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    Le Scienze: “evoluzione senza selezione”. Ma è un esperimento che confuta la teoria neodarwiniana.

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    By Enzo Pennetta on 11 Novembre 2013 Evoluzione

    carl zimmer

    Carl Zimmer in una posa ‘pastafariana’

    Su Le Scienze un articolo di Carl Zimmer sull’evoluzione senza selezione, molta teoria ma gli esperimenti mostrano la degenerazione del genoma.

     

    E così, anziché quella del neodarwinismo, viene confermata la teoria di Sanford.

     

     

     

    “Le sorprendenti origini della complessità della vita” è il titolo di un articolo pubblicato il mese scorso su Le Scienze, l’articolo è firmato da Carl Zimmer, uno dei divulgatori scientifici di maggior successo. L’argomento è la “Constructive Neutral Evolution” (Teoria neutrale dell’evoluzione molecolare) che fu elaborata tra gli anni ’60 e ’70 da Motoo Kimura e proposta per la prima volta nell’articolo “Not Darwinian evolution” nel quale viene posto il problema dell’impossibilità che le singole mutazioni possano essere selezionate e che quindi siano le mutazioni neutre fissate nel genoma che possano alla fine determinare un cambiamento evolutivo.

    La prima considerazione che è possibile fare è come con un meccanismo di neolingua orwelliana quella che nasce come ‘evoluzione non darwiniana’ sia poi stata inglobata all’interno della onnicomprensiva teoria neodarwiniana. Nell’articolo di Zimmer vengono riportati alcuni casi che potrebbero far pensare ad un meccanismo del tipo della CNE, in tal senso il riferimento è lo sviluppo delle pompe molecolari dette “complessi delle ATPasi vacuolari” e al meccanismo detto “editing” del DNA.

    Come vediamo si tratta di una teoria dell’evoluzione che comunque si basa sul meccanismo delle mutazioni casuali proprio della Sintesi Moderna ma privato dell’azione della selezione naturale almeno fino a quando l’azione complessiva delle mutazioni sul fenotipo non venga manifestata. Questo tipo di meccanismo potrebbe rendere ragione di un’evoluzione del tipo di quella indicata nella teoria degli equilibri punteggiati di Gould e Eldredge, le mutazioni infatti si accumulerebbero in modo continuo ma senza manifestarsi, per poi dare luogo in modo apparentemente repentino ad un nuovo fenotipo.

    L’assunto implicito di questa teoria della CNE è che le diverse singole mutazioni che sono necessarie all’evoluzione non sono selezionabili e che quindi la selezione naturale non può fissarle prima che tutte insieme agiscano per il nuovo carattere, quindi la Sintesi Moderna nella quale il gradualismo e la costante azione del caso e della selezione naturale sono aspetti fondamentali, risulta superato come affermato con toni decisi in uno studio pubblicato da Arlin Stoltzfus del Center for Advanced Research in Biotechnologypresso  l’Università dell’Iowa su Bio Med circa un anno fa (CS–Il neodarwinismo è morto, ma non si può dire 2):

    Rattoppando la Sintesi Moderna con i limiti, la possibilità e la contingenza, espandiamo la copertura di un largo raggio di casi fuori del paradigma centrale, tuttavia questa espansione comporta un’enorme perdita di rigore e chiarezza tanto che il risultato non merita il nome di “teoria”.

    C’è qualcosa (evoluzione, la politica, i movimenti planetari, costruzione di ponti), che non può essere spiegato con la teoria delle forze della genetica e popolazione, quando è combinata con i tre principi “acchiappa tutto” per cui i risultati sono contingenti nelle condizioni iniziali, limitati da vari fattori, e soggetti alla possibilità?

    Ma ogni teoria che aspiri ad essere classificata come scientifica deve essere corroborata e falsificabile, la corroborazione deve passare attraverso un esperimento nel quale le previsioni ricavate dalla teoria vengono verificate, ed ecco intervenire lo studio a cui fa riferimento Carl Zimmer, uno studio che si sviluppa sulle mutazioni accumulate dalla Drosophila melanogaster (moscerino della frutta) in decenni in cui gli individui non sono stati sottoposti a selezione naturale perché i soggetti erano mantenuti in condizioni protette nei laboratori.

