non il metodo. In questo caso il metodo è stato mostrato e appare sconcertante:

    L’inchiesta ricorda innanzitutto che nel 1990 l’Onu e altre organizzazioni internazionali si erano poste una serie di traguardi da conseguire entro il 2015, tra cui dimezzare il numero degli abitanti dei paesi sottosviluppati che vivono al di sotto della soglia di povertà. Quest’ultima era inizialmente fissata simbolicamente a un dollaro al giorno ma strada facendo è stata ritoccata a un 1,25 dollari.

    Quindi la soglia che demarca la condizione delle  zone povere dal resto del mondo è stata posta negli anni ’90 al livello di 1 dollaro al giorno ed è stata poi ritoccata alla cifra di 1,25 $, pari a 37,5 $ al mese. Questo dovrebbe tranquillizzarci molto, i nostri redditi potrebbero scendere fino a 40 $ al mese senza che ci si debba preoccupare, non saremo in tal caso benestanti ma nemmeno poveri. Che sollievo…

    La situazione dipinta dal prestigioso settimanale britannico potrebbe essere riassunta nel seguente modo:

    A partire dal 1990 l’ONU ha deciso di dimezzare entro il 2015 il numero mondiale di abitanti che vivono sotto la soglia di povertà, e anche se strada facendo ha ritoccato al rialzo di un consistente 25% tale soglia, l’obiettivo si può considerare praticamente raggiunto con due anni di anticipo.

    .

    Ma proviamo a dare una lettura degli stessi fatti non filtrata dall’informazione “politically correct” dell’Economist:

    Nel 1990 l’ONU decide di dimezzare la povertà nel mondo (ma perché non l’ha fatto prima visto che dal 1945 è attiva insieme alla FAO?), e per farlo fissa un traguardo ridicolo costituito da un reddito di 1 dollaro al giorno ritoccato poi del 25% fino ad 1, 25 $ al giorno.

    Nel frattempo continua a perseguire le politiche malthusiane di riduzione delle nascite in quegli stessi paesi nei quali dovrebbe essere dimezzata la povertà, politiche che hanno come vero scopo quello di limitare la popolazione e impedire il raggiungimento di una “massa critica” di abitanti indispensabile per iniziare uno sviluppo economico.

    Contemporaneamente la Banca Mondiale (WB) e il Fondo Monetario Internazionale (WMF) attuano delle politiche finalizzate all’indebitamento degli stessi paesi che diventano debitori insolventi e sono costretti dalle “ricette” imposte dai creditori a subire condizioni vessatorie che li costringono ad esportare le proprie ricchezze per pochi soldi.

    Con la motivazione del riscaldamento globale antropico, AGW, si scoraggia inoltre un’industrializzazione di tipo occidentale, non si costruiscono centrali elettriche e in definitiva si spingono ancor più i paesi poveri nella povertà.

    La Terra di notte vista dallo spazio. I paesi poveri non hanno la corrente elettrica (manca l’illuminazione).

    .

    La condizione di povertà permanente così ottenuta consente ai paesi occidentali, USA in primis, di colonizzare in modo politicamente corretto i paesi poveri nei quali il mantenimento di stipendi da fame è funzionale al basso costo delle materie prime che vengono esportate.

    Ma poiché nella owelliana neolingua le cose vengono sempre presentate sotto altre forme, l’operazione di impoverimento dei paesi del Terzo Mondo viene chiamata “Lotta alla povertà“.

    Il settimanale dei Rotschild ha quindi deciso che 800 milioni di persone che hanno superato la soglia di 1,25 $ al giorno non è più da considerare povera.

    Così non si sentiranno neanche più in dovere di fargli l’elemosina.

    .

    .

    .

    .

     

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    Enzo Pennetta

    Laureato in Biologia e in Farmacia, docente di scienze naturali Nel 2011 ha pubblicato "Inchiesta sul darwinismo", nel 2016 "L'ultimo uomo" e nel 2020 "Il Quarto Dominio".

    2 commenti

    1. frank10 on 3 Giugno 2013 16:55

      Ma che senso ha fare statistiche mondiali sui redditi dei poveri (confrontabili secondo il potere di acquisto locale PPA-PPP) se poi il risultato è 1$ al giorno?
      Ma sono reali questi PPA? Riusciremmo a vivere qui da noi con 1$ al giorno?
      Un uomo che vive con soli 1$ al giorno in realtà è già morto…
      Mi paiono cifre irreali.

      Poi come hai detto tu, passare da 1,25 a 1,30 e non essere più poveri è altrettanto ridicolo.
      Facciano almeno una soglia minima di povertà realistica.

      • Enzo Pennetta on 3 Giugno 2013 20:15

        Come si diceva si è scelto un parametro di difficile misurazione e si è scelta una cifra di comodo che consentisse di dire che il risultato è stato conseguito.

        Se non si trattasse di questioni drammatiche potrebbe essere uno spot della serie “ti piace vincere facile”?

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