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    Si scrive “Greenpeace” si legge “Greenwar”. Prima parte.

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    By Enzo Pennetta on 22 Novembre 2013 Geopolitica ed Economia

     

    Greenpeace-Russia

     

    All’indomani del rilascio dell’attivista italiano di Greenpeace nessuno parla della “Guerra dell’Artico”.

     

    Qual è il fine di Greenpeace, chi sono i finanziatori?

     

     La vicenda era iniziata il 18 settembre scorso quando un gruppo di attivisti di Greenpeace aveva abbordato una piattaforma della Gazprom per protestare contro le trivellazioni petrolifere nell’Artico, un’azione documentata dal Corriere della Sera con fotografie in cui si vedono gli attivisti in azione mentre ‘scalano’ la piattaforma petrolifera:

    RUSSIA-OIL-ENERGY-ENVIRONMENT-PROTEST

     

    Nell’azione venivano arrestati due attivisti, tra cui l’italiano Cristian D’Alessandro, fatto che subito faceva scattare una serie di indignate reazioni tra cui quella di Ermete Realacci che ha sollecitato l’intervento del Ministro degli Esteri, come segnalato sul Fatto Quotidiano:

     Intanto Ermete Realacci, presidente della commissione Ambiente della Camera, ha presentato una interrogazione al ministro degli Esteri Emma Bonino, chiedendo di: ”Mettere in campo con la massima urgenza tutti gli strumenti di protezione diplomatica nei confronti del cittadino italiano e di tutto l’equipaggio trattenuto a bordo della nave dalle forze di polizia russe per garantirne l’incolumità e il rilascio immediato”.  

    Forse, viste le immagini, per garantire l’incolumità degli attivisti sarebbe opportuno per prima cosa dissuaderli dallo scalare piattaforme petrolifere. Immediatamente dalla parte di Greenpeace si è schierato anche il M5S con un articolo del Sen. Girotto sul blog di Beppe Grillo:

    Greenpeace si trova nella Russia Artica per rendere testimonianza ed esprimere una opposizione non violenta contro i distruttivi e spericolati piani di trivellazione delle compagnie petrolifere. La protesta pacifica è stata repressa con forza estrema e sproporzionata da parte della Guardia Costiera Russa, che mercoledì ha sparato 11 colpi d’avvertimento alla nave e ha minacciato gli attivisti con coltelli e pistole.

     

    Non si sa in cosa le trivellazioni in questione siano più pericolose di molte altre che non hanno meritato l’attenzione di Greenpeace, comunque dopo un paio di mesi siamo infine giunti alla liberazione di D’Alessandro, dietro pagamento di una cauzione di 45.000 Euro,  come riportato dal Corriere della Sera in “Greenpeace, scarcerato Cristian d’Alessandro «Il blitz? Sì, lo rifarei»“:

    La scarcerazione era stata concessa martedì scorso dal tribunale di San Pietroburgo dietro il pagamento di una cauzione di 2 milioni di rubli, circa 45 mila euro. Una cifra che – ha reso noto l’Ong – è stata pagata con i fondi di Greenpeace International…

    «Dopo la sofferenza degli ultimi due mesi c’è finalmente gioia», ha detto il padre di Cristian, «anche se sarà completa solo quando ci sarà l’assoluzione definitiva». Anche se l’uomo ha colto «segnali di disgelo» in una vicenda «partita malissimo. «Ora – aggiunge – speriamo che la Russia rinsavisca e si renda conto che questi ragazzi sono innocenti».

     

    “Ora speriamo che la Russia rinsavisca” ha detto il padre di Cristian, parole davvero surreali che capovolgono i fatti, parole secondo le quali non è D’Alessandro a dover ‘rinsavire’ smettendola di ‘giocare’ all’arrembaggio delle piattaforme petrolifere nell’Artico, sono le autorità della Guardia Costiera a dover rinsavire e accettare il simpatico gioco dell’arrembaggio e salutare con una pacca sulla spalla i ragazzi di Greenpeace…

    Ma poiché la Guardia Costiera non ha nessuna voglia di giocare sono stati pagati da Greenpace 45.000 Euro di cauzione, una bella cifra, per non parlare di quella fotografia in cui si vede la nave Arctic Sunrise, un mezzo che non deve essere stato pagato poco e che per ogni giorno di navigazione dovrebbe costare cifre a tre zeri. Ma l’immagine di Greenpeace che viene diffusa è quella di un’associazione di volontari che si sostengono con le donazioni e non risulta molto convincente, tanto che le simpatie che Greenpeace riscuote sulla stampa non corrispondono ad altrettante simpatie tra le gente, almeno a giudicare dai commenti dei lettori del Corriere:

    commenti corriere greenpeace

    Su 85 commenti totali infatti quello più votato, con 61 preferenze, è decisamente contrario al modo di agire di Greenpeace.