    E qui accade qualcosa che lascia davvero increduli. Per confermare l’azione evolutiva della CNE vengono proposti casi di drosophla tratti dagli esperimenti, ma quella che viene chiamata “complessità” è una costante e ripetuta degenerazione delle strutture:

    zimmer1

    L’immagine scelta per illustrare l’articolo è quella di una drosophila divisa lungo la linea sagittale e composta  per metà da un esemplare senza mutazioni e per l’altra metà da un generico esemplare sottoposto a mutazioni casuali. La mancanza di selezione non ha evidentemente generato nulla che si possa definire “complessità”, come invece sostenuto nell’articolo:

    zimer3

     

    “Liberati dalla selezione” gli insetti avrebbero “goduto” della complessità, ma evidentemente come affermato dal paleontologo Douglas Erwin (le cose migliori in campo evolutivo sono sempre giunte dai paleontologi) semplicemente questa “complessità”  in natura sarebbe stata eliminata in quanto non funzionale.

    Ed ecco che quindi il tentativo di ricondurre nell’ambito della teoria neodarwiniana tutto e il contrario di tutto finisce col generare delle contraddizioni che mostrano come si tratti di un espediente per conservare solo nominalmente una teoria ritenuta valida. Alla fine di questo articolo tutti possono convenire sul fatto che le conclusioni da trarre sono altre rispetto quelle di Zimmer, e precisamente:

    1) la selezione non può generare complessità selezionando ogni singola mutazione perché molto spesso  non mostra alcun fenotipo vantaggioso ma risulta neutra (ciò presupporrebbe tra l’altro avere un bersaglio a cui tendere).

    2) se in alternativa la complessità dovesse accumularsi per mutazioni neutre, queste sarebbero statisticamente accompagnate da una tale quantità di mutazioni svantaggiose che la specie non potrebbe sopravvivere e si estinguerebbe.

    Tutto lascia quindi pensare che i meccanismi neodarwiniani anziché condurre all’evoluzione conducano all’entropia genetica di cui parla John Sanford.

    I meccanismi neodarwiniani sottoposti a prova sperimentale dunque falliscono perché spiegano l’estinzione non l’evoluzione. In tale contesto emerge che la selezione naturale serve solo a limitare questo processo eliminando gli individui difettosi, esattamente come pensava colui che la propose per primo E. Bliyth.

    La teoria dell’evoluzione neodarwiniana non è ancora corroborata e basandosi sul caso non è neanche faksificabile. Una vera teoria scientifica dell’evoluzione resta quindi ancora da trovare.

    .

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    Enzo Pennetta

    Laureato in Biologia e in Farmacia, docente di scienze naturali Nel 2011 ha pubblicato "Inchiesta sul darwinismo", nel 2016 "L'ultimo uomo" e nel 2020 "Il Quarto Dominio".

    13 commenti

    1. Leonetto on 11 Novembre 2013 01:28

      Beh..sulla Drosophyla abbiamo già detto più volte,troviamo un’ennesima occasione per ribadire le cose già dette,siccome però mostrare questi:
      http://it.wikipedia.org/wiki/Mutanti_di_Drosophila
      e voler far passare “complessità” per una costante e ripetuta degenerazione delle strutture è come un ladro che al suo processo portasse i sacchi con la refurtiva..

      aggiungerei solo quest’immagine:
      http://www.flickr.com/photos/90303254@N02/10788949114/
      che mi pare racchiuda tutto il senso della cosa.

      • Enzo Pennetta on 11 Novembre 2013 21:37

        Ciao Leonetto, l’immagine che hai messo è troppo interessante per poterla lasciare come link, infatti rappresenta esattamente come Zimmer e i sosotenitori della Sintesi Moderna vedono la figura della drosophila dalle ali deformi riportata nell’articolo:

        Non c’è altra spiegazione, altrimenti non potrebbero continuare a sostenere la loro tesi.

    2. Giorgio P. on 11 Novembre 2013 09:04

      Nell’elenco dei mutanti Drosophyla compare il methuselah, che rispetto alla Drosophyla originale mostra solo vantaggi, almeno stando a quanto riportato da Wikipedia. Non si diceva le mutazioni indotte in questo moscerino non hanno mai prodotto nulla di migliorativo? Cos’è che mi sfugge? Grazie anticipate per le risposte.

      • Leonetto on 11 Novembre 2013 11:33

        Domanda più che lecita.
        In verità abbiamo toccato l’argomento parlando di cose più disparte in passato da batteri ad altro.
        Beh per dirla semplice ciò che avviene nella “drosophila matusalemme” è che gli viene indotta una maggiore espressione del gene parkina che influisce appunto sulla longevità e sulla resistenza del moscerino.
        Ciò significa che non c’è formazione di nuova informazione ,comparsa di nuove funzionalità né si delinea un meccanismo che si possa pensare in grado di farlo nel tempo.

        Inoltre i primi studi effettuati pare mancassero di alcune conclusioni “negative”,ma semplicemente perché non rientravano nell’osservazione,un normale bias di pubblicazione.