    Ma torniamo alla domanda sui finanziatori di Greenpeace, sul sito ufficiale si legge che:

    “…non accetta aiuti economici né da governi né da società private e si finanzia esclusivamente con il contributo di singoli individui che ne condividono gli ideali e la missione.”

    Greenpeace dunque non accetta finanziamenti da governo e società private, ma non è facile controllare perché sui siti ufficiali non viene reso pubblico l’elenco dei benefattori, che pure dovrebbero essere contenti di mostrarsi in un così nobile impegno, e allora le notizie vanno cercate dove possibile. Non senza una certa fatica è ad esempio possibile sapere che tra i finanziatori di Greenpeace c’è la famiglia Rockefeller che è sinonimo di Standard Oil poi divenuta Exxon. La notizia riportata nel 2010 da un sito denominato Vocidallastrada (non aspettiamoci che queste cose le vadano a cercare e le divulghino i grandi quotidiani) è stata indirettamente confermata da Greenpeace Italia che è intervenuta prontamente a precisare che tali fondi provengono da John D. Rockefeller, un nipote del fondatore che però ha “posizioni differenti” rispetto a quelle della compagnia:

    commenti greenpeace

    Quel che è possibile sapere su John D. Rockefeller è facilmente reperibile su Wikipedia, vediamo dunque alcune delle “posizioni differenti” del grande finanziatore di Greenpeace:

    – membro del CFR (Council on Foreign Relations), il più influente Think tank esistente in favore degli interessi industriali e militari USA di cui è stato capo lo zio, David Rockefeller.

    – fino al 2009 è stato presidente del “United States Senate Select Committee on Intelligence“, un ufficio che supervisiona tutte le agenzie di intelligence degli USA.

    – nel 2002 è stato inviato presso gli alleati USA per convincerli della necessità di una guerra in IRAK.

    – nell’ottobre dello stesso anno fu tra i sentori che votarono l’intervento armato in IRAK, intervento che ad oggi è costato la vita a 400.000 persone (dati PlosMedicine).

    – nel 2007 fu alla guida del comitato per l’immunità delle compagnie telefoniche accusate di aver illegalmente spiato i loro clienti in accordo con la NSA, divenendo di fatto uno dei sostenitori dell’azione culminata poi nello scandalo datagate.

    – il Senatore Rockefeller fu uno dei pochi ad essere a messo a conoscenza delle torture praticate dalla CIA sui prigionieri, ma sebbene a parole le deplorasse non fece nulla per porvi termine.

    – nel 2006 votò per la sospensione dell‘Habeas corpus, il più antico principio giuridico inglese sui diritti degli imputati.

    Come finanziatore tipo di Greenpeace John D. Rockefeller (difeso da Greenpeace Italia) rappresenta davvero poco il candido attivista e molto il perfetto politico che difende senza scrupoli gli interessi dell’apparato industriale e militare USA. Possibile che Greenpeace Italia e tutti vari sostenitori fino agli attivisti alla D’Alessandro non siano in grado di cercare neanche su Wikipedia per capire chi sono i loro capi?

     Ci sono certamente numerosi sostenitori di Greenpeace che in buona fede versano i propri contributi all’associazione pensando che davvero sia una realtà indipendente, ma è molto dubbio che tali contributi possano essere sufficienti a mantenere le navi della flotta Rainbow Warrior e tutto l’apparato organizzativo necessario, e così inconsapevolmente questi donatori diventano la necessaria cortina fumogena dietro cui nascondere i grandi finanziatori.

    Qual è dunque il fine reale di Greenpeace e quale partita si sta giocando nell’Artico?

    (Segue seconda parte)

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    Enzo Pennetta

    Laureato in Biologia e in Farmacia, docente di scienze naturali Nel 2011 ha pubblicato "Inchiesta sul darwinismo", nel 2016 "L'ultimo uomo" e nel 2020 "Il Quarto Dominio".

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