        Ebbene questo rappresenta nulla più di un esempio di quello “scotto” da pagare per ottenere una specificità,cosa osservata in zootecnica come in botanica.

        Il moscerino matusalemme per ottenere quelle super longevità e resistenza paga rimettendoci della sua capacità senso -motoria specialmente in età avanzata.hanno cioè effetti differenti sulla conservazione delle capacità sensoriali e motorie in tutta la durata della vita dell’organismo mutato,che però presenta quei “vantaggi”.

        È il solito discorso sulle mutazioni “vantaggiose” e dell’anemia falciforme:
        http://www.enzopennetta.it/2012/07/radio-globe-one-recensione-puntata-del-1907/

        Spero Giorgio di aver risposto a quell oche volessi sapere.

        • Enzo Pennetta on 11 Novembre 2013 22:24

          Confermo la corretta spiegazione di Leonetto aggiungendo un link allo studio sulla parkina:
          http://www.pnas.org/content/early/2013/05/01/1216197110.full.pdf+html

          La sovraespressione di un gene già esistente può con tutta evidenza collocarsi nel campo della microevoluzione, che ricordiamo non viene da noi messa in dubbio, in quanto non si ha la comparsa di una nuova proteina.

          • Uno dei dieci on 11 Novembre 2013 22:30

            Prof. Pennetta, mi piacerebbe sinceramente capire con che meccanismi spiega invece la macroevoluzione, che, dovrà convenirne, c’è stata ed è lampante.

            • Enzo Pennetta on 11 Novembre 2013 22:45

              1/10,
              è proprio il fatto che non esiste ancora una teoria soddisfacente per la macroevoluzione che stiamo cercando di dire affrontando un’analisi critica di studi come quello in questione.

              Che la macroevoluzione ci sia stata è lampante per tutti noi, come sia avvenuta è una scoperta che viene ritardata dall’indugiare sulla congettura insoddisfacente dell’azione del puro caso e selezione(e contingenza che poi è il caso storico).

            • Leonetto on 11 Novembre 2013 22:51

              Siccome altrimenti non è chiaro(il termine è ovvero usato in più accezioni differenti)definiamo con il termine macro evoluzione si indica la comparsa nella biosfera di nuove funzioni, organi(http://www.vectorsite.net/taevo_17.html) e gruppi tassonomici,per esempio, l’evoluzione dell’occhio e la comparsa dei cordati, dei tetrapodi (i vertebrati terrestri) e degli euteri (i mammiferi placentati) costituiscono tutti casi di macro-evoluzione(o di “evoluzione” se vogliamo).

              E questo è lampante sì..è un fatto che siano comparse visto che ci sono.Lapalissiano.

              Se con macroevoluzione si intende la trasformazione graduale da una ‘specie’ (non unicamente biologica) A a specie B in un certo lasso di tempo allora le cose cambiano molto e addio il lampante…

              Questa cosa comunque,ovvero la domanda alla domanda che poni 1/10 su CS non si sa quante volte sia detta in lungo e in largo..
              Possibile che veramente non hai mai trovato su CS scritto nulla a riguardo?
              Ti ricordava giusto questa cosa recentemente il prof.Masiero.

            • Leonetto on 11 Novembre 2013 23:28

              *
              senza “si indica”
              e ovvero la “risposta” alla domanda

              ho “perso” il click to edit.. 😀

    3. Emanuele on 11 Novembre 2013 22:55

      Buona sera prof Pennetta , le volevo chiedere ,sperando di non andare fuori tema ,cosa intende Dawkins quando parla di “intelligenza sublime “?

      • Leonetto on 11 Novembre 2013 23:05

        Se fa riferimento all’intervista con Ben Stein Dawkins parla di intelligenza superiore riferendosi ad una civiltà aliena supertecnologica che avrebbe “seminato” letteralmente la Terra.
        Civiltà ovviamente apparsa spontaneamente e molto probabilmente con meccanismi darwiniani in qualche regione delllo spazio,afferma Dawkins,dicendo che con la biologia e la biologia molecolare si vede chiaramente un’impronta,uan firma di un’intelligenza superiore..

        Non è colpa sua,lo disegnano così…

    4. Emanuele on 11 Novembre 2013 23:19

      Grazie leonetto , sinceramente mi fa sorridere questa interpretazione sulla nascita della vita da parte di Dawkins , ma è già un passo avanti , di solito mi fa inca….leggere i suoi articoli. Buona serata .

    5. Emanuele on 11 Novembre 2013 23:46

      Leonetto, ma se un giorno venisse dimostrato che gli alieni non esistono , sarebbe lecito ( secondo dawkins) pensare che discendiamo dai puffi ?

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